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Autore: HikariMoon    03/08/2013    6 recensioni
Seguito di "Tears of Memory". Peter e Susan sono andati in America, Lucy e Edmund presto arriveranno a casa Scrubb. A Narnia Caspian ha intrapreso un lungo viaggio sul Veliero dell'Alba. Una nuova avventura ha inizio: riusciranno Susan e Caspian ha riunirsi mantenendo la promessa che si sono fatti? Peter e Susan riusciranno a tornare a Narnia? Chi o cosa minaccia la pace di Narnia? Tra antiche magie, distese di mari sconfinate, pirati e battaglie riusciranno i Sovrani a sconfiggere la minaccia della nebbia verde e ciò che dietro essa si cela? Insieme a due nuovi eroi che per la prima volta arriveranno a Narnia, mille avventure aspettano i cinque Sovrani. Che aspettate? Salpate insieme a noi: per Narnia e per Aslan!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti! Chi mi seguiva già dirà: era ora… lo so scusate, mi faccio sempre attendere. ^-^ Ma vi giuro che non lo faccio apposta! Ma non perdiamo tempo: questa fan fiction finalmente inizia ed è questo che importa. Unica cosa importante da dire, questa storia è la continuazione di “Tears of Memory” alla cui conclusione si collega. In un certo senso Tears è stata un preludio perché è in questa storia che il vero viaggio inizia. Bene. Non sto nella pelle e sperò vi piacerà. Non voglio dilungarmi troppo proprio nel primo capitolo… quindi buona lettura e se mi viene in mente qualcos’altro, ci vediamo alla fine! ;) HikariMoon

Capitolo 1 – L’arrivo a casa Scrubb

La famiglia Pevensie al completo era ferma alla banchina insieme ai coniugi Alberta e Harold Scrubb, gli zii che si sarebbero occupati di Lucy e Edmund finché anche i due sarebbero potuti partire per l’America per raggiungere i genitori e i due fratelli maggiori, Peter e Susan. La decisione di separare per un po’ di tempo i quattro fratelli era stata accettata da tutti, ma non aveva accontentato praticamente nessuno.

Primi tra tutti gli zii che aveva sempre ritenuto il metodo di educazione usato dai Pevensie “all’antica”: soprattutto Alberta rimproverava sempre la sorella di star rovinando i propri figli, rendendoli inadatti al mondo che cambiava e alla modernità. Ma non era questa l’impressione che né Helen né Robert avevano mai avuto: vedevano i loro figli felici ed era quello che bastava. Per questo motivo la decisione di dividerli non era certo nata, come pensava Alberta, per allontanare Peter e Susan dai fratelli più piccoli. Helen e Robert pensavano semplicemente che Edmund e Lucy erano ancora troppo giovani per una lunga traversata e soprattutto per l’America. Non l’avrebbero detto se avessero saputo le straordinarie avventure da loro vissute a Narnia… ma non lo sapevano. I quattro fratelli avevano tentato di convincerli e ad un certo punto credevano di esserci riusciti. Avevano persuaso il padre ad andare tutti insieme, ma a quel punto era stato il destino a mettersi in mezzo. A causa della guerra erano poche le navi che riuscivano ad ottenere il permesso per partire e, ovviamente, ogni volta centinaia di persone cercavano di comprare il biglietto. Fu così che quando arrivò il turno di Robert Pevensie i posti rimasti erano solo cinque: troppo pochi per portare tutta la famiglia. Lucy e Edmund, da un lato, Peter e Susan, dall’altro, si dovettero rassegnare.

Ed erano proprio i quattro fratelli che maggiormente ne soffrirono. Peter e Susan, infatti, temevano che la separazione avrebbe precluso loro qualsiasi possibilità di tentare un ritorno a Narnia. Giorno dopo giorno si cercavano di convincere che non sarebbe stato così, soprattutto Susan cercava di afferrarsi alle parole di quel sogno, ma la paura in fondo restava. Senza contare che il legame tra di loro era fortissimo, rafforzato proprio grazie alle loro avventure a Narnia. Era per questo che anche Lucy e Edmund si addolorarono per quella partenza. Loro, poi, avevano un motivo in più. Sarebbero stati infatti accolti in casa Scrubb… ovvero in casa del loro insopportabile cugino Eustace Clarence Scrubb. Il ragazzo aveva solo un anno in meno di Edmund e per questo tra loro era stata sempre guerra aperta. E crescendo le cose non erano migliorate, si erano soltanto raffinate. Fortunatamente Alberta e Harold avevano deciso di non portare il figlio e almeno per un po’ Lucy e Edmund avrebbe ancora potuto godere della “libertà”.

In attesa che Helen e Robert tornassero, gli zii e i fratelli Pevensie erano in piedi sulla banchina, attorniati dalla folla. Susan e Peter erano qualche passo avanti e fissavano muti la mole gigantesca del transatlantico su cui sarebbero saliti. Susan era smarrita e cercò, come tante volte aveva fatto, forza nel fratello. Peter lo capì e le sorrise senza però riuscire a rasserenare completamente la sorella. E dopotutto non lo era neppure lui.

Susan si voltò indietro verso i due fratelli minori quasi temendo che fossero già scomparsi. I suoi occhi azzurri incrociarono quelli di Lucy. La ragazzina cercò di sorridere ma il risultato fu un sorriso spento, privo della gioia contagiosa che la contraddistingueva. Edmund invece sbuffò per l’ennesima volta, giusto per ribadire quella che era la sua opinione.

Quando Susan tronò a voltarsi dopo aver lanciato un’occhiata agli zii, Lucy riprese a dondolarsi sui piedi. Sentiva dietro di lei la presenza degli zii e non era una sensazione piacevole. Voleva andarsene ma sapeva che non poteva. Che bello sarebbe stato se improvvisamente Narnia li avesse richiamati… magari tutti e quattro: e così tanti saluti all’America e agli zii. Lucy sospirò: bello, ma impossibile.

Dal canto suo Edmund continuava a giocherellare con una biglia. La sua mano la stringeva più forte ogni volta che, dietro di lui, zio Harold voltava le pagine del giornale. Se lo avesse potuto prenderlo, farci una palla e con un calcio buttarlo in male quel maledetto giornale… chissà che faccia avrebbe fatto lo zio. Edmund ridacchiò. Se lo sarebbe meritato: non aveva detto una parola da quando era arrivato. E poi si chiedevano perché Eustace era odioso: con dei genitori così…

Un cupo boato richiamò tutti dai meandri dei propri pensieri. I quattro ragazzi si riscossero e alzarono lo sguardo verso la nave. Densi fumi scuri uscivano dai camini e facevano capire a tutti che la partenza era imminente. Susan strinse la mano di Peter, quasi spaventata. Qualche passo dietro Lucy si morse un labbro per impedirsi di piangere. Presto sarebbero partiti. Gli occhi azzurri delle sorelle tornarono ad incrociarsi vedendo l’una nell’altra lo stesso smarrimento.

In quel momento arrivarono Helen e Robert facendosi largo tra la folla. I due erano andati a far timbrare i biglietti che ora la donna teneva saldamente in mano. Una volta accanto a loro, Robert spostò vicino a sé una delle valigie che fino a quel momento era stata vicino agli zii. L’uomo si voltò sorridendo verso i figli.

“È tutto pronto. Possiamo salire.”

 

Susan e Lucy sorrisero per non deludere il padre, ma entrambe fecero uno sforzo enorme per non mettersi a piangere. Edmund e Peter, invece, annuirono distrattamente. A quel punto il padre si voltò verso Lucy e Edmund.

“Mi raccomando, fate i bravi dagli zii.”

Lucy e Edmund annuirono. Cos’altro avrebbero potuto fare? Non certo deludere i genitori. Helen sorrise e accarezzò Lucy.

“Fate sempre quello che vi dicono gli zii e comportatevi bene con vostro cugino.”

Edmund, non visto, sbuffò pensando mentalmente che lui avrebbe fatto il bravo con Eustace quando Eustace avrebbe smesso di dargli fastidio. Aveva un onore da difendere lui: un Re di Narnia non poteva certo cedere agli scherzi stupidi di uno presuntuoso cugino.

Alberta si intromise nelle raccomandazioni dei due genitori.

“Helen cara, Robert non dovete preoccuparvi. Da noi staranno benissimo. Vedrete, quando vi raggiungeranno in America non li riconoscerete neppure. Saranno diventati una signorina e un uomo.”

Helen sorrise per non deludere la sorella, ma non credeva che lei li potesse cambiare. E poi i suoi bambini, li amava così come erano. Molto meno gentile fu quello che pensò Edmund. Se avesse potuto, senza tanti complimenti, avrebbe tirato un calcio negli stinchi alla donna, alla faccia della buona educazione. Se zio Harold era insopportabile, zia Alberta faceva di tutto per essere odiosa. Peter se ne accorse e ridacchiò nascondendo la bocca dietro una mano per non farsi vedere. Susan li avrebbe rimproverati se li avrebbe visti, ma la ragazza era sprofondata nei ricordi che quegli istanti le facevano tornare in mente, ricordi di quella partenza lontana ormai due anni… quella partenza che gli aveva portati alla casa del professor Digory e poi a Narnia.

Improvvisamente zio Harold sbuffando chiuse il giornale. Era arrivato all’ultima pagina. L’uomo si voltò verso la moglie.

“Cara, credo che sarà ora che salutino e andiamo. La nave presto partirà.”

Helen e Robert aggrottarono la fronte. Nessuno dei due, sinceramente, aveva molta simpatia per il marito di Alberta, la quale già era difficile da reggere a lungo… ma erano pur sempre loro parenti, nonostante Helen e Alberta fosse diventate completamente diverse: dolce e premurosa la prima, altezzosa e saccente la seconda. Dal canto loro Edmund e Peter si guardarono come volersi dire: che bello se fossimo a Narnia… i due ridacchiarono per poi tornare subito seri. Sapevano anche loro che stavano per salutarsi.

Lucy si gettò tra le braccia della madre. “Mi mancherai, mamma.”

La donna sorrise. “Anche tu, piccola mia. Ma abbi fiducia, presto verrete in America anche voi.”

Nel frattempo Edmund aveva abbracciato il padre che lo aveva guardato negli occhi in modo eloquente.

“Fai il bravo, Edmund. Intesi?”

Edmund annuì sorridendo. Anche il padre sorrise sapendo benissimo che il ragazzo non avrebbe mai ignorato una provocazione del cugino Eustace. Del resto neanche lui da giovane lo aveva fatto quando andava a trovare i figli di suo zio…

Peter si voltò verso Susan e si accorse che la ragazza non si era neanche accorta di quello che stava succedendo.

“Susan.”

La ragazza trasalì e si voltò verso di lui. Peter sorrise e con la testa le indicò i genitori che in quel momento si stavano separando da Lucy e Edmund. La ragazza si sentii opprimere da quegli istanti e rapidamente superò la distanza che la separava da Edmund, gettandosi tra le sue braccia. Edmund fu sorpreso da quel gesto ma, alla fine, dopo un attimo di imbarazzo ricambiò l’abbraccio della sorella. Accanto a loro Peter stava abbracciando Lucy che quasi non toccava terra, avvolta dalle braccia del fratello maggiore. Sia Lucy che Susan cercarono di non piangere.

Edmund se ne accorse e la allontanò delicatamente sorridendo quasi sarcastico.

“Guarda che quelli che dovrebbero piangere siamo io e Lucy…”

Susan lo fissò e sorrise. Subito dopo gli tirò un amichevole pugno sulla spalla. Anche Edmund sorrise e i due fratelli si riabbracciarono. Dopo qualche istante fu di nuovo Edmund a parlare.

“Mi mancheranno i tuoi rimproveri, Susan.”

Susan si staccò da lui e lo guardò. “E a me mancherà il doverteli fare… ti voglio bene, Ed.”

Edmund per un attimo la guardò stupito poi si voltò di lato, quasi a disagio, iniziando a borbottare. Non si sentiva mai a proprio agio quando qualcun altro o lui stesso doveva mostrare i propri sentimenti.

“Guarda che fra qualche settimana ci rivediamo… mica è un addio questo.”

Susan sorrise dolcemente perché conosceva perfettamente suo fratello. Era il suo modo di dire che ti voleva bene. Lo sapevano anche Lucy e Peter. In quel momento Susan si voltò verso Lucy che si era separata da Peter. Mentre i due fratelli si salutavano, le due ragazze si fissarono per un istante per poi abbracciarsi. Susan affondò il viso nei capelli castano-rossicci della sorella. Lucy nascose invece il viso nella spalla della sorella maggiore. Per lunghi istanti nessuna delle due disse nulla. Bastava quell’abbraccio per dire tante cose che nessuna delle due aveva la forza di esprimere a parole. Alla fine fu proprio Lucy la prima a rompere il silenzio con una voce rotta dalla commozione.

“Mi mancherai così tanto, Sue…”

Susan a quel punto non riuscì a trattenere le lacrime che iniziarono a uscire lentamente dagli occhi e a rigarle le guance. Anche Lucy aveva iniziato a piangere, quasi con quelle poche parole da lei pronunciate avesse reso definitivamente reale quella separazione.

“Oh, anche tu Lu… non sai quanto…”

Le due si separarono guardandosi negli occhi. Tutte due stavano piangendo e accorgendosene sorrisero. In quel momento i loro genitori finirono di salutare gli zii e sollevarono le valigie. Susan abbracciò stretta Lucy ancora una volta. Se avessero potuto, nessuna delle due si sarebbe separata dall’altra.

“Lucy ti voglio bene. Vi scriverò ogni giorno, te lo prometto…”

Lucy annuì con decisione cercando di mostrarsi coraggiosa, di comportarsi per quello che era: Lucy, la Valorosa. “Ci conto. Ti voglio bene anche io, Susan. A presto.”

Anche Susan annuì e si staccò da lei. Cercando di sorridere la ragazza prese la propria valigia e affiancò Peter. I due accennarono un saluto verso gli zii. Zia Alberta rispose con un sorriso di circostanza mentre invece zio Harold mugugnò qualcosa da dietro il giornale che aveva riaperto nella speranza di trovare qualche notizia che era sfuggita alla sua precedente lettura. Era fin troppo evidente che, se fosse stato per lui, avrebbe di molto accorciato quei saluti.

A quel punto Susan e Peter si voltarono per seguire i genitori. Mentre si dirigevano verso la passerella, Susan tornò a voltarsi. Lucy e Edmund erano immobili a guardarli partire. Rassegnati loro a restare, rassegnati Susan e Peter a partire. La ragazza tornò a guardare avanti iniziando a salire. Lucy e Edmund intravedevano a malapena i due fratelli e i genitori tra il resto della folla che saliva. Solo ogni tanto i capelli scuri di Susan e quelli biondi di Peter facevano capolino tra cappelli e mani alzate a salutare. Entrambi sentivano un dolore fortissimo dentro di loro e sapevano che era lo stesso anche per i due fratelli maggiori. Senza saperlo pensarono tutti la stessa cosa: faceva male, come gli addii di Narnia. Improvvisamente i due fratelli minori videro sparire Susan e Peter dentro alla nave. I loro sguardi si voltarono immediatamente verso il bordo dove già decine di persone si stavano ammassando per salutare familiari e amici, agitando mani e sventolando fazzoletti. Entrambi avevano paura di non riuscire a vederli. Era la stessa paura anche di Susan e Peter che, non appena saliti, subito si diressero verso il bordo insieme ai genitori facendosi a fatica largo tra corpi e valigie.

In quegli istanti, la nave vibrò e iniziò a staccarsi dalla banchina. Lucy portò le mani al viso mentre i suoi occhi si inumidirono. Né lei né Edmund erano ancora riusciti a vederli. Gli occhi azzurri della ragazzina e quelli scuri del ragazzo continuarono a cercare freneticamente. Improvvisamente incrociarono altri due occhi azzurri, quelli di Peter. Il ragazzo alzò il braccio per salutarli. Subito dopo si voltò e strattonò accanto a sé Susan. I due fratelli si afferrarono al parapetto per non perdere quel piccolo spazio che erano riusciti a trovare. I due guardarono oltre il parapetto senza riuscire a vedere Lucy e Edmund. Anche Peter li aveva persi di vista tra la folla. Susan si sentì mancare il respiro, il cuore attanagliato dalla paura di non vederli.

Nel frattempo la nave si stava allontanando e Lucy e Edmund avevano iniziato a farsi largo tra la folla quasi correndo, cercando di farsi vedere. Tutte le persone sul parapetto sembravano così piccole da laggiù. Lucy perse quasi l’equilibrio quando un uomo davanti a lei arretrò. Si sentì persa, come in un mare in tempesta, sballottata dalle onde. Ma non poteva arrendersi. A pochi passi da lei, Edmund si voltò per aspettarla. Insieme ripresero a correre agitando le mani nella speranza che Susan e Peter li vedessero. Fu di nuovo Peter il primo a vederli. Il ragazzo sorrise iniziando a muovere la mano. Pochi istanti dopo anche Susan li vide cominciando ad agitare la mano. Susan scoppiò a piangere: Lucy se ne rese conto e scoppiò a piangere anche lei. La ragazzina e Edmund la videro muovere la bocca gridando qualcosa. Le sue parole si persero in mezzo alla folla e nel boato dei camini. Ma non aveva importanza. Anche Lucy sapeva che né Susan, né Peter, né i genitori l’avrebbero mai potuta sentire, ma gridò lo stesso con tutto il fiato che aveva in gola.

“Susan, Peter, mamma, papà a presto! Vi vogliamo bene!”

Un altro cupo rimbombò coprì le voci di tutti. In alto Susan e Peter continuavano ad agitare le mani, sporgendosi il più possibile per poter vedere fino alla fine i due fratelli minori. In basso, Lucy e Edmund continuarono a correre lungo la banchina fino a quando si trovarono sul bordo. Le onde scure scrosciavano sotto di loro. Nessuno dei quattro fratelli riusciva a distogliere lo sguardo.

Pochi istanti dopo la nave iniziò ad allontanarsi e le persone sul parapetto scomparvero dietro la sua mole. Lucy abbassò lo sguardo tirando su con il naso. Una leggera brezza la fece rabbrividire. Passarono lunghi minuti in cui la folla iniziò ad allontanarsi. Pian piano Lucy e Edmund furono gli unici a rimanere lì. A quel punto Edmund posò una mano sulla spalla della sorella.

“Dai, Lu. Torniamo indietro.”

Lucy alzò gli occhi rossi dal pianto e Edmund, per cercare di tirarla su di morale, sorrise ironico.

“Guarda che non ci conviene farli diventare isterici quei due… l’ho sempre detto, vostra madre ha sbagliato tutto con la vostra educazione. È sempre stata troppo indulgente!”

Lucy sorrise sentendo Edmund scimmiottare il tono di voce di zia Alberta. Alla fine annuì e i due lentamente tornarono indietro. Quando furono a qualche metro dai due, che li guardavano infastiditi da quell’attesa, Edmund si voltò verso Lucy per bisbigliarle all’orecchio.

“Ho cambiato idea… che ne dici se corriamo via? Tanto loro non ci prendono.”

Lucy gli lanciò uno sguardo di rimprovero, ma anche lei sorrideva. Finalmente Lucy e Edmund arrivarono dagli zii e presero in mano le proprie valigie. Zia Alberta li guardò autoritaria.

“Ora andiamo a prendere il treno per andare a Cambridge. Comportatevi in modo consono.”

Lucy e Edmund annuirono. Soddisfatta, la donna si voltò seguita dal marito che iniziò a borbottare qualcosa sul fatto che a causa di quelle perdite di tempo avrebbero rischiato di perdere il treno. Lucy e Edmund si guardarono scoraggiati: la loro tortura stava per avere inizio.

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Una automobile percorreva lentamente le strade di Cambridge. A bordo c’erano tre persone: un uomo alla guida, una donna bionda seduta al posto accanto, evidentemente sua moglie, e una ragazzina seduta dietro che continuava a giocherellare con una foto che la ritraeva con altre ragazze della sua età vicino a dei cavalli. La donna si voltò indietro sorridendo.

“Tesoro, siamo presto arrivati. Togliti quell’espressione imbronciata.”

La ragazzina sospirò alzando lo sguardo verso la madre.

“Era proprio necessario trasferirsi, mamma?”

La donna sorrise dolcemente e si allungò per accarezzarle la testa.

“Papà non poteva rinunciare ad una simile occasione di lavoro. Lo capisci, vero?”

La ragazzina annuì lentamente posando di lato la fotografia, accanto alla propria valigia e ad una gabbietta in cui sonnecchiava un piccolo furetto. A quel punto anche il padre inclinò la testa verso di lei, cercando di tirarla su di morale.

“Lo so che ti mancheranno i tuoi amici… ma vedrai che te ne farei presto di nuovi. Cambridge ti piacerà… sarà come una bella avventura, vedrai.”

La ragazzina sorrise e guardò per un istante fuori dal finestrino. Subito si voltò con un sorriso furbo.

“Cambridge è una città noiosa!”

I due genitori scoppiarono a ridere. Alla fine la madre tornò a voltarsi verso la figlia sorridendo.

“Non sarà così, vedrai. La tua è solo la prima impressione. Conoscendola meglio questa città ti piacerà. E poi a settembre andrai in una nuova scuola. Quella non sarà una bella avventura?”

La donna tornò a voltarsi continuando a parlare, anche se più che altro sembrava parlare a sé stessa.

“E se non sbaglio, chi ci ha venduto la casa ha detto che nella casa accanto ci vive anche un ragazzo della tua età… avrai subito un nuovo amico, non sei contenta?”

La ragazzina faticò un attimo per capire che la domanda era rivolta a lei e a quel punto annuì anche se poco convinta. Poi tornò a voltarsi verso il furetto. Sorridendo infilò un dito nella gabbietta e grattò la testolina dell’animale che si svegliò e le leccò il dito iniziando a zampettare nel piccolo spazio.

“Presto saremo nella nuova casa… che ne dici, Billy, sarà una nuova avventura?”

Il furetto la guardò e per un attimo sembrò veramente star riflettendo sulla sua domanda. La ragazzina sorrise e tornò a guardare fuori dal finestrino.

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Lucy e Edmund si fermarono accanto alla zia davanti alla stazione. Il viaggio fino a Cambridge non era stato lungo nonostante a loro, mentre si trovavano sul treno, era sembrato infinito… e noioso. Nell’attesa di zio Harold che era andato a prendere la propria automobile che la mattina aveva parcheggiato nelle vicinanze, Lucy e Edmund poterono ripensare a quelle poche ore passate sul treno. Era stato così strano dover rispondere alle domande impiccione della zia. Che lavoro aveva intenzione di fare Peter, quanto tempo passavano tutti e quattro insieme, se i loro genitori avevano già parlato del futuro di Susan, quali erano i loro risultati scolastici. In più Lucy si era sorbita le offerte della zia di darle alcuni consigli per essere più carina e, quando sarebbe cresciuta, poter ricevere delle buoni offerte di matrimonio. La zia si era inclinata verso di lei dandole un buffetto sulla guancia sorridendo.

“Sei ancora così piccolina… vedrai che quando diventerai una signorina ti torneranno utili i miei consigli.”

Lucy aveva abbassato la testa mortificata e aveva annuito. Ogni parola della zia era come una spina infilata nel suo cuore. Era come se qualcuno continuasse a ripeterle “Lucy sei brutta, Lucy sei infantile, Lucy quando diventerai come tua sorella Susan?”. O per lo meno era questa la sua sensazione. Per un attimo ripensò offesa alle parole di Susan sentendosi come presa in giro dai complimenti che la sorella maggiore, bella e perfetta, sempre lodata da tutti, le aveva fatto tanti mesi prima. Subito scacciò quei pensieri sentendosi in colpa. Susan non era certo una bugiarda. Per un attimo si vide simile alla zia e si ripromise che non sarebbe successo.

Edmund, invece, fu obbligato da zio Harold a leggere il giornale. Il ragazzo si finse interessato nella speranza che presto lo zio lo ignorasse convinto di aver avuto successo. Non lo avesse mai fatto… zio Harold sembrò aver recuperato la parola e costrinse Edmund a discutere con lui di ogni articolo. E allora aveva capito che cosa intendesse zia Alberta al porto: volevano metterli su quella che loro credevano la “giusta strada”, correggere l’indulgenza di Helen e Robert almeno sui due più piccoli, a loro idea più viziati e infantili dei due maggiori in modo tale che non contagiassero anche Peter e Susan. Si capiva quello che era l’obbiettivo di zia Alberta: doveva occuparsi dei due bambini e non delle due persone mature, Peter e Susan, pronti a essere finalmente educati alla vita adulta? Bene, avrebbe reso Lucy e Edmund due persone mature anche a costo di rieducarli nelle più piccole cose. Edmund aveva sospirato rendendosi conto che sarebbe stato peggio di quanto avessero mai potuto credere.

I due ragazzi vennero distolti dai loro pensieri dall’arrivo vicino al marciapiede dell’automobile di zio Harold. L’uomo scese e prese le valigie dei ragazzi mettendole nel baule. Edmund si sedette accanto al posto di guida e Lucy e zia Alberta dietro. Quando l’automobile partì, Lucy si appoggiò al finestrino osservando incuriosita le cose che erano cambiate a Cambridge dalla loro ultima visita. La voce dura e quasi esasperata di zia Alberta la fece voltare subito.

“Lucy siediti composta, guarda davanti. Sei ancora una bambina ma è ora che tu impari a non esserlo più. Schiena dritta. Comportati da signorina!”

Lucy sgranò gli occhi azzurri stupita. Non ricordava qualcuno che le si era rivolto con un tono così duro. Tutti dicevano sempre che lei era una ragazzina educata e gentile, anche a Narnia tutti avevano sempre lodato la sua gentilezza rivolta sempre verso tutti. Zia Alberta invece la trattava come la peggiore delle maleducate. Anche Edmund si era voltato scioccato dal modo in cui Lucy veniva trattata. Di solito era lui quello che veniva sgridato, non Lucy. La zia Alberta si riposò al sedile lanciandole ancora un’occhiata severa.

“Togliti dalla faccia quell’espressione imbambolata e vedi di ricordartelo. Sei abbastanza grande perché io non debba ripetertelo sempre. Prendi esempio da tua sorella Susan. Lei sì che è una signorina. Se solo non dovesse avere sempre a che fare con voi…”

La donna sospirò scuotendo la testa rassegnata. Lucy si sedette come voleva la zia per evitare di essere di nuovo rimproverata. Edmund la guardò e le sorrise per rincuorarla, ma Lucy aveva appena la forza di non piangere e rispose appena con un cenno al tentativo di Edmund. Il ragazzo tornò a voltarsi sospirando e meditando di vendicarsi di quello al primo scherzo di Eustace. A quel pensiero alzò le spalle: non era molto giusto, ma neanche il comportamento della zia. Ad una svolta zio Harold si voltò verso di lui.

“Hai prestato attenzione alla guida? Sarebbe una buona idea che ti facessi l’occhio… quando sarai grande ti servirà il giorno che vorrai imparare a guidare una macchina.”

Edmund non rispose leggermente sorpreso da quella domanda: ma non avevano continuato a ripetere che erano due bambini? E ora a quindici anni doveva già farsi l’occhio per guidare? Dopo qualche istante zio Harold lo guardò di nuovo.

“Peter immagino lo imparerà quando sarà in America. Lui è grande ormai e l’America sarà stimolante per farlo diventare veramente un uomo.”

Edmund sbuffò. Come volevasi dimostrare… ma gli zii avrebbero ricordato loro ogni cinque minuti di essere più piccoli e immaturi di Peter e Susan? Se solo fossero a Narnia… provassero a dire a qualcuno dei Narniani che Re Edmund il Giusto e Regina Lucy la Valorosa, grandi Re e Regina di Narnia, era immaturi e incapaci di occuparsi dei problemi degli adulti. Il ragazzo incrociò le braccia e affondò nel sedile annuendo per accontentare lo zio che effettivamente si voltò soddisfatto. Fu zia Alberta che si prese, però, l’ultima parola.

“Il tempo delle favole è finito. Se vostra madre non vuole ancora darvi una scrollata, saremo noi a farlo. È arrivato il momento di confrontarsi con il mondo reale.”

Edmund e Lucy sospirarono per l’ennesima volta cercando di non farsi sentire dalla zia. Per fortuna che il tragitto fino a casa Scrubb sarebbe stato breve…

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Nel frattempo c’era qualcuno altro che invece avrebbe preferito che il tragitto fino a casa Scrubb durasse all’infinito. E altri non era che Eustace Clarence Scrubb, figlio di Alberta e Harold. Il ragazzo continuava a camminare in tondo nella propria stanza che presto avrebbe dovuto condividere con Edmund Pevensie, il suo nemico di sempre. Sbuffava e quasi scalciava come un animale selvatico messo in gabbia. Ogni volta che completava un giro gettava lo sguardo sul letto che il padre aveva sistemato di fronte al suo. Subito distoglieva lo sguardo quasi disgustato. La sua vita era finita, un’estate rovinata. Chissà per quanto tempo i suoi due odiosi cugini sarebbero rimasti lì… erano settimane che pregava: prima che zio Robert trovasse posto per tutti, poi che Lucy e Edmund partissero presto per l’America. Ma si può avere rovinata in un modo simile le vacanze? La sua solita sfortuna… anzi sfortuna nera. Era stato l’unico in tutto il mondo che l’ultimo giorno di scuola tornato a casa, invece di trovarsi dei regali, si era trovato davanti i genitori che candidamente gli avevano comunicato che entro pochi giorni Edmund e Lucy sarebbero stati loro ospiti. Per quanto aveva avuto la forza di chiedere… e la madre soddisfatta aveva risposto che non si sapeva ancora quanto tempo si sarebbero fermati. Il mondo gli era crollato addosso di fronte a quella che era la peggiore delle tragedie.

Eustace sbuffò e si sedette pesantemente sulla sedia della scrivania. Anche quella avrebbe dovuto condividere da quel giorno. Rabbiosamente si alzò e alla fine si sedette per terra. Dopo aver guardato l’orologio posato sul comodino vicino al letto, il ragazzo si distese sotto al letto. Con fare circospetto prese una scatola e lentamente l’apri. Erano i suoi tesori: doveva nasconderla bene se non voleva che Edmund ficcasse le sua manacce anche lì. Poi prese un quadernetto da dentro la scatola e una penna. La sua espressione si fece seria. Dopo un attimo di indecisione uscì posandosi sul letto. Eustace fece dondolare la penna tra le dita prima di iniziare a scrivere.

“Giugno 1942. Io Eustace Clarence Scrubb, figlio di Alberta e Harold Scrubb, in pieno possesso delle mie facoltà mentali dichiaro che questo è il mio testamento nell’eventualità che i miei sciagurati cugini, Edmund Pevensie e Lucy Pevensie, mi conducano alla pazzia e ad una lenta e dolorosa agonia.”

Eustace si fermò osservando quello che aveva scritto: sì, era sufficientemente solenne. Particolarmente ispirato riprese la penna e si rimise a scrivere.

“Dichiaro che tutte le mie cose di scuola vengano divise tra i miei compagni di classe che potranno così giovarsene nel loro percorso di studi. Tutto il resto, fatta esclusione per la mia scatola dei tesori, lo lascio ai miei genitori, quelle povere anime, che verranno privati del loro unico figlio dalle perfide e meschine macchinazioni dei suddetti cugini. Infine la suddetta scatola dei tesori la lascio a Jimmy Stenford con la clausola che la custodisca e la tramandi di generazione in generazione in mio ricordo imperituro.”

Eustace sorrise soddisfatto e passò una mano sul foglio. Sapeva bene che Jimmy avrebbe fatto quello che lui voleva. Povero Jimmy, buono e gentile, ma privo di carattere. Per fortuna che lui magnanimamente aveva deciso di essere suo amico. Improvvisamente sentì fermarsi una macchina. Il primo pensiero di Eustace fu: eccoli. Senza perdere neppure un secondo il ragazzo afferrò quadernetto e penna, li rimise nella scatola, chiuse la scatola e la nascose il meglio possibile sotto al letto. Dopodiché, come un fulmine, corse alla finestra convinto di vedere nel vialetto sottostante i genitori e i due cugini. Invece, con sua grande sorpresa, il vialetto era deserto. Per un attimo Eustace credette di star già impazzendo, poi si accorse di una macchina parcheggiata nel vialetto accanto. Il ragazzo si dette una pacca sulla testa. Ora ricordava: quel giorno arrivavano i nuovo vicini. Curioso, Eustace si nascose dietro la tenda e sbriciò per vedere come erano. Che bello se fosse stato un ragazzo con cui fare amicizia ed opporsi insieme a lui a Edmund!

In quel momento dall’automobile scese un uomo con i capelli castani e gli occhiali seguito da una donna con i capelli biondi. I due si fermarono a guardare la casa. Sorridevano felici. Dopo pochi istanti scese anche una terza persona. Eustace sbuffò. Era una ragazza. La sua era proprio una sfortuna nera… anzi nerissima. Mancava solo che la vicina facesse amicizia con Lucy Pevensie! Un’altra arpia tra i piedi. Improvvisamente Eustace si accorse che la ragazzina lo stava fissando. I loro occhi si incrociarono e Eustace si ritrasse di scatto dopo averle lanciato un’occhiata di superiorità. Sotto la ragazzina sorrise scuotendo la testa rassegnata. I capelli castano-biondi ondeggiarono attorno al suo viso. Dentro alla stanza, invece, Eustace rimase spalle al muro fino a quando non sentì aprire e richiudersi la porta dei vicini. A quel punto tirò un sospirò di sollievo. Ci mancava solo quella… ma il suo sollievo durò poco. Pochi minuti dopo, infatti, un’altra macchina si fermò e non ci furono più dubbi. Era la macchina che portava i suoi cugini: nessuna sciagura era mai stata annunciata in modo più sinistro. O almeno così sembrò a Eustace la frenata della macchina paterna. Il ragazzo alzò lo sguardo verso l’alto esibendosi in un’espressione teatralmente disperata.

“La mia vita è finita!!”

E il primo capitolo è finito. Pensandoci forse è un po’ corto… all’inizio avevo pensato di metterci anche l’incontro tra Edmund, Lucy e Eustace, ma alla fine ho preferito rimandarlo al prossimo capitolo. Allora, che ne pensate? Spero di aver fatto un buon lavoro. Avrete notato la presenza di un nuovo personaggio, vero? ^-^ Non credo vi sarà molto difficile intuire chi sia, comunque… e a proposito di questo ho un favore da chiedervi. Quando descrivo un personaggio mi è più facile farlo avendo un immagine presente in mente: per Peter, Susan, Edmund, Lucy, Caspian, Eustace, ecc. non ho quindi nessun problema… per lei invece sì, non essendoci mai stata nei film. Il favore è questo: avreste qualche attrice da consigliarmi considerando che vorrei farla con i capelli biondo-castani e dell’età di Eustace? ^-^ (che non sia Anna Sophia Robb perché l’ho già in mente per un personaggio che apparire più avanti.) Se vi viene qualche idea, vi sarò grata… altrimenti mi arrangerò. ;)

Ancora una cosa e tolgo il disturbo. XD Questa è la prima long fiction che scrivo su Narnia (considerando che Tears era la prima fan fiction su Narnia che scrivevo in assoluto). Aspetto i vostri pareri. La prossima settimana non ci sarò perché sono via quindi vi dò appuntamento a quella dopo.

Grazie mille per aver letto. A presto! ^-^ HikariMoon

  
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