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Autore: B Rabbit    30/07/2013    2 recensioni
Chissà per quale capriccio divino, guardare quella creatura rendeva felice l’animo del ragazzo che sospirava continuamente, mentre i suoi occhi erano posati su quel fiore di ciliegio caduto per lui, attirati come un ape. ~
Tratto dal Capitolo 1. ~ «Beginning» ~
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Len Kagamine, Miku Hatsune, Rin Kagamine, Un po' tutti | Coppie: Len/Rin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Fatal Mistake

~ «Kagamine Twins Cest» ~
«Now or Never»





Il silenzio serpeggiava per le strade solitarie del quartiere insieme alla brezza estiva che s’insinuava con delicatezza nelle fronde degli alberi, portando con sé calma e tranquillità.
Un ragazzo passeggiava lentamente per la via, preceduto unicamente dal breve suono nato dal tocco dei suoi sandali con l’asfalto.
La pallida luce scaturita dagli alti pali stradali accarezzava la figura del giovane, disegnandone a terra l’ombra sua mutevole.
Gli occhi blu saltavano da un punto all’altro della strada come agili lepri, osservando incuriositi le variopinte decorazioni che ornavano i muretti delle case o le lampade di carta che si muoveva lentamente su se stesse.
La notte del settimo giorno del settimo mese era finalmente giunta e, prestabilito dalla vecchia promessa paterna, l’incontro fra gli amanti Altair e Vega fu legittimato, e tradizione annuale sentenziava che le bancarelle festive colorassero i dintorni del vecchio tempio, festeggiando così la riunione dei due innamorati.
Portando la mano sinistra alla fronte, Len si scostò la frangia, catturando con delicatezza le ciocche dorate nel pugno.
Era la prima volta che indossava uno yukata maschile perché di solito si avventurava tra gli stand con i normali vestiti.
Si sentiva strano.
La veste verde scuro gli copriva morbidamente il corpo asciutto, stuzzicandogli direttamente la pelle liscia con l’intrigo di fili sottili.
Parte del petto era libera dalla stoffa leggera e le dolci linee del muscoli accennati e delle clavicole risaltavano sul chiarore della pelle, marcate dal gioco di luci e ombre donato dalle lanterne accese.
Una fascia fine e scura cingeva i fianchi sottile, fermando l’indumento percorso da linee nere e regalando ai panneggi un aspetto morbido, grazie anche allo sbuffo che lasciava intravedere l’addome piatto.
Trovava piacevole indossarlo, sì, ma si sentiva strano a causa della novità, il tocco della veste era appena percepibile, quasi fosse eterea.
Si fermò davanti ad un cancello dalle aste lunghe e nere e allungò la mano al citofono argentato per premere il pulsante ed annunciare così la sua presenza.
Deglutì a vuoto.
Aveva paura e una sensazione di disagio gli divorava il cuore non appena la mente si perdeva nelle idee ed ansie della serata.
Sospirò sconfortato e rivolse lo sguardo alla porta d’ingresso, maledicendo il tempo che lo torturava stuzzicandogli la pazienza, infilzandola con i secondi tramutati in spilli aguzzi. La serratura scattò e l’inferriata cigolò appena, quasi sospinta dalla brezza serate.
Si morse il labbro e, aprendo del tutto il cancello, fece un passo in avanti, squadrando la porta chiusa con ansia.
Salì il primo gradino bianco – oppure era grigio? Non sapeva, l’agitazione lo confondeva e la notte non lo aiutava – .
Sentì dei passi avvicinarsi velocemente all’entrata e, deglutendo ancora, attese. «Aspetta un attimo!»
Era Miku.
La porta si aprì piano, accompagnata dalle mani gentili della fanciulla. Il ragazzo socchiuse gli occhi a causa della forte luce che scappò via dalla soglia dell’entrata.
«Oh, ciao Len»
Il quindicenne la salutò con un gesto veloce, ma quando si accorse dell’abbigliamento della presente, sospirò, posando la mano destra sul fianco.
«Ehi, perché non hai lo yukata? Non verrai mica a pantaloncini?»
La giovane scostò con un movimento delicato i fluenti capelli dalla spalla, finalmente liberi dalla solita prigionia dei nastri, e guardò con un sorriso divertito l’altro, sostenendosi con il braccio alla cornice della porta.
«Perché, sei forse geloso, Kagamine Len
Il citato sbuffò, guardando la ragazza negli occhi.
«No, solo non voglio avere problemi» rispose con finta indifferenza, incrociando le braccia. Miku sorrise saccente.
«Ooh, come no. Sta’ tranquillo» rispose con voce serena e, lentamente, si allontanò dalla soglia per avvicinarsi alle scale. «Tanto non vengo»
«…Cosa?!» gridò quasi, raggiungendola. «Perché?»
«Non mi va» disse semplicemente l’altra.
Il quindicenne corrucciò le sopracciglia dorate. «Come “Non mi va”? Hai sempre adorato questo matsuri!»
Miku lo ignorò e volse lo sguardo verso le scale, sorridente.
… Non la scampi
«Tanto ti trascinerò al festival, mia ca-» si fermò, zittito da dei lievi rumori provenienti dal piano superiore, e, lentamente, si voltò, guardando il pianerottolo in cima alla scalinata. Sbarrò gli occhi.
Abbracciata da un roseo yukata intessuto quasi con i petali di ciliegio di Osaka e stretto da una larga fascia – lillà, come le sfumature dei bordi della veste – Rin guardò i ragazzi con un sorriso imbarazzato, stringendo forte le dita tra loro.
Scese lentamente i gradini a causa dei sandali rossi, facendo sospirando ad ogni passo i lembi dello yukata e tintinnare i fili i perle che ornavano la fascia stretta al ventre.
Len le guardò il viso niveo – una leggera sfumatura di ombretto rosa le colorava le palpebre e il lucidalabbra brillava sulla bocca – accorgendosi solamente ora dell’assenza del solito fiocco sul capo, ma notò le code bianche di stoffa spuntare dai capelli intrecciati dietro la testa, ornati da due bacchette rosse e da un doppio fascio di perle lattee.
Il ragazzo la seguì con lo sguardo mentre scendeva con titubanza gli scalini, sorreggendosi con il corrimano bordeaux.
«Buonasera …» sussurrò Rin, dopo aver finalmente superato la difficoltà dei gradini.
Miku la abbracciò e le diede un bacio sulla guancia rossa, sistemandola una ciocca bionda dietro l’orecchio.
«Divertiti piccola!» e la trascinò letteralmente alla porta, sorridendole.
La fanciulla annuì e scese lo scalino dell’ingresso, dirigendosi verso il cancello dove aspettò il ragazzo che, invece, rimase all’entrata, squadrando l’amica.
«Sicura di non voler venire, Miku?»
La ragazza sorrise e gli diede una pacca sulla spalla.
«Tranquillo Len, ho la PS3 che mi aspetta»
Il giovane la guardò un’ultima volta e sospirò, raggiungendo poi Rin e, chiuso il cancello, si avviò insieme a lei verso il tempio.


Aspettò sulla soglia per qualche secondo, scrutando la strada mentre il freddo le pizzicava la pelle scoperta.
In fondo, sarei soltanto d’intralcio…
Sorrise e, guardando le stelle brillare nel cielo notturno, augurò a Hikoboshi e a Orihime un felice rincontro.


Guardò con stupore l’enorme Torri di legno, addobbato da due grandi kusudama dalla sfera e i tentacoli piatti giallo acceso.
Osservò estasiata le decorazioni e le lanterne rosse che disseminavano sui gradini in pietra una pallida luce scarlatta.
«E qui?» chiese, senza distogliere gli occhi, resi scintillanti dai barlumi degli ornamenti. Il ragazzo si avvicinò a lei e posò il piede sul primo gradino.
«Si» rispose con voce dolce, e le offrì la mano aperta come segno di aiuto, il rossore alle gote mascherato dalla morbida luce che gli screziava il viso.
Rin accetto l’invito, e si incamminò insieme a lui per la scalinata massiccia.
«Ogni anno, al tempio, si celebra il Tanabata, e alla fine si bruciano i tanzaku della gente appesi al bambù»
La fanciulla alzò lo sguardo, percependo la mano dell’altro stringere delicatamente la sua.
«In modo che i loro desideri arrivino a Dio…» continuò lei, osservandolo per un istante in viso.
Len annuì docilmente con il capo e, sorridendo appena, scrutò il profilo dell’amica illuminato da mille luci, dorate e rosse, regalate dalle lanterne appese ai cavi neri ai lati della scalinata.
«E tu, hai qualche desiderio Rin?» chiese flebilmente, rivolgendo lo sguardo agli alberi di fianco.
La quindicenne scorse le prime bancarelle stagliarsi dinanzi, annunciate dalla corona di luce dorata che aleggiava sugli ultimi gradini.
«Si» sussurrò e, lasciando la mano di Len, salì gli ultimi scalini ed arrivò in cima. Si voltò, sorridendo dolcemente al compagno mentre gli zaffiri si macchiavano d’inspiegabile tristezza.
«Rimanere qui, in questa città»
Il ragazzo si fermò sull’ultimo gradino in pietra e la guardò interrogativo, ma lei si allontano per evitare spiegazioni, inoltrandosi negli stand nella speranza che l’altro dimenticasse tutto.
«Aspetta!» gridò, raggiungendola velocemente.
La ragazza si fermò, voltandosi piano. Strinse i pugni e, inspirando profondamente, alzò il viso.
«Domani tornerò da mia madre»
Il quindicenne sgranò gli occhi, avvicinandosi titubante.
«…Cosa?»
Rin sorrise ed abbassò lo sguardo, intimorita, notando dei coriandoli colorati sparsi sul lastricato del tempio.
«Tornerò fra due settimane circa» la sua voce era calma e soave come il resto dei giorni, eppure al cuore del giovane arrivava triste e rassegnata. «Tranquillo, non sto scappando, Miku lo sa»
Len sgranò gli occhi.
Lei ne era a conoscenza…
«Tu… tu te ne sei andata da lì perché …» serrò il pugno, deglutendo. «Per tua madre …» Lei sorrise, senza lasciar incrinare la docile maschera che la proteggeva dalle sue stesse emozioni.
«Tornerò»
Il ragazzo la guardò incredulo, sollevando appena le sopracciglia.
«Tornerò, promesso» e avvicinandosi a lui, gli sorrise ancora una volta con la speranza di rincuorarlo.
«Sicura?»
Lei annuì, raggiante.
«E se… e se tua madre non vorrà lasciarti andare?»
Rin non rispose, gli sfiorò le dita affusolate con le sue e gli prese delicatamente la mano sinistra, cominciando a camminare fra gli stand.
E in silenzio, Len osservò la figura davanti a lui mentre un senso di oppressione gli annullava l’ossigeno ai polmoni e un nodo doloroso gli tormentava la gola.
Osservò le linee del suo collo nudo e chiaro, scoperto dai capelli biondi, e il profilo del suo volto delicato che, spinto dalla curiosità, balzava in ogni direzione, gli occhi attirati come da magneti.
Si morse internamente il labbro inferiore, pensando ai giorni che sarebbero trascorsi senza di lei.
«Allora …» si fermò, stringendo saldamente la mano della compagna. «Chiederò a Dio il tuo ritorno, dovessi inginocchiarmi a lui di persona!»
La ragazza sgranò gli occhi, disorientata da quella affermazione senza voltarsi, e lasciò la mano dell’altro, serrando gli occhi che urlavano a causa del bruciore.
«Altro desiderio non ho» continuò con decisione.
Sorrise, lei, alzando il viso al cielo scuro. «Sei sicuro? Hai un solo desiderio quest’anno»
Con un passo, il quindicenne l’affiancò, cercando la sua mano con la propria.
«Si»
La fanciulla sorrise ancora una volta, e insieme avanzarono mentre la folla li inghiottiva nella confusione.
«Grazie Len»
La giovane lo guidò ad uno stand ed osservò i bambini divertirsi nel tentativo di vincere qualche gioco.
«Ora posso andarmene tranquilla» sorrise, guardando i premi appesi lì vicino. Toccò con l’indice il naso nero di un peluche dalle curiose fattezze, poggiato sul bancone in legno.
«Perché, grazie alla tua richiesta, sono sicura di tornare»
Len la osservò in silenzio e, posandole una mano sulla spalla, la voltò verso la sua direzione.
«Allora continuerò a chiederlo a Dio, se questo ti rasserenerà» sussurrò e, lentamente, avvicinò il volto a quello della ragazza che, stupita, arrossì visibilmente.
La giovane serrò gli occhi d’impulso e trattenne il respiro, ma quando percepì un dolce tepore lambirle la fronte, riaprì piano le palpebre.
«Fregata» e rise appena, notando l’evidente rossore che colorava il viso dell’amica.
La poveretta si portò le mani al volto e mugugnò un debole “scemo”, facendolo ridere di più.
«Scusa» ma Rin lo ignorò, continuando a chiamarlo “stupido”. «Vediamo…»
Len la guardò per qualche secondo, chiedendosi se allontanarle i palmi dal viso era una buona scelta ma, ripensando attentamente, si portò la mano destra al petto e si inginocchio umilmente dinanzi a lei. Chiuse gli occhi e sorrise.
«Per porre rimedio al mio vile atto, offrirò alla sua persona una piccola gioia, aspirando così al vostro perdono redentore, mia principessa»
Rin, sorpresa da quelle parole, separò piano le dita senza scoprirsi il volto, ed osservò il ragazzo chino di fronte a lei, sorridendo lievemente.
«E va bene»
Le mani scivolarono giù dal viso ancora leggermente imporporato e, avanzando di un passo, la quindicenne si inginocchiò e lo osservò, sorreggendosi il mento con i palmi chiusi.
«Voglio un takoyaki»
Il ragazzo aprì gli occhi e rise appena, guardando i solchi tra le lastre della pavimentazione del tempio.
«Yes, you highness»
«”Your”» lo corresse divertita Rin.
«Beh, si… quello!»

Si guardò intorno alla ricerca di un tavolo libero o almeno non molto affollato, sperando con tutto sé stesso che i foglietti colorati non fossero già finiti e appesi ai rami. Erano in ritardo e tra un po’ sarebbe iniziato l’otakiage.
«Len, lì!» lo avvertì l’amica, indicandogli con la mano libera – nella sinistra stringeva un panda e un palloncino yo-yo vinto dal compagno in un gioco – una piccola bancarella su cui insegna era scritto “Tanzaki”.
Il ragazzo annui e si avviò insieme alla fanciulla verso lo stand circondato da bambù.
«Scusi, avete ancora due tanzaki?» domandò, speranzoso.
«Si, certo» rispose la donna, sorridendogli cordiale. «Un attimo»
Aprì la scatola celeste adagiata sul legno del tavolo e porse a Len due striscioline di carta gialla insieme ad una penna.
«Scrivete la vostra preghiera o desiderio e poi appendete i tanzaki ai rami» disse la gestrice, indicando dietro di sé gli alberelli.
La signora si voltò in modo da non suscitar disagio ai due giovani. «Pensate bene prima, mi raccomando»
I due assentirono e, dopo aver adagiato i premi sulla bancarella e presa la penna, Rin scrisse il proprio desiderio.
«Fatto» disse, porgendo la penna al giovane e sorridendo.
Len la prese delicatamente dalle sue dita e, osservando il foglietto monocromatico, scelse le parole giuste. Avvicinò la biro al tanzaki ed incise sulla sua superficie liscia il desiderio sperato.
Osservò il bigliettino e l’inchiostro nero risaltato dal giallo chiaro.
«Fatto» dichiarò il quindicenne alla donna che, voltandosi, annuì.
«Bene, ora appendeteli»
I giovani aggirarono la bancarella e si avvicinarono ai bambù, dove lasciarono sospesi i foglietti.
«Buona serata!» li salutò la signora con un sorriso.
I due agitarono le mani alla commessa e, guardandosi, si avviarono verso il centro del tempio.
«Cosa faranno adesso?» chiese Rin, osservando la gente che si apprestava a raggiungere la piccola piazzetta.
«Bruceranno i bambù» le rispose con un sorriso. «Così i desideri raggiungeranno Dio attraverso il fumo»
La giovane annuì con un cenno del capo, notando degli uomini che lanciavano gli alberelli in un piccolo recinto sul lastricato, formando una catasta di foglie, legno e biglietti colorati.
«Forse sarà meglio andare» proruppe il ragazzo, alzando gli occhi al cielo e inarcando lievemente le labbra in un sorriso triste. «Domani devi partire»
Rin notò un signore avvicinarsi all’insieme di rami con stretta in mano una fiaccola così scintillante da far male alla vista. «Si»
Si voltò e, seguita dall’altro, si diresse verso l’uscita.
Camminarono in silenzio senza guardarsi o sfiorarsi le mani.
Len osservò la gente ridere e divertirsi, Rin scrutò il mattonato per nascondere il proprio viso.
Sensi di colpa divoravano lentamente i loro cuori, eppure non erano rei.
Raggiunta l’imponente scalinata, la ragazza scese i primi gradini, però si voltò, guardando l’altro fermo in cima.
«…Len? Non vieni?» gli chiese. «Len?»
Lo chiamò ancora, preoccupata, ma l’amico rimase in silenzio, fissando i gradini con aria pensierosa.
«Len» risalì la scalea verso di lui e, posata una mano sulla sua spalla, il compagno le rivolse lo sguardo.
«E’ ancora presto » disse, scuotendo il capo. «Vuoi venire con me?»
La fanciulla sussultò. «…Dove?»
«Non posso dirtelo» spiegò lui, senza scostare gli occhi da lei. «Ti fidi di me?» Rin osservò rapita gli occhi del ragazzo, così decisi e indagatori e penetranti da non percepire più sé stessa e il mondo.
«… Va bene» disse infine, abbassando leggermente il capo. «Mi fido»
Len sorrise estasiato e, stringendole la mano, iniziò a discendere i gradini con velocità lieve per evitare una possibile caduta a causa degli yukata.
Corsero per dei minuti, abbandonandosi il tempio e alcuni vie alle spalle, divorati dalla distanza che si estendeva come gocce sul marmo.
La ragazza chiamò il giovane più e più volte, chiedendo spiegazioni - «Dove stiamo andando?» , «Ehi, è una sorpresa!» – e ridendo insieme a lui.
Le dolevano i piedi a causa dei sandali, ma ignorò ogni senso e percezione dell’esterno, concentrandosi unicamente su Len e l’attimi in cui erano insieme.
«Siamo quasi arrivati!» gridò il ragazzo, ridendo al miagolio spaventato di un gattino colto di sorpresa dalle loro presenze.
Svoltarono nuovamente e la quindicenne contemplò ammirata gli alberi lontani alla sua destra, rinchiusi in una lunga striscia d’erba bagnata dalla luce pura della luna.
«Lo senti?» si voltò appena, sorridendo all’espressione confusa dell’altra.
«Cosa dovre-» strabuzzò gli occhi, sconcertata dal leggero scorrere che le sfiorò l’udito.
Un piccolo fiume separava lei e Len dagli alberi, scrosciando cristallino nel suo letto affusolato dalle pareti superiore d’erba.
Il ragazzo rise, scuotendo divertito il capo e, rallentando, giunse finalmente al luogo, svelando alla compagna la sorpresa.
La giovane gli lasciò la mano e, lentamente, si avvicinò alla balaustrata del ponte e contemplò l’acqua sotto di lei.
Le stelle si gettavano dalla volta nello specchio mutevole del fiume e rimanevano ferme, brillando tenuamente. Sembrava un frammento di cielo liquido.
«Ti piace?» domandò, abbandonando le braccia e la testa sul parapetto.
«Si…» sussurrò lei, adagiando gli avambracci sulla superficie leggermente ruvida. Il ragazzo sorrise, osservando la sua immagine tumultuosa riflessa nel fiumiciattolo e poi quella dell’altra.
«Ne, Len…» volse appena il viso verso di lui e lo guardò. «Ricordi la leggenda di Hikoboshi e Orihime»
Il quindicenne rifletté alcuni attimi ed annuì.
«Anche loro si incontravano su un ponte»
Il giovane sussultò appena a quella affermazione e continuò ad osservare il suo riflesso.
«Solo che il loro era fatto di gazze!» rise argentina e, allontanandosi dal parapetto, volteggiò fino a scendere dal ponte, i piccoli tacchi dei sandali che echeggiavano sulle travi in legno.
Noi ci rincontreremo, Len
Inspirò profondamente, Rin, e, schiudendo le labbra, iniziò a cantare, piroettando su sé stessa. «Le foglie di bambù frusciano vicino le gronde ondeggiano»
Dovessi anche aspettare la concessione e l’aiuto di mio padre
«Le stelle luccicano granelli d’oro e argento»
Il ragazzo la osservò rapito, incantato dai suoi movimenti, così leggiadri da ricordargli le movenze delle fate celesti. La sua voce dolce lo attraeva, e il cuore gli colpiva forsennatamente le costole.
«Le strisce di carta dai cinque colori ho già scritto»
Incrociò il suo sguardo, Len, e per un attimo non percepì più i battiti nel petto.
Si avvicinò piano a lei, guardandola meravigliato negli occhi azzurri e tristi.
«Rin…» la chiamò e, senza lasciarle il tempo di finire la filastrocca, la attirò verso di sé, facendo rotolare a terra il peluche e il palloncino yo-yo.
L’ultima verso morì nell’aria e, stringendole la vita con il braccio destro e prendendole il viso con la mano, il quindicenne la baciò, scrutando il cielo e le stelle riflessi nei suoi occhi sbarrati.
Quando le labbra del giovane si allontanarono, Rin si scostò appena e lo guardò in viso, in silenzio, per poi sciogliere l’abbraccio e correre via, sconcertata. «Rin! Rin!!»
Gridò ancora il suo nome, ma le parole si persero nel frinire delle cicale. «Rin…»
Si avvicinò verso i premi e, inginocchiandosi, strinse la zampa anteriore del pupazzo.

«Dannazione…»













30/12/12
Scriverò il prossimo capitolo in questi giorni, mandando allegramente lo studio a farsi battezzare da un prete novizio.

Si, come no, è andato il capitolo a farsi battezzare, con me in veste di madrina!

Lo so, sono in ritardo.
In enorme ritardo, come sempre, quindi sorvoliamo.
In questo tempo ne sono successe vero?
C’è stata la bazzecola del 21 Dicembre, e cavolo, se ci fosse stata davvero la fine del mondo, avrei sclerato così tanto che voi lettori avreste sentito le mie grida, chiedendovi chi era quella deviata che urlava.
C’è stato Natale ed è iniziato il nuovo anno (ma va?) e quindi vi do gli auguri arretrati.
Tanto arretrati.
Inoltre, dopo una lunga attesa, è finita la saga di “Synchronisity” ed io non posso fare a meno di urlare un “SIII!!!” intriso di gioia e commozione.

SIII!!!

Ma passiamo al capitolo.
Rin tornerà momentaneamente a casa dalla mamma tanto indesiderata.
Len, invece, ha combinato un casino! *pat pat a Len*
E Miku? Miku è rimasta a giocare alla sua PS3 dannazione…, lasciando stare i due piccioncini da soli. Cucciola.
Che ne dite del capitolo? Gli eventi, da adesso, si smuoveranno un po’, la pace tornerà?
Mi sembra di essere il tizio delle telenovele che anticipa gli episodi *brivido*
Spero che vi sia piaciuto un po’, altrimenti ho fallito miseramente xD
Ringrazio Vocal_Dreamer, Amahy, _Ricchan per aver recensito il precedente capitolo, e di nuovo quest'ultima e IbbyKiseki per aver aggiunto la fic nelle preferite. Infine Amahy, KokoroLock e Lady Orihara nelle seguite.
Inoltre, ringrazio tutti i lettori in generale per non avermi ancora ucciso per la lentezza, siete meravigliosi <3

Vi saluto.
Adieu !
  
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