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Autore: GWatcher    30/07/2013    14 recensioni
Il folle diario virtuale di un ragazzo alle prese con la propria coscienza, personificata come una Cacca Rosa Gigante. Puro trash per veri intenditori.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1x01 Twelve and Shit

Tutti quelli che hanno letto il mio delirio sul social network più famoso del mondo, conoscono il mio modus operandi, chi invece non mi ha già seguito corra a farlo subito sennò stanotte si ritroverà una Cacca Rosa Gigante con lo sguardo minaccioso.
Ora, ammesso e concesso che le Cacche Giganti esistano e possano avere sguardi da gangster malavitosi, sono tornato con una sorte di diario virtuale che voglio mettere a disposizione di tutto il popolo di EFP. Questa nuova idea nasce dal fatto che i troll non si estinguono e continuano a voler far parte della mia vita, nonostante io cerchi semplicemente di stanarli con il Raid.
Vi racconterò (senza raccontarvi niente) diverse mie esperienze, assurde quanto ironiche, che ho avuto negli ultimi tempi.

Tutto ebbe inizio otto anni fa, quando io, con il mio amico di cui non farò il nome perché sticazzi, passeggiavamo per l’Upper East Side (in realtà era per Napoli, ma un po’ di glamour non fa mai male)  con Serena van der Woodsen (ovvero mia mamma) e  Blair Waldorf (rullo di tamburi: mia nonna).
A quei tempi ero un piccolo scassa anime di dodici anni, il mio mito era Goku e la mia massima ispirazione era diventare un Super Saiyan. Tracciato questo profilo bimbominkiesco, bisogna aggiungere che i miei compagni non erano certo migliori di me: la maggior parte dei miei coetanei era ancora più rintrollata, senza contare che il mio stesso amico del cuore era un fan di Leonardo, non l’artista, non l’attore, bensì la Grande Tartaruga Ninja dall’indubbia esistenza.  
Cari lettori, vi starete rendendo conto che il trolling di questa storia aumenta rigo per rigo, ma io voglio stupirvi ancora: adesso arriva il pezzo forte.
Io, a dodici anni, oltre che scassa anime, ero anche un po’ cleptomane. Andiamo, non fate quelle facce disgustate da signori della grande nobiltà, quando voi siete i primi a mangiare nei cerchioni delle auto, per giunta rubate.
Da piccoli tutti avevamo dei vizi sbagliati, il mio era quello di prendere ciò che Serena van der Woodsen mi impediva di comprare.
Ecco perché non piangevo quasi mai, non mi facevo mancare niente.

Il fatto si svolse in una fumetteria, lì dove intravidi un bellissimo e imperdibile portachiavi con la scritta “I’m Super Saiyan, bitches”. Ammetto che non ricordo bene cosa ci fosse scritto, ma suppongo che fosse così.
Serena aveva già fatto spese ai grandi magazzini di quella lussuosa città (cioè la spesa al Conad) e aveva esaurito i liquidi sulla carta di credito (era tornata a casa con novanta centesimi e un biglietto del pullman marcato) per cui aveva bisogno di andare alla banca e prelevare (rivolgersi a mia nonna) per comprarmi quella sciocchezzuola.
La banca, però, quel giorno era piuttosto indisposta (mia nonna progettava di fuggire con Chuck Buss – il vecchietto che giocava sempre a briscola il venerdì sera al Club della Parrocchia -  alle Hawaii – probabilmente Terracina - e conservava i denari per tale occasione).
In ogni caso, io avevo poco tempo a disposizione. Così, tra un ripensamento e l’altro, decisi di allungare la mia manina e di sbattermi quella conquista nella tasca del mio pantalone di Dragon Ball (suona come una cosa erotica, ma non lo è, pervertito).
E ci riuscii.
Tutto contento andai via con mia mamma e mia nonna, mentre il mio amico privo di nome restò nel negozio e da quel momento non lo rividi mai più… forse perché accusai lui del furto, ma non ne sono certo, è molto più probabile che gli anziani gestori del negozio lo abbiano rapito per venderlo ai cinesi in affari con gli alieni.

Quando tornai a casa e gettai quel portachiavi nella spazzatura, perché tanto ormai lo avevo avuto e non mi importava più di averlo, successe una cosa molto strana.
Giusto il tempo di stendermi sul letto e un bagliore di luce comparve al centro della mia stanza, illuminando ogni cosa lì presente, persino me stesso.
Quello fu il momento della mia vita in cui ebbi un pene fosforescente e illuminato, ma tutti si rifiutarono di credermi e lo fanno tutt’oggi.
Ancora incredulo, ad un certo punto, vidi uscire da questa luce un’enorme sagoma rosa. Quest’ultima, lentamente, si avvicinava a me e più si avvicinava più riuscivo a vederla meglio e a capire cosa fosse.
E così la vidi.
Bellissima, maestosa, quasi rotonda, squisitamente rosa, ovviamente dalla massa informe.
Una Cacca Rosa Gigante.
In quel momento, la mia bacata mente da ragazzino pensò che quella Cacca mi fosse amica, che mi avrebbe portato in misteriosi e magici luoghi in grembo alla sua sella.
Io avevo sempre sognato quel momento: cavalcare una Cacca Rosa! E chi non lo ha sognato almeno una volta?
E invece…

“Ascoltami, figlio di puttana, se non la smetti di rubare giuro che ti spezzo le dita una ad una e poi te le faccio mangiare” furono le prime parole che udii da quella Merda.


Continua il 4 Agosto con un nuovo Caccoso Capitolo!  


  
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