Salve
a tutti! Chi mi seguiva già dirà: era
ora… lo so scusate, mi faccio sempre attendere.
^-^ Ma vi giuro che non lo
faccio apposta! Ma non perdiamo tempo: questa fan fiction finalmente
inizia ed
è questo che importa. Unica cosa importante da dire, questa
storia è la
continuazione di “Tears of
Memory”
alla cui conclusione si collega. In un certo senso Tears
è stata un preludio perché è in questa
storia che il vero
viaggio inizia. Bene. Non sto nella pelle e sperò vi
piacerà. Non voglio
dilungarmi troppo proprio nel primo capitolo… quindi buona
lettura e se mi
viene in mente qualcos’altro, ci vediamo alla fine! ;)
HikariMoon
Capitolo
1 –
L’arrivo a casa Scrubb
La famiglia
Pevensie al completo era ferma alla banchina insieme ai coniugi Alberta
e
Harold Scrubb, gli zii che si sarebbero occupati di Lucy e Edmund
finché anche
i due sarebbero potuti partire per l’America per raggiungere
i genitori e i due
fratelli maggiori, Peter e Susan. La decisione di separare per un
po’ di tempo
i quattro fratelli era stata accettata da tutti, ma non aveva
accontentato
praticamente nessuno.
Primi tra
tutti
gli zii che aveva sempre ritenuto il metodo di educazione usato dai
Pevensie “all’antica”:
soprattutto Alberta rimproverava sempre la sorella di star rovinando i
propri
figli, rendendoli inadatti al mondo che cambiava e alla
modernità. Ma non era
questa l’impressione che né Helen né
Robert avevano mai avuto: vedevano i loro
figli felici ed era quello che bastava. Per questo motivo la decisione
di dividerli
non era certo nata, come pensava Alberta, per allontanare Peter e Susan
dai
fratelli più piccoli. Helen e Robert pensavano semplicemente
che Edmund e Lucy
erano ancora troppo giovani per una lunga traversata e soprattutto per
l’America.
Non l’avrebbero detto se avessero saputo le straordinarie
avventure da loro
vissute a Narnia… ma non lo sapevano. I quattro fratelli
avevano tentato di
convincerli e ad un certo punto credevano di esserci riusciti. Avevano
persuaso
il padre ad andare tutti insieme, ma a quel punto era stato il destino
a
mettersi in mezzo. A causa della guerra erano poche le navi che
riuscivano ad
ottenere il permesso per partire e, ovviamente, ogni volta centinaia di
persone
cercavano di comprare il biglietto. Fu così che quando
arrivò il turno di
Robert Pevensie i posti rimasti erano solo cinque: troppo pochi per
portare
tutta la famiglia. Lucy e Edmund, da un lato, Peter e Susan,
dall’altro, si
dovettero rassegnare.
Ed erano
proprio i quattro fratelli che maggiormente ne soffrirono. Peter e
Susan,
infatti, temevano che la separazione avrebbe precluso loro qualsiasi
possibilità di tentare un ritorno a Narnia. Giorno dopo
giorno si cercavano di
convincere che non sarebbe stato così, soprattutto Susan
cercava di afferrarsi
alle parole di quel sogno, ma la paura in fondo restava. Senza contare
che il
legame tra di loro era fortissimo, rafforzato proprio grazie alle loro
avventure a Narnia. Era per questo che anche Lucy e Edmund si
addolorarono per
quella partenza. Loro, poi, avevano un motivo in più.
Sarebbero stati infatti
accolti in casa Scrubb… ovvero in casa del loro
insopportabile cugino Eustace
Clarence Scrubb. Il ragazzo aveva solo un anno in meno di Edmund e per
questo
tra loro era stata sempre guerra aperta. E crescendo le cose non erano
migliorate, si erano soltanto raffinate. Fortunatamente Alberta e
Harold
avevano deciso di non portare il figlio e almeno per un po’
Lucy e Edmund
avrebbe ancora potuto godere della
“libertà”.
In attesa che
Helen e Robert tornassero, gli zii e i fratelli Pevensie erano in piedi
sulla
banchina, attorniati dalla folla. Susan e Peter erano qualche passo
avanti e
fissavano muti la mole gigantesca del transatlantico su cui sarebbero
saliti. Susan
era smarrita e cercò, come tante volte aveva fatto, forza
nel fratello. Peter
lo capì e le sorrise senza però riuscire a
rasserenare completamente la
sorella. E dopotutto non lo era neppure lui.
Susan si
voltò
indietro verso i due fratelli minori quasi temendo che fossero
già scomparsi. I
suoi occhi azzurri incrociarono quelli di Lucy. La ragazzina
cercò di sorridere
ma il risultato fu un sorriso spento, privo della gioia contagiosa che
la
contraddistingueva. Edmund invece sbuffò per
l’ennesima volta, giusto per
ribadire quella che era la sua opinione.
Quando Susan
tronò a voltarsi dopo aver lanciato un’occhiata
agli zii, Lucy riprese a
dondolarsi sui piedi. Sentiva dietro di lei la presenza degli zii e non
era una
sensazione piacevole. Voleva andarsene ma sapeva che non poteva. Che
bello
sarebbe stato se improvvisamente Narnia li avesse
richiamati… magari tutti e
quattro: e così tanti saluti all’America e agli
zii. Lucy sospirò: bello, ma
impossibile.
Dal canto suo
Edmund continuava a giocherellare con una biglia. La sua mano la
stringeva più
forte ogni volta che, dietro di lui, zio Harold voltava le pagine del
giornale.
Se lo avesse potuto prenderlo, farci una palla e con un calcio buttarlo
in male
quel maledetto giornale… chissà che faccia
avrebbe fatto lo zio. Edmund
ridacchiò. Se lo sarebbe meritato: non aveva detto una
parola da quando era
arrivato. E poi si chiedevano perché Eustace era odioso: con
dei genitori così…
Un cupo boato
richiamò tutti dai meandri dei propri pensieri. I quattro
ragazzi si riscossero
e alzarono lo sguardo verso la nave. Densi fumi scuri uscivano dai
camini e
facevano capire a tutti che la partenza era imminente. Susan strinse la
mano di
Peter, quasi spaventata. Qualche passo dietro Lucy si morse un labbro
per
impedirsi di piangere. Presto sarebbero partiti. Gli occhi azzurri
delle
sorelle tornarono ad incrociarsi vedendo l’una
nell’altra lo stesso
smarrimento.
In quel
momento
arrivarono Helen e Robert facendosi largo tra la folla. I due erano
andati a
far timbrare i biglietti che ora la donna teneva saldamente in mano.
Una volta
accanto a loro, Robert spostò vicino a sé una
delle valigie che fino a quel
momento era stata vicino agli zii. L’uomo si voltò
sorridendo verso i figli.
“È
tutto
pronto. Possiamo salire.”
Susan e Lucy
sorrisero per non deludere il padre, ma entrambe fecero uno sforzo
enorme per
non mettersi a piangere. Edmund e Peter, invece, annuirono
distrattamente. A
quel punto il padre si voltò verso Lucy e Edmund.
“Mi
raccomando,
fate i bravi dagli zii.”
Lucy e Edmund
annuirono. Cos’altro avrebbero potuto fare? Non certo
deludere i genitori.
Helen sorrise e accarezzò Lucy.
“Fate
sempre
quello che vi dicono gli zii e comportatevi bene con vostro
cugino.”
Edmund, non
visto, sbuffò pensando mentalmente che lui avrebbe fatto il
bravo con Eustace
quando Eustace avrebbe smesso di dargli fastidio. Aveva un onore da
difendere
lui: un Re di Narnia non poteva certo cedere agli scherzi stupidi di
uno
presuntuoso cugino.
Alberta si
intromise nelle raccomandazioni dei due genitori.
“Helen
cara,
Robert non dovete preoccuparvi. Da noi staranno benissimo. Vedrete,
quando vi
raggiungeranno in America non li riconoscerete neppure. Saranno
diventati una
signorina e un uomo.”
Helen sorrise
per non deludere la sorella, ma non credeva che lei li potesse
cambiare. E poi
i suoi bambini, li amava così come erano. Molto meno gentile
fu quello che
pensò Edmund. Se avesse potuto, senza tanti complimenti,
avrebbe tirato un
calcio negli stinchi alla donna, alla faccia della buona educazione. Se
zio
Harold era insopportabile, zia Alberta faceva di tutto per essere
odiosa. Peter
se ne accorse e ridacchiò nascondendo la bocca dietro una
mano per non farsi
vedere. Susan li avrebbe rimproverati se li avrebbe visti, ma la
ragazza era
sprofondata nei ricordi che quegli istanti le facevano tornare in
mente,
ricordi di quella partenza lontana ormai due anni… quella
partenza che gli
aveva portati alla casa del professor Digory e poi a Narnia.
Improvvisamente
zio Harold sbuffando chiuse il giornale. Era arrivato
all’ultima pagina. L’uomo
si voltò verso la moglie.
“Cara,
credo
che sarà ora che salutino e andiamo. La nave presto
partirà.”
Helen e Robert
aggrottarono la fronte. Nessuno dei due, sinceramente, aveva molta
simpatia per
il marito di Alberta, la quale già era difficile da reggere
a lungo… ma erano
pur sempre loro parenti, nonostante Helen e Alberta fosse diventate
completamente diverse: dolce e premurosa la prima, altezzosa e saccente
la
seconda. Dal canto loro Edmund e Peter si guardarono come volersi dire:
che
bello se fossimo a Narnia… i due ridacchiarono per poi
tornare subito seri.
Sapevano anche loro che stavano per salutarsi.
Lucy si
gettò
tra le braccia della madre. “Mi mancherai, mamma.”
La donna
sorrise. “Anche tu, piccola mia. Ma abbi fiducia, presto
verrete in America
anche voi.”
Nel frattempo
Edmund aveva abbracciato il padre che lo aveva guardato negli occhi in
modo
eloquente.
“Fai
il bravo,
Edmund. Intesi?”
Edmund
annuì
sorridendo. Anche il padre sorrise sapendo benissimo che il ragazzo non
avrebbe
mai ignorato una provocazione del cugino Eustace. Del resto neanche lui
da giovane
lo aveva fatto quando andava a trovare i figli di suo zio…
Peter si
voltò
verso Susan e si accorse che la ragazza non si era neanche accorta di
quello
che stava succedendo.
“Susan.”
La ragazza
trasalì e si voltò verso di lui. Peter sorrise e
con la testa le indicò i
genitori che in quel momento si stavano separando da Lucy e Edmund. La
ragazza
si sentii opprimere da quegli istanti e rapidamente superò
la distanza che la
separava da Edmund, gettandosi tra le sue braccia. Edmund fu sorpreso
da quel
gesto ma, alla fine, dopo un attimo di imbarazzo ricambiò
l’abbraccio della
sorella. Accanto a loro Peter stava abbracciando Lucy che quasi non
toccava
terra, avvolta dalle braccia del fratello maggiore. Sia Lucy che Susan
cercarono di non piangere.
Edmund se ne
accorse e la allontanò delicatamente sorridendo quasi
sarcastico.
“Guarda
che
quelli che dovrebbero piangere siamo io e Lucy…”
Susan lo
fissò
e sorrise. Subito dopo gli tirò un amichevole pugno sulla
spalla. Anche Edmund
sorrise e i due fratelli si riabbracciarono. Dopo qualche istante fu di
nuovo
Edmund a parlare.
“Mi
mancheranno
i tuoi rimproveri, Susan.”
Susan si
staccò
da lui e lo guardò. “E a me mancherà il
doverteli fare… ti voglio bene, Ed.”
Edmund per un
attimo la guardò stupito poi si voltò di lato,
quasi a disagio, iniziando a
borbottare. Non si sentiva mai a proprio agio quando qualcun altro o
lui stesso
doveva mostrare i propri sentimenti.
“Guarda
che fra
qualche settimana ci rivediamo… mica è un addio
questo.”
Susan sorrise
dolcemente perché conosceva perfettamente suo fratello. Era
il suo modo di dire
che ti voleva bene. Lo sapevano anche Lucy e Peter. In quel momento
Susan si
voltò verso Lucy che si era separata da Peter. Mentre i due
fratelli si
salutavano, le due ragazze si fissarono per un istante per poi
abbracciarsi.
Susan affondò il viso nei capelli castano-rossicci della
sorella. Lucy nascose
invece il viso nella spalla della sorella maggiore. Per lunghi istanti
nessuna
delle due disse nulla. Bastava quell’abbraccio per dire tante
cose che nessuna
delle due aveva la forza di esprimere a parole. Alla fine fu proprio
Lucy la
prima a rompere il silenzio con una voce rotta dalla commozione.
“Mi
mancherai
così tanto, Sue…”
Susan a quel
punto non riuscì a trattenere le lacrime che iniziarono a
uscire lentamente
dagli occhi e a rigarle le guance. Anche Lucy aveva iniziato a
piangere, quasi
con quelle poche parole da lei pronunciate avesse reso definitivamente
reale
quella separazione.
“Oh,
anche tu
Lu… non sai quanto…”
Le due si
separarono guardandosi negli occhi. Tutte due stavano piangendo e
accorgendosene sorrisero. In quel momento i loro genitori finirono di
salutare
gli zii e sollevarono le valigie. Susan abbracciò stretta
Lucy ancora una
volta. Se avessero potuto, nessuna delle due si sarebbe separata
dall’altra.
“Lucy
ti voglio
bene. Vi scriverò ogni giorno, te lo
prometto…”
Lucy
annuì con
decisione cercando di mostrarsi coraggiosa, di comportarsi per quello
che era:
Lucy, la Valorosa. “Ci conto. Ti voglio bene anche io, Susan.
A presto.”
Anche Susan
annuì e si staccò da lei. Cercando di sorridere
la ragazza prese la propria
valigia e affiancò Peter. I due accennarono un saluto verso
gli zii. Zia
Alberta rispose con un sorriso di circostanza mentre invece zio Harold
mugugnò
qualcosa da dietro il giornale che aveva riaperto nella speranza di
trovare
qualche notizia che era sfuggita alla sua precedente lettura. Era fin
troppo
evidente che, se fosse stato per lui, avrebbe di molto accorciato quei
saluti.
A quel punto
Susan e Peter si voltarono per seguire i genitori. Mentre si dirigevano
verso
la passerella, Susan tornò a voltarsi. Lucy e Edmund erano
immobili a guardarli
partire. Rassegnati loro a restare, rassegnati Susan e Peter a partire.
La
ragazza tornò a guardare avanti iniziando a salire. Lucy e
Edmund intravedevano
a malapena i due fratelli e i genitori tra il resto della folla che
saliva.
Solo ogni tanto i capelli scuri di Susan e quelli biondi di Peter
facevano
capolino tra cappelli e mani alzate a salutare. Entrambi sentivano un
dolore
fortissimo dentro di loro e sapevano che era lo stesso anche per i due
fratelli
maggiori. Senza saperlo pensarono tutti la stessa cosa: faceva male,
come gli
addii di Narnia. Improvvisamente i due fratelli minori videro sparire
Susan e
Peter dentro alla nave. I loro sguardi si voltarono immediatamente
verso il
bordo dove già decine di persone si stavano ammassando per
salutare familiari e
amici, agitando mani e sventolando fazzoletti. Entrambi avevano paura
di non
riuscire a vederli. Era la stessa paura anche di Susan e Peter che, non
appena
saliti, subito si diressero verso il bordo insieme ai genitori
facendosi a
fatica largo tra corpi e valigie.
In quegli
istanti, la nave vibrò e iniziò a staccarsi dalla
banchina. Lucy portò le mani
al viso mentre i suoi occhi si inumidirono. Né lei
né Edmund erano ancora
riusciti a vederli. Gli occhi azzurri della ragazzina e quelli scuri
del
ragazzo continuarono a cercare freneticamente. Improvvisamente
incrociarono
altri due occhi azzurri, quelli di Peter. Il ragazzo alzò il
braccio per
salutarli. Subito dopo si voltò e strattonò
accanto a sé Susan. I due fratelli
si afferrarono al parapetto per non perdere quel piccolo spazio che
erano
riusciti a trovare. I due guardarono oltre il parapetto senza riuscire
a vedere
Lucy e Edmund. Anche Peter li aveva persi di vista tra la folla. Susan
si sentì
mancare il respiro, il cuore attanagliato dalla paura di non vederli.
Nel frattempo
la nave si stava allontanando e Lucy e Edmund avevano iniziato a farsi
largo
tra la folla quasi correndo, cercando di farsi vedere. Tutte le persone
sul
parapetto sembravano così piccole da laggiù. Lucy
perse quasi l’equilibrio
quando un uomo davanti a lei arretrò. Si sentì
persa, come in un mare in
tempesta, sballottata dalle onde. Ma non poteva arrendersi. A pochi
passi da
lei, Edmund si voltò per aspettarla. Insieme ripresero a
correre agitando le
mani nella speranza che Susan e Peter li vedessero. Fu di nuovo Peter
il primo
a vederli. Il ragazzo sorrise iniziando a muovere la mano. Pochi
istanti dopo
anche Susan li vide cominciando ad agitare la mano. Susan
scoppiò a piangere:
Lucy se ne rese conto e scoppiò a piangere anche lei. La
ragazzina e Edmund la
videro muovere la bocca gridando qualcosa. Le sue parole si persero in
mezzo
alla folla e nel boato dei camini. Ma non aveva importanza. Anche Lucy
sapeva
che né Susan, né Peter, né i genitori
l’avrebbero mai potuta sentire, ma gridò
lo stesso con tutto il fiato che aveva in gola.
“Susan,
Peter,
mamma, papà a presto! Vi vogliamo bene!”
Un altro cupo
rimbombò coprì le voci di tutti. In alto Susan e
Peter continuavano ad agitare
le mani, sporgendosi il più possibile per poter vedere fino
alla fine i due
fratelli minori. In basso, Lucy e Edmund continuarono a correre lungo
la
banchina fino a quando si trovarono sul bordo. Le onde scure
scrosciavano sotto
di loro. Nessuno dei quattro fratelli riusciva a distogliere lo sguardo.
Pochi istanti
dopo la nave iniziò ad allontanarsi e le persone sul
parapetto scomparvero
dietro la sua mole. Lucy abbassò lo sguardo tirando su con
il naso. Una leggera
brezza la fece rabbrividire. Passarono lunghi minuti in cui la folla
iniziò ad
allontanarsi. Pian piano Lucy e Edmund furono gli unici a rimanere
lì. A quel
punto Edmund posò una mano sulla spalla della sorella.
“Dai,
Lu.
Torniamo indietro.”
Lucy
alzò gli
occhi rossi dal pianto e Edmund, per cercare di tirarla su di morale,
sorrise
ironico.
“Guarda
che non
ci conviene farli diventare isterici quei due…
l’ho sempre detto, vostra madre
ha sbagliato tutto con la vostra educazione. È sempre stata
troppo indulgente!”
Lucy sorrise
sentendo Edmund scimmiottare il tono di voce di zia Alberta. Alla fine
annuì e
i due lentamente tornarono indietro. Quando furono a qualche metro dai
due, che
li guardavano infastiditi da quell’attesa, Edmund si
voltò verso Lucy per
bisbigliarle all’orecchio.
“Ho
cambiato
idea… che ne dici se corriamo via? Tanto loro non ci
prendono.”
Lucy gli
lanciò
uno sguardo di rimprovero, ma anche lei sorrideva. Finalmente Lucy e
Edmund
arrivarono dagli zii e presero in mano le proprie valigie. Zia Alberta
li
guardò autoritaria.
“Ora
andiamo a
prendere il treno per andare a Cambridge. Comportatevi in modo
consono.”
Lucy e Edmund
annuirono. Soddisfatta, la donna si voltò seguita dal marito
che iniziò a
borbottare qualcosa sul fatto che a causa di quelle perdite di tempo
avrebbero
rischiato di perdere il treno. Lucy e Edmund si guardarono scoraggiati:
la loro
tortura stava per avere inizio.
- - - - - - -
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
- - - -
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Una automobile
percorreva lentamente le strade di Cambridge. A bordo c’erano
tre persone: un
uomo alla guida, una donna bionda seduta al posto accanto,
evidentemente sua
moglie, e una ragazzina seduta dietro che continuava a giocherellare
con una
foto che la ritraeva con altre ragazze della sua età vicino
a dei cavalli. La
donna si voltò indietro sorridendo.
“Tesoro,
siamo
presto arrivati. Togliti quell’espressione
imbronciata.”
La ragazzina
sospirò alzando lo sguardo verso la madre.
“Era
proprio
necessario trasferirsi, mamma?”
La donna
sorrise dolcemente e si allungò per accarezzarle la testa.
“Papà
non
poteva rinunciare ad una simile occasione di lavoro. Lo capisci,
vero?”
La ragazzina
annuì lentamente posando di lato la fotografia, accanto alla
propria valigia e
ad una gabbietta in cui sonnecchiava un piccolo furetto. A quel punto
anche il
padre inclinò la testa verso di lei, cercando di tirarla su
di morale.
“Lo
so che ti
mancheranno i tuoi amici… ma vedrai che te ne farei presto
di nuovi. Cambridge
ti piacerà… sarà come una bella
avventura, vedrai.”
La ragazzina
sorrise e guardò per un istante fuori dal finestrino. Subito
si voltò con un
sorriso furbo.
“Cambridge
è
una città noiosa!”
I due genitori
scoppiarono a ridere. Alla fine la madre tornò a voltarsi
verso la figlia
sorridendo.
“Non
sarà così,
vedrai. La tua è solo la prima impressione. Conoscendola
meglio questa città ti
piacerà. E poi a settembre andrai in una nuova scuola.
Quella non sarà una
bella avventura?”
La donna
tornò
a voltarsi continuando a parlare, anche se più che altro
sembrava parlare a sé
stessa.
“E
se non
sbaglio, chi ci ha venduto la casa ha detto che nella casa accanto ci
vive
anche un ragazzo della tua età… avrai subito un
nuovo amico, non sei contenta?”
La ragazzina
faticò un attimo per capire che la domanda era rivolta a lei
e a quel punto
annuì anche se poco convinta. Poi tornò a
voltarsi verso il furetto. Sorridendo
infilò un dito nella gabbietta e grattò la
testolina dell’animale che si
svegliò e le leccò il dito iniziando a zampettare
nel piccolo spazio.
“Presto
saremo
nella nuova casa… che ne dici, Billy, sarà una
nuova avventura?”
Il furetto la
guardò e per un attimo sembrò veramente star
riflettendo sulla sua domanda. La
ragazzina sorrise e tornò a guardare fuori dal finestrino.
- - - - - - -
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
- - - -
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Lucy e Edmund
si fermarono accanto alla zia davanti alla stazione. Il viaggio fino a
Cambridge non era stato lungo nonostante a loro, mentre si trovavano
sul treno,
era sembrato infinito… e noioso. Nell’attesa di
zio Harold che era andato a prendere
la propria automobile che la mattina aveva parcheggiato nelle
vicinanze, Lucy e
Edmund poterono ripensare a quelle poche ore passate sul treno. Era
stato così
strano dover rispondere alle domande impiccione della zia. Che lavoro
aveva
intenzione di fare Peter, quanto tempo passavano tutti e quattro
insieme, se i
loro genitori avevano già parlato del futuro di Susan, quali
erano i loro
risultati scolastici. In più Lucy si era sorbita le offerte
della zia di darle
alcuni consigli per essere più carina e, quando sarebbe
cresciuta, poter ricevere
delle buoni offerte di matrimonio. La zia si era inclinata verso di lei
dandole
un buffetto sulla guancia sorridendo.
“Sei
ancora
così piccolina… vedrai che quando diventerai una
signorina ti torneranno utili
i miei consigli.”
Lucy aveva
abbassato la testa mortificata e aveva annuito. Ogni parola della zia
era come
una spina infilata nel suo cuore. Era come se qualcuno continuasse a
ripeterle “Lucy sei brutta, Lucy
sei infantile, Lucy
quando diventerai come tua sorella Susan?”. O per
lo meno era questa la sua
sensazione. Per un attimo ripensò offesa alle parole di
Susan sentendosi come
presa in giro dai complimenti che la sorella maggiore, bella e
perfetta, sempre
lodata da tutti, le aveva fatto tanti mesi prima. Subito
scacciò quei pensieri
sentendosi in colpa. Susan non era certo una bugiarda. Per un attimo si
vide
simile alla zia e si ripromise che non sarebbe successo.
Edmund,
invece,
fu obbligato da zio Harold a leggere il giornale. Il ragazzo si finse
interessato nella speranza che presto lo zio lo ignorasse convinto di
aver
avuto successo. Non lo avesse mai fatto… zio Harold
sembrò aver recuperato la
parola e costrinse Edmund a discutere con lui di ogni articolo. E
allora aveva
capito che cosa intendesse zia Alberta al porto: volevano metterli su
quella
che loro credevano la “giusta strada”, correggere
l’indulgenza di Helen e
Robert almeno sui due più piccoli, a loro idea
più viziati e infantili dei due
maggiori in modo tale che non contagiassero anche Peter e Susan. Si
capiva
quello che era l’obbiettivo di zia Alberta: doveva occuparsi
dei due bambini e
non delle due persone mature, Peter e Susan, pronti a essere finalmente
educati
alla vita adulta? Bene, avrebbe reso Lucy e Edmund due persone mature
anche a
costo di rieducarli nelle più piccole cose. Edmund aveva
sospirato rendendosi
conto che sarebbe stato peggio di quanto avessero mai potuto credere.
I due ragazzi
vennero distolti dai loro pensieri dall’arrivo vicino al
marciapiede
dell’automobile di zio Harold. L’uomo scese e prese
le valigie dei ragazzi
mettendole nel baule. Edmund si sedette accanto al posto di guida e
Lucy e zia
Alberta dietro. Quando l’automobile partì, Lucy si
appoggiò al finestrino
osservando incuriosita le cose che erano cambiate a Cambridge dalla
loro ultima
visita. La voce dura e quasi esasperata di zia Alberta la fece voltare
subito.
“Lucy
siediti
composta, guarda davanti. Sei ancora una bambina ma è ora
che tu impari a non
esserlo più. Schiena dritta. Comportati da
signorina!”
Lucy
sgranò gli
occhi azzurri stupita. Non ricordava qualcuno che le si era rivolto con
un tono
così duro. Tutti dicevano sempre che lei era una ragazzina
educata e gentile,
anche a Narnia tutti avevano sempre lodato la sua gentilezza rivolta
sempre
verso tutti. Zia Alberta invece la trattava come la peggiore delle
maleducate.
Anche Edmund si era voltato scioccato dal modo in cui Lucy veniva
trattata. Di
solito era lui quello che veniva sgridato, non Lucy. La zia Alberta si
riposò
al sedile lanciandole ancora un’occhiata severa.
“Togliti
dalla
faccia quell’espressione imbambolata e vedi di ricordartelo.
Sei abbastanza
grande perché io non debba ripetertelo sempre. Prendi
esempio da tua sorella
Susan. Lei sì che è una signorina. Se solo non
dovesse avere sempre a che fare
con voi…”
La donna
sospirò scuotendo la testa rassegnata. Lucy si sedette come
voleva la zia per evitare
di essere di nuovo rimproverata. Edmund la guardò e le
sorrise per rincuorarla,
ma Lucy aveva appena la forza di non piangere e rispose appena con un
cenno al
tentativo di Edmund. Il ragazzo tornò a voltarsi sospirando
e meditando di
vendicarsi di quello al primo scherzo di Eustace. A quel pensiero
alzò le
spalle: non era molto giusto, ma neanche il comportamento della zia. Ad
una
svolta zio Harold si voltò verso di lui.
“Hai
prestato
attenzione alla guida? Sarebbe una buona idea che ti facessi
l’occhio… quando
sarai grande ti servirà il giorno che vorrai imparare a
guidare una macchina.”
Edmund non
rispose leggermente sorpreso da quella domanda: ma non avevano
continuato a
ripetere che erano due bambini? E ora a quindici anni doveva
già farsi l’occhio
per guidare? Dopo qualche istante zio Harold lo guardò di
nuovo.
“Peter
immagino
lo imparerà quando sarà in America. Lui
è grande ormai e l’America sarà
stimolante per farlo diventare veramente un uomo.”
Edmund
sbuffò.
Come volevasi dimostrare… ma gli zii avrebbero ricordato
loro ogni cinque
minuti di essere più piccoli e immaturi di Peter e Susan? Se
solo fossero a
Narnia… provassero a dire a qualcuno dei Narniani che Re
Edmund il Giusto e
Regina Lucy la Valorosa, grandi Re e Regina di Narnia, era immaturi e
incapaci
di occuparsi dei problemi degli adulti. Il ragazzo incrociò
le braccia e
affondò nel sedile annuendo per accontentare lo zio che
effettivamente si voltò
soddisfatto. Fu zia Alberta che si prese, però,
l’ultima parola.
“Il
tempo delle
favole è finito. Se vostra madre non vuole ancora darvi una
scrollata, saremo
noi a farlo. È arrivato il momento di confrontarsi con il
mondo reale.”
Edmund e Lucy
sospirarono per l’ennesima volta cercando di non farsi
sentire dalla zia. Per
fortuna che il tragitto fino a casa Scrubb sarebbe stato
breve…
- - - - - - -
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
- - - -
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Nel frattempo
c’era qualcuno altro che invece avrebbe preferito che il
tragitto fino a casa
Scrubb durasse all’infinito. E altri non era che Eustace
Clarence Scrubb,
figlio di Alberta e Harold. Il ragazzo continuava a camminare in tondo
nella
propria stanza che presto avrebbe dovuto condividere con Edmund
Pevensie, il
suo nemico di sempre. Sbuffava e quasi scalciava come un animale
selvatico
messo in gabbia. Ogni volta che completava un giro gettava lo sguardo
sul letto
che il padre aveva sistemato di fronte al suo. Subito distoglieva lo
sguardo
quasi disgustato. La sua vita era finita, un’estate rovinata.
Chissà per quanto
tempo i suoi due odiosi cugini sarebbero rimasti
lì… erano settimane che
pregava: prima che zio Robert trovasse posto per tutti, poi che Lucy e
Edmund
partissero presto per l’America. Ma si può avere
rovinata in un modo simile le
vacanze? La sua solita sfortuna… anzi sfortuna nera. Era
stato l’unico in tutto
il mondo che l’ultimo giorno di scuola tornato a casa, invece
di trovarsi dei
regali, si era trovato davanti i genitori che candidamente gli avevano
comunicato che entro pochi giorni Edmund e Lucy sarebbero stati loro
ospiti.
Per quanto aveva avuto la forza di chiedere… e la madre
soddisfatta aveva
risposto che non si sapeva ancora quanto tempo si sarebbero fermati. Il
mondo
gli era crollato addosso di fronte a quella che era la peggiore delle
tragedie.
Eustace
sbuffò
e si sedette pesantemente sulla sedia della scrivania. Anche quella
avrebbe
dovuto condividere da quel giorno. Rabbiosamente si alzò e
alla fine si sedette
per terra. Dopo aver guardato l’orologio posato sul comodino
vicino al letto,
il ragazzo si distese sotto al letto. Con fare circospetto prese una
scatola e
lentamente l’apri. Erano i suoi tesori: doveva nasconderla
bene se non voleva
che Edmund ficcasse le sua manacce anche lì. Poi prese un
quadernetto da dentro
la scatola e una penna. La sua espressione si fece seria. Dopo un
attimo di
indecisione uscì posandosi sul letto. Eustace fece dondolare
la penna tra le
dita prima di iniziare a scrivere.
“Giugno
1942.
Io Eustace Clarence Scrubb, figlio di Alberta e Harold Scrubb, in pieno
possesso delle mie facoltà mentali dichiaro che questo
è il mio testamento
nell’eventualità che i miei sciagurati cugini,
Edmund Pevensie e Lucy Pevensie,
mi conducano alla pazzia e ad una lenta e dolorosa agonia.”
Eustace si
fermò osservando quello che aveva scritto: sì,
era sufficientemente solenne.
Particolarmente ispirato riprese la penna e si rimise a scrivere.
“Dichiaro
che
tutte le mie cose di scuola vengano divise tra i miei compagni di
classe che
potranno così giovarsene nel loro percorso di studi. Tutto
il resto, fatta
esclusione per la mia scatola dei tesori, lo lascio ai miei genitori,
quelle
povere anime, che verranno privati del loro unico figlio dalle perfide
e
meschine macchinazioni dei suddetti cugini. Infine la suddetta scatola
dei
tesori la lascio a Jimmy Stenford con la clausola che la custodisca e
la
tramandi di generazione in generazione in mio ricordo
imperituro.”
Eustace
sorrise
soddisfatto e passò una mano sul foglio. Sapeva bene che
Jimmy avrebbe fatto
quello che lui voleva. Povero Jimmy, buono e gentile, ma privo di
carattere.
Per fortuna che lui magnanimamente aveva deciso di essere suo amico.
Improvvisamente sentì fermarsi una macchina. Il primo
pensiero di Eustace fu:
eccoli. Senza perdere neppure un secondo il ragazzo afferrò
quadernetto e
penna, li rimise nella scatola, chiuse la scatola e la nascose il
meglio
possibile sotto al letto. Dopodiché, come un fulmine, corse
alla finestra
convinto di vedere nel vialetto sottostante i genitori e i due cugini.
Invece,
con sua grande sorpresa, il vialetto era deserto. Per un attimo Eustace
credette di star già impazzendo, poi si accorse di una
macchina parcheggiata
nel vialetto accanto. Il ragazzo si dette una pacca sulla testa. Ora
ricordava:
quel giorno arrivavano i nuovo vicini. Curioso, Eustace si nascose
dietro la
tenda e sbriciò per vedere come erano. Che bello se fosse
stato un ragazzo con
cui fare amicizia ed opporsi insieme a lui a Edmund!
In quel
momento
dall’automobile scese un uomo con i capelli castani e gli
occhiali seguito da
una donna con i capelli biondi. I due si fermarono a guardare la casa.
Sorridevano felici. Dopo pochi istanti scese anche una terza persona.
Eustace
sbuffò. Era una ragazza. La sua era proprio una sfortuna
nera… anzi nerissima.
Mancava solo che la vicina facesse amicizia con Lucy Pevensie!
Un’altra arpia
tra i piedi. Improvvisamente Eustace si accorse che la ragazzina lo
stava
fissando. I loro occhi si incrociarono e Eustace si ritrasse di scatto
dopo
averle lanciato un’occhiata di superiorità. Sotto
la ragazzina sorrise scuotendo
la testa rassegnata. I capelli castano-biondi ondeggiarono attorno al
suo viso.
Dentro alla stanza, invece, Eustace rimase spalle al muro fino a quando
non
sentì aprire e richiudersi la porta dei vicini. A quel punto
tirò un sospirò di
sollievo. Ci mancava solo quella… ma il suo sollievo
durò poco. Pochi minuti
dopo, infatti, un’altra macchina si fermò e non ci
furono più dubbi. Era la
macchina che portava i suoi cugini: nessuna sciagura era mai stata
annunciata
in modo più sinistro. O almeno così
sembrò a Eustace la frenata della macchina
paterna. Il ragazzo alzò lo sguardo verso l’alto
esibendosi in un’espressione
teatralmente disperata.
“La
mia vita è
finita!!”
E
il primo capitolo è finito. Pensandoci forse è un
po’ corto… all’inizio avevo
pensato di metterci anche l’incontro tra Edmund, Lucy e
Eustace, ma alla fine
ho preferito rimandarlo al prossimo capitolo. Allora, che ne pensate?
Spero di
aver fatto un buon lavoro. Avrete notato la presenza di un nuovo
personaggio,
vero? ^-^ Non credo vi sarà molto difficile intuire chi sia,
comunque… e a
proposito di questo ho un favore da chiedervi. Quando descrivo un
personaggio
mi è più facile farlo avendo un immagine presente
in mente: per Peter, Susan,
Edmund, Lucy, Caspian, Eustace, ecc. non ho quindi nessun
problema… per lei
invece sì, non essendoci mai stata nei film. Il favore
è questo: avreste
qualche attrice da consigliarmi considerando che vorrei farla con i
capelli
biondo-castani e dell’età di Eustace? ^-^ (che non
sia Anna Sophia Robb perché
l’ho già in mente per un personaggio che apparire
più avanti.) Se vi viene
qualche idea, vi sarò grata… altrimenti mi
arrangerò. ;)
Ancora
una cosa e tolgo il disturbo. XD Questa è la prima long
fiction che scrivo su
Narnia (considerando che Tears era
la
prima fan fiction su Narnia che scrivevo in assoluto). Aspetto i vostri
pareri.
La prossima settimana non ci sarò perché sono via
quindi vi dò appuntamento a
quella dopo.
Grazie
mille per aver letto. A presto! ^-^ HikariMoon