(lo ammetto, ti ho un po' trollata: hai fatto il banner per te stessa.)
Banner di
Born to die
Atto primo
Esiste un posto,
ai confini del senno
umano, che tutti hanno visto, eppure nessuno ricorda.
Non è
un luogo appurato fisicamente, e
per questo, non è facile da raggiungere. È lo
stesso luogo in cui finiscono gli
oggetti dimenticati, le pulsioni estinte, le navi inghiottite dal mare,
i
tesori perduti...i bambini mai nati. Per
la maggior parte dei vivi, non è che una bolla d'aria che
comprime il cuore in
prossimità di una perdita, o di una nascita; un luogo di
passaggio, la madre
dell'anima, la sua balia attraverso le vite. Poi, ci sono quei pochi
eletti a
vestali, custodi se
vogliamo, selezionati da chissà
quale efferato criterio, per i quali esso è un confine
infinito, così grande,
eppure così vincolante. Eterno ed incolmabile come il vuoto
che li abita.
Mutevole e onnipresente, come i nomi che le ere hanno affibbiato loro,
nel vano
tentativo di definirne nello spazio e nel tempo gli spiriti erranti.
Sono stati
Angeli. Sono Fantasmi. E
all'inizio di tutto, erano Titani. A dispetto dei titoli altisonanti
che hanno
guadagnato con l'unico merito di non essere scientificamente provati in
quanto
esseri terreni, non sono che bambini mai nati. C'è chi li
sente passare in un
alito di vento, chi li vede in sogno. C'è persino chi non
crede nella loro
esistenza. Eppure ci sono sempre stati. Ci sono da prima. Da prima di
cosa? Da
prima di tutto. La loro non è una vita, è un
estensione dell'essere. Bloccati
nel presente, eppure viaggiatori temporali. Non nascono, non crescono.
Ma
possono morire. Quando amano, possono morire, perché l'alito
vivo, caldo, che
si lasciano dietro gli spiriti delle persone vere, è l'unica
possibile postilla
di calore in un mondo troppo grande e troppo freddo. Capace di
corrompere la loro
eternità, per supplire all'eternità ancora
più grande di un sentimento che
nulla è capace di corrodere.
Byun Baekhyun sta
facendo un solitario,
quando gli piazzano il fagotto macilento nel balconcino scricchiolante.
Si
tratta di una coperta vecchia e grumosa, ricorda di averne viste di
simili
avvolte strette intorno ai corpicini scheletrici dei bimbi morti
durante la
Guerra di Corea. Il pensiero gli fa sbarrare gli occhi, arretra
disfacendo con
il sedere le file ordinate di figure sul pavimento. Possibile che gli
abbiano
mandato un feto? O un aborto? Aveva chiesto il trasferimento proprio
perché non
sopportava la vista delle schiere di corpicini stroncati ai primi mesi
di
sviluppo. I bambini indesiderati, gli unici che non tornavano
più, perché anche
con il fardello dell'ingenuità, della mortalità,
della stupidità tipica del
loro essere, gli umani riescono a legiferare sul futuro di un bambino.
Così
ora, è uno dei custodi dei nascituri, le persone prossime
alla nascita, che
siano neonati o reincarnazioni, questo poco importa. Niente morti
precoci,
niente suicidi, e soprattutto, nessuna delle complicazioni rognose che i morti-da-poco si
trascinano dietro da fin quando ha memoria.
Con quella roba
lì se
la sbriga chi ha più carattere di
lui, qualcuno di più giovane, dotato dello spirito
necessario per rapportarsi
alla gente, ai suoi capricci inestinguibili, capace di farsi rispettare
insomma. Lui le anime le accoglie solo una volta maturate. Un giorno
compaiono
sulla piazzola di cemento, o, più di frequente, sul balcone.
Una volta ne ha
trovato uno seduto su uno scoglio pressoché impraticabile.
Tirarlo giù era
stato un problema, ed una volta che Baekhyun era riuscito ad ottenere
la
lettera, era in ritardo con la data di nascita. Probabilmente, quel
bambino si
era fatto attendere per qualche giorno.
Per una manciata
di secondi Byun
Baekhyun posteggia immobile, la schiena premuta contro la parete
spoglia, le
ginocchia raccolte
vicino al
torace. Scruta guardingo l'ammasso ciancicato di tessuto, e il cielo
limpido
sullo sfondo, stagnante di quella luce rosata tipica del crepuscolo.
Cerca un
mittente, cerca una busta da lettera, infilata tra le pieghe di panno.
Magari è
volata oltre il balconcino. Non sarebbe la prima volta che capita;
peccato che
oggi non vi sia un filo di vento a rendere possibile l'imprevisto, non
una
brezza, non un alito che
si degni
di accarezzare la struttura malinconica del faro. Oggi Baekhyun si
sente
particolarmente solo.
Poi il fagotto si
muove ed emette un
vagito buffo, che suona come una beffa. Byun Baekhyun quasi strilla, le
sue
dita sussultano, prova l'impulso di precipitarsi giù per la
piccola rampa a
chiocciola, correndo il rischio di spezzarsi il collo, per poi fare
cosa? Non
può mica fuggire, in fondo.
Sembra quasi che
dica: ehi
tu, ragazzino sciocco, perché
te ne stai lì impalato? Vieni a prendermi!
E Baekhyun
va a prenderlo sul serio,
perché non ricorda di aver sentito mai un verso tanto
eloquente, in un'eternità
che fa questo mestiere. D'altronde, è raro che i nascituri
arrivino così non-piccoli.
Di solito una
coppia impiega decine di non-anni per
mettere al mondo una creatura,
come minimo. I desideri umani sono così imprecisi e precari.
Impiegano un tempo
relativamente lungo per stabilizzarsi e divenire un'immagine fissa nei
pensieri
di chi li formula. A meno che non accada per sbaglio. Allora
sì, quei non-nati sono
veramente giovani. Ma Byun
Baekhyun non si occupa di aborti, non più.
Si apre una
strettoia tra il reticolo di
carte che tappezza il pavimento di pietra, esce sul balconcino e aggira
il
fagotto con fare circospetto. E talmente impacchettato, che Baekhyun
sospetta
possa soffocare a momenti. Così lo raccoglie goffamente,
forse serrando un po'
troppo la presa, trattandosi di un corpicino tanto piccolo. Il
più piccolo con
cui sia mai entrato in contatto, in effetti. Non è abituato
ad avere a che fare
con tempi così ristretti e i suoi gesti sono impacciati,
quasi chiedono scusa.
Un impulso lampo, gli suggerisce di mollarlo, gettarlo giù
dalla torre, se
necessario, qui
non si muore, al
massimo ci si perde, e se ti perdi, prima o poi ti ritrovi. A meno che
tu non
sia un bambino mai nato, ma in quel caso non fa differenza dove ti
trovi e
perché: sei parte dell'universo, e l'universo non sente
dolore o solitudine,
perché non ha mai conosciuto l'amore o la compagnia. E qui,
incatenato alle sue
fervide convinzioni con questo neo-non-nato tra le
braccia, Byun Baekhyun si
sbaglia di grosso, ed un pochino ha già iniziato a cadere.
Prima di tornare
dentro, fa planare uno
sguardo leggero sul mare, tutt'intorno alla torre. Sorride in silenzio.
Lo
imbarazza il sospetto infantile che il lattante possa
percepire il suo nervosismo.
Byun Baekhyun scandaglia l'orizzonte indefinito, e non sa che il
'lattante' ha
già inghiottito ogni briciola della serenità che
fino ad ora riteneva propria
prerogativa.
Vive in cima ad
un faro, Baekhyun, su
uno sputo di scogli in mezzo al nulla liquido, un oceano senza nome, in
terra di
nessuno. Il lavoro lo fa tutto il fascio luminoso, dirige le anime,
segnala la
direzione. Baekhyun è un custode, lui la frontiera dei morti
se l'è lasciata
alle spalle qualche decennio fa, quando aveva capito di provare invidia
per le
ombre dei corpi maciullati che vi giungevano a frotte: il loro non era
un
soggiorno stabile. Nulla più che un saluto veloce, uno
scorcio, uno sguardo
nell'infinito e poi via, di nuovo sulla terra, come fosse la cosa
più facile
del mondo. In mezzo agli aliti caldi delle persone e a vere pulsazioni.
Pressato a forza in quel reticolato fitto di emozioni, che qualunque
cosa fai o
scegli, alla fine lasci una traccia, e c'è sempre chi la
trova e la interpreta
e si ricorda di te.Non sei mai solo.
Pensa che sia
bellissimo ancor prima di
guardarlo. Pensa che sia perfetto, nel momento in cui stacca gli occhi
dal sole
inesistente che precipita nel vuoto e cede il posto ad
un'oscurità senza
stelle, per posarli piano sulla sua faccia paffuta. La visione gli
lascia nel
cuore una tristezza sconfinata, ma dura un attimo. Baekhyun infila le
dita tra
i risvolti del tessuto ruvido, e queste guance troppo piene si
gonfiano, e gli
occhi troppo grandi gli sorridono.
Chanyeol ha
appena iniziato ad esistere
e Baekhyun già lo ama incondizionatamente.
A cinque anni di non-vita Chanyeol
sa leggere. Baekhyun sorride
spesso la sera, mentre lo guarda dondolare i piedi, affondato nella
branda che
una volta era sua, il viso nascosto in mezzo all'insenatura di un
volume che
probabilmente ha già letto tante volte da conoscerlo a
memoria. D'altronde, il
piccolo agglomerato di camere, che si arrampicano l'una sull'altra
disordinatamente, non ospita il necessario allo svago di un bimbo
piccolo. Ciò
non toglie che la piccola casa sia colma di oggetti di svariata
fattura, ognuno
unico nel suo genere e recante le caratteristiche ereditate dalla sua
epoca
madre. Un corno d'avorio qui, un orologio da taschino là. Un
mazzo di carte
ingiallite, un vocabolario francese, una fionda, diverse tazze da
tè. Ma per la
maggior parte, si tratta di libri. Atlanti, biografie, romanzi, testi
scolastici e sacri, poesie. Nascosti, sparsi sul pavimento, accatastati
sui
mobili, sotto
i vasi di alcune
delle numerose piante di cui Baekhyun ama prendersi cura. Sono gli
oggetti che
i nascituri dimenticano, quando arrivano qui e si guardano intorno
sperduti. Li
appoggiano da qualche parte, riposano, bevono il tè che
Baekhyun offre loro,
poi, quando li accompagna sulla linea di strapiombo della scogliera,
perché è
arrivato il momento di affacciarsi alla vita, li abbandonano. A volte,
capita
che tornino: si riposano, bevono il tè, riconoscono il
proprio oggetto; e
allora chiedono di averlo indietro. Baekhyun assente con un sorriso.
Nulla è
perduto per sempre. Ogni volta, è sicuro che prima o poi
rivedrà quelle guance
tirate o quelle mani nodose. O quel corno d'avorio o quell'orologio da
taschino. Tutti tornano e, purtroppo, nessuno resta. Ma Baekhyun pensa
sempre meno
alla solitudine da quando c'è Chanyeol. Forse anche lei si
è congedata, eppure
fatica ad accettarne la scomparsa; teme il giorno in cui si
volterà, ed avrà
preso il posto di Chanyeol in mezzo ai libri, sotto le coperte, dentro
le
capanne. Di nuovo.
Baekhyun, ora,
dorme sul pavimento. La
branda non reggerebbe due persone. Lo spazio vivibile del faro non
è adatto a
due persone, in generale. Ma forse, per una persona e mezzo
sì, Baekhyun lo
ripete a se stesso ed all'universo, in silenzio. Di continuo. La sua
è una
preghiera, anche se Baekhyun non conosce il significato di pregare.
Ed ancor meno, quello
di supplicare. Forse, in fondo, è meglio che non lo conosca.
Eppure, quel
respiro caldo, così vicino, che scivola sugli interni di
legno, svicola tra i
volumi e gli oggetti impolverati, gli
tiene compagnia. È come se gli ingranaggi di
Baekhyun riprendessero a
funzionare, dopo tanto, troppo tempo di immobilità. Il suo
cuore pulsa ogni
giorno più dolorosamente: Chanyeol è come un
interruttore. Ora tutto si muove,
Baekhyun, a volte, crede persino di vedere le stelle.
Una volta, una
persona gli ha detto che
sulla terra, se alzi la testa di notte, vedi tante stelle. Loro le
definiscono
corpi celesti che brillano di luce propria, e
invece non siamo altro che noi. La luce di un faro in mezzo
ad un mare di
nulla, un Baekhyun che beve il tè, un Chanyeol che ride e
soffia dentro il
corno d'avorio. Le persone sono sempre bloccate nella
tecnicità delle cose, ci
vedono come banali masse infuocate.
A Baekhyun, quel
pensiero
sorge appuntito come uno spillo, così affilato che gli manca
il respiro.
Chanyeol, un
giorno,
alzerà il viso al cielo, e non vedrà che una
palla di fuoco. Tante palle di
fuoco.
Baekhyun esala i
propri timori, li sputa
via come si fa con un boccone amaro. No, si dice,
c'è tempo. C'è tempo per
noi, fermalo Baekhyun. Poi Chanyeol soffia nel corno, e lo fa
vicino
all'orecchio di Baekhyun. Baekhyun avvampa, lo sgrida, Chanyeol piange
un po'.
A Baekhyun non piacciono i rumori forti ed improvvisi. Non gli
piacciono i
tuoni, ad esempio. O gli spari, o i palloncini che scoppiano. Sono
minacce,
brecce nel silenzio di una vita. Ma la sua vita non è
più silenziosa già da un
po'; Chanyeol la colma di risate e parole e Baekhyun impara presto ad
ignorare
i tuoni, ad amare i palloncini. Chanyeol gli insegna tante cose.
Alla fine
costruiscono insieme una
capanna di coperte. C'è un lenzuolo bucato, un plaid, una
coperta e dei
fazzoletti da naso...ti ricordi Chanyeol? Il lenzuolo era di
quel tipo che è
arrivato vestito da fantasma. E quella coperta laggiù,
quella coi ricami
dorati, era di un Re. Ti ricordi Chanyeol, aveva persino la corona! Ti
ricordi?
A sette anni di non-vita Chanyeol
gli si arrampica sulle
ginocchia e gli mette le mani sulle guance. Ha i capelli corti e un
paio di
occhiali rotondi, dalla montatura sottile. Nessuno ha reclamato quel
sorriso
sdentato, e Baekhyun dorme ancora per
terra. Dormono entrambi per terra.
“Voglio
scendere.” Dice.
“Vedere il mondo, conoscere persone.” Dice. Per la
prima volta, Baekhyun è geloso.
Ma non sa di esserlo.
Baekhyun non conosce la gelosia, come non conosce il timore o la
supplica. Per
lui, è solo la sensazione di un martello pneumatico che gli
maciulla le
interiora.
“Va
bene.” Mormora. E gli
esce un sussurro spompato che scalpita per essere riconosciuto per
quello che
è: una preghiera stremata. Non
andare Chanyeol. Ma Chanyeol lo abbraccia stretto, come ha
fatto quella
volta che hanno dormito insieme. Baekhyun non voleva, non
perché non lo
desiderasse con la stessa forza delle onde che di notte si abbattono
sulla
piattaforma, ma perché sapeva che la branda non avrebbe
retto il peso coniugato
dei loro corpi. E infatti l'avevano sfondata. Il tessuto
irreparabilmente
lacerato. Ora però, dormono vicini tutte le notti e
Baekhyun, che ha sempre
avuto troppo freddo per il mestiere che svolgeva e per il luogo in cui
viveva,
ora si alza nell'oscurità ed elimina strati di stoffa
felpata.
All'inizio,
Baekhyun tenta di
assecondare la curiosità di Chanyeol, facendo perno sulla
tenera età, sui suoi
orizzonti ristretti. Che cosa ne può sapere, in fondo? Vive
in cima ad un faro
da quando è non-nato.
È una giornata
fredda, l'aria è rigida e
tagliente. Il blocco di scogli è imprigionato nella brina,
il faro sembra una
grande stalagmite simil-bianca. Baekhyun mette un berretto sui capelli
corti di
Chanyeol, una sciarpa intorno al suo collo. Chanyeol è
lievemente sovrappeso.
Non lascia mai la sua mano, quando si calano lungo le rampe pericolanti
ed
arrugginite dal lungo periodo di abbandono, né quando, dopo
aver forzato il
portello di legno marcio, escono fuori, sulla neve.
Per un attimo,
Baekhyun
sente la temperatura corporea precipitare sotto zero e, mentre guarda
Chanyeol
osservarsi intorno meravigliato, spera che la sua curiosità
si cristallizzi. E
così accade. Il bambino si rimbocca la sciarpa, raccoglie
una manciata di neve,
e la tira addosso a Baekhyun, riscuotendolo. È felice
così. Quello della neve
diviene un rito immancabile, ed almeno una volta l'anno, Baekhyun e
Chanyeol si
rotolano insieme nel candore della serenità di chi ancora
non ha messo piede in
terra. Per ora, la piccola isola di scogli e Baekhyun sono il mondo di
Chanyeol
e tanto basta a fare felici entrambi.
Byun Baekhyun
gela, la tazza gli vola di
mano, s'infrange sul pavimento di pietra, e le schegge bianche volano
ovunque,
come i cristalli di ghiaccio che probabilmente, di sotto, Chanyeol sta
raccattando felicemente, per poi metterli in un contenitore e passare
il resto
della mattina a guardarli sciogliersi lentamente; esattamente come
Baekhyun
teme possa sciogliersi il tepore casalingo, improvvisamente violato da
un'ombra
che non vede da anni. La più grande di tutte, l'ultima.
Wu Fan
è seduto sulla
ringhiera sottile del balconcino, le caviglie intrecciate,
l'espressione serena
e imperturbabile di chi ha visto tutto e non si stupisce di nulla.
Addosso ha
uno smoking bianco di fattura moderna. Infilata nel taschino, carta da
lettera
marrone, del tipo che Baekhyun ha visto centinaia di volte.
Balza
giù dalla ringhiera e gli si
avvicina con passo felpato. Baekhyun inizia a raccattare i cocci in
maniera
disordinata, e le sue lacrime si mescolano al tè, che ha
formato diverse
chiazze sul pavimento.
Gli tende la
lettera,
senza una parola. Di parole non c'è bisogno, anzi,
renderebbero ogni cosa più
difficile.
“Eri
tu quella volta,
vero?”
La carta marrone
plana ai
suoi piedi, s'inzuppa dell'aroma del tè. Baekhyun spera che
la poltiglia possa
cancellare ogni cruda parola che reca. Ogni numero. Ogni dannata lieta
novella,
che ai suoi occhi, è la peggiore delle condanne.
“L'hai
lasciato qui. Perché?”
“Perché
sarebbe stato un
aborto naturale. Il ventre di sua madre ospitava solo ovuli ciechi. E
invece
ora, è rimasta incinta. Sembrerebbe un caso di...miracolo.”
Baekhyun sente
il riso
sarcastico di Wu Fan. Le sue piccole mani si contraggono quando serra i
pugni,
i cocci che scricchiolano dentro la sua carne. Sembra che ridano di lui.
“Non
portarmelo via ora.”
“Non
sono io a portarlo
via, Byun Baekhyun, è la vita.”
“Ho
bisogno di lui. Fai
qualcosa, Wu Fan, ti sto supplicando.”
“Sei
immortale, non hai
bisogno che io faccia qualcosa. Non hai bisogno di niente.”
Wu Fan sibila
infastidito, sul suo viso
aleggia un'inconfondibile espressione nauseata.Ma Baekhyun sente
qualcosa
avvincersi al torace, ed è un sentimento di cui non conosce
il nome, e che pure
è incrollabile, e accetta l'umiliazione. Baekhyun si prostra
a terra, preme la
fronte sul pavimento, macchiandosi la faccia ed i vestiti della
poltiglia
eterogenea di sangue, infuso, e frammenti di coccio. Poi cinge le
caviglie
sottili e scultoree di Wu Fan, che baluginano da sotto i calzoni un po'
troppo
corti per la sua statura.
Non gli esce che
un misero
uggiolio quando cerca di parlare, tentando di dar voce ad
argomentazioni
dignitose. Le parole gli rotolano sulla lingua frettolose, senza alcun
senso,
incapaci di concatenarsi in periodi decenti. Cadono sul tè e
sulle lacrime e
sul sangue, e sono parole morte.
“Io
non sono il Fato Byun
Baekhyun, il Fato è un meccanismo complesso, un amplesso di
sfaccettature che
nessuno potrà mai definire o comprendere con esattezza
matematica. Io ne
costituisco unicamente il tratto finale, come tu costituisci quello
iniziale.
Siamo lontani, è vero, ma non si tratta di una distanza
tanto smisurata da
renderci incompatibili. Mi stai forse suggerendo di uccidere un neonato
per
riportarlo tra le tue grinfie corrotte? Forse ho sbagliato, quella
volta, a
pensare a quanto dovesse essere desolata la tua esistenza, per sempre
in
volontario esilio. Che cosa sei diventato? Dare la vita è la
facoltà più
straordinaria che esista, e si sta rattrappendo nel tuo corpo
avido.”
La
crudeltà nella voce di WuFan è gelida
come la neve e Baekhyun rimpiange l'aver eliminato quei due o tre
strati di
lana che il tepore di Chanyeol sembrava poter sostituire. Vi
è una nota
irremovibile sulle sue labbra, che lo lascia svuotato di ogni cosa.
Come le
conchiglie, di quelle che, se le accosti all'orecchio, si dice tu possa
udire
il rumore del mare. E invece non è che il pulsare del sangue
nelle tue vene.
Un'illusione che ti crei da solo. Sei
tu.
“Consolati
Byun Baekhyun.
Non è tutto perduto. Ogni tanto tornerà da
te.”
“Non
tornerà mai per
sempre. Lui non si ricorderà di me.Ti prego. Farò
qualunque cosa.”
“La
tua condizione ti
impone un'imparzialità di fondo, che non puoi lasciarti alle
spalle. Di fatto,
tu non puoi fare qualunque cosa per lui. E nemmeno io posso,
né voglio.”
“Dove
è scritto che non
posso?”
“Da
nessuna parte è
scritto che tu non puoi. Ma che se lo fai, allora ti spegnerai del
tutto,
quello è scritto ovunque.”
I fiocchi
rimangono sospesi insieme al
tempo, e poi Wu Fan non c'è più. C'è
solo il suo recapito infernale. Baekhyun
lo straccia, afferra la carta inzuppata legge le parole sbiadite. Non
vi è che
il nome di Park Chanyeol, e la sua data di nascita. È
crudele constatare che,
al di là della tristezza intrinseca che tutto questo
preannunciava fin
dall'inizio, Wu Fan ha deciso di informarlo della partenza di Chanyeol
con
abbondante anticipo.
È facile
per lui, pensa Baekhyun,
fremente di una rabbia così grande che gli intorpidisce le
dita e gli pulsa nel
cervello. Esistono infinite vie che conducono alla morte. Non ci vuole
nulla a
morire. Un passo di troppo, un contatto avventato. I fili della morte
sono
fitti e ingannevoli. È la vita che richiede tempo e fatica.
È la vita che deve
essere plasmata con cura, calcolata al millimetro, eppure, è
la vita ad essere
sempre troppo debole.
Ci prova col
sole e con la
neve. Ci prova mentre stanno giocando a carte, mentre bevono il
tè, mentre
leggono libri nuovi e libri vecchi. Ci prova di continuo, senza sosta,
e
intanto Chanyeol cresce, ed ogni giorno Baekhyun lo rimpiange un po' di
più:
per quanto ogni particolare del suo corpo gridi un'imperfezione
tipicamente
umana, racchiude tutto ciò che Byun Baekhyun non
potrà mai avere per sé e che,
puntualmente, ama più di ogni altra cosa.
Un giorno,
Baekhyun getta la lettera con
la data di nascita nel camino. Vede bruciare i lembi di pergamena scura
e, allo
stesso tempo, la data maledetta s'imprime a fuoco contro le sue
palpebre e nel
suo cuore. Chanyeol esiste da diciassette anni. I capelli gli sono
cresciuti e
Baekhyun non glieli spunta da un po'; sono lunghi e scuri, incorniciano
un viso
ora dai lineamenti più duri e affilati, ma che non ha perso
la consistenza
morbida di quand'era bambino. Forse nascerà principe, si
dice Baekhyun, o
attore, o modello, o poeta, o artista. Baekhyun è tornato ad
indossare tutti i
legittimi strati di tessuto, sia col sole che con la neve. Dentro gli
brucia la
rabbia più cupa, eppure si sente gelare nella promessa di un
abbandono eterno.
Stanno bevendo il
tè. Baekhyun tiene le
labbra serrate sulla ceramica, saggia la temperatura dell'infuso con la
lingua.
Chanyeol regge un tomo spesso e tozzo sulle cosce, legge, beve, e si
scotta le
labbra. Poi beve di nuovo, e continua a leggere.
“Senti,
Yeol.”
Una volta che ha
ottenuto
l'attenzione degli occhi spropositatamente grandi, Baekhyun pensa che
dovrebbe
confessare tutto ma , di fatto, non esiste un modo felice per dire
addio. O un
modo sintetico per spiegare perché.
“Hai
presente le persone
che ci vengono a trovare, ogni tanto?”
“Certo.”
Chanyeol ha una
voce
spropositatamente profonda. Solo uno dei tanti aspetti di Chanyeol in
netto
contrasto con il suo viso dolce e la sua espressione inoffensiva.
“Dove
pensi che vadano?”
“E io
che ne so.”
E riprende a
leggere, a bere tè e a
scottarsi la lingua. Lui è sempre stato sereno nel profondo,
come un figlio
adottato che non si sia mai sognato di porsi interrogativi riguardo i
genitori.
Nonostante le incongruenze, evidenti e numerose. Chanyeol è
cresciuto come
parte di Baekhyun stesso e, dal canto suo, Baekhyun non ha mai fatto
nulla per
sfatare una tale, pericolosa convinzione. D'altronde, più si
annodano stretti
due lacci, più scioglierli è difficile, alla
fine. E di lacci congiunti per
sempre non ne esistono.
“Non
ti piacerebbe andare
via di qui, una volta? Partire, intendo. Non sei curioso?”
E gli tocca il
dorso della
mano con le dita, improvvisamente reticente. I suoi polpastrelli sono
gelidi,
contro la pelle bollente di Chanyeol. Vorrebbe tanto che lo
interpretasse come
un gesto ambasciatore, un approccio dolce ad una rivelazione scomoda.
Ma
Chanyeol sospira beato, annuisce in silenzio. Baekhyun vorrebbe tanto
piangere
e pregarlo di restare. Distruggere definitivamente l'ultima barriera,
così
sottile, eppure così insormontabile da mozzargli il fiato.
“In
realtà no. Sto bene
qui. Sto bene con te. Quelli che partono poi non tornano. Non
così spesso,
almeno. O non così a lungo.”
Chanyeol gli
sorride, e
per Baekhyun tanto basta a farlo collassare nel profondo, come se il
più alto
gli avesse appena confessato il proprio amore.
Un giorno fra
tanti, Chanyeol ha
diciassette anni di non-vita,
e Baekhyun esiste e basta in un luogo qualsiasi dell'universo. Per la
prima
volta, tende le orecchie, trattiene il respiro, ed un pensiero mai
formulato
prima, gli trafigge il cervello e scalda le membra.
Il mio cuore.
Batte.
Non è
una sensazione
strana, né nuova. O almeno, non lo è da
diciassette anni, come minimo. Il cuore
di Baekhyun pulsa da sempre, eppure solo ora quel movimento
così discreto e
silenzioso acquisisce una qualche rilevanza.
Perché
ora. Fa male.
Allora, forse,
capisce.
Anche se non è bravo nell'intuizione. Nel luogo in cui vive,
tutto procede in
autonomia. È una realtà spontanea, non ci sono
significati nascosti o segreti o
dilemmi.
Si artiglia il
petto,
annaspa, perché gli strati di lana, improvvisamente, lo
soffocano. Posa la
tazza di tè, ancora piena e fumante, si accascia di lato, si
arrotola su se
stesso. Preme le mani sul torace, e quel battito, così fermo
e possente, non
è il suo.
Non è
il suo, il cuore
che pulsa. Nel petto di Baekhyun, batte il cuore di Chanyeol.
Se Wu Fan fosse
stato presente, gli
avrebbe detto ecco; questo si chiama amare. Ora dimenticalo, non ne sei
capace.
Non puoi. Non devi.
In barba a tutti
i divieti
imposti da Wu Fan, Byun Baekhyun si gode l'accelerazione della propria
pulsazione, quando Chanyeol gli si accovaccia accanto, e gli chiede che
cos'hai.
Niente risponde
Baekhyun, mentre piange a
dirotto, bagnandogli la maglietta e le mani. Ho
solo mal di pancia. Proprio qui.
Ma le dita di
Baekhyun non
è la pancia che tastano, bensì, un punto
indefinito sul torace, leggermente
spostato a sinistra, totalmente sprofondato nel sorriso di Chanyeol.
“Ne
sei sicuro?” Dice.
“Posso fare qualcosa?” Chiede.
E allora
Baekhyun decide
di rinunciare alla verità, in favore del tempo rimasto.
È un giorno fra
tanti, Chanyeol ha
diciassette anni di non-vita,
e Baekhyun esiste da sempre, con un'unica differenza: ora Baekhyun
è
innamorato. Lo sente chiaramente: una bolla d'aria che comprime il
cuore, in
questo caso, perdita e nascita sono la stessa cosa.
Per Chanyeol,
invece, è un semplice mal
di pancia. Per lui, prima o poi guarirà.
Il ventisette
novembre, Baekhyun l'ha
segnato ovunque, eccetto che sui calendari. Lì darebbe
troppo nell'occhio. Non
che Baekhyun si preoccupi di eventuali sospetti da parte di Chanyeol.
La
discrezione è a fine personale: non vi è alcun
collegamento diretto, nessuna
nota evidente, all'interno delle stanze, che gli ricordi la perdita
imminente;
come se non ce l'avesse scavata nel petto da anni. Ma la piccola
sequenza di
numeri Baekhyun la sente. Sa che c'è. È
scribacchiata sulla superficie interna
della copertina di ogni libro, della tromba del corno d'avorio, sotto
il telaio
dell'orologio da taschino. È un ricamo confuso insinuatosi
nella rete di fili.
Una macchia d'inchiostro tra le lettere sbiadite. È Chanyeol.
Il ventisette
novembre cade di venerdì.
Baekhyun, forse, avrebbe preferito che gli avessero portato via
Chanyeol con la
forza. Avrebbe potuto piangere, dimenarsi mentre qualcuno lo teneva
fermo.
Liberare il torrente di ingiustizia che da anni legiferava su quello
che
avrebbe dovuto o non dovuto dire. Gli avrebbe gridato, non
è colpa mia, io ti avrei voluto
qui con me.È così che va la
vita, ed a volte è terribile. Tu però, non
dimenticare. E avrebbe pianto. E poi lo avrebbe aspettato,
per sempre,
crogiolandosi nel dolore di quel ciclo di morte e rinascita da cui era
stato
esiliato.
Si sveglia
presto o, più
probabile, non si è mai addormentato sul serio. Piove. Il
balconcino si sta
allagando, e Baekhyun occhieggia con odio il baluginio dei primi lampi,
ancora
silenziosi, che si nascondono dietro le nuvole grigie ed ammiccano
promettendo
tuoni da far rabbrividire.
Sveglia Chanyeol
con una delicatezza che
non ricorda di aver mai adoperato, sempre eclissata dall'imbarazzo,
dalla
quotidianità che si era illuso di poter fissare. Avrebbe
dovuto pensare che
l'infinito non fissa proprio nulla e, anzi, resta a guardare mentre
ogni cosa
scivola via e cambia, e si trasforma in qualcos'altro. Qualcosa che non
conosce
e che, forse, neppure vuole conoscere.
Chanyeol
socchiude un
occhio. Poi lo richiude e apre l'altro. Ha sempre avuto qualche
problema a
sincronizzare palpebre.
“Cosa
c'è?”
La sua voce
scivola
addosso a Baekhyun, pesante e bollente come piombo fuso. Si serra
intorno alla
gola, ma non lo soffoca. Tiene semplicemente caldo, in barba ai tre
maglioni
che Baekhyun indossa, perché oggi, sente particolarmente
freddo.
“Devi
alzarti.”
“Ma
è ancora notte.”
Meglio, mi
risparmierò
il cruccio di vederti andar via alla luce di una vita che ti negherei
con
troppa facilità.
“Ti
devo far vedere una
cosa.”
Appena un
tremito nella
voce, le gambe divengono liquide, Chanyeol si acciglia.
“Adesso?”
“Sì
adesso. Posso farlo
solo adesso.”
“E che
cos'è?”
“La
vita.”
Forse
è un riflesso involontario,
Chanyeol nemmeno se ne accorge, ma la luce nei suoi occhi non
appartiene a
questo mondo. Baekhyun prova l'istinto di portare le mani al petto,
perché il
suo cuore sta rallentando, come se qualcosa lottasse per tenerlo fermo,
buono,
al suo posto.
Scendono in
silenzio. Persino la scaletta
di metallo ha rinunciato ai consueti cigolii. Baekhyun si porta dietro
qualche
coperta, di quelle che usavano per costruire le capanne. Nessuno
è mai tornato
a prenderle, ed ormai sono sbiadite ed impolverate. E Baekhyun vuole
che
l'odore di Chanyeol s'incastri nelle trame di tessuto, e lo tenga
prigioniero
più a lungo possibile.
Escono sul
piazzale, in
silenzio. Il cielo è torbido, l'aria tagliata da lame di
vento freddo. Baekhyun
stende i teli a terra e, per farlo, sceglie lo strapiombo
più scosceso. Poi vi
si siede sopra, ed invita Chanyeol a fare lo stesso.
Insieme, guardano
l'oscurità pesare sul
loro piccolo mondo, ed inghiottire un amore taciuto, antico come la
vita.
“Sulla
terra, se guardi il
cielo di notte, vedi le stelle. Le stelle sono dei puntini luminosi
sparsi per
tutto l'universo.”
Baekhyun allarga
le
braccia, poi guarda Chanyeol negli occhi. Il suo viso è
inespressivo. Quasi
annoiato. Quasi arrabbiato.
“A
volte sai, le stelle
cadono. A volte, le stelle, sono troppo belle per vivere sole,
affondate nel
freddo dell'universo. E allora cadono giù.”
Chanyeol si
è steso, gli
ha appoggiato la testa in grembo. Ha un braccio che penzola oltre la
piattaforma. Le sue dita si muovono pigre, cercano di acchiappare le
gocce
d'acqua liberate dall'infrangersi delle onde sul blocco roccioso.
“Ma
questo non significa
che siano morte, niente affatto.”
Ora il viso di
Chanyeol è
bagnato, di acqua salata sì, ma non è acqua di
mare. L'acqua di mare che
circonda il faro, non bagna. Non Chanyeol almeno.
“Se ne
vanno per un po',
tutto qui. Altre invece, non possono farlo. ”
Meno una
manciata di
lacrime e qualche sospiro. Le nuvole si stanno diradando.
“Ma si
ricordano di quelle
che cadono. Te lo giuro.”
Meno pochi aliti
di
vento ed una carezza. Il cielo diventa rosa.
“E tu
Chanyeol, ricordati
di me. Ogni tanto, guarda in alto, e ricordati di me. Che ci sono ora.
E ci
sono da sempre, anche quando non mi conoscevi.”
Meno un contatto
bagnato, labbra umide, Chanyeol che dorme. È l'alba. Il fato
reclama una vita.
Prima di farlo,
Baekhyun
gli ruba un bacio. Ed è come se Chanyeol si portasse via un
pezzo di lui.
Quella parte di Baekhyun che lo voleva per se. Quella parte di spirito
ormai in
cancrena, inguaribile, incolmabile.
La pressione di
Baekhyun è
leggera, dolcissima. Spinge il corpo assopito di Chanyeol oltre la
piattaforma,
nel mare di nessuno. E mentre in un punto qualsiasi dell'Universo una
stella si
strugge d'amore, in un punto ben definito del mondo, Park Chanyeol
nasce, ed il
suo primo verso è un grido d'angoscia che fa fremere il
reparto e gelare i
medici.