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Autore: sognovanesio    13/02/2008    4 recensioni
Breve one-shot su un vampiro, una ragazza e la strana atmosfera che li lega e che li coinvolge. E' la storia di un'iniziazione al male, del buio che corrompe la luce, dello sporco che macchia il pulito...
Genere: Dark, Mistero, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Petali della morte
Buonpomeriggio a tutti!! Ecco a voi una storia gotica che ho appena finito di correggere e che ho smesso di scrivere ieri notte.
E' una one-shot e ad ogni modo parla di un vampiro e di una ragazza. Non penso sia una storia d'amore e non penso sia romantica. E' la storia di una iniziazione al male, del buio che corrompe la luce, dello sporco che macchia il pulito. Può essere una storia di sesso, magari... perchè no?
Ad ogni modo lei decide di avere la sua prima volta con quell'essere demoniaco e di farsi mordere. Non penso sciocchi nessuno ma se non vi piacciono le maledizioni verso i crocifissi, non continuate.
Un pensiero particolare va a tutti coloro che hanno commentato la mia scorsa poesia, postata ormai chissà quanto tempo fa... è da un pò che non ritorno nella mia dolce casuccia, EFP!
Comunque buona lettura e spero vi piaccia... le recensioni sono ben accette! XD
 
vostra, get_this. 

 

Petali della morte

  Era quasi un’ora che camminava nel silenzioso cimitero del paesino in cui viveva… faceva freddo. Si strinse maggiormente nel suo cappotto nero e guardò in basso, la terra umida, nera, nuda e a tratti ricoperta di erbetta ghiacciata. Era una notte di dicembre… sentiva il vento schiaffeggiarla con forza e sorpassarla con la sua enorme leggerezza, con la sua velocità… lei non era veloce… non era leggera… era una semplice ragazza che trovava, nel surreale paesaggio nel quale si ritrovava a passeggiare, un po’ di pace alla sua fremente attesa… o era paura?

Si fermò in mezzo al vialetto costeggiato di croci bianche e sospirò lentamente per poi alzare lo sguardo al cielo e vederlo nero, punteggiato di stelle d’argento, minuscoli chicchi di ricchezza in quel velluto infinito… oscuro come la morte…

Sobbalzò all’ululato che il vento aveva prodotto passando attraverso la folta chioma di un cipresso maestoso. Poi tornò a guardare con sguardo lontano e infinitamente triste la volta celeste per scoprire la luna che veniva a tratti oscurata da una nuvola temporalesca… che bello… tra un po’ si sarebbe trovata anche sotto una pioggia battente…

Eppure l’attesa era così adrenalinica… era così fortemente eccitante e allo stesso tempo la terrorizzava… cosa avrebbe dovuto fare? Si era cacciata sul serio in un bel guaio… eppure non rimpiangeva quello che aveva fatto mesi prima… neppure se avessero dovuto esorcizzarla con tutta l’acqua benedetta del mondo… viva la sincerità…

Si avvicinò alla corteccia di un albero e la toccò con calma, quasi saggiando un eventuale battito cardiaco di quel gigante maestoso. In effetti non ne aveva. Eppure lei sentiva un leggero ticchettio… forse era il tempo che le rimaneva da vivere, come la clessidra che perde i suoi ultimi granelli… come l’orologio che segna i suoi ultimi secondi… la meridiana che segna l’ora del giudizio universale…

Appoggiò la fronte al tronco e in seguito si tirò di nuovo su.

Il momento era giunto. Si girò verso un’ombra che aveva avvertito alle sue spalle. All’inizio del vialetto l’ombra dell’alto uomo scuro sembrava minuscola… Altro vento le mosse i capelli neri… altra adrenalina nelle vene le carezzò lo stomaco. E poi lo vide avvicinarsi sempre di più con passo solenne, fiero, pacato e allo stesso tempo inesorabile. La fine si avvicina… chissà come sarebbe stato essere dannati…

Mentre si faceva sempre più vicino, potè distinguere i suoi particolari… capelli corti, lineamenti fieri, nobili, affascinanti, dai tratti quasi non umani… troppo perfetti per poter esistere al tempo d’oggi. Magari erano di un tempo passato, di un’epoca in cui giovani damigelle prendevano parte a balli in case sontuose e cavalieri in armi davano importanza all’onore e al coraggio. Quell’uomo non era reale… quell’uomo non era un uomo. Era il demonio fatto persona. Era la dannazione più pura che le stava sorridendo con fare seducente e accattivante… con quello sguardo impenetrabile… con quel ghigno così sensuale e suadente che la chiamava a sé come il diavolo cerca il male, come il corpo ha bisogno di sesso… come la terra è in cerca del fuoco… Il male che la chiamava a sé, che pretendeva la sua innocenza, che sentiva la necessità di entrarle nel corpo, nell’anima, che si struggeva dal desiderio di possederla lì, in quel momento… lei, misera sognatrice, misera donna dalla malinconia riflessiva ed eterea…

Sentì la sua presenza tanto vicino, fino a sentirne il profumo… era un corpo atletico, dall’odore pungente, dal fascino enigmatico ed astrale… il negativo dell’esistenza… il fuoco che distrugge il crocifisso… dannazione eterna… ateismo più puro…

“La luce della luna ti rende splendida…” la salutò precisamente così. Il suo pallore si colorì di rosa, a quel punto. Quelle frasi di altre epoche avevano il potere di catturarla ancora di più nella tela del ragno… ecco la tarantola che sta per mordere…

“Sono le nuvole che oscurano la sua luce…”

“C’è una notte eterna che la luce non riesce mai a rischiarare… non trovi?” Il ghigno divertito le catturò il cuore in una morsa gelata. Quell’espressione marmorea, scolpita nella sua pietra eterna le creò uno sfarfallio allo stomaco… bello come la morte liberatrice. Si guardò intorno distrattamente e rispose bisbigliando:

“C’è un silenzio che scheggia il ghiaccio…” Lo sentì ridere sottovoce e poi guardarla con gelido divertimento:

“E c’è un bacio che scheggia la pietra…”

“Non hai mai sonno?”

“I vampiri non hanno sonno… mi stupisco di come tu non l’abbia ancora capito… dopo tutte le notti che hai passato con me…”. Fu il suo turno di sorridere nostalgicamente:

“Già… dopo tutte le notti che hai passato a fissarmi nell’angolo della mia stanza da letto…”

“Non ti dispiace se ora mi prendo ciò che è mio?”. La ragazza si morse il labbro inferiore e bisbigliò:

“Non ti appartengo… questo lo sai, no?”

“Allora perché sei qui? Avevamo fatto un patto… avresti anche potuto non rispettarlo… non ti avrei mai fatto del male…”

“I miei 18 anni sono stati compiuti questa notte… Una promessa è una promessa… un patto un impegno… l’onore è ancora d’obbligo…” Il ragazzo rise sommessamente e replicò bisbigliando:

“Mi sembra di sentir parlare quei vecchi gentiluomini della rivoluzione francese…”. Dopo rimase in silenzio per un attimo e poi le tese la mano con eleganza eterea: “Un po’ di piacere non ti farebbe male…”. La ragazza guardò la sua mano e il silenzio che intercorse tra loro si colmò di significati. In seguito alzò il viso su di lui che la penetrò con i suoi occhi di ghiaccio e sussurrò:

“Allora onora la tua promessa…” La giovane donna respirò a fondo e poi afferrò la sua mano gelida. Fredda come la morte che improvvisamente sentì avvolgerla e dura… dura e liscia come se fosse stata scolpita nella pietra. La notte divenne più tetra e la sua anima si incupì ancora di più ma la stregoneria che quel sorriso le aveva fatto era troppo forte, impossibile da fermare. Altre scariche di adrenalina le pugnalarono la schiena come se fossero stati tanti aghi e per un momento ebbe un tentennamento. L’uomo sorrise e replicò con leggerezza:

“Riconosco il tuo timore dai gesti… non dovresti violare te stessa, in questo modo così barbaro…”

“Non ho paura… Ho compiuto” ma egli la interruppe quasi divertito: “18 anni… lo so… cosa speri di ottenere con questo gesto?”. La donna guardò la terra battuta sotto ai suoi piedi e si limitò a rispondere: “Farei uscire da me solo quella parte del mio carattere che ho sempre soffocato…”

Il ragazzo sorrise quasi deliziato dalla battuta che la giovane aveva fatto e l’attirò gentilmente a sé, quasi fosse stata una piuma nelle sue mani. Respirò il suo profumo dolce e leggero e poi rispose, sussurrando al suo orecchio:

“O sei in cerca di qualcos’altro?” A sentirlo vicino a sé arrossì violentemente e chiuse gli occhi al proseguire del suo discorso suadente: “Di qualcos’altro che ti riscaldi in questa fredda notte di Dicembre… che ti faccia sentire importante… è così?” La ragazza prese un respiro sottile e ribattè in un soffio:

“Da te non cerco niente…”. E poi rimase in silenzio. Sentì le labbra ghiacciate di quell’uomo sfiorarle l’orecchio in cui le aveva bisbigliato quelle parole. Sentì un brivido scorrerle lungo la spina dorsale e si ritrovò inconsapevolmente appoggiata al petto tonico di quella creatura. La sua voce maschile la incantò allora:

“Io sono la morte… Sono la notte più nera… il male più oscuro… il nulla che esiste…”

“Allora amo la perdizione…”

“Sei innamorata di una cosa così opposta a te… angelo dannato…” Le accarezzò lascivamente i capelli corvini e poi le lasciò un casto bacio sulla guancia, corrispondente ad uno sfiorare di labbra la sua pelle. In seguito la prese per mano e proseguirono in silenzio fino ad una cappella in rovina, sconsacrata e ormai prossima a decadere. Lì si chiusero dentro e lui rimase fissarla in silenzio mentre lei si guardava intorno. Poi tornò a ricambiare il suo sguardo. Sentì una scossa elettrica attraversarle il cuore e l’orlo del precipizio che si avvicinava sempre di più… sempre più vicino, sempre più ripido e profondo… e poi successe. Il ragazzo si avvicinò a lei e le baciò le labbra carnose con veemenza, come se non avessero atteso altro che da un’eternità. Infilò le sue mani tra i capelli della ragazza che rispose al bacio con impazienza e impulsività. Sentì il suo fiato freddo accarezzarle la pelle, una strana scossa di paura le colse l’animo sempre più nero. Con la lingua sfiorò i canini appuntiti del giovane e gemette per la sensazione delle sue mani fredde a contatto con la pelle del collo. L’impossibilità di non poter rifiutare l’ennesimo bacio da quella bocca assassina la costrinse ad appoggiarsi con la schiena al legno marcito della porta della cappella. Quando si separarono e ripresero fiato, si guardarono negli occhi. In seguito le si avvicinò di nuovo e ricominciò a baciarla con molta lentezza, come se dalla parte sua avesse l’eternità. Con una leggera scia di baci le dipinse mille ghirigori infernali sul viso pallido e angelico e poi le mordicchiò con dolcezza tentatrice il labbro inferiore che fremette per un secondo. I canini le carezzarono la carne umida e la sentì sospirare sotto le sue mani esperte e demoniache. Allora sorrise contro la sua guancia e poi scese con lentezza sull’incavo del collo. Le sue mani fredde le tolsero di dosso il cappotto, mentre sbottonavano il primo bottone della camicia nera. La ragazza gemette in silenzio e poi aprì per una frazione di secondo gli occhi e lo trovò ad armeggiare con dolcezza a livello del secondo. Richiuse gli occhi e respirò il suo profumo aspro mentre sentì la camicia aprirsi di un altro bottone. Le mani del vampiro si infilarono sotto il suo tessuto e le accarezzarono in cerchi concentrici, lascivi e tentatori i fianchi, mentre ricominciava a sfiorarle con le labbra la spalla semiscoperta. Quando sentì il freddo gelido sul suo stomaco, vide il vestito cominciare a scenderle lentamente giù per le spalle, fino a cadere per terra, sopra il cappotto immobile. La ragazza gli prese la testa fra le mani e lo portò di nuovo a baciarle le labbra, questa volta con più fame, con più passione. L’uomo rispose e poi scese a baciarle di nuovo la clavicola più lentamente, più languidamente mentre le mani le carezzavano il ventre diafano e piatto.

Era una danza mortale, quella che stavano componendo, mentre le carezze si facevano più audaci, il desiderio di sentirsi vicini prepotente e fortemente vigliacco… troppo vigliacco per poter rinunciare ad una simile enfasi. Era un qualcosa che preludeva allo scoppio dei cannoni, alla guerra più sanguinosa e terribile che potesse esserci… al dolore dell’amore e all’ustione che il male reca sulla pelle e nel sangue nelle sue più insignificanti particelle… è l’entrare dell’odio più puro in circolo per raggiungere il cuore e bloccarlo in uno spasmo, farlo gemere di sofferenza e farlo morire lì… senza più gioia, senza più calore… ricoperto solamente dal gelo della morte. Ed era un qualcosa di malsano quello che provava la ragazza. Era il desiderio di essere sua anche sapendo che Iddio l’avrebbe diseredata dal Suo paradiso celeste, era sapere che il demonio l’avrebbe accolta a braccia aperte una volta che gli avesse permesso di morderle la candida pelle del collo e, prima di questa, di farlo entrare dentro e di sé e di provare piacere con quella creatura che non sentiva emozioni, che era morto da tempo immemorabile e che, se qualcuno lo avesse impalato, si sarebbe sgretolato come sabbia tra le mani.

Sentì il suo petto scoperto a contatto con quello gelido di lui. Mentre era impegnato a baciarle il collo e a farle sentire la presenza attraente dei suoi canini affilati come lame, la ragazza notò una cicatrice sul suo corpo e l’accarezzò, sentendolo più rigido col suo tocco e più freddo, come se quel segno ancora gli facesse male… come se avesse ancora un brivido di vita in quegli occhi color del miele che adesso avevano fame di lei. Sentì le sue mani catturarle di nuovo il viso e premere le sue labbra contro quelle di lei. Sentì la sua lingua fredda come il ghiaccio solleticarle la propria, farle sentire che la desiderava come nessuno aveva mai fatto. Gemette mentre le sue mani scendevano in basso e rendevano il desiderio qualcosa che adesso si palpava sul serio. Appoggiò la testa all’indietro, contro il legno marcito della porta, mentre l’adrenalina adesso sembrava avesse preso il posto del sangue e scorreva dappertutto, stordendola, rendendola cieca, sorda, incapace di muoversi per il piacere diffuso e maledettamente desiderabile. Lo vide avvicinarsi e poggiarle un dito sulle labbra gonfie per la troppa passione e le tolse con una mossa che aveva dell’eccitante anche l’ultima traccia di blando rossetto. E poi la voglia venne come arriva un’onda anomala. Il diavolo la prese, l’anima pura che aveva gettò un urlo e morì così, soffocata dal buio della notte eterna nella dannazione. Urlò come urlerebbe una creatura demoniaca, come urlerebbe un animale senza più fede né religione e la cosa fu terribile e al tempo stesso affascinante. Era preda del sesso, dell’eccitazione più pura e selvaggia.

Accade, a volte, di trovarsi di fronte ad un bivio e di scegliere la strada sconnessa, anziché quella già asfaltata e illuminata. C’è anche un tempo in cui bisogna decidere da che parte schierarsi. Arriva l’ora di decidere se seguire un amore sbagliato, del sesso che non avrà mai un riscontro affettivo o una solitudine giusta, sacrosanta, resa evanescente dalla vita e dalla serenità. C’è chi segue il cuore. E questo è determinante.

Quando sentì l’onda defluire, trascinandosi dietro tutto il bagnasciuga di pietre adrenaliniche, fissò il soffitto come se non lo vedesse. Sospirò come se avesse fatto una lunghissima corsa e lo sentì calare su di sé. Era giunto il momento… consacrata al diavolo.

Il vampiro le fece un’ultima carezza amorevole e poi le leccò con calma il collo. Quindi la baciò mortalmente. La  ragazza gemette di un nuovo piacere, quello solo che il male perverso sa dare e che la perdizione sa mascherare come potenza che regge in mano il mondo. E si resse alle sue spalle marmoree mentre aghi di fuoco le trapassavano la vita, la testa, le gambe, i piedi, la schiena, le mani… emise un grido inumano e la creatura la tenne ferma per finirle di bere il sangue. Dopo le fece assaggiare, oramai in fin di vita e con il cuore che debolmente batteva ancora, il suo stesso sangue, tramite un morso che si era lasciato sul polso. Ella lo accettò e una nuova forza le irrigidì i muscoli, una nuova bellezza quasi dolorosa e immortale le risvegliò i sensi e la tanta, tanta agonia di un corpo che ormai subiva la sua metamorfosi infernale.

E poi giacque lì, tra le braccia statuarie del vampiro. Era così immobile da sembrare morta. E poi successe. Aprì gli occhi di scatto, mentre una nuova percezione del mondo le catturava la mente.

Ed era vampira… ed era dannata… e aveva bisogno di uccidere vite umane e di sesso per poter vivere, ora… e maledì quella croce spaccata in 4 pezzi vicino all’altare coperto di polvere. Lo maledì con tutta l’anima nera ed oramai irrecuperabile e provò gioia per quella fine miserevole che quel pezzo di legno aveva fatto. Ed un odio nero le si impossessò dell’anima. Guardò l’uomo che la fissava quasi incantato dalla sua bellezza. Si allontanò da lui e si rivestì fulmineamente, mentre la morte le dava un’energia che avrebbe pagato a caro prezzo.

Non era stato amore. Era una consacrazione alla perdizione eterna.

E ora aveva bisogno di uccidere.

  
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