Fanfic su artisti musicali > EXO
Segui la storia  |       
Autore: Chayu Juliette    01/08/2013    6 recensioni
-Esiste un posto, ai confini del senno umano, che tutti hanno visto eppure nessuno ricorda-
{Baekyeol; Chan/soo}
A Meme.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Baekhyun, Baekhyun, Chanyeol, Chanyeol, D.O., D.O., Kris, Kris
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
one step closer

Questa non è una storia con dedica, bensì una dedica con storia; un giorno ho pensato che c'era una persona che se la meritava e, visto che scrivere è qualcosa che mi riesce discretamente e mi piace fare, mi son detta: perché no?A Meme, che c'è ora e c'era anche quando non la conoscevo, dedico il mio primo, vero, lieto fine.

(lo ammetto, ti ho un po' trollata: hai fatto il banner per te stessa.)

Banner di Hikaruchan

Born to die

Atto primo


Esiste un posto, ai confini del senno umano, che tutti hanno visto, eppure nessuno ricorda.

 

Non è un luogo appurato fisicamente, e per questo, non è facile da raggiungere. È lo stesso luogo in cui finiscono gli oggetti dimenticati, le pulsioni estinte, le navi inghiottite dal mare, i tesori perduti...i bambini mai nati. Per la maggior parte dei vivi, non è che una bolla d'aria che comprime il cuore in prossimità di una perdita, o di una nascita; un luogo di passaggio, la madre dell'anima, la sua balia attraverso le vite. Poi, ci sono quei pochi eletti a vestali, custodi se vogliamo, selezionati da chissà quale efferato criterio, per i quali esso è un confine infinito, così grande, eppure così vincolante. Eterno ed incolmabile come il vuoto che li abita. Mutevole e onnipresente, come i nomi che le ere hanno affibbiato loro, nel vano tentativo di definirne nello spazio e nel tempo gli spiriti erranti.

 

Sono stati Angeli. Sono Fantasmi. E all'inizio di tutto, erano Titani. A dispetto dei titoli altisonanti che hanno guadagnato con l'unico merito di non essere scientificamente provati in quanto esseri terreni, non sono che bambini mai nati. C'è chi li sente passare in un alito di vento, chi li vede in sogno. C'è persino chi non crede nella loro esistenza. Eppure ci sono sempre stati. Ci sono da prima. Da prima di cosa? Da prima di tutto. La loro non è una vita, è un estensione dell'essere. Bloccati nel presente, eppure viaggiatori temporali. Non nascono, non crescono. Ma possono morire. Quando amano, possono morire, perché l'alito vivo, caldo, che si lasciano dietro gli spiriti delle persone vere, è l'unica possibile postilla di calore in un mondo troppo grande e troppo freddo. Capace di corrompere la loro eternità, per supplire all'eternità ancora più grande di un sentimento che nulla è capace di corrodere.

 

 

Byun Baekhyun sta facendo un solitario, quando gli piazzano il fagotto macilento nel balconcino scricchiolante. Si tratta di una coperta vecchia e grumosa, ricorda di averne viste di simili avvolte strette intorno ai corpicini scheletrici dei bimbi morti durante la Guerra di Corea. Il pensiero gli fa sbarrare gli occhi, arretra disfacendo con il sedere le file ordinate di figure sul pavimento. Possibile che gli abbiano mandato un feto? O un aborto? Aveva chiesto il trasferimento proprio perché non sopportava la vista delle schiere di corpicini stroncati ai primi mesi di sviluppo. I bambini indesiderati, gli unici che non tornavano più, perché anche con il fardello dell'ingenuità, della mortalità, della stupidità tipica del loro essere, gli umani riescono a legiferare sul futuro di un bambino. Così ora, è uno dei custodi dei nascituri, le persone prossime alla nascita, che siano neonati o reincarnazioni, questo poco importa. Niente morti precoci, niente suicidi, e soprattutto, nessuna delle complicazioni rognose che i morti-da-poco si trascinano dietro da fin quando ha memoria. Con quella roba lì se la sbriga chi ha più carattere di lui, qualcuno di più giovane, dotato dello spirito necessario per rapportarsi alla gente, ai suoi capricci inestinguibili, capace di farsi rispettare insomma. Lui le anime le accoglie solo una volta maturate. Un giorno compaiono sulla piazzola di cemento, o, più di frequente, sul balcone. Una volta ne ha trovato uno seduto su uno scoglio pressoché impraticabile. Tirarlo giù era stato un problema, ed una volta che Baekhyun era riuscito ad ottenere la lettera, era in ritardo con la data di nascita. Probabilmente, quel bambino si era fatto attendere per qualche giorno.

 

Per una manciata di secondi Byun Baekhyun posteggia immobile, la schiena premuta contro la parete spoglia, le ginocchia raccolte vicino al torace. Scruta guardingo l'ammasso ciancicato di tessuto, e il cielo limpido sullo sfondo, stagnante di quella luce rosata tipica del crepuscolo. Cerca un mittente, cerca una busta da lettera, infilata tra le pieghe di panno. Magari è volata oltre il balconcino. Non sarebbe la prima volta che capita; peccato che oggi non vi sia un filo di vento a rendere possibile l'imprevisto, non una brezza, non un alito che si degni di accarezzare la struttura malinconica del faro. Oggi Baekhyun si sente particolarmente solo.

 

Poi il fagotto si muove ed emette un vagito buffo, che suona come una beffa. Byun Baekhyun quasi strilla, le sue dita sussultano, prova l'impulso di precipitarsi giù per la piccola rampa a chiocciola, correndo il rischio di spezzarsi il collo, per poi fare cosa? Non può mica fuggire, in fondo.

 

Sembra quasi che dica: ehi tu, ragazzino sciocco, perché te ne stai lì impalato? Vieni a prendermi!

E Baekhyun va a prenderlo sul serio, perché non ricorda di aver sentito mai un verso tanto eloquente, in un'eternità che fa questo mestiere. D'altronde, è raro che i nascituri arrivino così non-piccoli. Di solito una coppia impiega decine di non-anni per mettere al mondo una creatura, come minimo. I desideri umani sono così imprecisi e precari. Impiegano un tempo relativamente lungo per stabilizzarsi e divenire un'immagine fissa nei pensieri di chi li formula. A meno che non accada per sbaglio. Allora sì, quei non-nati sono veramente giovani. Ma Byun Baekhyun non si occupa di aborti, non più.

 

Si apre una strettoia tra il reticolo di carte che tappezza il pavimento di pietra, esce sul balconcino e aggira il fagotto con fare circospetto. E talmente impacchettato, che Baekhyun sospetta possa soffocare a momenti. Così lo raccoglie goffamente, forse serrando un po' troppo la presa, trattandosi di un corpicino tanto piccolo. Il più piccolo con cui sia mai entrato in contatto, in effetti. Non è abituato ad avere a che fare con tempi così ristretti e i suoi gesti sono impacciati, quasi chiedono scusa. Un impulso lampo, gli suggerisce di mollarlo, gettarlo giù dalla torre, se necessario, qui non si muore, al massimo ci si perde, e se ti perdi, prima o poi ti ritrovi. A meno che tu non sia un bambino mai nato, ma in quel caso non fa differenza dove ti trovi e perché: sei parte dell'universo, e l'universo non sente dolore o solitudine, perché non ha mai conosciuto l'amore o la compagnia. E qui, incatenato alle sue fervide convinzioni con questo neo-non-nato tra le braccia, Byun Baekhyun si sbaglia di grosso, ed un pochino ha già iniziato a cadere.

 

Prima di tornare dentro, fa planare uno sguardo leggero sul mare, tutt'intorno alla torre. Sorride in silenzio. Lo imbarazza il sospetto infantile che il lattante possa percepire il suo nervosismo. Byun Baekhyun scandaglia l'orizzonte indefinito, e non sa che il 'lattante' ha già inghiottito ogni briciola della serenità che fino ad ora riteneva propria prerogativa.

 

Vive in cima ad un faro, Baekhyun, su uno sputo di scogli in mezzo al nulla liquido, un oceano senza nome, in terra di nessuno. Il lavoro lo fa tutto il fascio luminoso, dirige le anime, segnala la direzione. Baekhyun è un custode, lui la frontiera dei morti se l'è lasciata alle spalle qualche decennio fa, quando aveva capito di provare invidia per le ombre dei corpi maciullati che vi giungevano a frotte: il loro non era un soggiorno stabile. Nulla più che un saluto veloce, uno scorcio, uno sguardo nell'infinito e poi via, di nuovo sulla terra, come fosse la cosa più facile del mondo. In mezzo agli aliti caldi delle persone e a vere pulsazioni. Pressato a forza in quel reticolato fitto di emozioni, che qualunque cosa fai o scegli, alla fine lasci una traccia, e c'è sempre chi la trova e la interpreta e si ricorda di te.Non sei mai solo.

 

Pensa che sia bellissimo ancor prima di guardarlo. Pensa che sia perfetto, nel momento in cui stacca gli occhi dal sole inesistente che precipita nel vuoto e cede il posto ad un'oscurità senza stelle, per posarli piano sulla sua faccia paffuta. La visione gli lascia nel cuore una tristezza sconfinata, ma dura un attimo. Baekhyun infila le dita tra i risvolti del tessuto ruvido, e queste guance troppo piene si gonfiano, e gli occhi troppo grandi gli sorridono.

 

Chanyeol ha appena iniziato ad esistere e Baekhyun già lo ama incondizionatamente.

 


 

A cinque anni di non-vita Chanyeol sa leggere. Baekhyun sorride spesso la sera, mentre lo guarda dondolare i piedi, affondato nella branda che una volta era sua, il viso nascosto in mezzo all'insenatura di un volume che probabilmente ha già letto tante volte da conoscerlo a memoria. D'altronde, il piccolo agglomerato di camere, che si arrampicano l'una sull'altra disordinatamente, non ospita il necessario allo svago di un bimbo piccolo. Ciò non toglie che la piccola casa sia colma di oggetti di svariata fattura, ognuno unico nel suo genere e recante le caratteristiche ereditate dalla sua epoca madre. Un corno d'avorio qui, un orologio da taschino là. Un mazzo di carte ingiallite, un vocabolario francese, una fionda, diverse tazze da tè. Ma per la maggior parte, si tratta di libri. Atlanti, biografie, romanzi, testi scolastici e sacri, poesie. Nascosti, sparsi sul pavimento, accatastati sui mobili, sotto i vasi di alcune delle numerose piante di cui Baekhyun ama prendersi cura. Sono gli oggetti che i nascituri dimenticano, quando arrivano qui e si guardano intorno sperduti. Li appoggiano da qualche parte, riposano, bevono il tè che Baekhyun offre loro, poi, quando li accompagna sulla linea di strapiombo della scogliera, perché è arrivato il momento di affacciarsi alla vita, li abbandonano. A volte, capita che tornino: si riposano, bevono il tè, riconoscono il proprio oggetto; e allora chiedono di averlo indietro. Baekhyun assente con un sorriso. Nulla è perduto per sempre. Ogni volta, è sicuro che prima o poi rivedrà quelle guance tirate o quelle mani nodose. O quel corno d'avorio o quell'orologio da taschino. Tutti tornano e, purtroppo, nessuno resta. Ma Baekhyun pensa sempre meno alla solitudine da quando c'è Chanyeol. Forse anche lei si è congedata, eppure fatica ad accettarne la scomparsa; teme il giorno in cui si volterà, ed avrà preso il posto di Chanyeol in mezzo ai libri, sotto le coperte, dentro le capanne. Di nuovo.

 

Baekhyun, ora, dorme sul pavimento. La branda non reggerebbe due persone. Lo spazio vivibile del faro non è adatto a due persone, in generale. Ma forse, per una persona e mezzo sì, Baekhyun lo ripete a se stesso ed all'universo, in silenzio. Di continuo. La sua è una preghiera, anche se Baekhyun non conosce il significato di pregare. Ed ancor meno, quello di supplicare. Forse, in fondo, è meglio che non lo conosca. Eppure, quel respiro caldo, così vicino, che scivola sugli interni di legno, svicola tra i volumi e gli oggetti impolverati, gli tiene compagnia. È come se gli ingranaggi di Baekhyun riprendessero a funzionare, dopo tanto, troppo tempo di immobilità. Il suo cuore pulsa ogni giorno più dolorosamente: Chanyeol è come un interruttore. Ora tutto si muove, Baekhyun, a volte, crede persino di vedere le stelle.

 

Una volta, una persona gli ha detto che sulla terra, se alzi la testa di notte, vedi tante stelle. Loro le definiscono corpi celesti che brillano di luce propria, e invece non siamo altro che noi. La luce di un faro in mezzo ad un mare di nulla, un Baekhyun che beve il tè, un Chanyeol che ride e soffia dentro il corno d'avorio. Le persone sono sempre bloccate nella tecnicità delle cose, ci vedono come banali masse infuocate.

A Baekhyun, quel pensiero sorge appuntito come uno spillo, così affilato che gli manca il respiro.

Chanyeol, un giorno, alzerà il viso al cielo, e non vedrà che una palla di fuoco. Tante palle di fuoco.

 

Baekhyun esala i propri timori, li sputa via come si fa con un boccone amaro. No, si dice, c'è tempo. C'è tempo per noi, fermalo Baekhyun. Poi Chanyeol soffia nel corno, e lo fa vicino all'orecchio di Baekhyun. Baekhyun avvampa, lo sgrida, Chanyeol piange un po'. A Baekhyun non piacciono i rumori forti ed improvvisi. Non gli piacciono i tuoni, ad esempio. O gli spari, o i palloncini che scoppiano. Sono minacce, brecce nel silenzio di una vita. Ma la sua vita non è più silenziosa già da un po'; Chanyeol la colma di risate e parole e Baekhyun impara presto ad ignorare i tuoni, ad amare i palloncini. Chanyeol gli insegna tante cose.

 

Alla fine costruiscono insieme una capanna di coperte. C'è un lenzuolo bucato, un plaid, una coperta e dei fazzoletti da naso...ti ricordi Chanyeol? Il lenzuolo era di quel tipo che è arrivato vestito da fantasma. E quella coperta laggiù, quella coi ricami dorati, era di un Re. Ti ricordi Chanyeol, aveva persino la corona! Ti ricordi?

 

 

A sette anni di non-vita Chanyeol gli si arrampica sulle ginocchia e gli mette le mani sulle guance. Ha i capelli corti e un paio di occhiali rotondi, dalla montatura sottile. Nessuno ha reclamato quel sorriso sdentato, e Baekhyun dorme ancora per terra. Dormono entrambi per terra.

 

“Voglio scendere.” Dice. “Vedere il mondo, conoscere persone.” Dice. Per la prima volta, Baekhyun è geloso. Ma non sa di esserlo. Baekhyun non conosce la gelosia, come non conosce il timore o la supplica. Per lui, è solo la sensazione di un martello pneumatico che gli maciulla le interiora.

 

“Va bene.” Mormora. E gli esce un sussurro spompato che scalpita per essere riconosciuto per quello che è: una preghiera stremata. Non andare Chanyeol. Ma Chanyeol lo abbraccia stretto, come ha fatto quella volta che hanno dormito insieme. Baekhyun non voleva, non perché non lo desiderasse con la stessa forza delle onde che di notte si abbattono sulla piattaforma, ma perché sapeva che la branda non avrebbe retto il peso coniugato dei loro corpi. E infatti l'avevano sfondata. Il tessuto irreparabilmente lacerato. Ora però, dormono vicini tutte le notti e Baekhyun, che ha sempre avuto troppo freddo per il mestiere che svolgeva e per il luogo in cui viveva, ora si alza nell'oscurità ed elimina strati di stoffa felpata.

 

All'inizio, Baekhyun tenta di assecondare la curiosità di Chanyeol, facendo perno sulla tenera età, sui suoi orizzonti ristretti. Che cosa ne può sapere, in fondo? Vive in cima ad un faro da quando è non-nato.

 

È una giornata fredda, l'aria è rigida e tagliente. Il blocco di scogli è imprigionato nella brina, il faro sembra una grande stalagmite simil-bianca. Baekhyun mette un berretto sui capelli corti di Chanyeol, una sciarpa intorno al suo collo. Chanyeol è lievemente sovrappeso. Non lascia mai la sua mano, quando si calano lungo le rampe pericolanti ed arrugginite dal lungo periodo di abbandono, né quando, dopo aver forzato il portello di legno marcio, escono fuori, sulla neve.

Per un attimo, Baekhyun sente la temperatura corporea precipitare sotto zero e, mentre guarda Chanyeol osservarsi intorno meravigliato, spera che la sua curiosità si cristallizzi. E così accade. Il bambino si rimbocca la sciarpa, raccoglie una manciata di neve, e la tira addosso a Baekhyun, riscuotendolo. È felice così. Quello della neve diviene un rito immancabile, ed almeno una volta l'anno, Baekhyun e Chanyeol si rotolano insieme nel candore della serenità di chi ancora non ha messo piede in terra. Per ora, la piccola isola di scogli e Baekhyun sono il mondo di Chanyeol e tanto basta a fare felici entrambi.

 

 

 Un giorno, la neve cade più fitta del solito e Chanyeol si sveglia con le dita dei piedi congelate. Si tira su con flemma e fa per lamentarsi. Poi vede i fiocchi soffici salutarlo oltre il balconcino; Baekhyun si tira le coperte fin sulla testa, e non si accorge quando Chanyeol si veste in tutta fretta e si precipita a terra, magari inciampando lungo le scale. Chanyeol ha tredici anni di non-vita, ed è più alto di Baekhyun. Il grasso in eccesso è già diventato muscoli e stazza. Chanyeol è la creatura più bella che Baekhyun abbia mai visto, e sì che ne ha viste tante, da imperatori insigni, al più umile dei servi. Però sorride lo stesso, rannicchiato nel giaciglio aggrovigliato, e si alza con calma, prepara due tè, s'infila tre maglioni, uno sopra l'altro. È allora che vede la morte, come la vedono le persone, come la vedono i malati terminali, i bambini che nascono e vivono. Perché, se prima d'ora alla vista di Wu Fan, non ha mai fatto una piega, adesso sente un pulsare doloroso nel petto, e gli viene voglia di accasciarsi e smettere di respirare.

 

Byun Baekhyun gela, la tazza gli vola di mano, s'infrange sul pavimento di pietra, e le schegge bianche volano ovunque, come i cristalli di ghiaccio che probabilmente, di sotto, Chanyeol sta raccattando felicemente, per poi metterli in un contenitore e passare il resto della mattina a guardarli sciogliersi lentamente; esattamente come Baekhyun teme possa sciogliersi il tepore casalingo, improvvisamente violato da un'ombra che non vede da anni. La più grande di tutte, l'ultima.

Wu Fan è seduto sulla ringhiera sottile del balconcino, le caviglie intrecciate, l'espressione serena e imperturbabile di chi ha visto tutto e non si stupisce di nulla. Addosso ha uno smoking bianco di fattura moderna. Infilata nel taschino, carta da lettera marrone, del tipo che Baekhyun ha visto centinaia di volte.

 

Balza giù dalla ringhiera e gli si avvicina con passo felpato. Baekhyun inizia a raccattare i cocci in maniera disordinata, e le sue lacrime si mescolano al tè, che ha formato diverse chiazze sul pavimento.

 

Gli tende la lettera, senza una parola. Di parole non c'è bisogno, anzi, renderebbero ogni cosa più difficile.

 

“Eri tu quella volta, vero?”

 

La carta marrone plana ai suoi piedi, s'inzuppa dell'aroma del tè. Baekhyun spera che la poltiglia possa cancellare ogni cruda parola che reca. Ogni numero. Ogni dannata lieta novella, che ai suoi occhi, è la peggiore delle condanne.

 

“L'hai lasciato qui. Perché?”

 

“Perché sarebbe stato un aborto naturale. Il ventre di sua madre ospitava solo ovuli ciechi. E invece ora, è rimasta incinta. Sembrerebbe un caso di...miracolo.”

 

Baekhyun sente il riso sarcastico di Wu Fan. Le sue piccole mani si contraggono quando serra i pugni, i cocci che scricchiolano dentro la sua carne. Sembra che ridano di lui.

 

“Non portarmelo via ora.”

 

“Non sono io a portarlo via, Byun Baekhyun, è la vita.”

 

“Ho bisogno di lui. Fai qualcosa, Wu Fan, ti sto supplicando.”

 

“Sei immortale, non hai bisogno che io faccia qualcosa. Non hai bisogno di niente.”

 

Wu Fan sibila infastidito, sul suo viso aleggia un'inconfondibile espressione nauseata.Ma Baekhyun sente qualcosa avvincersi al torace, ed è un sentimento di cui non conosce il nome, e che pure è incrollabile, e accetta l'umiliazione. Baekhyun si prostra a terra, preme la fronte sul pavimento, macchiandosi la faccia ed i vestiti della poltiglia eterogenea di sangue, infuso, e frammenti di coccio. Poi cinge le caviglie sottili e scultoree di Wu Fan, che baluginano da sotto i calzoni un po' troppo corti per la sua statura.

Non gli esce che un misero uggiolio quando cerca di parlare, tentando di dar voce ad argomentazioni dignitose. Le parole gli rotolano sulla lingua frettolose, senza alcun senso, incapaci di concatenarsi in periodi decenti. Cadono sul tè e sulle lacrime e sul sangue, e sono parole morte.

 

“Io non sono il Fato Byun Baekhyun, il Fato è un meccanismo complesso, un amplesso di sfaccettature che nessuno potrà mai definire o comprendere con esattezza matematica. Io ne costituisco unicamente il tratto finale, come tu costituisci quello iniziale. Siamo lontani, è vero, ma non si tratta di una distanza tanto smisurata da renderci incompatibili. Mi stai forse suggerendo di uccidere un neonato per riportarlo tra le tue grinfie corrotte? Forse ho sbagliato, quella volta, a pensare a quanto dovesse essere desolata la tua esistenza, per sempre in volontario esilio. Che cosa sei diventato? Dare la vita è la facoltà più straordinaria che esista, e si sta rattrappendo nel tuo corpo avido.”

 

La crudeltà nella voce di WuFan è gelida come la neve e Baekhyun rimpiange l'aver eliminato quei due o tre strati di lana che il tepore di Chanyeol sembrava poter sostituire. Vi è una nota irremovibile sulle sue labbra, che lo lascia svuotato di ogni cosa. Come le conchiglie, di quelle che, se le accosti all'orecchio, si dice tu possa udire il rumore del mare. E invece non è che il pulsare del sangue nelle tue vene. Un'illusione che ti crei da solo. Sei tu.

 

“Consolati Byun Baekhyun. Non è tutto perduto. Ogni tanto tornerà da te.”

 

“Non tornerà mai per sempre. Lui non si ricorderà di me.Ti prego. Farò qualunque cosa.”

 

“La tua condizione ti impone un'imparzialità di fondo, che non puoi lasciarti alle spalle. Di fatto, tu non puoi fare qualunque cosa per lui. E nemmeno io posso, né voglio.”

 

“Dove è scritto che non posso?”

 

“Da nessuna parte è scritto che tu non puoi. Ma che se lo fai, allora ti spegnerai del tutto, quello è scritto ovunque.”

 

I fiocchi rimangono sospesi insieme al tempo, e poi Wu Fan non c'è più. C'è solo il suo recapito infernale. Baekhyun lo straccia, afferra la carta inzuppata legge le parole sbiadite. Non vi è che il nome di Park Chanyeol, e la sua data di nascita. È crudele constatare che, al di là della tristezza intrinseca che tutto questo preannunciava fin dall'inizio, Wu Fan ha deciso di informarlo della partenza di Chanyeol con abbondante anticipo.

È facile per lui, pensa Baekhyun, fremente di una rabbia così grande che gli intorpidisce le dita e gli pulsa nel cervello. Esistono infinite vie che conducono alla morte. Non ci vuole nulla a morire. Un passo di troppo, un contatto avventato. I fili della morte sono fitti e ingannevoli. È la vita che richiede tempo e fatica. È la vita che deve essere plasmata con cura, calcolata al millimetro, eppure, è la vita ad essere sempre troppo debole.

 

 Baekhyun ci prova molte volte. Troppe volte.Ma ad ogni singolo tentativo, gli sembra che il tempo sia troppo poco per sistemare tutto, per lasciarlo andare in pace, senza risvolti disastrosi per la propria non-vita.

Ci prova col sole e con la neve. Ci prova mentre stanno giocando a carte, mentre bevono il tè, mentre leggono libri nuovi e libri vecchi. Ci prova di continuo, senza sosta, e intanto Chanyeol cresce, ed ogni giorno Baekhyun lo rimpiange un po' di più: per quanto ogni particolare del suo corpo gridi un'imperfezione tipicamente umana, racchiude tutto ciò che Byun Baekhyun non potrà mai avere per sé e che, puntualmente, ama più di ogni altra cosa.

 

Un giorno, Baekhyun getta la lettera con la data di nascita nel camino. Vede bruciare i lembi di pergamena scura e, allo stesso tempo, la data maledetta s'imprime a fuoco contro le sue palpebre e nel suo cuore. Chanyeol esiste da diciassette anni. I capelli gli sono cresciuti e Baekhyun non glieli spunta da un po'; sono lunghi e scuri, incorniciano un viso ora dai lineamenti più duri e affilati, ma che non ha perso la consistenza morbida di quand'era bambino. Forse nascerà principe, si dice Baekhyun, o attore, o modello, o poeta, o artista. Baekhyun è tornato ad indossare tutti i legittimi strati di tessuto, sia col sole che con la neve. Dentro gli brucia la rabbia più cupa, eppure si sente gelare nella promessa di un abbandono eterno.

 

Stanno bevendo il tè. Baekhyun tiene le labbra serrate sulla ceramica, saggia la temperatura dell'infuso con la lingua. Chanyeol regge un tomo spesso e tozzo sulle cosce, legge, beve, e si scotta le labbra. Poi beve di nuovo, e continua a leggere.

 

“Senti, Yeol.”

 

Una volta che ha ottenuto l'attenzione degli occhi spropositatamente grandi, Baekhyun pensa che dovrebbe confessare tutto ma , di fatto, non esiste un modo felice per dire addio. O un modo sintetico per spiegare perché.

 

“Hai presente le persone che ci vengono a trovare, ogni tanto?”

 

“Certo.”

 

Chanyeol ha una voce spropositatamente profonda. Solo uno dei tanti aspetti di Chanyeol in netto contrasto con il suo viso dolce e la sua espressione inoffensiva.

 

“Dove pensi che vadano?”

 

“E io che ne so.”

 

E riprende a leggere, a bere tè e a scottarsi la lingua. Lui è sempre stato sereno nel profondo, come un figlio adottato che non si sia mai sognato di porsi interrogativi riguardo i genitori. Nonostante le incongruenze, evidenti e numerose. Chanyeol è cresciuto come parte di Baekhyun stesso e, dal canto suo, Baekhyun non ha mai fatto nulla per sfatare una tale, pericolosa convinzione. D'altronde, più si annodano stretti due lacci, più scioglierli è difficile, alla fine. E di lacci congiunti per sempre non ne esistono.

“Non ti piacerebbe andare via di qui, una volta? Partire, intendo. Non sei curioso?”

E gli tocca il dorso della mano con le dita, improvvisamente reticente. I suoi polpastrelli sono gelidi, contro la pelle bollente di Chanyeol. Vorrebbe tanto che lo interpretasse come un gesto ambasciatore, un approccio dolce ad una rivelazione scomoda. Ma Chanyeol sospira beato, annuisce in silenzio. Baekhyun vorrebbe tanto piangere e pregarlo di restare. Distruggere definitivamente l'ultima barriera, così sottile, eppure così insormontabile da mozzargli il fiato.

“In realtà no. Sto bene qui. Sto bene con te. Quelli che partono poi non tornano. Non così spesso, almeno. O non così a lungo.”

Chanyeol gli sorride, e per Baekhyun tanto basta a farlo collassare nel profondo, come se il più alto gli avesse appena confessato il proprio amore.

 

Un giorno fra tanti, Chanyeol ha diciassette anni di non-vita, e Baekhyun esiste e basta in un luogo qualsiasi dell'universo. Per la prima volta, tende le orecchie, trattiene il respiro, ed un pensiero mai formulato prima, gli trafigge il cervello e scalda le membra.

 

Il mio cuore. Batte.

 

Non è una sensazione strana, né nuova. O almeno, non lo è da diciassette anni, come minimo. Il cuore di Baekhyun pulsa da sempre, eppure solo ora quel movimento così discreto e silenzioso acquisisce una qualche rilevanza.

 

Perché ora. Fa male.

 

Allora, forse, capisce. Anche se non è bravo nell'intuizione. Nel luogo in cui vive, tutto procede in autonomia. È una realtà spontanea, non ci sono significati nascosti o segreti o dilemmi.

Si artiglia il petto, annaspa, perché gli strati di lana, improvvisamente, lo soffocano. Posa la tazza di tè, ancora piena e fumante, si accascia di lato, si arrotola su se stesso. Preme le mani sul torace, e quel battito, così fermo e possente, non è il suo.

 

Non è il suo, il cuore che pulsa. Nel petto di Baekhyun, batte il cuore di Chanyeol.

 

Se Wu Fan fosse stato presente, gli avrebbe detto ecco; questo si chiama amare. Ora dimenticalo, non ne sei capace. Non puoi. Non devi.

In barba a tutti i divieti imposti da Wu Fan, Byun Baekhyun si gode l'accelerazione della propria pulsazione, quando Chanyeol gli si accovaccia accanto, e gli chiede che cos'hai.

Niente risponde Baekhyun, mentre piange a dirotto, bagnandogli la maglietta e le mani. Ho solo mal di pancia. Proprio qui.

Ma le dita di Baekhyun non è la pancia che tastano, bensì, un punto indefinito sul torace, leggermente spostato a sinistra, totalmente sprofondato nel sorriso di Chanyeol.

 

“Ne sei sicuro?” Dice. “Posso fare qualcosa?” Chiede.

E allora Baekhyun decide di rinunciare alla verità, in favore del tempo rimasto.

 

È un giorno fra tanti, Chanyeol ha diciassette anni di non-vita, e Baekhyun esiste da sempre, con un'unica differenza: ora Baekhyun è innamorato. Lo sente chiaramente: una bolla d'aria che comprime il cuore, in questo caso, perdita e nascita sono la stessa cosa.

Per Chanyeol, invece, è un semplice mal di pancia. Per lui, prima o poi guarirà.

 

 

Il ventisette novembre, Baekhyun l'ha segnato ovunque, eccetto che sui calendari. Lì darebbe troppo nell'occhio. Non che Baekhyun si preoccupi di eventuali sospetti da parte di Chanyeol. La discrezione è a fine personale: non vi è alcun collegamento diretto, nessuna nota evidente, all'interno delle stanze, che gli ricordi la perdita imminente; come se non ce l'avesse scavata nel petto da anni. Ma la piccola sequenza di numeri Baekhyun la sente. Sa che c'è. È scribacchiata sulla superficie interna della copertina di ogni libro, della tromba del corno d'avorio, sotto il telaio dell'orologio da taschino. È un ricamo confuso insinuatosi nella rete di fili. Una macchia d'inchiostro tra le lettere sbiadite. È Chanyeol.

 

Il ventisette novembre cade di venerdì. Baekhyun, forse, avrebbe preferito che gli avessero portato via Chanyeol con la forza. Avrebbe potuto piangere, dimenarsi mentre qualcuno lo teneva fermo. Liberare il torrente di ingiustizia che da anni legiferava su quello che avrebbe dovuto o non dovuto dire. Gli avrebbe gridato, non è colpa mia, io ti avrei voluto qui con me.È così che va la vita, ed a volte è terribile. Tu però, non dimenticare. E avrebbe pianto. E poi lo avrebbe aspettato, per sempre, crogiolandosi nel dolore di quel ciclo di morte e rinascita da cui era stato esiliato.

Si sveglia presto o, più probabile, non si è mai addormentato sul serio. Piove. Il balconcino si sta allagando, e Baekhyun occhieggia con odio il baluginio dei primi lampi, ancora silenziosi, che si nascondono dietro le nuvole grigie ed ammiccano promettendo tuoni da far rabbrividire.

 

Sveglia Chanyeol con una delicatezza che non ricorda di aver mai adoperato, sempre eclissata dall'imbarazzo, dalla quotidianità che si era illuso di poter fissare. Avrebbe dovuto pensare che l'infinito non fissa proprio nulla e, anzi, resta a guardare mentre ogni cosa scivola via e cambia, e si trasforma in qualcos'altro. Qualcosa che non conosce e che, forse, neppure vuole conoscere.

Chanyeol socchiude un occhio. Poi lo richiude e apre l'altro. Ha sempre avuto qualche problema a sincronizzare palpebre.

 

“Cosa c'è?”

 

La sua voce scivola addosso a Baekhyun, pesante e bollente come piombo fuso. Si serra intorno alla gola, ma non lo soffoca. Tiene semplicemente caldo, in barba ai tre maglioni che Baekhyun indossa, perché oggi, sente particolarmente freddo.

 

“Devi alzarti.”

 

“Ma è ancora notte.”

 

Meglio, mi risparmierò il cruccio di vederti andar via alla luce di una vita che ti negherei con troppa facilità.

 

“Ti devo far vedere una cosa.”

 

Appena un tremito nella voce, le gambe divengono liquide, Chanyeol si acciglia.

 

“Adesso?”

 

“Sì adesso. Posso farlo solo adesso.”

 

“E che cos'è?”

 

“La vita.”

 

Forse è un riflesso involontario, Chanyeol nemmeno se ne accorge, ma la luce nei suoi occhi non appartiene a questo mondo. Baekhyun prova l'istinto di portare le mani al petto, perché il suo cuore sta rallentando, come se qualcosa lottasse per tenerlo fermo, buono, al suo posto.

 

Scendono in silenzio. Persino la scaletta di metallo ha rinunciato ai consueti cigolii. Baekhyun si porta dietro qualche coperta, di quelle che usavano per costruire le capanne. Nessuno è mai tornato a prenderle, ed ormai sono sbiadite ed impolverate. E Baekhyun vuole che l'odore di Chanyeol s'incastri nelle trame di tessuto, e lo tenga prigioniero più a lungo possibile.

Escono sul piazzale, in silenzio. Il cielo è torbido, l'aria tagliata da lame di vento freddo. Baekhyun stende i teli a terra e, per farlo, sceglie lo strapiombo più scosceso. Poi vi si siede sopra, ed invita Chanyeol a fare lo stesso.

 

Insieme, guardano l'oscurità pesare sul loro piccolo mondo, ed inghiottire un amore taciuto, antico come la vita.

 

“Sulla terra, se guardi il cielo di notte, vedi le stelle. Le stelle sono dei puntini luminosi sparsi per tutto l'universo.”

 

Baekhyun allarga le braccia, poi guarda Chanyeol negli occhi. Il suo viso è inespressivo. Quasi annoiato. Quasi arrabbiato.

 

“A volte sai, le stelle cadono. A volte, le stelle, sono troppo belle per vivere sole, affondate nel freddo dell'universo. E allora cadono giù.”

 

Chanyeol si è steso, gli ha appoggiato la testa in grembo. Ha un braccio che penzola oltre la piattaforma. Le sue dita si muovono pigre, cercano di acchiappare le gocce d'acqua liberate dall'infrangersi delle onde sul blocco roccioso.

 

“Ma questo non significa che siano morte, niente affatto.”

 

Ora il viso di Chanyeol è bagnato, di acqua salata sì, ma non è acqua di mare. L'acqua di mare che circonda il faro, non bagna. Non Chanyeol almeno.

 

“Se ne vanno per un po', tutto qui. Altre invece, non possono farlo. ”

 

Meno una manciata di lacrime e qualche sospiro. Le nuvole si stanno diradando.

 

“Ma si ricordano di quelle che cadono. Te lo giuro.”

 

Meno pochi aliti di vento ed una carezza. Il cielo diventa rosa.

 

“E tu Chanyeol, ricordati di me. Ogni tanto, guarda in alto, e ricordati di me. Che ci sono ora. E ci sono da sempre, anche quando non mi conoscevi.”

 

Meno un contatto bagnato, labbra umide, Chanyeol che dorme. È l'alba. Il fato reclama una vita.

 

Prima di farlo, Baekhyun gli ruba un bacio. Ed è come se Chanyeol si portasse via un pezzo di lui. Quella parte di Baekhyun che lo voleva per se. Quella parte di spirito ormai in cancrena, inguaribile, incolmabile.

La pressione di Baekhyun è leggera, dolcissima. Spinge il corpo assopito di Chanyeol oltre la piattaforma, nel mare di nessuno. E mentre in un punto qualsiasi dell'Universo una stella si strugge d'amore, in un punto ben definito del mondo, Park Chanyeol nasce, ed il suo primo verso è un grido d'angoscia che fa fremere il reparto e gelare i medici.

 

 

“Congratulazioni signora. È un bel maschietto.”
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > EXO / Vai alla pagina dell'autore: Chayu Juliette