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Autore: Beads and Flowers    01/08/2013    3 recensioni
La storia è incentrata sui pensieri del Quarto Kazekage, che attende in una stanza oscura la morte della moglie Karura. Uno strano silenzio lo opprime, alimentando le disperate accuse che come ninne nanne cullano la sua follia. Mille ombre striscianti circondano quella figura curva, soffocata dalla paura e dal tempo, ridendo delle domande che si pone, dell'umana mortalità della sua persona.
Ascoltate, tutti voi.
Il tempo si è fermato.
[Seconda classificata al concorso multifandom 'Shot a Fiction', indetto da Ay Nini]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Chiyo, Karura, Sabaku no Gaara
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Le ombre non gridano    

 

 So by degrees his spirit bent .
To mock its own despairing cry,
 In stern self-torture to invent
New luxuries of agony,
And people all the vacant space
With visions of her perfect face.
 
 Da ‘Three Sunsets’ di Lewis Carroll

 
 

 Ascolta.
 E’ passato troppo tempo.
 Ma il tempo si è fermato.
 Le urla non risuonano più nel palazzo. Cos’è questo silenzio soffocante? Che cosa significano queste ombre infernali, che come spiriti malefici strisciano sui muri di sabbia? Sono i demoni di favole dimenticate, che stringono tra i denti presagi di morte. Sono i messaggeri dell’Infinito, e non lasciano trascorrere il tempo. E’ vero, ora me ne rendo conto. Tutto si è fermato completamente. E’ come se un mostro avesse inghiottito l’Universo, lasciando solo ombra e terrore. Nulla sta accadendo, nulla si muove, nessuno parla o grida nella notte.
 Ora capisco di avere paura. E’ strano. Il mio titolo dovrebbe quasi rendermi il figlio del silenzio. Allora perché non mi protegge? Non sono forse più degno di questa carica? Non sono più un Kazekage, la quarta grande ombra del vento, del Villaggio della Sabbia? Dovrei ricorrere all’oscurità come ad un elemento familiare, al deserto come un padre, all’aria come una madre. Non vi è nulla di più silenzioso del vento di Suna, più oscuro della sua ombra alla luce lunare. Le tenebre del deserto sono la mia casa. Eppure, questa notte tutto è diverso. L’unica cecità che cerco è quella del Sole abbagliante. Voglio che torni la luce. Ed il rumore. Ridatemi il rumore. Le grida dei bambini che giocano, gli allenamenti dei genin, i rapporti militari dei miei sottoposti. E le urla. Tante urla, le inconfutabili prove del dolore e della vita, perché i morti non parlano e non gridano.
 Ma ora tutto è silenzio. Lei tace oltre un muro di sabbia.
 Vorrei carezzarmi la fronte con una mano, ma non ci riesco. Vorrei chiudere gli occhi, nascondere le lacrime che bruciano come il Sole nel deserto, ma il mio corpo è fermo ed impotente, non risponde ai miei comandi. Sembro un bambino in preda alle febbri. Non è certo il contegno adatto ad un ninja, ma non posso farne a meno. Non posso.
 Avverto qualcosa nella stanza. Avverto lei.
 Devo essere impazzito. Lei è ancora oltre il muro, lo so bene. Non posso toccarla, sfiorarla, vederla. Ma avverto la sua presenza. Nella mente il suo volto è ancora impresso, fisso nel mio, pallido e tremante come quello di un fantasma. Mi sta guardando, mi chiede aiuto. E’ una richiesta troppo disperata e terribile da sopportare. Vorrei chiudere gli occhi ed ignorare le suppliche di mia moglie. Ma lei è un fantasma, anche se il suo corpo vive ancora oltre questo muro. Non grida più, ormai, da molto tempo.
 Sta morendo. Non vivrà a lungo, ma per il momento è ancora qui.
 Immersa nel silenzio, la sua richiesta è disperata. Forse è proprio questo che mi terrorizza. Da quando gli uomini malefici hanno chiuso le porte della sala operatoria, le grida di Karura si sono fatte sempre più deboli. Inizialmente ho odiato quelle urla. Sapevo che stava soffrendo, e volevo rimanere al suo fianco. Volevo proteggerla e consolarla, dirle che tutto sarebbe andato bene. Era mio dovere, un dovere come tanti altri. Sono suo marito. Sono il Kazekage. Ma è bastata una delle gracili infermiere per condurmi via da lei. Mi ha pregato di seguirla, lontano dalla stanza. Ho dovuto obbedire. Ne andava del mio contegno, ma non volevo. Già i muri erano cosparsi di demoni oscuri.
 La Vecchia Chiyo mi ha seguito con Gaara in braccio. Il mio bambino piangeva in mano alla strega, chiedendo con lacrime innocenti la presenza della madre. Quelle urla ferivano le mie orecchie. Erano troppo forti. Ma la vecchia Chiyo l’ha portato via, ed allora ho rimpianto anche le urla di mio figlio. Sapevo che non erano le grida di un essere umano. Erano le lacrime di una spada mai impugnata, di una lama che non vuole essere bagnata di sangue fresco. Il mio povero bambino non sa di aver già ucciso sua madre. Ma deve iniziare a capire. Ho allora richiamato la vecchia Chiyo, ordinando di restituirmi Gaara. Quando ha obbedito, ho evitato il suo sguardo. Non mi ero mai accorto di odiarla tanto. Ma è colpa sua se Karura sta morendo. Qualcosa deve essere andato storto, e lei ne è la responsabile. Dovrei ucciderla per questo.
 Eppure, non appena ho preso Gaara tra le mie braccia, la strega ha colto il mio sguardo. I suoi occhi erano severi. Non crede nella sua colpa, ora me ne rendo conto. Ha sfiorato con un dito il neonato, scuotendo la testa.
 “Ero ai vostri ordini, Kazekage.”
 Ora è troppo tardi, ma in quell’istante l’avrei dovuta uccidere.
 Gaara resterà con me fino alla morte di sua madre. Allora attraverseremo insieme il muro di sabbia, e lo adagerò accanto al suo cadavere. Voglio che conosca il freddo, la realtà della morte. Solo così diventerà l’arma obbediente che cerco, fedele solo alla Sabbia. Ma ora capisco che entrambi abbiamo paura di quello che accadrà, per entrambi io devo essere forte. Non voglio più avvertire il suo terrore. Nuove lacrime sono comparse sul suo volto.
 No, non piangere, figlio mio. Tua madre non è morta. Non ancora. Non senti i suoi gemiti oltre il muro di sabbia? Sta piangendo per te, piccolo mio, e per me. Tutti e due siamo stati i suoi carnefici, mia tenera lama insanguinata. Ora lei trattiene le grida e le lacrime. Ci tortura con il suo silenzio. Un silenzio che è presagio di morte.
 Quanto tempo? Quanti muri coperti da ombre, quante barriere costruite con lacrime invisibili? I demoni affollano la stanza in cui attendiamo la fine. Strisciano sulle pareti, raggiungono il pavimento, sfiorano le mie vesti. Ombre senza volto, senza voce, che gemono in sussurri assordanti. Chiudi gli occhi, Gaara, non guardare. Sei diverso, così diverso da me, ma presto anche tu vedrai queste orribili creature. Sono serpi nere, figlio mio. Avvolgeranno il nostro cuore in una stretta dolorosa. Allora non vedremo più nulla. Cammineremo in eterno in una valle oscura, dove la notte sarà assoluta. Lì non avremo bisogno di dormire o di amare. E sarai felice, bimbo mio. Impareremo insieme a non temere più il silenzio. Non avremo più paura della solitudine. Perché saremo soli, non è vero?
 Il tempo si è fermato. Le urla non risuonano più nel palazzo. Questo muro di sabbia e sangue non può essere demolito. Adesso non esiste più alcuna ragione, alcun limite, tempo o stagione. Non ci saranno più mesi, giorni o minuti. Tutto è stato sepolto nell’oscurità. Gaara, figlio mio, guarda il cuore di tuo padre. E’ nero, intriso di cenere e silenzio. Questi demoni sono i messaggeri di una Notte eterna. No, non piangere, tesoro mio. Non avere paura. Non sono molto diversi da un altro mostro, custodito dentro te, un mostro che impareremo a conoscere insieme.
 Non aver paura, figlio mio.
 Non so dirti da quanto la mamma abbia interrotto le sue grida, ma il papà è qui. Lui ti proteggerà, farà in modo che tu cresca nel sangue. Così non ne avrai più paura. Sconfiggeremo la paura insieme. No, non aver paura. Gaara, tesoro mio. Chiudi gli occhi. Lo so, l’ombra è spaventosa. Ma siamo attorniati da demoni oscuri, la Notte è ovunque, e tu non devi vederla. Non devi conoscere la follia che ci circonda.
 Ascolta, figlio mio. E’ il mio cuore.  Un cuore nero, che grida nel silenzio notturno.
 Tua madre è morta, Gaara.
 No, non temere.
 Sono io. Sono tuo padre.
 Il tuo carnefice.
 Sono qui per te.
 Proteggerò il tuo valore, i tuoi demoni.
 Mia dolce lama insanguinata, tesoro mio.
 Ascolta.
 Il tempo si è fermato.

 



Angolo dell'Autrice:


Allora, allora, allora... dovete sapere che odio scrivere fanfictions, per il semplice fatto che cado sempre e senza eccezioni nel magico turbine dell'OOC. E' una cosa che odio, credo che non ci sia modo migliore per rovinare un'opera amata e seguita da tanti anni, come Naruto. Il mio personaggio preferito è sempre stato Gaara, al punto che per tre anni della mia vita sono stata letteralmente innamorata di lui (non è colpa mia se non esiste, quel ragazzo è magico). Poi è arrivato lo Shippuden ed ha notevolmente danneggiato il suo fascino psicopatico, portando un po' di sanità alla mia mente e molte lacrime nel mio cuore... ma sto divagando. Il punto è che non riesco a scrivere di personaggi che non siano miei. Ma per partecipare al concorso era necessario scrivere una fanfiction, e così mi sono fiondata sul Quarto Kazekage, padre del mio grande amore, dal carattere tanto indecifrabile quanto toccante nei pochi indizi che si sono stati forniti negli ultimi capitoli del manga. Credo si tratti di un personaggio che offre molta libertà, soprattutto a livello introspettivo. Sono uscita OOC anche stavolta, dove era praticamente impossibile per me cadere nelle sue trappole? Temo che sia molto probabile, nonostante tutto. Sta a voi giudicare. Fatemi sapere che cosa ne pensate!

La storia ha partecipato al concorso multifandom
'Shot a Ficton', indetto da Ay Nini (che colgo l'occasione per salutare e ringraziare), arrivando seconda con un punteggio totale di 46.70 su 50. Questo è il link del concorso. http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=10636296&p=2
E' stato il primo concorso sul Forum a cui io abbia mai partecipato, e devo dire che è stato molto divertente ed istruttivo.

Grazie per aver letto con tanta pazienza!
Bacioni,
Beads.

 

   
 
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