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Autore: Madness in me    05/08/2013    0 recensioni
“Va tutto bene, va tutto bene. Butteremo la cenere di quei quaderni in qualche secchione, più tardi. Quel mostro non può uscire da lì, Hope, quante volte ancora dovrò ripeterlo ? Lui non ti farà del male. Te l’ho promesso. Ti ho promesso che non ti avrebbe toccato, che non sarebbe mai uscito fuori da quelle pagine e così sarà."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Avenged Sevenfold, My Chemical Romance, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti,
Vi scrivo per informarvi che questa è una FF a 6 mani, scritta da 3 menti psicopatiche e contorte.
Ogni capitolo è un punto di vista diverso. 
La terza band presente nella FF sono gli Skillet, se non conoscete andate ad ascoltare. 

 

 

 

Chapter One.

 

 

Selene POV

 

 

Il fuoco mi ha sempre terrorizzata, non so spiegare il perché ma è così eppure quel fuoco non mi spaventava. Anzi, mi piaceva da impazzire.
Il rumore di quei fogli che bruciavano, quei quaderni che si incenerivano.. era un rumore così bello che mi sarei quasi messa a ridere come una pazza.
E infatti lo feci.
Ero così presa dalle mie risate isteriche che non mi accorsi di avere compagnia, finché qualcuno non gridò il mio nome.
Smisi di ridere, alzai la testa e lo vidi.
Era lì, in piedi, davanti alla finestra.
Non incrociai il suo sguardo, non ne avevo il coraggio ma comunque potevo immaginarlo.
“Cosa diavolo stai facendo ?”
Non potevo ignorarlo, non potevo mentire, non potevo sviare. Quanto lo odiavo.
“Sto dando fuoco ai miei quaderni, non credo ci voglia una laurea per capirlo.”
Evidentemente la mia risposta non gli era piaciuta perché in un istante mi ritrovai attaccata al muro con la sua mano stretta intorno alla mia gola.
Non mi dimenavo neanche, poco importava se fossi soffocata.
L’importante era non incrociare il suo sguardo, lo sapevo bene, eppure lo feci.
Alzai lo sguardo e i miei occhi rimasero bloccati nei suoi.
Quello sguardo mi faceva così paura, mi faceva sentire nuda, debole, fragile.
Lasciò la presa e io scivolai a terra, rimasi seduta con la schiena appoggiata al muro e le ginocchia al petto.
Lo guardai uscire dalla stanza e rientrare con un secchio d’acqua, lo vidi spegnere il fuoco, lo fissai mentre chiudeva a chiave la porta della mia stanza e si sedeva davanti a me.
Mi porse una sigaretta e un accendino, li accettai volentieri.
Accesi la sigaretta e gli passai di nuovo l’accendino.
Fissavo la punta dei miei piedi e sapevo bene che mi stava guardando, che aspettava che alzassi la testa per incrociare il mio sguardo, per questo continuai a fissare la punta dei miei piedi.
“Va bene, ho capito. Non vuoi guardarmi negli occhi. Ma non pensare che questo mi fermerà dal farti parlare.”
Sospirai.
Quando si metteva in testa qualcosa, la portava a termine ad ogni costo e se quella cosa riguardava me e la mia mania di tenermi dentro le cose allora diventava veramente inarrestabile.
Incrociò le gambe, appoggiò il gomito sinistro sul ginocchio sinistro e il mento sul palmo aperto della mano e, dopo essersi acceso una sigaretta, iniziò a fissarmi.
Spostai più volte il mio sguardo dalla punta dei miei piedi a quella della mia sigaretta fin quando lui, stressato dal mio modo di fare, non iniziò a parlare.
“Ci siamo di nuovo, vero ? Ogni anno la stessa storia. Ogni 23 Dicembre devi farmi entrare qui e trovarti in piedi che ridi come una pazza davanti a qualcosa di stupido che hai fatto. “
Non riuscii a trattenere una risata.
“Non c’è molto da ridere, sai ?”
Lo disse cercando di sembrare serio, ma riuscivo a vedere il suo sorriso anche solo guardandolo con la coda dell’occhio.
In un istante tornò serio.
“Hope.” Mi chiamò come faceva sempre quando stava per iniziare un discorso importante.
Hope era il mio soprannome, me lo aveva affibbiato lui.
Ero la sua speranza, o almeno così diceva lui.
Odiavo pensare che qualcuno avesse così tanta fiducia in me, odiavo pensare che lui affidava a me tutta la sua vita.
Eppure adoravo quando mi chiamava così, ovvero sempre.
Ma era arrivato il momento di starlo a sentire.
Spostai lo sguardo dalla mia sigaretta al suo sguardo, sorrisi e rimasi in attesa.
“Hope, perché dobbiamo sempre ridurci a questo ? Hai avuto di nuovo il tuo incubo vero ?”
Annuii, smettendo di sorridere.
Mi guardò, allargò le braccia e rimase in attesa.
Odiavo dimostrarmi debole e un abbraccio, secondo la mia logica, era un segno di debolezza.
Ma con lui era tutto diverso.
Con lui dovevo essere fragile, voleva solo che fossi vera con lui ed essere vera significava anche dimostrare che in realtà non ero fatta di ferro, non ero indistruttibile ma immensamente fragile.
In un istante ero arrotolata tra le sue braccia che mi tenevano stretta.
“Va tutto bene, va tutto bene. Butteremo la cenere di quei quaderni in qualche secchione, più tardi. Quel mostro non può uscire da lì, Hope, quante volte ancora dovrò ripeterlo ? Lui non ti farà del male. Te l’ho promesso. Ti ho promesso che non ti avrebbe toccato, che non sarebbe  mai uscito fuori da quelle pagine e così sarà. Sei tutto ciò che ho, tesoro, non voglio vederti stare così. “
Mi sentii sollevata, per qualche strana ragione il peso di quel mostro si era allontanato. Alzai lo sguardo e vidi il sorriso di Mik e capii.
Quel peso era più leggero perché lui me lo aveva tolto dalle spalle.
“Sei proprio uno stupido.” Dissi, sorridendo.
“Lo so, lo so.”
“Come al solito sei l’unico vero regalo che ricevo a Natale.”
Mi guardò, sorridendo sempre di più.
“Cosa c’è da ridere ?” Dissi mentre giocavo con la sua maglietta.
Odiavo quando mi nascondeva le cose e quel sorriso significava proprio che mi stava nascondendo qualcosa.
“Sei sicura che sia l’unico regalo di questo Natale, eh ?”
Continuava a sorridere.
Mi liberai dalle sue braccia, mi alzai in piedi ed iniziai a fissarlo sempre più nervosa.
“Che cosa intendi, Mikey ?” Chiesi, quasi istericamente.
Sì alzò anche lui e ringraziai qualsiasi essere superiore che fosse andato verso l’armadio perché odiavo sentirmi bassa e quando era vicino a me riuscivo a sentirmi veramente troppo bassa.
Quella sensazione di gioia durò pochissimo, svanì nello stesso istante in cui lo vidi tirare giù la mia valigia da sopra l’armadio ed iniziare a riempirla con i miei vestiti.
Rimasi a fissarlo chiedendomi cosa avrei dovuto dire.
“Non devi dire niente, tranquilla, tanto non puoi decidere niente. Gli altri sono già di sotto che ci aspettano e con la vipera ho parlato io.” Disse lui, come se mi avesse letto nel  pensiero, cosa a cui ero abituata ormai.
Ok, la vipera era mia madre e fin qui c’ero, ma con “gli altri” chi intendeva ?
Mi concentrai, avevo pochi amici, chi poteva esserci di sotto ad aspettarmi ?
Helena era in vacanza con Brian, Gerard e Frank. Zafira era con Jimmy a casa di John, con tutta la sua famiglia.
Mi lanciai di corsa verso la finestra, spostai la tenda e attaccai la faccia al vetro.
Lo vidi subito.
In piedi, appoggiato alla fiancata della sua macchina bianca, Zacky mi salutava con la mano tra un tiro e l’altro della sua sigaretta.
Zac bussò leggermente sullo sportello posteriore e qualcuno si tirò su, lo vidi stropicciarsi gli occhi. Guardò Zacky poi si girò di scatto verso di me, aprì di corsa lo sportello, si lanciò fuori dalla macchina e cominciò a salutarmi sorridendo.
Non potevo crederci.
Lasciai andare la tenda e mi girai per chiedere spiegazioni, ma non feci in tempo ad aprire bocca che Mikey mi lanciò il mio cappotto e, con la valigia fatta in mano disse “Prendi la borsa, c’è già dentro tutto, andiamo.”
Decisi che non dovevo fare domande, almeno non in quel momento.
Mi infilai il cappotto, afferrai la mia borsa, seguii Mikey fuori dalla mia camera, spensi la luce, chiusi a chiave la porta e mi infilai la chiave in borsa.
Seguii Mikey fino alla porta della cucina davanti alla quale ci fermammo.
“Entra in cucina, saluta la vipera e dille che sarai di ritorno quando lo riterrò opportuno.” Mi disse Mik, facendomi l’occhiolino “Ti aspetto in macchina.” Terminò la frase con un sorriso ed uscì.
Entrai in cucina e la vidi subito.
Era seduta su una sedia davanti alla TV, non mi degnò neanche di uno sguardo.
“Quando torni ?” chiese, senza un vero interesse.
“Quando Mikey lo riterrà opportuno.” Risposi acidamente.
“Spero mai, allora.”
“Lo spero anche io, mommi.”
Attesi qualche secondo sperando che si alzasse e dicesse qualcosa, sarebbe andato bene anche uno schiaffo, ma come sempre non lo fece. Come sempre non le importava niente di me e delle scelte che prendevo così uscii dalla stanza chiudendo la porta molto lentamente.
Uscii di casa e rimasi qualche secondo sul pianerottolo cercando di calmarmi, e ci riuscii solo quando pensai a chi c’era di sotto così iniziai a correre giù per le tre rampe di scale.
Arrivata quasi alla fine dell’ultima rampa feci appena in tempo a sentire Zacky che mi diceva “SELENE, CRISTO SANTO, PIANO CHE TI FAI MALE!” e rotolai giù per gli ultimi cinque o sei scalini, ritrovandomi accartocciata ai piedi di Zacky.
“IO TE L’AVEVO DETTO! SEI SEMPRE LA SOLITA! MA VUOI FARE ATTENZIONE ?”
Mi tirai su di scatto e lo abbracciai con tutta la forza che avevo, facendolo azzittire.
“Ehi, sì, mi sei mancata anche tu.” Disse, sorridendo “Ma ora andiamo.”
Sciolsi l’abbraccio e lo seguii fuori dal portone.
Appena fuori alzai lo sguardo e lo vidi subito.
Matt era lì, in tutta la sua altezza, in piedi, di fianco a Mikey e mi sorrideva.
Corsi verso di lui lasciando cadere a terra la borsa, che fortunatamente Zacky prese al volo, e mi lanciai tra le braccia di Matt che mi tirò su come se non pesassi neanche mezzo grammo.
Mi attaccai a lui come se fossi un koala e lui mi strinse forte.
“Mi sei mancata tanto, veramente troppo. “
“Stai zitto, stronzo, non puoi capire quanto mi sei mancato tu!”
Sentii Mikey ridere da dentro la macchina.
Poi Zacky, già al volante della sua macchina, disse “Ehi, voi due, volete salire o vogliamo rimanere ancora un po’ qui ? Magari saliamo a prendere un caffè con la vipera, no ?” poi chiuse, scocciato, lo sportello e mise in moto.
Matt mi lasciò scendere e mi aprì lo sportello, entrai, mi ripresi la borsa e mi sistemai sul sedile.
Matt salì con un sorriso che gli copriva tutta la faccia, si mise seduto vicino a me e appena chiuse lo sportello partimmo.
“Ehi, stronzo, perché ci devi stare sempre tu davanti ?”
“Matt, quante volte devo ripeterlo ? Perché io sono bello!” rispose Mikey, con fare molto gay.
Scoppiammo tutti a ridere, poi Zacky accese lo stereo e calò il silenzio interrotto solo da Matt che cantava.
Il fatto che stessimo ascoltando un loro CD e che lui lo cantasse come fosse una sedicenne con gli ormoni alle stelle, mi faceva venire troppo da ridere.
Matt era concentratissimo, ci si impegnava davvero, neanche stesse facendo un concerto. Le fossette rovinavano tutta quell’aria da duro che cercava di creare.
Quelle fossette, Dio come le adoravo.
Un po’ come adoravo i suoi occhi, e le sue labbra e il suo corpo e lui in generale.
Matt era arrivato nella mia vita come un maledetto coglione.
Ancora ricordavo il giorno in cui Brian mi parlava con quella faccia da cazzo facendo domande su di me e Matt che stava lì, seduto per terra, capendo poco e niente di cosa stesse succedendo.
Eppure eravamo diventati inseparabili.
Quando andarono in tour fu una tragedia.
Ero abituata a stare tutti i giorni a tutte le ore con loro, e non vederli per tanto tempo fu devastante.
Fortunatamente Mikey rimase con me.
Quando conobbi Mikey e Zacky fu più semplice.
Fu come se fossimo destinati, da sempre, ad essere amici.
E a me andava bene così.
Con Matt invece era diverso.
Lui è stato qualcosa di assurdo, come un fulmine a ciel sereno, o che so, come una cazzo di balena che vola fuori da una finestra.
Sì, proprio come una cazzo di balena che vola fuori da una cazzo di finestra.
Inizialmente non ci sopportavamo, ci sfottevamo per qualsiasi cosa.
Poi abbiamo iniziato a starci un po’ più simpatici quando abbiamo capito che avevamo in comune una cosa fondamentale.
Chiacchierando, sfottendoci più che altro, io dissi “Cantare è la cosa più bella che io sappia fare, mi fa sentire così..”
“Giusto.” Terminò la mia frase ma lo fece con tanta intensità nella voce che arrossii.
Maledizione, qualcuno capiva cosa significava cantare, veramente.
Qualcuno che non fosse Helena, ovviamente. Lei mi capiva sempre. Ero abituata.
Ma qualcun altro all’infuori di lei che riusciva a capirmi ? Incredibile.
Iniziammo a cantare, e parlare, e cantare, e parlare.
Diventammo inseparabili.
Per tutti i giorni che passarono qui con noi, io e Matt stavamo sempre insieme.
E a me andava bene così.
Io avevo visto negli angoli più oscuri della sua anima e lui aveva visto i miei, e questo non ci spaventava affatto.

“Caught up in this madness too blind to see,

Woke animal feelings in me.

Took over my sense and I lost control,

I’ll taste your blood tonight.”

La sua voce mi trascinò fuori dai miei pensieri.
Scream.
La mia canzone, sua però mia.

Me l’aveva dedicata, per gioco, il primo giorno che avevamo passato tutti insieme.
Ormai non era più tanto un gioco, ma andava bene così.
Ero concentratissima nel provocare Matt mentre cantavamo insieme Scream che quando il mio telefonò vibrò nella mia tasca, mi prese quasi un infarto.
Tirai fuori il telefono dalla tasca e, automaticamente, Mikey abbassò il volume dello stereo.
Risposi un po’ riluttante al Numero Privato.
“Pronto ?” dissi, molto scocciata
“Sono nato pronto, Scricciolo.” Solo lui poteva chiamarmi così. E solo lui poteva rispondere così al cellulare.
“BRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAN!”
“Sì, Scricciolo, ciao anche a te! Senti ma i tre bastardi ti hanno già spiegato la situazione ? “
Guardai malissimo Matt, Mikey e Zacky e infine dissi “Assolutamente no, Bri.”
“Oh, allora ci sentiamo più tardi Scricciolo. Ti richiamo io.”
Mi sarebbe piaciuto rispondere anche solo per dire “Ok” ma a Brian non piaceva ricevere le risposte, evidentemente, perché aveva il vizio di attaccarti in faccia senza darti il tempo neanche di pensare ad una cazzo di risposta.
Spostai il mio sguardo dal telefono a Mikey che già rideva.
“Zac, fermati a quell’autogrill.”
Evidentemente la mia voce da pazza aveva ancora il suo effetto perché Zacky accelerò e parcheggiò di corsa nell’autogrill.
Allungai le mie gambe e le appoggiai sulle ginocchia di Matt, abbassai il finestrino e mi accesi una sigaretta.
“Mik, sto aspettando.”
“Vuoi la versione abbreviata o la storia con tutti i dettagli, Hope ?” rise.
“Ovviamente quella abbreviata, angelo mio.” Sorrisi.
Era tutto così perfetto, non mi importava cosa mi avrebbe detto o cosa sarebbe successo. Una parte della mia famiglia era di nuovo con me, e questo era veramente un meraviglioso regalo di Natale.

  
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