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Autore: silvia_arena    02/08/2013    0 recensioni
[Remus Lupin si sentiva strano, quella sera. Si accertò più volte di non aver avuto un piccolo vuoto di memoria e non aver preso la pozione, invece no, la boccetta che Piton gli portava ogni sera era lì sul tavolo, vuota – e lui si ricordava bene di averla bevuta qualche ora prima.
Allora cos’era quel senso di tristezza, di oppressione?]
Storia di cinque capitoli che narra gli eventi di una notte. Una chiacchierata tra il professor R.J. Lupin e una studentessa Corvonero.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Remus Lupin si sentiva strano, quella sera. Si accertò più volte di non aver avuto un piccolo vuoto di memoria e non aver preso la pozione, invece no, la boccetta che Piton gli portava ogni sera era lì sul tavolo, vuota – e lui si ricordava bene di averla bevuta qualche ora prima.

Allora cos’era quel senso di tristezza, di oppressione?

Da quando era arrivato lì ad Hogwarts era abbastanza felice: aveva incontrato il figlio del suo migliore amico, aveva la possibilità d’insegnare la materia che più amava. Ma, ripensandoci, aveva molti motivi per essere triste: Harry non faceva che ricordargli James, uno dei suoi migliori amici, assassinato, tranne per gli occhi, aveva gli occhi della dolce Lily, assassinata pure lei. Il suo vecchio amico Sirius, scoperto un traditore e causa della morte di James e Lily, era evaso da Azkaban e cercava Harry, per ucciderlo. Una parte dei colleghi professori non era d’accordo sulla sua assunzione, non considerando prudente che gli studenti avessero come insegnante un lupo mannaro. E perlopiù, i dissennatori di Azkaban vagavano intorno al castello, incupendo l’atmosfera e rattristando tutti.

In effetti, aveva molte più ragioni per essere triste che per essere felice, ma sapeva che la sua tristezza, in quel momento, non era dettata da alcuna di quelle.

Guardò l’orologio: era tardi, ma per i suoi standard era ancora presto per andare a dormire, non aveva abbastanza sonno, così uscì dal suo studio. Di solito il professor Lupin preferiva trascorrere il tempo libero da solo nella sua stanza, o chiacchierando con Harry, ma a quell’ora Harry era di sicuro già a letto e lui aveva bisogno di parlare con qualcuno per rallegrarsi un po’.

Scese le scale. Dove andare? In sala professori avrebbe incontrato sguardi ostili, persone a conoscenza della sua licantropia. La luna piena era lontana e non voleva pensarci, in quel momento. Non c’era un docente col quale aveva legato particolarmente. Nessuno poteva fargli compagnia, se non i libri. Il suo animo solitario lo condusse in biblioteca. Sei sempre il solito, Remus, si richiamò lui stesso tra il divertito e l’esasperato.

A quell’ora quel luogo sarebbe stato di sicuro desolato. Non sapeva se preferisse così o se in quel momento ciò di cui aveva realmente bisogno era una presenza umana. Varcò la soglia e scoprì che i suoi sospetti erano fondati: la biblioteca era vuota, nessuno studente che soffriva d’insonnia o che si preparava all’ultimo minuto per un compito. Passeggiò tra gli scaffali, non sapendo di quale tomo fosse in cerca – di nessuno, in effetti – così prese il primo che gli capitò fra le mani.

Storia di Hogwarts. Con un sospiro lo rimise sullo scaffale. L’aveva già letto, più volte.

Continuò la sua ricerca, quando ad un tratto sentì un rumore, come qualcuno che chiudesse di botto un libro, poi una sedia che strisciava, infine dei passi. Uno studente che non aveva notato. Indietreggiò per nascondersi dietro qualche scaffale – decise di non voler parlare in quel momento – ma il suono uscì da solo dalla sua bocca quando vide di chi si trattava.

«Cece.»

Era sorpreso, piacevolmente, ma sempre sorpreso. Sapeva che la ragazza aveva un amore incondizionato per i libri ma sapeva anche che andava a letto molto presto di solito.

La Corvonero, invece, trasalì – era certa di essere sola – anche se riconobbe la voce. Era una voce adulta, e solo un adulto lì la chiamava per nome: il professor Lupin.

Si voltò: credette di dover sforzarsi per sorridere, invece il sorriso le nacque spontaneo, come sempre alla presenza del docente.

«Professore.»

Remus Lupin camminò verso di lei. «Cosa fai qui a quest’ora?» le domandò. «C’è qualcosa che non va?» aggiunse subito.

«Va tutto bene, professore. Stavo solo...» La ragazza si guardò intorno, non dando a notare lo stato di difficoltà in cui si trovava. «Contemplando.» Che cosa stupida, si rimproverò per la penosità della scusa.

«Stavi contemplando la biblioteca?» Il professore non se l’era bevuta. «A quest’ora? Sapevo che amavi i libri ma non pensavo...» Lupin sorrideva, trattenendo a stento una risata.

La studentessa mantenne lo sguardo cordiale e la sua posizione, finché non sospirò e confessò: «No.»

   
 
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