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Autore: NihalEverdeen_    05/08/2013    4 recensioni
Ennesima mietitura, ennesima edizione degli Hunger Games.
Medea è stanca di aspettare i suoi diciotto anni, si ritiene ormai pronta. Vuole dimenticare il suo passato e se stessa, vuole mettere alla prova le sue abilità.
Ma non è semplice sopravvivere ai giochi della morte, non è semplice cancellare il passato e le sue cicatrici.
Suo nonno lo sa bene e prenderà la decisione più grande della sua vita, più grande di qualsiasi gioco.
Suo fratello invece sarà costretto a nascondere il suo più grande segreto.
Che la cinquantaduesima edizione degli Hunger Games abbia inizio.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri tributi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se credete che questa sia la classica storia d’amore con tanto di lieto fine, vi sbagliate.
Odio le storie d’amore troppo sdolcinate. Odio il lieto fine, a meno che non ci siano tre o quattro morti in mezzo. Si, non sono normale e ne vado fiera <3

 
 
 

1. The Reaping
 

 
Tirava un vento forte quel giorno, più forte del solito; le onde del mare riuscivano quasi a toccare il cielo e all’orizzonte si potevano notare delle enormi nuvole nere, chiaro segno di una nuova tempesta in arrivo.
Le spiagge erano, come sempre, prive di qualsiasi tipo di sporcizia e il solito vecchio pescatore sedeva sul solito isolotto di scogli, fissando attentamente le onde infrangersi tra di loro. Dicevano che fosse uno dei pochi sopravvissuti ai giochi della morte, gli Hunger Games, ma nessuno riusciva a ricordarsene. Chissà, magari mentivano.
Una testa riccioluta spuntò fuori dal nulla, portando con se un vecchio secchio pieno di pesci appena pescati; i capelli ricadevano ribelli sulle sue spalle candide e i suoi occhi erano di un verde strano, un colore simile a quello dei fondali marini ma più acceso, più pieno di vita.
Avanzava a piedi nudi sulla sabbia, avvicinandosi in silenzio agli scogli e si arrestò non appena le onde bagnarono le sue caviglie, riprendendo finalmente fiato. Aveva l’aspetto di una ragazza che aveva passato la sua vita ad allenarsi ma si vedeva chiaramente che quel viaggetto l’aveva un po’ stancata.
« Vecchio » lo chiamò la ragazza, cercando di superare il forte rumore del vento « Ho i tuoi stupidi pesci, ci ho impiegato tre ore per prenderli per cui vedi di farteli bastare »
La faccia dell’uomo era indecifrabile ma sotto tutte quelle rughe si poteva intravedere un sorriso divertito. Si accese la sua vecchia pipa, continuando a fissare il mare.
La giovane, chiaramente infastidita, sbuffò sonoramente e capì che non bastava per avere l’attenzione del vecchio. Fortunatamente quel giorno aveva indossato dei comodi pantaloni che arrivavano fino alle ginocchia e una vecchia maglietta di sua madre – una di quelle da buttare, per intenderci –, così cominciò a salire sui scogli più bassi.
Dai suoi movimenti sicuri e agili, si capiva chiaramente che non era la prima volta che saliva su quell’isolotto di scogli: sapeva perfettamente dove mettere piede senza farsi male, quali erano i punti più scivolosi e in meno di un minuto arrivò dall’uomo, sempre fermo nella sua solita posizione.
La ragazza si mise davanti a lui in piedi e lo squadrò da capo a piedi, arrabbiata. Posò il secchio davanti all’uomo, in attesa di un commento o di una delle sue solite battutine ironiche ma il vecchio non si mosse.
« Beh? Non dici nulla? »
L’uomo si degnò finalmente a guardarla in faccia. La scrutò con i suoi occhi celesti continuando a fumare la sua solita pipa, cercando in quel verde segni di paura, preoccupazione o terrore. Come sempre però, nemmeno il giorno della Mietitura la spaventava.
« Vatti a cambiare, tra un’ora e mezza inizia l’estrazione » rispose lui, alzandosi in piedi e afferrando il secchio.
La giovane si portò le mani sui fianchi, osservando l’uomo mentre scendeva sulla sabbia senza difficoltà.
« Tutto qui? » gli urlò la ragazza, cominciando a scendere rapidamente « Ringraziami piuttosto, se farò tardi è solo per colpa tua.  »
Arrivò a terra e afferrò l’uomo per il polso. Il vecchio si girò verso di lei con la pipa ancora in bocca, infastidito.
« Grazie » bofonchiò lui, ricominciando a camminare.
La riccia strinse i pugni e corse nella sua stessa direzione, bloccandosi di fronte a lui. Le sue guance stavano diventando rosse per quanto fosse arrabbiata.
« Forse mi offrirò, te l’ha detto mamma? Chissà, magari mi ammazzeranno e non vedrò più la tua stupida faccia da pesce lesso! Non sei contento? »
Aveva il fiatone ma allo stesso tempo era soddisfatta; l’espressione del vecchio era arrabbiata ma allo stesso tempo triste. Sapeva che quel giorno sarebbe arrivato, prima o poi.
« Vai a casa, ragazza » la supplicò lui « Sei stata brava, ok? Molto brava, se devo essere sincero, ma ora vai a casa, preparati e cancella questa idea dalla tua mente folle.  »
La ragazza prese a calci la sabbia e si girò nella direzione opposta, avviandosi rapidamente verso casa. Sentì il vecchio chiamarla per nome ma lo ignorò. Era la sua vita, era la sua decisione, era il suo anno.
« Medea! » urlò il vecchio nella speranza di essere sentito dalla ragazza ma nulla. Lei aveva già preso la sua scelta.
« Non farlo, Medea… » mormorò l’uomo non appena la ragazza sparì dalla sua vista.
Medea nel frattempo aveva preso a correre tra le vie strette del Distretto 4, cercando di cancellare la voce del vecchio dalla sua testa. No, era troppo tardi per cambiare idea.
« Scusami, nonno… » mormorò non appena smise di correre, ormai troppo lontana dalla spiaggia.
 

***
 

« Medea! Finalmente sei arrivata! Dove sei stata? Diavolo, sai che giorno è oggi? Sbrigati ad entrare, hai bisogno di una bella sistemata! »
La signora Neill era una donna robusta dalla carnagione olivastra e gli occhi azzurri; portava i capelli neri fino alle spalle, lisci come la seta ma poco curati. Amava parlare, le chiacchiere rientravano tra i suoi hobby preferiti, ma quando si trattava di ritardi non esitava ad alzare la sua stridula voce.
Medea fece finta di non sentirla ed entrò nella solita, modesta e anche piccola casa: il salone e la cucina erano un’unica stanza, con tre finestre di media grandezza che illuminavano il vecchio tavolo di legno con i fornelli. C’era una piccola tv su uno scaffale, proprio di fronte al tavolo, e qualche foto di famiglia appese qua e là.
C’erano altre due stanze, una della madre, piccola, con un solo letto, un armadio e comodino, l’altra era dei due figli, con due letti e un armadio dove tenevano i loro vestiti.
« Oh santo cielo, quante volte te lo devo dire che non devi fare tardi? » urlò la donna, mentre la faceva entrare nella sua stanza, dove c’erano già pronto il solito vestito azzurro.
« Ero dal nonno » rispose con calma la ragazza, mentre si toglieva i suoi vestiti.
« Oh non perdiamoci in chiacchiere inutili, ritira la pancia ed infilati quel grazioso vestito » disse la donna impaziente, aspettando sua figlia.
Medea prese il vecchio vestito, un tempo di sua nonna, studiandone per un momento il corpetto semplice e privo di decorazioni e la gonna a balze. Era semplice come abito, ma la ragazza preferiva di gran lunga i suoi amati pantaloni.
Mentre la madre gli sistemò il corpetto, un ragazzo entrò in silenzio nella stanza e si sedette sul letto della madre, osservando le due alle prese con il solito vestito.
« Con questo vestito sembri una femmina, sai? » commentò divertito il ragazzo osservando la sorella, che rispose con un’occhiataccia quasi divertita.
« E tu con questo completo sembri il Presidente Neve, sai? » rispose Medea e i due si ridacchiarono non appena videro l’espressione quasi sconvolta della madre.
« Cosa diavolo stai dicendo, Medea? » la rimproverò la madre, dandole uno scappellotto sulla nuca.
No, non era di certo una famiglia seria quella.
 

***
 

I due fratelli si avviarono dopo una mezz'oretta verso il Palazzo della Giustizia, il solito posto dove si tiene la Mietitura ogni anno.
Il nome del ragazzo era Leòn, un nome semplice e quasi comune nel Distretto 4. Lui aveva sedici anni mentre sua sorella era più grande di un anno. A differenza di Medea, aveva anche lui la carnagione olivastra e i capelli neri come la madre. I suoi invece erano identici a quelli di Medea, ripresi stavolta dal loro padre, scomparso molti anni prima mentre pescava. Aveva un completo nero, il vecchio completo del padre.
« Dopo la mietitura andiamo a pesca? » chiese il ragazzo prendendo per mano la sorella, ma Medea la ritirò subito e abbassò la testa.
« Non ne ho voglia » rispose lei fredda, accelerando il passo.
Leòn si bloccò sorpreso: sua sorella adorava pescare, lo faceva spesso per il nonno, e non si riusciva a spiegare il suo rifiuto. Capì che c’era qualcosa che non andava ma non osò domandare altro. Conosceva Medea, sapeva che odiava le domande.
Arrivarono al Palazzo della Giustizia e dopo essere stati registrati i due si misero al loro posto e attesero che Cleopatra, la solita accompagnatrice del Distretto, fece il suo ingresso.
Il rumore dei tacchi della donna fece eco ovunque, dalla montagna fino al mare; Cleopatra era una donna bassa e grassottella ed aveva una vera e propria ossessione per il blu: i suoi capelli era blu come il mare e le arrivavano fino ai fianchi, la sua pelle aveva una strana sfumatura celestina e perfino i suoi occhi e le sue labbra erano blu. Per non parlare del suo vestito, azzurro e stretto.
La donna si fermò davanti al microfono e sorrise al pubblico, soddisfatta di essere capitata in uno dei distretti favoriti da Capitol City.
« Benvenuti! Diamo inizio alla 52sima edizione di questa magnifici giochi! » esclamò la donna allegra « Felici Hunger Games… »
« … e possa la buona sorte essere sempre a vostro favore » mormorò Leòn, imitando la voce della donna. Il suo vicino ridacchiò un po’ e si scambiarono un’occhiata divertita.
Iniziò il solito monologo, il sindaco di fece avanti e parlò della storia di Panem e dell’origine degli Hunger Games, spiegò ai tributi le regole e tutto ciò che girava intorno alla figura di Capitol City.
Cleopatra si fece avanti e si mise tra le due bocce di vetro, contenenti migliaia di fogliettini. Il nome di ogni ragazzo e ragazza era scritto su almeno un fogliettino. Una possibilità di essere estratti.
Si avvicinò alla boccia delle ragazze e tuffò la sua mano tra i bigliettini, lasciando con il fiato sospeso ogni singola ragazza del Distretto. Prese al volo un biglietto in superficie e si avvicinò al microfono per annunciare il nome della (s)fortunata. Aprì il biglietto e lesse il nome della ragazza mentalmente prima di annunciarla.
« Annabeth Blackwood! » annunciò con gioia Cleopatra, cercando tra il pubblico femminile la ragazza.
Si fece avanti una bambina di tredici anni, tutta tremante e impaurita. Lanciò un’occhiata alla madre, quasi sull’orlo delle lacrime, e si avviò sul palco affiancando la donna.
« C’è qualche volontario? » chiese la donna speranzosa. Quella ragazzina non ne sarebbe di certo uscita viva.
Era il suo momento. Era il momento di far vedere a tutti di che pasta era fatta, poteva dimostrare al mondo intero che era una delle migliori allieve dell’Accademia. Poteva dimostrare a suo nonno che non era come lui, che lei li avrebbe dominati quei giochi, li avrebbe vinti e non avrebbe avuto pietà per nessuno.
Avanzò a spintoni verso il palco, cercando di non guardare in faccia suo fratello e sua madre. Più avanzava e più Cleopatra le sembrava così lontana da lei.
« Mi offro volontaria! » urlò non appena fu uscita dalla folla. Leòn la guardò sorpreso, sgranando i suoi occhi verdi più che mai. Sua madre, qualche metro dietro di lei, abbassò la testa. Lo sapeva, lo sapeva che sarebbe successo e non era riuscita a fermarla.
« Abbiamo una volontaria! » esclamò la donna blu entusiasta, mentre Medea saliva fiera sul palco. Annabeth fu riportata da sua madre e si abbracciarono commosse, ringraziando mentalmente la ragazza.
Leòn era sconvolto, non se l’aspettava proprio. Capì solo in quel momento perché la ragazza tornava sempre tardi dagli allenamenti e perché, qualche minuto prima, gli aveva detto che non sarebbe andata a pesca con lui. Fu come uno schiaffo improvviso, una secchiata d’acqua gelida, un brutto incubo. Quasi non notò che il tributo maschile era stato scelto, un ragazzo della sua stessa età, che avanzava fiero verso il palco.
Fu in quel momento che lui e sua sorella si scambiarono uno sguardo. Medea riuscì a vedere la tristezza nei suoi e la follia che lo spinse a fare quello che lei sperava non succedesse. Come aveva potuto non calcolare quel piccolo dettaglio?
« Mi offro volontario come tributo! » urlò Leòn in lacrime.
Intanto, lontano da tutti, il nonno guardava la scena freddo, fumando la sua solita pipa. Sapeva perfettamente cosa fare ora.


***
 

 
Io crudele? Oh si.
Ci saranno altre sorprese? Oh si.
Sono ufficialmente tornata a scrivere? Buhahaha, si.
Spero che qualcuno si ricordi di me, avevo postato due o tre OS su questo fandom ma poi ho deciso di prendermi un annetto di pausa per migliorare. Ero qualcosa come DebbyLavigne_.
Spero che questo inizio vi sia piaciuto, ho in mente tanteee belle cosucce per l’Arena. Muhahahahaha.
Lasciatemi qualche recensione, ho voglia di migliorare e di perfezionarmi, anche se alla fine io sono la perfezione in persona ù.ù basta che sei convinta te.
Anyway, è probabile che l’aggiornerò prima di venerdì, nel frattempo fatemi sapere la vostra opinione v.v
Ah, il rating potrebbe cambiare v.v

NihalEverdeen_
   
 
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