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Autore: Fiery    02/08/2013    5 recensioni
Viaggiare con Rebekah era come vivere sul filo di un cliché vivente. Non si fermavano mai in un posto per più di un paio di giorni, non viaggiavano troppo carichi e soprattutto non avevano contatti con Mystic Falls. Era una sorta di patto che avevano fatto, all’inizio dell’estate: allontanarsi da tutto e da tutti, staccare la spina e lasciare i problemi dov’erano. Un accordo siglato da una semplice frase, detta poco prima di partire: “quel che succede durante il viaggio, rimane durante il viaggio”.
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Matt, Donovan, Rebekah, Mikaelson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Personaggi/Pairing(s): Matt/Rebekah

Timeline: post!season4.

Challenge/Prompt: scritta per la Maratona In Piscina #2 @ piscinadiprompt, prompt “The Vampire Diaries, Matt/Rebekah, bacio sotto la Tour Eiffel” e per il 500themes_ita, prompt “453. Una voce umana.”

Note: è un secolo che non scrivo di TVD, ma Alis ha promptato il Mabekah e quindi non ho resistito. ♥

Disclaimers: i personaggi non mi appartengono e non scrivo per guadagnare.

 

 

 

 

 

Whatever happens on the road stays on the road

#453. Una voce umana

 

 

 

Viaggiare con Rebekah era come vivere sul filo di un cliché vivente. Non si fermavano mai in un posto per più di un paio di giorni, non viaggiavano troppo carichi e soprattutto non avevano contatti con Mystic Falls. Era una sorta di patto che avevano fatto, all’inizio dell’estate: allontanarsi da tutto e da tutti, staccare la spina e lasciare i problemi dov’erano. Un accordo siglato da una semplice frase, detta poco prima di partire: “quel che succede durante il viaggio, rimane durante il viaggio”. L’unica volta che si era azzardato a controllare sul cellulare se ci fossero messaggi, Rebekah gliel’aveva strappato dalle mani e l’aveva lanciato giù dall’Empire State Building. Quel giorno aveva imparato a non farla arrabbiare, mai.

Matt si lasciò cadere sul prato degli Champ de Mars, la testa pesante per una notte insonne passata a passeggiare per le strade illuminate di Parigi – arrivati al Pont de l'archevêché si era rifiutato categoricamente di appendere un lucchetto, nonostante il broncio della vampira – e gli occhi pieni dei colori dei quadri del Louvre.

Era stanco, ma vivo.

Vivevano di azioni umane che chiunque avrebbe fatto: avevano pattinato sul ghiaccio al Rockfeller Center di New York, provato a fare l’eco nel Gran Canyon, mangiato la paella in Spagna, lanciato la monetina nella fontana di Trevi, erano persino finiti a fare un giro in gondola a Venezia. Se non altro era riuscito a evitare i cliché più strani o ridicoli, ma la verità è che non riusciva a dire di no a Rebekah, che in quel momento se ne stava seduta di fianco a lui, il naso arricciato e un’enorme guida turistica tra le mani. Ecco, quella guida turistica era il motivo per cui stavano vivendo di cliché durante quel viaggio. Li elencava tutti, uno dopo l’altro, e Rebekah li seguiva per filo e per segno.

«Dovremmo farci fare un ritratto a Montmartre.» esordì all’improvviso la vampira, senza neanche voltarsi.

Matt inarcò un sopracciglio, «Un ritratto?»

«Sì, un ritratto. Una tela, pennelli, colori… hai presente?» lo prese in giro con un sorriso, «Qui dice anche che dobbiamo assolut-» si interruppe all’improvviso, lasciando la frase sospesa a metà. Matt la osservò per un paio di secondi, sventolandole poi una mano davanti al viso, cosicché Rebekah si riprese scotendo la testa e chiudendo la guida, «Quando preferisci partire per Vienna? Stasera o domani?»

«Cosa dobbiamo fare prima di andare a Vienna?»

Rebekah gli lanciò uno sguardo incerto, «Il ritratto?»

«Prima del ritratto.» precisò Matt, alquanto sconcertato che Rebekah avesse davvero chiuso il libro: era la prima volta che accadeva da quando erano partiti, poteva essere quasi paragonato a un miracolo, «Cosa stavi dicendo?»

«Niente, una sciocchezza.» minimizzò lei, scrollando le spalle come se fosse davvero una stupidaggine. Non che lui ne dubitasse, ma era davvero curioso di sapere cosa l’avesse convinta a desistere dal saltare uno dei punti della lista, «Ti va un gelato? Offro io.»

Quell’offro io fu accompagnato da una risata da parte di Matt, poiché era il suo modo per dire che non avrebbe pagato. In realtà aveva cercato anche di evitare quel tipo di comportamento, ma Rebekah gli aveva fatto notare che se dovevano viaggiare a proprie spese non avrebbero superato neanche il confine.

«Ti aspetto qui.»

La seguì con lo sguardo fino a quando non si fu allontanata verso la gelateria più vicina, prima di afferrare la guida e cercare il capitolo giusto. Qui e là, sui margini delle pagine, erano stati tracciati degli appunti e sottolineati i luoghi più famosi delle varie città. Quando arrivò finalmente a Parigi, gli bastò ripercorrere ciò che avevano fatto o visitato: la cattedrale di Notre Dame aveva un grosso punto di domanda, il Louvre era stato sbarrato e Montmartre era indicata con una freccia rossa. Quando arrivò alla Torre Eiffel, sbatté le ciglia più volte, un sorriso sulle labbra nel capire finalmente l’incertezza di Rebekah. A volte si sorprendeva ancora di come potesse essere da una parte così insicura, e dall’altra fin troppo spavalda: se non avesse saputo chi era realmente, l’avrebbe potuta scambiare per una ragazza qualunque, una voce come tante in mezzo alla folla. Ripose la guida al suo posto appena in tempo per vederla tornare con due coni gelato.

«C’era una fila assurda.» sbottò Rebekah, porgendogli uno dei coni e sbuffando per una ciocca di capelli biondi che le era finita davanti agli occhi. Matt si alzò in piedi e afferrò il cono con un sorriso imbarazzato che fece accigliare Rebekah, «Beh, che cos’hai da sorridere?»

Con la mano libera la liberò dei capelli finiti davanti al viso, prima di chinarsi e posare le labbra sulle sue. Rebekah sussultò appena, lasciandosi sfuggire un sospiro sorpreso, ma non ebbe neanche il tempo di realizzare cosa stesse succedendo che Matt si era già staccato, aveva ripreso da terra la guida e gliel’aveva passata ridendo.

«Il ritratto non me lo faccio, però.»

Rebekah sbatté le ciglia un paio di volte, stringendo la guida al petto e non accorgendosi neanche di come il gelato stesse colando oltre il cono, rischiando di appiccicarsi alla mano che lo sorreggeva. All’improvviso si lasciò andare ad una risata liberatoria, rincorrendolo poiché si era già mosso in direzione della strada, «Ti prego? Ti prego, ti prego, ti prego?»

Matt scoppiò a ridere nel vederla di nuovo usare quel tono da bambina che usava soltanto con lui per convincerlo a fare qualcosa, ma scosse la testa con aria risoluta, «Piuttosto salgo a piedi sulla Torre Eiffel!»

«Ti potrei prendere in parola!»

Entrambi risero, ma Matt nel vederla così felice mentre gli diceva che dovevano assaggiare tutti i dolci tipici francesi entro quella sera non riuscì a non pensare che forse quel viaggio non era stato organizzato per lui e per la sua voglia di uscire da Mystic Falls. Forse, senza neanche rendersene conto, aveva accettato di partire e vivere di cliché soltanto per vederla così: spensierata e umana.

  
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