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Autore: Dominil    04/08/2013    2 recensioni
Da una tasca estrasse un foglio ripiegato in quattro che poi aprì e mostrò all'altro. Una scritta, Thicker than water, troneggiava in alto e sotto c'erano tre figure lievemente sfumate di viola simili a tre putti mentre di lato, come per collegare i due elementi, erano posizionate due stelle e due rondini. [...]
Di nuovo un mozzicone di sigaretta sull'asfalto, di nuovo fumo e tanta stanchezza in quella giornata che finiva esattamente come le altre e che lasciava il posto ad un altro giorno passato in quel negozio dove si stava sì facendo le ossa, ma dove iniziava a sentirsi stretto.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Matthew Shadows, Synyster Gates, The Rev
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricordi agrodolci di giornate sbiadite e amori mai finiti'
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La vicenda qui di seguito narrata non è mai accaduta, gli Avenged Sevenfold non mi appartengono e l'opera non ha fini commerciali e di lucro.
Nessun diritto si ritiene leso o violato.





Il sapore agrodolce dell'inchiostro

Capitolo 1





"So here I am, it's in my hands
And I'll savor every moment of this.
So here I am, alive at last
And I'll savor every moment of this."*






Una sigaretta venne distrattamente lanciata sul ciglio della strada, una leggera nuvola di fumo si intravedeva ancora. Solo in quel momento il proprietario, seduto sul marciapiede e con i gomiti sulle ginocchia, iniziò a prestarvi attenzione.
I suoi occhi erano stanchi, un po' rossi, sembrava quasi avesse la febbre; la stanchezza si percepiva dai suoi respiri profondi e dal modo in cui continuava a guardare la cicca: senza sbattere le palpebre.
Un'altra giornata di lavoro stava per volgere al termine e il suo corpo ne sentiva tutto il peso, quasi non poteva credere che tra non molto avrebbe potuto rilassarsi sul divano con una bella birra ghiacciata.
A quel punto avvertì dei passi alle sue spalle, pesanti e un po' scoordinati, così si voltò. Un ragazzo alto e piuttosto robusto era arrivato davanti alla vetrina del suo piccolo negozio che era dietro di lui e fissava Jimmy, che di solito si occupava di accogliere i clienti e prendere le prenotazioni, intento a sfogliare una rivista poggiata sul bancone.
Lo sconosciuto lo aveva ignorato del tutto e continuava a fissare le pareti tappezzate di foto del negozio non sapendo bene cosa fare. Avrebbe giurato che gli stessero sudando le mani dal modo in cui se le stringeva ed era quasi tentato ad alzarsi e a bloccare quel tic fastidioso.
Non poteva saperlo, ma era proprio il suo sguardo insistente a mettere a disagio il futuro cliente che avrebbe desiderato solo voltarsi e chiedere chi cazzo era e se la smetteva di fissargli la schiena in quel modo. Lo innervosiva essere al centro dell'attenzione di persone che non aveva mai visto prima, voleva solo prenotare il suo tatuaggio e tornarsene a casa senza troppe storie.
“Puoi entrare.” disse quello seduto sul marciapiede con un leggero sorriso ed un cenno della mano.
L'altro ragazzo ricambiò un po' dubbioso però poi fece qualche passo fino ad aprire la porta di vetro che richiuse con poca delicatezza.
“Salve...” iniziò quando arrivò davanti al bancone, in una posizione un po' rigida; a stento riusciva a mantenere il contatto visivo con Jimmy che, d'altro canto, aveva solo alzato leggermente lo sguardo continuando ad essere poco interessato alla situazione.
“In cosa posso esserti utile?” rispose però, consapevole che se non si fosse comportato a modo il suo socio gli avrebbe rotto le scatole per giorni. E non aveva nessuna voglia di litigare.
“Volevo prenotare un tatuaggio**, ecco ho il disegno.”
Da una tasca estrasse un foglio ripiegato in quattro che poi aprì e mostrò all'altro. Una scritta, Thicker than water, troneggiava in alto e sotto c'erano tre figure lievemente sfumate di viola simili a tre putti mentre di lato, come per collegare i due elementi, erano posizionate due stelle e due rondini.
Jimmy osservò attentamente il disegno, ne era rimasto affascinato. Il ragazzo sembrava avere le idee molto chiare ed era piuttosto raro che accadesse in quel negozio. Spesso si era ritrovato a dare consigli su colori, caratteri e forme pur sapendone davvero poco, ma d'altronde quando la gente voleva tatuarsi sentiva la necessità di essere guidata. E quindi, pur mentendo molte volte, annuiva a qualsiasi richiesta appuntando la prenotazione.
Quella volta invece era rimasto davvero impressionato da quel disegno e non vedeva l'ora di osservare l'impatto che avrebbe avuto sulla pelle di quel ragazzo.
“Dove vuoi farlo?” chiese, tenendo per sé tutte quelle riflessioni. “Almeno quando parlerò con il tatuatore potrà farsi un'idea del lavoro da fare.”
“Sul petto.” rispose l'altro, indicandosi la canotta nera che indossava. “Avete posto la settimana prossima?”
Jimmy controllò sull'agenda e alla fine scrisse sul retro del loro biglietto da visita: martedì 7 novembre ore 17.00, per poi consegnarlo al suo interlocutore che lo afferrò senza riuscire a mascherare il proprio entusiasmo. I suoi occhi chiari brillarono e un largo sorrise sciolse le sue guance.
“Grazie mille, a Martedì allora!”
Il ragazzo uscì senza voltarsi con il suo biglietto stretto ancora tra le dita, non si curò di quello ancora seduto sul marciapiede intento a fumare un'altra sigaretta, non rimase a guardare l'insegna luminosa del Syn Gates Tattoo che, nonostante le modeste dimensioni, aveva iniziato a raggiungere una certa popolarità in città; non si curò di nulla di tutto questo, solo che tra qualche giorno avrebbe avuto nuovo inchiostro sulla sua pelle ed una nuova storia da raccontare.
Di nuovo un mozzicone di sigaretta sull'asfalto, di nuovo fumo e tanta stanchezza in quella giornata che finiva esattamente come le altre e che lasciava il posto ad un altro giorno passato in quel negozio dove si stava sì facendo le ossa, ma dove iniziava a sentirsi stretto. La figura del cliente che si allontanava aveva catturato la sua attenzione esattamente come quando era arrivato, lo guardava svanire senza perdersi nessun dettaglio delle sue spalle larghe e della sua schiena. Quasi si sentì offeso per non essere stato preso minimamente in considerazione, non capitava spesso, eppure questo stuzzicava solo di più la sua fantasia e la sua curiosità, il che non succedeva davvero da troppo tempo.

***

Quando il martedì successivo Matt entrò nel Syn Gates Tattoo, Jimmy non era al suo solito posto dietro al bancone appena dopo l'ingresso e quel posto vuoto lo destabilizzò un po', non sapendo come fare per richiamare l'attenzione su di sé, sempre se ci fosse qualcuno in negozio.
Si guardò intorno con aria interrogativa, non prestò attenzione ai ragazzi raffigurati nelle foto alle pareti e fece qualche passo avanti verso una porta sulla destra su cui erano stati applicati molti adesivi. Riconosceva quelli di band che lui stesso ascoltava mentre alcuni non sapeva proprio cosa volessero significare, forse erano marchi di inchiostri o macchinette per tatuare.
La sua curiosità però fu catturata dal manifesto della Central Coast Tattoo Convention*** che era stato applicato in alto con qualche pezzo di scotch; non gli sembrò di averne mai sentito parlare, si chiese dove avesse vissuto per tutto quel tempo.
Mentre meditava ad una sua eventuale partecipazione a quella manifestazione, la porta che stava fissando si aprì con violenza e Matt fu costretto a fare alcuni passi indietro rischiando di urtare l'appendiabiti dietro alle sue spalle.
Il ragazzo, alto e con folti capelli scuri che ne uscì, lo guardò un po' sorpreso, non si era accorto che fosse entrato qualcuno; magari era lì da chissà quanto tempo e aveva avuto la possibilità di maledirlo innumerevoli volte.
Si ricordò subito della corporatura robusta che si ritrovò davanti, degli occhi verdi e dello sguardo timido e perplesso. L'altro però non sembrava avere nessuna espressione in particolare nei suoi confronti, come se fosse la prima volta che si incontravano.
“È tanto che aspetti? Scusa davvero, il mio socio Jim non c'è oggi e non è semplice fare da solo quello che di solito si fa in due.” disse il tatuatore, portando una mano colorata dietro la nuca. “È questo il tuo disegno, vero?” aggiunse, forse troppo velocemente perché vide gli occhi dell'altro guizzare da una direzione all'altra senza realmente capire cosa stesse succedendo.
“S-Sì è quello, ma non preoccuparti ero appena arrivato.” rispose, mordendosi lievemente il labbro inferiore.
“Perfetto allora ho già preparato tutto, puoi accomodarti.”
Il ragazzo gli indicò la stanza che si rivelava oltre la porta che stava per spaccargli il naso e Matt ci entrò titubante, come se stesse varcando la soglia di un'abitazione non sua in assenza del padrone di casa. C'era una strana fragranza nell'aria, non sapeva bene come definirla, forse particolare era l'unico aggettivo che gli veniva in mente; non gli dispiaceva anzi, trovava che si adeguasse bene alla stanza e al suo arredamento. Si accomodò sulla poltrona di pelle dove era stato steso un lungo foglio di carta, per poi attendere.
“Ah, comunque mi chiamo Brian Haner. La volta scorsa non abbiamo avuto modo di presentarci.” disse il proprietario quando raggiunse il cliente. Un'espressione interrogativa però, incurvò il viso pieno di Matt, non riusciva a capire a che scorsa volta si riferisse. Brian dovette accorgersene, perché aggiunse: “Ci siamo visti quando sei venuto a prenotare il tatuaggio, io ero fuori, seduto sul marciapiede.”
“Sono un idiota, scusa.” rispose Matt, esibendo un largo sorriso mentre i suoi zigomi avvampavano lievemente. “Ero così agitato che non ci ho capito niente. In ogni caso mi chiamo Matt Sanders, piacere.”
Non si strinsero la mano, Brian gli fece un occhiolino e l'altro continuò a sorridere facendo sì che il tatuatore non riuscì a distogliere lo sguardo per qualche secondo.
“Jimmy mi ha detto che vuoi tatuarti sul petto, se sei ancora di quest'idea puoi toglierti la maglietta.” propose l'artista, dopo aver infilato i guanti di lattice.
L'interlocutore rispose all'ordine senza battere ciglio così si sfilò la canotta dei Motörhead che aveva addosso, per poi appoggiarla dietro di sé, sul poggiatesta della poltrona. Non sembrava a disagio con il proprio corpo, e solo quando Brian alzò lo sguardo verso di lui capì il perché: le spalle erano larghe e ben proporzionate e il torace perfettamente delineato dalla muscolatura evidente e ben sviluppata. I suoi occhi nocciola si persero velocemente sugli addominali e poi tornò su fino a guardarlo in viso.
“Allora, dove applico lo stencil?” chiese con un po' di difficoltà, visto che le labbra erano diventate improvvisamente secche e la saliva iniziava a scarseggiare.
Matt indicò lo spazio tra i pettorali e Brian sbatté le palpebre nella speranza di ritrovare la giusta concentrazione. Posiziò la carta velina sulla pelle per poi posarvi del deodorante in stick così che l'inchiostro si trasferisse sulla pelle del ragazzo. Quando staccò lo stencil si fermò per una manciata di secondi ad osservare il risultato: tutte le linee erano ben evidenti, non avrebbe avuto problemi a proseguire.
“Ti piace?” domandò all'altro, dopo aver indicato lo specchio davanti a lui. “Se no lo applico in un altro punto o in un altro modo.”
“No, tranquillo.” rispose Matt, rassicurante. “Va benissimo così, puoi iniziare.”
A quel punto Brian prese uno sgabellino in un angolo della stanza e lo avvicinò alla poltrona. Dopo essersi seduto mise dell'inchiostro nero in un piccolo recipiente ed aprì un pacchettino da cui estrasse un ago sterile.
“Data la complessità e la grandezza del tatuaggio.” propose. “Direi che saranno necessarie diverse sedute. Oggi iniziamo con i contorni degli angeli, che ne dici?”
“Sei tu l'artista, mi fido di te se si tratta di tatuaggi.”
Matt sembrava un ragazzo totalmente diverso da quello che aveva visto per la prima volta, la timidezza pareva essersi dissolta e dalla regolarità dei suoi respiri sembrava anche piuttosto a suo agio. Aveva la testa appoggiata sulla sua canotta e i suoi occhi vagavano sulle pareti, mentre aspettava che l'ago iniziasse finalmente ad incidere la sua pelle.
Il caratteristico ronzìo della macchinetta lo avvertì che il dolore stava per arrivare così sospirò profondamente come per prepararsi a tutto quello che di lì a poco sarebbe avvenuto.
“Pronto?”
Matt annuì così Brian, dopo aver disteso con le dita la porzione di pelle che stava per tatuare, posiziò l'ago e iniziò il suo lavoro. Il ragazzo gemette silenziosamente, l'istante successivo però le sue labbra si distesero in un sorrisetto soddisfatto e compiaciuto.
Amava i tatuaggi, amava i numerosi significati che già portava addosso, ma più di tutti amava il momento in cui l'ago entrava sempre più a fondo lasciandogli segni indelebili. Non era spaventato, come spesso sentiva dire, dall'immortalità che quei disegni avevano anzi, ne era totalmente affascinato; d'altronde quella era forse l'unica certezza della sua vita: ovunque sarebbe andato, qualsiasi cosa avrebbe fatto, i suoi tatuaggi sarebbero rimasto proprio lì, sulle sue braccia e ora anche sul suo petto, senza modificarsi di una virgola.
Una scarica di adrenalina gli attraversò la spina dorsale ma cercò di contenere i brividi, non aveva nessuna intenzione di disturbare Brian che fino a quel momento non aveva pronunciato nemmeno una parola, troppo concentrato com'era su quella che sarebbe diventata la sua ennesima opera d'arte. Nonostante ormai la sua carriera fosse ben avviata quasi quanto la sua fama, non aveva smesso di essere nervoso ed eccitato per un nuovo lavoro; erano tutti primi tatuaggi, per lui.
“Come sta andando?” chiese diversi minuti dopo, quando era orma ora di eliminare i primi residui di inchiostro. “Non mi sembra ti stia facendo male.”
“Un po' sì.” ammise Matt, voltando la testa all'indietro. “Ma è decisamente sopportabile.”
Quando i suoi occhi si distolsero dalla figura di Brian al suo fianco, iniziarono ad analizzare con maniacalità le pareti, soffermandosi su lle applique a forma di teschio che illuminavano la stanza. Le lampadine erano a goccia mentre il supporto sembrava di ferro e quegli sguardi minacciosi lo incuriosirono. Anche la carta da parati era particolare, rossa con delle decorazioni dorate; Matt si chiese chi avesse ideato quel particolare arredamento così diverso da quello dell'ingresso che risultava invece essere piuttosto minimal e moderno.
Quella stanza invece, adesso che ci faceva caso, strabordava di dettagli con stili diversi e che quasi facevano a cazzotti: era un mix tra l'appartamento di un esuberante artista e il castello di Dracula.
“Come mai hai arredato questa stanza così?”
Non riusciva proprio a tenere la bocca chiusa in certi momenti, soprattutto in quelli meno opportuni.
Brian sospirò quasi infastidito e Matt era già pronto a maledirsi mentalmente.
“È colpa del mio migliore amico Zacky, è fissato con certe cose. Mi dispiace che ti metta a disagio.”
“Non mi mette a disagio, è solo che non mi era mai capitato di vedere qualcosa di simile, e io di cose strane ne ho viste parecchie.”
“Beh allora devo presentartelo prima o poi, solo dopo aver conosciuto un tipo del genere puoi dire di averle viste tutte.”


* The Taste of Ink, The Used;

** il tatuaggio che Matt decide di farsi è questo; ovviamente non so se sia stato concepito come un unico tattoo o no, è stato a mia discrezione;

*** la convention di cui si parla è davvero esistente e potete trovare informazioni a riguardo a questo indirizzo.

Note: questo è il primo capitolo di quella che sarà una breve Bratt, composta da non più di 5 capitoli. Spero abbia stuzzicato la vostra curiosità e che vi spinga a continuare la lettura!


   
 
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