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Autore: Gayzelle    31/07/2013    1 recensioni
C'era una volta un piccolo sogno, segregato all'interno del nulla.
A fargli compagnia c'era solo il buio, prigione folle di freddo e silenzio.
Il Piccolo Sogno decise che sarebbe cambiato tutto, non voleva più vivere in quello stato di immobilità.
Scelse delle persone, destinate a essere ricordate per sempre: esse si chiamavano "Alice".
"Alice" è colei che, una volta entrata nel sogno, deve creare un mondo tutto suo.
Ma la follia che ha divorato il sogno, potrebbe essere la stessa che porterà alla rovina le persone che entreranno al suo interno.
Follia...che gusto ha secondo voi, la follia?
Potreste scoprirlo leggendo, oppure potreste rimanere imprigionati da essa.
Forza, chi vuole seguirmi?
Tratta dalla canzone "Alice of Human Sacrifice" dei vocaloid.
Alicchan
Genere: Angst, Horror, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Alice of human sacrifice

 
La Prima Alice

 
Il panorama che si estendeva fuori della finestra era sempre lo stesso, migliaia di corpi distesi sul terriccio brullo superavano il numero dei soldati che si reggevano ancora in piedi, combattendo con furia e sferzando l’aria con le spade insanguinate.
La ragazzina, seduta sul trono incorniciato da cristalli intarsiati, rideva sommessamente guardando quella scena tenendo un ventaglio davanti al viso per coprire il ghigno disegnato sulle sue labbra.
I bagliori delle spade insanguinate spiccavano nella terra di cadaveri, illuminata dalla pallida luce del cielo sbiadito.
Ma la ragazza guardava una persona in particolare: una giovane donna dall’armatura rossa e con gli occhi dello stesso colore del sangue che colava dalla sua spada.
Una furia cremisi, si mimetizzava nel tappeto di sangue che si era creato, ma spiccava per l’abilità superba con cui sorprendeva le vittime.
Gli occhi decisi si volsero alla finestra del castello, fissando il volto della principessa che ancora sorrideva sorniona al pensiero di avere un’alleata così potente.
La guerriera sorrise e, mentre riprendeva a lottare con foga, la principessa disse in un sussurro: “Fa’ un buon lavoro mia Sanguinaria Regina di Picche”.

---

Un tonfo.
Un urlo di dolore.
Uno sguardo carico di pietà e di tristezza.
L’ennesimo soldato in balia della paura, implorava quella ragazza di lasciarlo in vita, non capendo che avrebbe sofferto meno se fosse stato ucciso subito, piuttosto che morire lentamente e agonizzando su quel terreno lurido di sangue.
La ragazza calò velocemente la spada nel punto dove il cuore chiedeva di cessare quell’agonia.
Uno spasmo, poi il silenzio.
Lei si guardò attorno, cercò di aguzzare la vista per vedere qualcosa di diverso dai cadaveri che la circondavano.
Pochi superstiti erano eretti in quel campo di morte e ciascuno di essi riportava almeno una ferita grave.
-Una battaglia dove il numero di morti è così elevato, non si può definire vinta.- Sussurrò la ragazza, abbassando gli occhi sulla sua spada.
-Siamo rimasti solo in venti.- Continuò lei guardando le gocce vermiglie scendere inesorabili dalla lama della sua arma.
Il rumore di un corpo accasciatosi in una pozza, la distolse dai suoi pensieri.
-Diciannove.- Esalò la guerriera dalle sue labbra contratte.
Lei combatteva per la principessa, non sapeva se quella guerra fosse giusta o sbagliata e non era nemmeno certa che il titolo di guerriera sanguinaria che si era guadagnata fosse il suo vero sogno, ma non poteva fare altro.
Non sapeva fare altro.
Ripose la spada nel fodero e, nell’esatto istante in cui la guerriera si voltò verso il palazzo, un flash la investì completamente, serrò gli occhi e si protesse il viso con il braccio.
Quando li riaprì, si trovava in un luogo completamente vuoto.
Tutto era bianco, un bianco luminoso che si estendeva completamente in quel posto che pareva infinito, ma al tempo stesso opprimente e soffocante.
La sensazione di cadere le attanagliò lo stomaco.
Un punto buio sotto ai suoi piedi si allargò fino a formare una voragine, il corpo della ragazza sprofondò in quel buco denso d’oscurità.
Nonostante i nervi saldi, la ragazza non poté fare a meno di urlare, la caduta improvvisa l’aveva sorpresa non poco e, dopo pochi secondi, era atterrata in un piccolo vialetto di un paesino a lei completamente sconosciuto.
Si guardò attorno, spaesata, e lanciò uno sguardo sfuggente all’angolo della stradina lastricata, vedendo con la coda dell’occhio un coniglio bianco dall’aspetto strano.
Quel coniglio portava un panciotto a scacchi e, sul capo, aveva una lunga cicatrice.
Assurdo da pensare, ma ciò la incuriosiva e così iniziò a seguirlo.
Correva per le strade lastricate di quel piccolo paese, evitando le persone e inseguendo l’animale.
La spada le pendeva ancora al fianco e il rumore metallico dell’armatura risuonava fastidioso, ma nessuno sembrava accorgersene.
Arrivò in un altro vicolo, ma questa volta trovò uno strano bambino ad aspettarla.
-Sei arrivata, Natsumi.-
La ragazza si guardò intorno cercando il coniglio, che una volta girato l’angolo sembrava scomparso, allora concentrò il suo sguardo sullo strano ragazzino.
-Chi sei? Come puoi conoscere il mio nome?!- Disse Natsumi sguainando la spada e puntandogliela alla gola.
Lui la scostò con semplicità, sfiorando la lama con un unico dito e sfilandogliela poi dalle mani affusolate.
Lei era incredula, non le era mai capitata una cosa del genere sul campo di battaglia, il fatto che un bambino fosse riuscito a disarmarla l’aveva lasciata spiazzata.
-Eh no, sorellona… così non vale…-
Il bambino aveva un ghigno spaventoso disegnato sul viso e ora passeggiava su e giù per il piccolo vicolo, agitando la spada e trascinandola, guardando maliziosamente Natsumi.
-Sai perché ti ho portata qui?- Disse lui candidamente.
La ragazza scosse il capo.
-Beh…- Il bambino fece un gesto vago con la mano, sorridendo innocentemente.
-Sei qui per creare un mondo, il tuo mondo. Tu, d’ora in poi, sarai “Alice, la regina di picche” e verrai ricordata con questo nome.-
Natsumi non capiva, quel nome le riportava alla memoria qualcosa, ma ciò che ormai non riguardava quel mondo, si stava diradando come nebbia nella sua mente.
-Ehi, non andartene. Io…non ho capito!- La ragazza tese il braccio verso il bambino, ma ormai era svanito, lasciando il posto al rumore metallico della spada che toccava terra.
Natsumi la raccolse e si specchiò nella lama, lei era la prescelta che avrebbe dovuto creare quel mondo.
Sembrava così facile da dire e, pensò, chi non avrebbe voluto essere il sovrano indiscusso di un tale popolo?
Il paese dove si trovava sembrava pacifico e fertile, nessuno si sarebbe lasciato sfuggire una tale occasione.
Eppure lei, pensava di non esserne capace.
Lei voleva solamente tornare a casa, sul suo campo di battaglia, a difendere la principessa e continuare ad essere la famigerata guerriera sanguinaria.
Si appoggiò al muro con la schiena, il panico si stava piano piano impossessando di lei.
-Cos’è un’Alice?!- Quell’urlo sembrò lacerare il silenzio che si era creato, il rumore del viavai cittadino risuonò nelle sue orecchie come un fastidioso ronzio, sempre più forte, finché non dovette portarsi le mani alla testa per coprire quel frastuono.
Alzò lo sguardo, notando gli occhi curiosi di una ragazzina che la stava osservando.
Era ferma sotto l’arco che stava sospeso all’inizio del vicolo, le mani intrecciate dietro la schiena e gli occhi grandi e argentei le conferivano un’aria pura e innocente.
I morbidi capelli blu erano ordinatamente tenuti dietro le spalle e un sorriso timido ma curioso incorniciava quel viso da angioletto.
-Hai bisogno di qualcosa?- le chiese dopo qualche secondo, continuando a fissarla curiosa.
Natsumi era disperata, voleva e doveva assolutamente tornare indietro e se parlare con una ragazzina poteva esserle minimamente di aiuto… l’avrebbe fatto.
-Devo assolutamente sapere come andarmene da qui.- Disse la rossa cercando di tenere i nervi saldi.
-Oh, ma tu sei un’Alice, non puoi andartene.- Rispose la ragazzina sorridendo in modo strano.
Natsumi avrebbe giurato che quello fosse un ghigno.
-Se vuoi, posso dirti cos’è un’Alice, mi pare che tu prima te lo sia chiesto.- Continuò la piccola imperterrita.
La rossa annuì mordendosi il labbro, quella ragazzina era stranamente più sveglia di quanto si aspettasse.
-Dunque, Alice…è colei che verrà ricordata per sempre…fin dopo la sua morte.- Le parole uscirono dalla sua bocca lentamente, venivano pronunciate con calma, quasi come assaporate dalla bambina, giungendo alle orecchie di Natsumi come una straziante melodia.
-Dopo la mia… morte…- La rossa era come in trance, ripeté le ultime parole di quella frase, come per capirne meglio il doloroso significato.
La ragazzina si sistemò una ciocca blu, sorridendo e socchiudendo gli occhi, soddisfatta.
-Esatto, vedo che hai capito.-
Detta l’ultima frase, iniziò ad allontanarsi piano, già di spalle alla ragazza che solo pochi secondi prima era la sua interlocutrice.
-Aspetta! Dove vai?-
Natsumi aveva bisogno di una presenza al suo fianco, altrimenti non sarebbe riuscita a resistere in quel posto.
La ragazzina dai capelli blu si voltò un’ultima volta, gli occhi vivaci e dolci di prima ora esprimevano solo una vacua tristezza, mista ad un qualcosa che Natsumi identificava come “sadismo”.
-Il mio nome è Haruna Otonashi. Ricordatelo, potrebbe esserti utile.-
E detto questo, svanì tra i cittadini, come fosse stata solo un’illusione.
Natsumi era immobile, paralizzata dalle parole di Haruna.
-Sono intrappolata in questo mondo assurdo.- Sussurrò a se stessa quella frase, per convincersi di ciò che aveva sentito, accertandosi che quella non fosse stata davvero un’illusione.
-No…!!!- La ragazza iniziò a correre per le vie.
Si guardava intorno, cercando qualcosa che potesse esserle d’aiuto, ma, oltre a non esserci niente, la gente sembrava essere scomparsa.
Ormai era rimasta sola in quella folle prigione.
Le lacrime iniziarono a sgorgarle dagli occhi.
Gridava aiuto con disperazione, consapevole del fatto che nessuno potesse sentirla, ma gli urli acuti, spezzati dai singhiozzi, non cessavano.
Non aveva mai avuto così tanta paura in tutta la sua vita.
 

-Hai capito cosa si prova ad essere soli, sorellona?-

 
Correva senza sosta, l’armatura la intralciava ma non ci faceva caso, doveva trovare un modo per tornare indietro.
Inciampò sul lastricato, cadendo rovinosamente sul terreno e facendo scivolare la spada a qualche passo da lei.
Si mise a gattoni, le lacrime avevano cessato di scorrere lungo le gote, ma aveva iniziato a tremare.
Allungò la mano verso la spada e la rimirò, si alzò in piedi continuando a girarsela nella mano.
Il tremolio del suo corpo non accennava a smettere.
Le spalle si alzavano e abbassavano irregolarmente, come colpite da spasmi; la testa era china sulla spada.
-Se creando questo mondo diverrò colei che lo dominerà…- Natsumi aveva il tono incrinato, ma non dal pianto.
-…distruggendolo, potrò andarmene!-
Iniziò a ridere in modo isterico, i suoni sommessi risuonavano lugubri e inquietanti.
Alzò il viso e rivelò l’espressione sadica che si era dipinta su esso, gli occhi socchiusi e sicuri, velati di una dolcezza esausta.
Intanto la gente sembrava essere ricomparsa in quel tranquillo quadro cittadino.
 

-La faccenda si fa interessante.
Che i giochi abbiano inizio!-

 
Natsumi non ansimava, il suo fisico era immune alla fatica anche se ormai aveva percorso la maggior parte delle vie del paesino.
Il ghigno feroce sul suo volto era come disegnato da inchiostro indelebile, l’espressione rimaneva sempre la stessa.
Ogni persona che incontrava sul suo cammino cadeva uccisa, trafitta da quella spada insanguinata.
Le urla laceravano il silenzio tranquillo del piccolo paese, persone che imploravano pietà, strilli disperati di bambini e uomini che tentavano di opporsi, ma senza ottenere alcun esito positivo.
Natsumi stava eretta orgogliosamente in quel macabro cimitero, dove i cadaveri insanguinati giacevano immobili sparsi per le vie.
La ragazza si girò, scostando la morbida chioma rossa dal viso e mostrando brevi strisce cremisi solcarle le guance nivee.
Puntò gli occhi sul sentiero lastricato dietro di lei e notò che aveva lasciato una scia rossa di sangue, fino a disperdersi in un punto impreciso, all’orizzonte.
-Oh, ma tu sei la ragazza di prima. Che piacere rivederti, sorellona.-
Quella voce infantile e familiare la distolse dai suoi pensieri e la fece voltare di scatto.
La bambina dagli occhi grigi e malinconici la stava ancora osservando con la stessa curiosità del loro incontro iniziale.
Natsumi non ci pensò due volte, sfoderò il ghigno agghiacciante che aveva prima e le conficcò la spada nel cuore.
Mentre si accasciava a terra, riuscì a dire un’ultima frase rivolta alla sua assassina.
-Anche così… resterai prigioniera di questo tuo incubo…per sempre…-
Rivolse un’ultima occhiata alla rossa che ora la osservava spaventata, le sorrise dolcemente e socchiudendo gli occhi la salutò definitivamente.
-Addio, sorellona.-
Il corpo esile della bambina giaceva ora in una pozza di sangue scuro, i capelli così ben curati ora erano disordinatamente immersi nel liquido rossastro.
 

-Bene, credo che possa bastare.
Lo spettacolo è già durato abbastanza.-

 
L’ultima cosa che Natsumi vide, fu lo sguardo terrorizzato di un ragazzo più giovane di lei, dopodiché si ritrovò sdraiata su qualcosa di freddo e duro.
Si alzò sulle ginocchia e vide con orrore che si trovava in una gabbia di ferro.
Strinse con forza le sbarre e si guardò intorno;  si trovava in una foresta, molto probabilmente nel cuore di essa dato che la sua vista non riusciva a oltrepassare alcuni arbusti, finendo poi per perdersi nell’oscurità.
 

-Ehilà sorellona, ti ricordi di me?-

 
La voce infantile e vivace di un bambino le rimbombò nella testa come un messaggio telepatico, ma dovette ricredersi quando vide spuntare dal buio lo stesso ragazzino che l’aveva condotta lì.
Fece una smorfia e scosse violentemente le sbarre di ferro per cercare di uscire, sbatté più volte la spalla contro ciò che doveva essere la porta e tentò di sfondare la gabbia anche con dei calci, ma fu tutto inutile.
-Fammi uscire!- Gridò furiosamente la ragazza rivolta al bambino.
 

-Oh! Che modi scortesi…
Comunque dovrai stare lì buona, perché non posso farti uscire.
Hai combinato un bel guaio, sai sorellona?-

 
Natsumi si accasciò a terra esausta.
-Io volevo solo tornare a casa!- Gridò la ragazza con un tono leggermente incrinato dalla disperazione.
 

-Ma te l’ho già detto:
ormai sei destinata ad essere prigioniera di questa foresta,
per sempre.-

 
Il piccolo sogno calcò le ultime parole e ottenne l’effetto desiderato dalla ragazza, la quale rabbrividì.
Ad un tratto le venne un’idea.
Portò la mano al fodero della spada, tentando di afferrarla per il manico, ma…
 

-Se cerchi la tua spada,
te l’ho sfilata dal fodero prima che ti svegliassi.
Poteva essere pericoloso lasciartela.-

 
A quel punto Natsumi si sedette tenendo le mani salde alle sbarre.
Lo sguardo vacuo e l’espressione assente erano segno che le forze la stavano abbandonando.
Sentì il sogno ridacchiare.
 

-La prima Alice armata di spada entrò,
nel Paese delle Meraviglie si trovò,
uccidendo ogni essere umano che incontrò,
una scia rossa di sangue dietro sé lasciò.-

 
Natsumi non capiva.
Quella canzone non aveva alcuno significato, se non per il fatto che…
-Che diavolo di canzone è questa?!-
La ragazza si sporse facendo tremare le sbarre, le lacrime scendendo si univano alle strisce di sangue che le macchiavano il viso.
 

-Che domande…
Ovviamente, è la tua canzone!
“Quell’Alice condotta nella foresta,
ne rimase prigioniera come peccatrice.
Se non fosse per la rossa scia dietro di sé,
nessuno ricorderebbe la sua esistenza. “

 

-ZITTO!-

E il suo urlo si disperse in quel bosco immenso, seguito solo dai singhiozzi disperati e dalle grida di dolore e pentimento.
 
-Addio sorellona.-
 
E detto questo, anche il sogno scomparve in modo silenzioso.
 
 
Angolino dell’autrice
Ecco a voi il secondo capitolo!
Secondo me Natsumi ci stava bene come prima Alice,
ovvio, non penso sia una ragazza sadica che va in giro uccidendo le persone,
ma per il carattere ribelle e arrogante.
Voi chi pensavate che avrei usato come prima Alice invece?
E come seconda Alice chi credete che sceglierò? c:
Ah, la traduzione della canzoncina è mia, quindi se fa schifo se non è bella come quella nel drama è perché non mi piaceva copiare una traduzione già fatta.
Comunque spero che vi sia piaciuto il capitolo ^^
Alla prossima!
Alicchan
 

  
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