Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
Ricorda la storia  |      
Autore: Serenity Moon    05/08/2013    11 recensioni
Un luglio caldo. Partenze che lasciano vuoti all'apparenza incolmabili. Amicizie che ti salvano e salvezze da cui nascono amicizie.
«Ricordati il nostro patto. Domani passeggiata».
La ragazza annuì vigorosamente per nascondere il rossore che si era fatto strada sul suo viso.
"«A... A domani» balbettò per poi voltarsi di scatto.
«A domani» ripeté il biondo.
Era sempre così. Era sempre 'a domani' per loro. Da quando si erano conosciuti non avevano trascorso un solo giorno senza vedersi, ma quella sera, quelle due paroline suonarono in maniera diversa, più dolce. Non erano solo un saluto. Erano una promessa."
Buona estate dalla vostra Serenity Moon
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cielo cerca casa

 

«Psss».

Seduti attorno al tavolo imbandito per la colazione della domenica, Sakura, Shintaro ed Ichigo mangiavano con calma. Il silenzio della cucina era disturbato solo dal crocchiare di quei cereali che Ichigo si ostinava ad ingurgitare nonostante suo padre proprio non li sopportasse e dal rumore tintinnante delle posate che a ritmo regolare sbattevano ora contro un piatto ora contro il bordo di una scodella quasi vuota.

«Psss».

Di nuovo Sakura cercò di attirare l'attenzione del marito, senza grandi successi. Shintaro era troppo occupato ad ingozzarsi di riso bianco per accorgersi di quegli impercettibili tentativi.

Spazientita, la donna decise di ricorrere alle maniera forti. Da sotto il tavolo, nascosta dalla tovaglia verde chiaro ricamata a fiori, assestò un calcio allo stinco del marito, che di colpo saltò in aria senza un apparente motivo, facendo tremare tutto.

Ichigo alzò gli occhi disturbata, ma un istante dopo era di nuovo con la testa ficcata nella sua ciotola, così da non accorgersi del significativo scambio di sguardi avvenuto tra i suoi genitori. In un battito di ciglia quei due avevano cominciato e concluso un'intera conversazione.

Shintaro emise un verso incomprensibile e si riempì la bocca con un pezzo abbastanza consistente di pesce.

Lui e sua moglie ne avevano parlato la sera prima, sotto le coperte. A nessuno dei due era sfuggito il cambiamento che era occorso in Ichigo subito dopo la partenza del suo ragazzo, Masaya Aoyama, ma mentre il padre (in realtà estremamente contento di sapere la sua adorata figliola lontana dalle grinfie di qualunque essere di sesso maschile) aveva semplicemente fatto finta di nulla, la madre, come tutte le madri, si era preoccupata ogni giorno di più davanti a quello sconforto apparentemente senza fine. Masaya era partito da ben tre mesi ma Ichigo era triste come il primo giorno.

La ragazza si alzò facendo strisciare la sedia sul pavimento e si avviò verso il piano superiore per vestirsi, lasciando anche la scodella sporca sul tavolo.

«Ichigo! La tazza!». Ma l'urlo di Shintaro echeggiò per la cucina e lì rimase. Sakura sospirò affranta. Poggiò una mano sulla spalla del marito e poi sparecchiò sia il suo posto, sia quello della figlia.

«Dobbiamo fare qualcosa alla svelta» gli ricordò riferendosi alla discussione già affrontata.

«Vuoi davvero mandarla da un dottore?» chiese Shintaro preoccupato. Quell'idea non gli piaceva per niente.

«Ma no! Non ci penso neanche. Ci vuole qualcosa che la sproni, che la faccia tornare a sorridere. I suoi amici sono sempre indaffarati e lei comunque non vuole dargli disturbi».

«E allora? Che facciamo?».

«Che ne dici di un animaletto domestico?» propose cauta.

Shintaro la guardò stranito. Le era andato di volta il cervello?

«Tipo un pesciolino rosso?» azzardò.

«No! Qualcosa di più...».

«Un canarino?» tentò ancora interrompendola.

«Caro, io pensavo ad un cane».

Il boccone di riso gli andò di traverso e Shintaro rimase con gli occhi spalancati, mentre le sue guance diventavano rosse a causa della mancanza d'aria.

Si diede un paio di colpetti sullo sterno per far andar giù il cibo ed osservò sua moglie che, aggrappate le dita al grembiulino, si era portata l'orlo fino all'altezza delle labbra in attesa di una sua reazione.

«Sei seria?».

Sakura annuì. Coi denti si mordicchiava il labbro inferiore. Lo faceva sempre quando proponeva qualcosa a Shintaro ed aveva timore della reazione di lui al riguardo. Un cane non era cosa da niente, avrebbe portato una marea di cambiamenti in casa. Avrebbe avuto bisogno di cure, cibo, coccole...

«Ma un cane? Per Ichigo?» balbettò il pover'uomo.

In quel preciso istante, Ichigo arrivò sull'ultimo gradino della scala, mise male il piede ed inciampò rischiando di rompersi l'osso del collo. Solo per miracolo riuscì a tenersi al corrimano. La ragazza salutò i suoi genitori ed andò via senza curarsi minimamente delle loro espressioni. Se si fosse attardata un secondo di più, avrebbe fatto caso al modo in cui l'avevano seguita con gli occhi mentre usciva di casa e si sarebbe accorta che stavano marchingegnando qualcosa, ma per lei era tutto come sempre.

«Magari si responsabilizza» buttò lì Sakura fiduciosa.

Fu Shintaro a sospirare questa volta. Guardò ancora la moglie. In quasi vent'anni passati insieme non si era mai sbagliata e dubitava che avrebbe cominciato quel giorno, con loro figlia.

«Cane sia».

 

Ryo Shirogane sgranocchiava un biscotto al sesamo. Sin da piccolo gli erano sempre piaciuti. Quel misto di dolce e salato gli ricordava il tè che sua madre prendeva con le amiche il pomeriggio. Tornato da scuola, lui, quatto quatto, si infilava in salotto e arraffava qualche biscotto che poi andava a mangiare sotto il grande pino nel giardino sul retro, rigorosamente da solo.

Keiichiro al suo fianco sbatteva energicamente dei bianchi d'uovo che di lì a qualche ora sarebbero diventati mousse o meringhe, solo lui lo sapeva, ma a Ryo importava davvero poco. I suoi pensieri erano concentrati esclusivamente su una rossina di sua -purtroppo- conoscenza, che da quasi due anni lo tormentava ed in particolare negli ultimi tre mesi lo rendeva isterico come un'anziana matrona in menopausa.

«Io non capisco. Se sei così preoccupato per lei, perché semplicemente non le parli?». Keiichiro irruppe nei suoi pensieri, toccando come sempre i tasti giusti.

Parlare con Ichigo. Tsk, molto meglio darsi in pasto ad un leone affamato.

Ryo guardò di sottecchi l'amico senza neanche degnarlo di una risposta. Era almeno la decima volta che si sentiva fare la predica in quella settimana ed era semplicemente stufo. Stanco di vedere la sua vita girare attorno ad un paio di codini rossi, di occhi color cioccolato che non gli lasciavano scampo, incastonati su quelle guance che diventavano rosse alla minima battuta che lui ovviamente non poteva lasciarsi sfuggire. Gli piaceva da morire vedere Ichigo imbarazzata. Forse era proprio quel suo comportamento che lo aveva reso pazzo di lei.

«E che ci concluderei? Non parla con le sue amiche figurati se lo farebbe con me».

Keiichiro smise di roteare la frusta ed abbassò la ciotola trasparente. Dopo un paio di giri a vuoto, gli albumi spumosi si adagiarono sul fondo.

«A volte confidarsi con un estraneo è più facile che con qualcuno che si conosce. Forse non vuole coinvolgere le ragazze, ma tu potresti capire».

«La cosa dell'estraneo mi piace. La prossima volta condividerò le mie pene col barbone che c'è al parco invece che con te» disse Ryo stizzito. Il biondo prese un altro biscotto ignorando la smorfia dell'amico e fece per alzarsi.

«Lo sappiamo tutti che le vuoi bene» gli ricordò il pasticcere, ma lui gli aveva già dato le spalle.

Tutti tranne lei” pensò tra sé e sé e quella cosa lo urtava più di quanto desse a vedere, soprattutto perché se Ichigo non sapeva niente del suo affetto per lei, la colpa poteva addossarla solo a se stesso. Aveva avuto almeno un migliaio di occasioni per confessarle quello che provava da quando l'aveva conosciuta e per un motivo o per un altro non ne aveva mai approfittato. Poi addirittura quel Masaya gliel'aveva soffiata da sotto il naso ed ora la sua bella si struggeva a causa della sua lontananza. Ce n'era da scriverci su un romanzo.

«Okay! Le concedo una settimana di tempo. Se non darà segni di miglioramento le parlerò».

Keiichiro lo fissò annoiato. Non era la prima volta che lo sentiva prendere una decisione del genere e puntualmente mancare alla promessa fatta.

«Sì, certo» gli rispose infatti e tornò a dedicarsi alle sue uova.

Ryo sbuffò ed innervosito se ne andò in sala a controllare come procedeva il lavoro quella mattina. Tanto per cambiare, il locale era strapieno. Non c'era neanche un tavolo libero e Retasu, unica cameriera disponibile, correva da una parte all'altra per accontentare tutti. Minto e Purin erano troppo indaffarate, la prima ad impartire ordini, la seconda a creare confusione. Zakuro era via per lavoro. La bellissima modella era stata scritturata per una parte in un film di produzione straniera e da più di un mese le ragazze avevano sue notizie solo tramite e-mail e rotocalchi. La sua mancanza si sentiva moltissimo.

Di Ichigo, beh, di Ichigo non se ne sapeva niente. Prima o poi sarebbe arrivata, questo era un dato di fatto, ma quando era impossibile da stabilire con certezza. Ormai nessuno le diceva più niente. Da quando Masaya era partito godeva di una sorta di immunità. Tutti la trattavano come una specie di cucciolo ferito e le lasciavano fare quel che voleva. I rimproveri erano scomparsi così come il suo sorriso e la sua voglia di rendersi utile ed in quel modo la situazione era pian piano degenerata.

La porticina sul retro si aprì lentamente e comparve proprio Ichigo. Per un istante i suoi occhi incrociarono quelli azzurri più del cielo di Ryo che aveva alzato lo sguardo in sua direzione sentendo il rumore dell'uscio, ma li distolse subito. Non poteva permettersi contatti troppo lunghi con nessuno, a maggior ragione con lui. Di tutti era quello che la intimoriva di più, semplicemente perché lui sapeva, tutto e sempre. Non si poteva nascondere niente a Shirogane. Era capace di leggerti dentro attraverso un solo battito di ciglia ed in quel momento lei non poteva proprio permettersi che lui capisse cosa le si agitava dentro.

«Sono in ritardo, lo so» disse la giovane prima di sgusciare via a testa bassa senza neanche dargli la possibilità di ribattere. Ryo se la lasciò passare accanto, così vicina che se avesse voluto, avrebbe potuto fermarla anche solo alzando un braccio. Non lo fece, ma un'occhiata veloce al viso di lei bastò per chiarirgli una volta per tutte le idee: una settimana era troppo. Doveva intervenire il prima possibile.

L'occasione propizia gli si presentò quel giorno stesso, alla fine del turno di lavoro. Le ragazze, esauste, erano tornate tutte alle loro case, tranne Ichigo. A lei toccavano ancora una volta gli straordinari.

Ryo l'aveva osservata per tutta la giornata alla ricerca di qualcosa, uno spunto per poter cominciare il suo discorso, ma nulla. Ichigo aveva fatto la spola tra la sala e la cucina senza dire una parola, seria e composta nel suo ruolo da impeccabile cameriera. Alla fine di tutto non se l'era neanche fatto dire: aveva imbracciato secchio e straccio e si era messa a lavare il locale, come ormai faceva ogni giorno.

Stava per dare la seconda passata al pavimento della sala principale quando Ryo sbucò dall'angolo che nascondeva le scale. Era salito in camera e scendendo l'aveva trovata ancora lì. Si era attardato un paio di minuti sui gradini alla ricerca del coraggio che gli serviva per parlarle e quando lo aveva trovato ed afferrato più forte che poteva, aveva fatto la sua comparsa.

Ichigo rimase di stucco, facendosi invadere dalla sensazione provocata da quella scena. Più di un anno prima, in quella stessa stanza, mentre raffreddatissima lavava il pavimento, Ryo le aveva chiesto di andare al mare insieme. Quella volta i tuffi li aveva fatti il suo cuore, preso di sorpresa non solo dall'invito, ma soprattutto dalla possibilità che una cosa del genere potesse piacergli più di quanto immaginasse. Da quel momento aveva smesso di considerare Ryo solo il suo capo. Il giovane aveva indossato un'altra veste, meno rigorosa, più umana. Più amabile.

Ryo si schiarì la voce con un paio di colpetti di tosse e, mani in tasca, si avvicinò ad Ichigo, che d'istinto strinse le dita attorno al manico di legno tanto da farle diventare rosse sulle punte.

«Ichigo, posso parlarti?».

La ragazza trasalì e si tirò indietro. Parve pensarci per un attimo, poi mollò la presa ed abbassò la testa, le guance rosse di vergogna.

«So già cosa vuoi dirmi, Shirogane-kun, che sono insopportabile, ma ho solo bisogno di tempo» sussurrò.

Ryo sospirò, smettendo la maschera formale che aveva indossato all'inizio. Di nuovo, non era più il capo. Era solo l'amico.

«Okay Ichigo, ma se avessi bisogno di qualcos'altro, fammelo sapere. Farò il possibile» le disse.

Per Ichigo fu difficilissimo schiudere le labbra e pronunciare quel 'grazie' che le era rimasto in gola, bloccato da un groppo che le impediva pure di respirare e Ryo azzardò. Coprì quei pochi passi che lo distanziavano da lei e fece scorrere le dita chiuse sulla sua guancia calda, piano, tanto teneramente che ad Ichigo sembrò di non aver mai ricevuto una carezza in vita sua.

Poi lui andò via e mentre il cuore della ragazza ritornava altrettanto lentamente a battere ad un ritmo normale, lei non ce la fece più. Le lacrime che tratteneva da troppo tempo e che di solito serbava per la notte, quando nessuno poteva sentirla, cominciarono a rotolarle giù dagli occhi e ad infrangersi sul pavimento, una dopo l'altra.

Sapeva di non poterselo permettere. Non lì, con Ryo in agguato. Lo avrebbe solo fatto preoccupare e non voleva dargli ulteriori pensieri.

Con l'avambraccio si asciugò il viso e con un colpo di straccio mise fine a quell'attimo di debolezza. Poteva farcela. Doveva crederci.

 

Sakura Momomiya vide tornare a casa sua figlia con gli occhi rossi e gonfi. Subito le corse incontro preoccupata.

«Ho solo preso fresco, mamma» si giustificò la ragazza e corse subito al piano di sopra per sciacquarsi il viso e cancellare così le ultime tracce del suo sfogo sulla via del ritorno. Doveva smetterla e darsi un contegno o avrebbe fatto del male a tutti quelli che le volevano bene, si disse guardandosi allo specchio. Aveva un aspetto orribile, pallida e grigia come lo straccio che usava per pulire il locale durante gli straordinari. Prese un respiro profondo, storse le labbra in uno pseudo sorriso e scese di sotto per cenare con i suoi.

Shintaro e Sakura stavano confabulando tra di loro quando sbucò in cucina. Si guardarono tutti e tre, i due coniugi complici tra loro, Ichigo sospettosa nei loro riguardi. Sapeva per esperienza che non c'era da aspettarsi niente di buono quando facevano in quel modo.

«Che c'è?» chiese poco convinta.

Fu Sakura a prendere le redini della situazione e dopo un'altra occhiata al marito per cercare in lui la forza necessaria, parlò.

«Ci chiedevamo se per caso domani potessi prenderti un giorno libero e venire con noi».

«Dove?» si informò Ichigo. Era troppo pericoloso dire di sì e basta.

«E' una sorpresa». Sakura non fu per niente d'aiuto.

Ichigo ci rimuginò sopra per un po'. Alla fine si convinse. Non sembravano poi così pericolosi e decise di fidarsi. Erano pur sempre i suoi genitori, non avrebbero mai fatto niente che potesse farle del male.

«Va bene» acconsentì, sperando con tutta se stessa che non ci fossero nel mezzo aeroporti, agenzie di viaggi e biglietti verso Paesi lontani. Non lo avrebbe sopportato.

 

«Un canile?».

Ichigo era stupefatta. Non aveva chiuso occhio per tutta la notte chiedendosi cosa avessero in mente i suoi genitori e questi dopo averla svegliata (si fa per dire) di buonora l'avevano portata in un canile.

«Non credo sia il luogo più adatto dove lasciarmi».

Sakura rise per il sarcasmo della figlia cogliendo solo una piccola sfumatura di quella battuta. Lei dopotutto non sapeva che la sua bambina nascondeva, o meglio aveva nascosto, in sé i geni di un gatto. Secondo le ricerche di Ryo e Keiichiro ormai era tutto finito. Le ragazze erano tornate completamente normali, ma non poteva mai dirsi. Chissà che bella scena sarebbe stata se si fossero riattivati giusto in quel momento e, una volta dentro, tutti i cani si fossero messi ad abbaiare in direzione di Ichigo. La ragazza non voleva proprio saperlo.

La donna si girò verso la figlia appollaiandosi al sedile del passeggero dell'auto di famiglia.

«Tesoro, è inutile continuare a nascondertelo. Siamo preoccupati per te e pensiamo che un cucciolo magari potrebbe risollevarti il morale. Sei troppo giù da quando il tuo ragazzo è partito».

Ichigo deglutì colpevole. La seconda predica nel giro di neanche quindici ore. Un record.

Spostò lo sguardo prima su sua madre, poi su suo padre che rischiava di sbriciolare il volante per il nervosismo causatogli dalle due paroline uscite fuori dalla bocca di sua moglie: “tuo ragazzo”. Gliel'avrebbe fatta vedere lui a quel ragazzo, semmai avesse avuto la fortuna di farselo capitare tra le mani!

Sakura inarcò le sopracciglia in attesa di una risposta da parte della figlia. Dopo qualche secondo infine arrivò.

«Magari...» disse e Sakura esultò battendo i palmi delle mani. Sembrava lei la bambina tra i tre.

Scesero dall'auto e si diressero verso l'ingresso. A dar loro il benvenuto, uno stanzone bianco con un bancone in legno scuro. Sulla destra una porta di ferro con una finestrella di vetro protetta da delle griglie grigie. Le pareti erano foderate di bacheche, piene per lo più di annunci di animali scomparsi per il ritrovamento dei quali si promettevano anche laute ricompense. Quel posto non ispirava per niente.

Ichigo si guardava intorno spaesata. Il pensiero che dietro a quella porta ci fossero centinaia di cani che molto probabilmente non avrebbero mai avuto un padrone non le piacque affatto. Era seriamente tentata di prendere sua madre per la manica e supplicarla di andare via da lì.

L'arrivo di una donna corpulenta le impedì di attuare il suo proposito. Indossava una divisa anch'essa bianca che la faceva sembrare ancora più imponente di quanto già non fosse e si rivolse ai tre con aria estremamente annoiata.

«Ditemi» disse con voce profonda, quasi mascolina.

«Ehm... Ehm... Vorremmo prendere un cucciolo». Shintaro era abbastanza titubante adesso, ma non si lasciò scoraggiare. Prese per mano la moglie, poggiò l'altra sulla spalla di Ichigo e seguì la donna che aveva fatto loro cenno di andarle dietro. Con una grossa chiave, questa aprì la porta di ferro e già dal primo spiraglio, il gruppetto fu inondato da un abbaiare assordante.

La stanza era lunga, larga quanto bastava per ospitare due file di gabbie sulle pareti laterali e lasciare libero un passaggio al centro.

«Cuccioli?» chiese conferma la donna.

Sakura annuì e con un altro cenno, la responsabile li guidò in fondo alla stanza, verso un recinto dove cinque piccoli batuffoli di pelo stavano dolcemente dormendo. Solo una trotterellava senza sosta, calpestando i fratellini e scodinzolando a più non posso.

Era una femminuccia minuscola, nerissima, tranne che sulla punta della coda, le zampette che sembravano fasciate da dei calzini bianchi ed una linea sempre bianca che le colorava il musetto ed il collo.

Ichigo si abbassò ed infilò le dita attraverso le maglie della rete per toccarla. La cagnolina si avvicinò curiosa e senza farsi tanto pregare accettò tutte quelle coccole che le venivano offerte.

«E' davvero una peste» rise Sakura, ma era il viso finalmente sereno di Ichigo che la rendeva più felice.

«Mamma, papà, prendiamo lei» disse Ichigo ed in risposta la cucciola emise un suono che nelle sue intenzioni doveva essere un abbaio, ma che si rivelò solo un verso acuto. Era veramente piccolissima.

La donna si sporse attraverso la rete e prese la cucciola per consegnarla tra le braccia di una Ichigo estasiata.

«Sei bellissima» le disse portandosela al petto per continuare con le coccole.

«Come pensi di chiamarla?» si informò Sakura, conquistata anche lei dalla piccola peste che nel frattempo aveva cominciato a mordere le dita affusolate di Ichigo.

«Mmm... Nya! Ti chiamerai Nya, contenta?». La cucciola mordicchiò più forte e tutti lo presero come un segno di assenso.

«Torniamo di là a sbrigare le pratiche per l'adozione» disse la donna e di nuovo il gruppetto si incamminò attraverso le gabbie, tra l'abbaiare instancabile degli altri ospiti.

Erano tutti irrequieti, alcuni addirittura si aggrappavano con le zampe alle reti che li tenevano rinchiusi, come se volessero romperle.

«Zitti!» urlava la donna in loro direzione, ma questi non volevano proprio saperne.

Solo uno se ne stava in assoluto silenzio, sdraiato a terra, le orecchie basse e gli occhietti tristi. Per un attimo ad Ichigo parve morto ma la pancia che si alzava ed abbassava lentamente le fece tirare un sospiro di sollievo. La ragazza fece per avvicinarsi alla gabbia della bestiola, si inginocchiò e tentò nuovamente l'esperimento fatto poco prima con Nya. Fece passare le dita attraverso la rete, ma stavolta non ebbe riscontri. Il cane guardò la mano di Ichigo per qualche secondo, poi chiuse gli occhi ed emise un mugolio.

«Cos'ha?» chiese Ichigo alla donna che teneva la porta aperta in attesa che la ragazza passasse e raggiungesse i genitori già dall'altra parte.

«Niente, Cielo è così».

«Si chiama Cielo?».

La donna annuì, poi vedendo che Ichigo non aveva intenzione di alzarsi ed uscire, si arrese.

«Sì. Gli hanno avvelenato la madre ed è vivo per miracolo, ma è già grandicello ed è difficile che qualcuno lo prenda. Ormai è rassegnato a restare qui per sempre».

Ichigo si intristì all'istante. Ripensò a se stessa, anche lei abbandonata, ma almeno circondata da amici e da persone che le volevano bene. Lui invece era e sarebbe rimasto tutto solo in una gabbia di ferro a guardare passare altra gente verso il recinto dei cuccioli senza neanche essere degnato di una carezza solo perché era un po' spelacchiato.

«Ichigo, che devi fare?». Sakura si sporse e vide la figlia accovacciata accanto all'altro cane. «Che succede?».

«Mamma non è che potremmo prendere anche lui?» chiese titubante conoscendo già la risposta.

«Tesoro, non abbiamo abbastanza spazio».

Nya fra le sue braccia si mise a fare i capricci e Sakura ridendo cominciò a grattarle il pancino. Sostituire i due animali era fuori discussione. Ormai la piccola aveva conquistato tutti. Ma Cielo?

«Su, ragazzina, usciamo da qui» la esortò con due pacche sulla schiena la responsabile.

«Aspetti, voglio fargli una foto». Con la fotocamera del cellulare Ichigo scattò un'istantanea del cucciolo triste. Era sicura che in qualche modo le sarebbe tornata utile poi, a malincuore, fu spinta fuori nell'atrio. Si sedette su uno dei seggiolini di plastica bianca che contornavano le pareti ed attese che i suoi completassero le pratiche per l'adozione.

Nella sua testolina però frullavano una miriade di idee. Doveva fare qualcosa per Cielo. Ma cosa? Si spremette le meningi alla ricerca di una soluzione mentre aspettava e in macchina, durante il tragitto verso il negozio di animali. Neanche la magnifica pettorina rosa per Nya riuscì a distrarla, concentrata su quella azzurro cielo che avrebbe fatto un figurone addosso all'altro cucciolo.

Una volta a casa, Shintaro scaricò l'auto. La cuccia era davvero ingombrante e scelsero un angolino del giardino per sistemarla. Era carinissima, con le pareti rosa pastello ed il tetto color lampone. Il nero di Nya risaltava in tutto quel rosa sembrando ancora più lucido. Sakura sistemò le scodelle, una per i croccantini e una per l'acqua mentre Ichigo accompagnava la cucciola alla scoperta della sua nuova casa. Nya non smetteva un secondo di scodinzolare, felice come una pasqua per la fortuna che le era capitata: una famiglia che l'avrebbe riempita d'amore.

Ichigo però rimuginava ancora sul suo problema. Ogni volta che chiudeva gli occhi, le veniva in mente l'immagine di Cielo sdraiato a terra, rassegnato e le si straziava il cuore. Durante il pranzo fu del tutto assente, impegnatissima a vagliare tutte le possibili soluzioni. Sakura se ne accorse e si impensierì a sua volta.

«Tesoro, stai ancora pensando a quel cane» affermò sicura mentre riempiva il piatto di Shintaro.

«Era così triste, mamma...».

«Troverà qualcuno anche lui. Sta' tranquilla».

Ichigo ingoiò l'ennesimo boccone e quando ebbe finito, invece di salire in camera sua come faceva di solito, uscì fuori in giardino per stare un po' con Nya.

La cucciola non appena la vide, le andò incontro festosa. Ichigo si sedette a terra a giocare con lei e si lasciò consolare dalle coccole di quel piccolo esserino. Nya le saltò addosso e nella foga del gioco, Ichigo si ritrovò sdraiata a terra. Col nasino umido, la cucciola le sfiorò la guancia, prima di accoccolarsi sul ventre della ragazza per schiacciare un pisolino. Ichigo rise, si portò le braccia sotto la testa e si mise ad osservare il cielo. Nemmeno una nuvola lo sporcava e il suo azzurro si espandeva sterminato. Era meraviglioso quel cielo così azzurro.

Un attimo.

Cielo. Azzurro. Occhi. Occhi azzurri. Occhi azzurro cielo.

Se avessi bisogno di qualcos'altro, fammelo sapere. Farò il possibile”.

Ryo.

Ichigo si tirò su di botto, spaventando la piccola Nya.

«Scusa» disse alla cucciola, «ma ho avuto un'idea e non possiamo aspettare». Lei piegò la testolina di lato. La sua padroncina era del tutto matta.

«Andiamo, abbiamo una missione da compiere!». Ichigo, entusiasta come non lo era da mesi, prese il guinzaglio e lo allacciò alla pettorina di Nya per portarla con sé. Doveva correre al locale il più presto possibile.

Urlò ai suoi genitori che stava uscendo e si avviò in direzione del Caffè Mew Mew seguita da Nya che solo con molta difficoltà riusciva a tenere il suo passo. Neanche a metà strada, Ichigo fu costretta a prendere in braccio la cagnolina ormai esausta. Le fece qualche coccola per congratularsi con lei. Era ancora piccola ma ce l'aveva messa tutta. Qualche passo dopo, Nya si era già addormentata tra le braccia della sua padrona, che proseguì il suo cammino attenta a non svegliarla.

Come sempre Ichigo entrò dal retro. Il locale era già pieno di gente a neanche mezzora dall'orario di apertura pomeridiana. Si guardò intorno alla ricerca delle sue amiche, troppo indaffarate per darle ascolto e alla fine si diresse in cucina.

Keiichiro l'accolse con il suo consueto sorriso e ci mise qualche secondo prima di focalizzare la palla di pelo nero che Ichigo stringeva.

«E' un cagnolino?» chiese estasiato.

Ichigo annuì e sporse le braccia per mostrargliela meglio.

«E' una femminuccia, si chiama Nya» spiegò.

«E' davvero adorabile» le sorrise il pasticcere. Se non avesse avuto le mani in pasta l'avrebbe volentieri accarezzata.

«So che non è il massimo dell'igiene portare un cagnolino in una cucina, ma vado subito via. Ho solo bisogno di sapere dov'è Shirogane».

«Mi dispiace, principessa, è uscito poco fa. Non so quando tornerà».

Accidenti. Ichigo fece una smorfia, ma non era disposta a darsi per vinta.

«Okay, vado ad aspettarlo in giardino allora».

Keiichiro l'accompagnò con un sorriso e una volta fuori, la ragazza lasciò libera la piccola Nya che esaltata da tutto quel verde si diede alla pazza gioia, rincorrendo farfalle e scappando dai calabroni che la inseguivano sotto lo sguardo vigile della sua padrona.

Le lancette dell'orologio intanto giravano, ma di Shirogane ancora non c'era ombra. Ichigo si sedette sui gradini di cemento della porta sul retro e attese. Nya non si fermava un attimo. Avanti e indietro aveva percorso almeno un chilometro. Tra poco sarebbe caduta di nuovo addormentata come un sasso.

Ichigo la chiamò a sé e le diede uno dei biscottini che si era portata da casa prima di uscire. I suoi genitori avevano avuto proprio una bella idea. Nya le dava davvero serenità. La possibilità di accarezzare qualcuno, stringerlo a sé, anche se era solo un cucciolo, la rendeva felice. Non era inutile. Qualcuno adesso aveva realmente bisogno di lei e questo pensiero la fece sorridere.

Ryo la sorprese proprio con quell'espressione in viso e gioì dentro di sé nel vedere finalmente un piccolo sprazzo della vecchia Ichigo che tanto cominciava a mancargli. Non esternò i suoi pensieri, anzi, indossò la solita maschera da duro per non far sorgere sospetti alla ragazza. Se lei avesse capito che qualcosa stava cambiando in meglio, si sarebbe potuta bloccare.

Capita spesso che il nostro dolore sia causato più dalla paura di non soffrire che dalla sofferenza stessa.

«Che ci fai qui? Non avevi chiesto un giorno di permesso?».

Ichigo balzò in piedi, sistemandosi la gonna stropicciata. Di colpo era diventata rossa in viso, senza un motivo ben preciso se non quello di avere davanti Ryo Shirogane. Per quanto avrebbe potuto provarci, il brivido alla schiena quando lui anche solo la sfiorava con lo sguardo non sarebbe mai passato. Figurarsi se puntava i suoi magnifici occhi azzurri dritto su di lei.

«Io... Io ti cercavo» balbettò torcendosi le dita. In un attimo ogni buon proposito era sfumato. Rivolgersi a lui era stata una pessima idea.

«Me?». Ryo nascose il piacere provocato da quella frase con la sorpresa. «E' ancora presto per lo stipendio» disse e fece per andarsene, ma Ichigo lo fermò. La sua mano si era poggiata sul braccio del bel biondo, per ritrarsi un istante dopo. Imbarazzatissima Ichigo si portò la mano chiusa sulle labbra, cominciando a mordicchiare l'unghia del pollice.

«In realtà è per quello che mi hai detto ieri, che se avessi avuto bisogno...».

«Avrei fatto il possibile per aiutarti» completò lui. «Sì, mi ricordo». E nella sua testa pregava perché Ichigo non gli chiedesse di anticiparle le ferie per andare a trovare Aoyama in Gran Bretagna. Vero che le aveva promesso “tutto il possibile” ma con un minimo di criterio e spedirla dritta tra le braccia del suo acerrimo rivale non rientrava proprio nelle sue intenzioni.

«Ecco... Tu ci tieni così tanto agli animali, ma non ti ho mai visto accudirne uno» iniziò la ragazza. Si era preparata una sorta di discorsetto, ma già alla prima battuta, Shirogane fece crollare il suo castello di carte.

«A dir la verità mi sono preso cura di voi cinque per più di un anno». Ichigo rimase spiazzata. Da quando in qua Shirogane aveva il senso dell'umorismo?

Strinse gli occhi per non lasciarsi sfuggire una battutaccia in risposta. Doveva essere gentile e compiacente o si sarebbe giocata anche la sua ultima possibilità. C'era di mezzo la felicità di qualcun altro.

«Vieni al dunque» la esortò il biondo.

Proprio in quell'istante, una festosa Nya fece la sua comparsa. La cagnolina si gettò sulle scarpe di Ryo, prima annusandole, poi tirando i lacci fino a scioglierle. Il biondo provò a scansarsi per evitare che le rovinasse irrimediabilmente, ma solo l'intervento di Ichigo, che prese in braccio Nya poté evitare il disastro.

«Ha a che fare con lei?» chiese il giovane stizzito.

Ichigo deglutì. Tutte le sue speranze erano ormai andate in fumo, ma doveva tentare lo stesso.

«Non esattamente. Vedi, i miei si sono accorti che ero un tantino giù di morale», Ryo che già la guardava storto, alzò un sopracciglio come a dire: “solo un tantino?”, ma non proferì parola e la lasciò continuare. «Così hanno pensato di adottare un cagnolino di cui prendermi cura» e al riguardo Ichigo mostrò Nya.

«Continua».

«Solo che uscendo dal canile, mi sono accorta di quest'altro cucciolo. Credimi è un tesoro, carinissimo. Avrà circa sei mesi, non muove una zampa ed è molto triste. Gli hanno avvelenato la mamma e rischia di trascorrere il resto della sua vita in quel postaccio se...». Ichigo dovette fermarsi. Azzardò un'occhiata al viso di Shirogane e lo trovò assorto. La stava davvero ascoltando e a quel punto doveva pure aver capito dove voleva andare a parare la ragazza.

«Se?».

«Se nessuno lo adotta. Lo avrei fatto volentieri io, ma avevo già preso lei e la mamma mi ha fatto notare che a casa non abbiamo abbastanza spazio per entrambi e allora ho pensato a te. Mi sono detta che magari potevi prenderlo... tu».

«Scordatelo». Ryo si infilò le mani in tasca e mosse un passo verso l'ingresso. Ancora Ichigo gli si parò davanti per impedirgli di entrare.

«Ryo, ti prego!».

Un po' per il tono davvero supplicante della ragazza, un po' perché per la prima volta da quando la conosceva lei lo aveva chiamato per nome, il biondo si arrestò e la guardò. Aveva gli occhioni color cioccolato sgranati e lucidi di commozione. Si vedeva che ci teneva. Se così non fosse stato non avrebbe nemmeno messo a repentaglio il suo ritrovato buonumore per cercare di convincere il suo scorbutico capo ad adottare un cane.

«Di che razza è?» le chiese schiudendo appena un occhio. Uno spiraglio di speranza.

Ichigo rimase spiazzata. Che ne sapeva lei di razze? Avevano tutti quattro zampe e una coda, serviva altro?

«E'... un cane» buttò lì.

Ryo si girò verso di lei a braccia conserte, l'espressione del volto cupa.

«Ed io dovrei adottare un cane così? Ad occhi chiusi?».

«Aspetta, ti mostro una foto».

Ichigo mise a terra Nya e frugò nelle tasche alla ricerca del cellulare. Dopo un paio di bip voltò lo schermo verso il viso di Ryo che restò basito. La ragazza aveva ragione: quel cane era tristissimo e cosa peggiore, rassegnato al suo destino. Dalla foto si vedeva ben poco del resto. Si scorgeva un naso nero in contrasto con le guance e la parte attorno alle sopracciglia in beige scuro. Aveva i colori di un pastore tedesco, ma non lo era.

«Per favore...».

«Ci devo pensare».

Non se ne parlava nemmeno. Se gli avesse dato il tempo di pensarci, avrebbe sicuramente detto di no. Ichigo doveva battere il ferro finché era caldo.

«Se lo prendi, verrò tutti i giorni e farò gli straordinari!» offrì in cambio.

«Ichigo, fai già entrambe le cose» le ricordò il biondo.

«Uffa!» la ragazza sbuffò spazientita. Non c'era verso di poter uscire vittoriosa da una discussione con lui. «Allora scegli tu. Farò tutto quello che vorrai!» disse sempre meno convinta man mano che si avvicinava alla conclusione della frase. Ryo poteva essere molto crudele se gli si dava la possibilità e lei lo sapeva bene. Come previsto infatti, il bell'americano non si smentì ed afferrò l'occasione al volo.

«Okay Ichigo, mi hai convinto. Lo prendo». La ragazza esultò entusiasta. «Ma ad una condizione» e la sua esaltazione si spense. Deglutì forte vedendosi puntare l'indice del biondo contro il naso. «Lo porteremo a spasso insieme».

La rossa sospirò di sollievo. Si aspettava molto peggio.

«Affare fatto. Domani mattina andiamo a prenderlo».

Si strinsero la mano come due veri soci in affari, ma non sapevano ancora che in ballo c'era qualcosa di molto più prezioso di qualunque business.

 

Il giorno dopo, di buon mattino, Ichigo e Ryo erano in viaggio verso il canile. Avevano preso la macchina di Keiichiro per comodità ed ingannavano il tempo come meglio potevano. Lei smanettava con la radio, mentre lui cercava in tutti i modi di non perdere la pazienza a causa del traffico. Ogni tanto lanciava un'occhiata alla rossa seduta al suo fianco. Osservava lo strano riflesso che la luce del sole creava sui suoi capelli e sulle sue labbra, la gonna marrone a pieghe che le copriva le gambe solo a metà e le dita che giocavano con i bottoni della radio del suo amico.

Chiunque da fuori, li avrebbe scambiati per una coppia. Due fidanzatini che vanno a fare colazione insieme in una calda mattina di luglio. Le labbra di Ryo si piegarono in un mezzo sorriso a quel pensiero. Ichigo se ne accorse e lo guardò a sua volta curiosa.

«Perché sorridi?».

Il biondo scosse la testa. Di sicuro non le avrebbe raccontato la verità.

«Non è importante. Dove dobbiamo andare?».

Ichigo lasciò correre per non cominciare discussioni. Era da un pezzo che lei e Ryo non litigavano e se proprio doveva essere sincera non le mancavano per niente i loro battibecchi.

«Al prossimo incrocio gira a sinistra». Gli indicò la strada e poi si rilassò sul sedile, canticchiando malamente la canzone che stavano passando in quel momento.

Duecento metri dopo, erano arrivati davanti al casermone che ospitava il canile. Scesero e, mantenendo una certa distanza, si avviarono verso la porta. Ichigo con la coda dell'occhio controllava Ryo. Esisteva ancora la possibilità che il biondo ci ripensasse e corresse via, lasciandola lì, ma per fortuna si sbagliava. Entrarono insieme e la rossa si ritrovò davanti la stessa scena del giorno prima. Saletta con pareti tappezzate da annunci e sedie di plastica vuote.

La stessa donna del giorno prima comparve assonnata. Ci mise qualche secondo a focalizzare Ichigo, poi, avendola riconosciuta, sbuffò.

«Ragazzina, non riprendiamo indietro i cani dati in affido».

Ichigo si accigliò. D'impeto incrociò le braccia sul petto e rispose acida.

«Non ho intenzione di restituire Nya. Lei è mia. Siamo venuti a prendere Cielo» disse con tono di sfida.

La responsabile squadrò entrambi, prima lei, combattiva, irrefrenabile, poi lui, con l'espressione di un cavaliere condannato al martirio per far piacere alla sua bella. Scosse la testa e dopo aver tolto le mandate alla porta di ferro con la griglia, la aprì.

«Prego, è tutto vostro».

Ichigo si fiondò dentro e trovò Cielo esattamente come lo aveva lasciato: sdraiato, le zampe sotto il musetto e gli occhi tristi.

Ryo la seguì. Con le mani in tasca, anche lui si accovacciò su ordine della rossina che gli faceva cenno con la mano per guardare il suo futuro compagno d'avventure. Le iridi azzurre di uno incontrarono quelle ambrate dell'altro ed in una specie di lampo, Ryo si rivide bambino, solo ed abbandonato, incompreso da tutti.

D'un tratto, la prospettiva di dare una casa a quel piccolino non gli sembrò più un sacrificio.

«E' davvero bello» disse il ragazzo accarezzando Cielo attraverso la grata. Ichigo lo guardò, le sue labbra spalancate in un sorriso sincero che le mancava da tempo. L'espressione di Ryo oltre che sorprenderla, le aveva riscaldato il cuore. Cielo lo aveva conquistato, ne era certa.

La responsabile aprì la cuccia e Ryo si fece avanti.

«Allora Cielo, che ne dici? Vieni a casa con me?».

Il cucciolo lo guardò ancora, poi in un moto di fiducia, si alzò sulle zampe ed uscì dal recinto. Ryo, ancora inginocchiato, lo accolse benevolo e subito iniziò ad accarezzargli il pelo sporco. Cielo si mise a scodinzolare in risposta. Ogni movimento era un “grazie” accompagnato ad un “ti prego”. Glielo si leggeva negli occhietti dolci: “non pretendo tanto, soltanto vogliatemi bene”.

Tornati in sala d'attesa, Ryo si mise a firmare carte ed autorizzazioni mentre Ichigo intratteneva Cielo con delle coccole. Dieci minuti dopo, lo aiutarono a salire in macchina e tornarono al caffè. La missione era compiuta.

«Che ne pensi se vado a prendere Nya? Così si fanno compagnia durante il turno» propose Ichigo. Con un'alzata di spalle, Ryo le comunicò che era d'accordo.

«Vado e torno». La rossa lasciò entrambi in giardino e corse verso casa sua, in testa l'immagine di quel quartetto un po' strampalato ma dolcissimo a cui si stava già affezionando.

 

Seduto sui gradini di cemento della porta sul retro, Ryo osservava Cielo prendere confidenza col nuovo ambiente. Il cane passeggiava a tratti titubante annusando tutto quello che gli capitava sotto il naso, a tratti convinto per il giardino soleggiato. Poi si avvicinò al suo padrone e piegando la testa, emise un suono acuto.

«Lo so bello, ma ha fatto gli occhioni dolci, come potevo dirle di no?». Cielo alzò le zampe e le poggiò sui jeans del ragazzo che non si scandalizzò. Aveva già avuto un cane ed aveva perso pure lui nell'incendio che gli aveva distrutto la vita. Prese ad accarezzargli la testa ripensando a quel periodo così brutto.

Aveva desiderato morire anche lui, se lo ricordava bene. Per anni non aveva provato più niente, se non il vuoto di un'assenza incolmabile. Ma era stato proprio quel disastro a renderlo quello che era. La distruzione causata da quell'incendio lo aveva spronato a continuare il lavoro di suo padre, ad avviare il progetto Mew e da lì tutti gli eventi che avevano riempito le sue giornate: il Giappone, il Caffè, Art, la squadra Mew Mew, l'amicizia, Ichigo.

Quando non provi niente per tanto tempo, anche il minimo sentimento viene percepito come enorme, sconvolgente e lui sentiva che Ichigo aveva fatto proprio quello: gli aveva sconvolto la vita. Con la sua esuberanza, la voglia di fare, la prepotenza a volte di voler riuscire in tutto a tutti i costi, gli aveva ricordato com'era lui da bambino e gli aveva dato un buon motivo per alzarsi la mattina. Per questo si sentiva in debito con lei. Voleva ricambiare il favore e restituirle quella spensieratezza che la partenza di Masaya le aveva tolto.

Cielo uggiolò guadagnandosi un'altra carezza.

«Riuscirò a renderla felice e tu mi aiuterai» disse alzandosi. «Vado a procurarti la pappa, resta qui» gli ordinò e Cielo, obbediente si sedette davanti alla porta. Per la prima volta, i suoi occhioni color ambra splendevano sicuri che qualcuno sarebbe tornato da lui.

 

Ichigo era tornata in pochissimo tempo. Non aveva mai percorso quella strada così velocemente. Adagiò la piccola Nya, che nel frattempo si era addormentata, vicino a Cielo, regalò una carezza al cagnone che in confronto a Nya era enorme sebbene fosse anche lui ancora un cucciolo e corse dentro ad indossare la sua divisa, puntuale per la prima volta dopo mesi. Ryo vedendola le sorrise e la ragazza ricambiò. Le mostrò la ciotola di ferro che stava riempiendo con dell'acqua fresca come a volerle dimostrare che aveva davvero a cuore il suo nuovo compito prima di uscire per consegnarla a Cielo. Ichigo lo seguì con gli occhi fino a quando la porta non si chiuse. Era contenta. Per un intero giorno era riuscita ad allontanare i cattivi pensieri dalla sua testa. Masaya, la sua partenza e tutto quello che ne era scaturito dopo, erano temporaneamente scomparsi per lasciare il posto a Nya, Cielo e non ultimo Ryo, inaspettatamente dolce, comprensivo e pronto ad aiutarla. Sì, era contenta. Ma per quanto sarebbe durato? Di notte, da sola, nel buio della sua camera, non era poi così sicura di potercela fare.

Certo se Ryo fosse stato anche lì, se l'avesse abbracciata, consolata...

Cacciò indietro quel pensiero e si mise al lavoro. Non doveva perdere tempo. Si diede un bel da fare. Aveva capito che si sentiva meglio se teneva occupata la mente ed aveva tutti i mezzi per non pensare.

A fine giornata, esausta, andò a cambiarsi.

Ryo era rimasto tutto il pomeriggio fuori a tenere d'occhio i due animali ed Ichigo lo trovò lì, intento ad osservare Cielo e Nya, sdraiati a terra nel miglior poltrire che avesse mai visto. Passandogli a fianco, Ichigo scompigliò i capelli del biondo che la guardò truce facendola scoppiare a ridere.

«Sono stati bravi?» si informò la ragazza.

«Non si sono mossi un attimo».

Ichigo estrasse il guinzaglio dalla borsa e lo allacciò alla pettorina di Nya che si stiracchiò sulle zampette. Cielo spalancò la bocca in uno sbadiglio enorme. La rossina gli diede una carezza e si avviò verso il cancello. Era anche il suo momento di tornare a casa.

«Io vado, buonanotte» disse a Ryo, che spingendo sulle ginocchia con i palmi aperti a sua volta si tirò su.

«Ichigo». Lei si fermò. Per un attimo le tornò in mente Ryo che dormiva con lei. Chissà se l'avrebbe abbracciata e le avrebbe accarezzato i capelli, o la guancia, come aveva fatto due giorni prima...

«Sì?».

«Ricordati il nostro patto. Domani passeggiata».

La ragazza annuì vigorosamente per nascondere il rossore che si era fatto strada sul suo viso.

«A... A domani» balbettò per poi voltarsi di scatto.

«A domani» ripeté il biondo.

Era sempre così. Era sempre 'a domani' per loro. Da quando si erano conosciuti non avevano trascorso un solo giorno senza vedersi, ma quella sera, quelle due paroline suonarono in maniera diversa, più dolce. Non erano solo un saluto. Erano una promessa.

 

Quando fuori tutto è silenzio, anche il minimo suono sembra assordante.

Ichigo dormiva beatamente, il lenzuolo stropicciato cacciato da parte e la canottiera del pigiama talmente attorcigliata da lasciarla quasi nuda. Faceva un caldo bestiale in quel mese di luglio e lei lo soffriva tutto.

Sul comodino, proprio accanto alla sua testa, il suo cellulare vibrava e suonava come assatanato, ma lei non lo sentiva. Aveva il sonno pesante e lo sapevano tutti. Non per questo, chiunque stava dall'altra parte del telefono si arrese e conclusa una chiamata, subito ne cominciò un'altra, in un susseguirsi tanto veloce da non poterle distinguere.

«ICHIGO!!!».

L'urlo furioso ed i colpi violenti assestati al muro fecero sobbalzare la giovane, che si tirò su completamente intontita, gli occhi ancora chiusi.

Che diamine sta succedendo?”.

«SE NON SPEGNI QUEL DANNATO CELLULARE PRIMA DI ANDARE A LETTO TE LO FACCIO INGOIARE!» tuonò ancora suo padre dall'altra camera.

Ichigo focalizzò la sua attenzione sul piccolo apparecchio che ancora tremava scosso dal vibracall. Il nome che lampeggiava sul display ed un'occhiata veloce alla sveglia la spaventarono.

«Pronto!» rispose subito, rischiando di far cadere il cellulare per terra a causa della concitazione.

La voce all'altro capo però era totalmente tranquilla quando parlò.

«Dormigliona, hai 15 minuti per essere pronta. Sto passando a prenderti».

Ichigo sbatté più volte le palpebre, convinta di stare sognando. Erano le 5. Per quale assurdo motivo Ryo Shirogane la chiamava alle 5 e le diceva di farsi trovare pronta?

«Stai scherzando?» riuscì solo a chiedere.

«Per niente. Su, siamo già in ritardo» e cadde la linea. Le aveva pure chiuso il telefono in faccia? Ma stava bene? No, quel ragazzo doveva sicuramente avere qualche problema, Ichigo ne era certa.

Valutò seriamente la possibilità di tornarsene a letto come se nulla fosse, ma se conosceva bene Shirogane (e lo conosceva) sapeva che si sarebbe attaccato al citofono svegliando tutto il vicinato e non era il caso.

A malincuore, abbandonò il materasso e si rifugiò in bagno per darsi una rinfrescata. Barcollando dal sonno poi tornò nella sua stanza a vestirsi. Indossò le prime cose che le capitarono tra le mani: pantaloncini rossi e maglietta blu, si annodò i capelli e scese in giardino. Ryo non si vedeva.

«Se mi lascia qui fuori ad aspettare, lo ammazzo» disse a denti stretti. Faceva pure freddo ed il sole non era neanche sorto del tutto. All'orizzonte si intravedevano solo dei raggi che coloravano il cielo di viola.

Ichigo si appollaiò al cancelletto di legno bianco. A braccia conserte e piedi incrociati, si mise ad aspettare, promettendo a se stessa che se entro cinque minuti il biondo non fosse arrivato, se ne sarebbe tornata dentro.

Ma Ryo arrivò e pure accompagnato. Aveva addosso un paio di pantaloni da tuta bianchi e la maglietta nera con lo scollo a V gli lasciava intravedere il petto marmoreo. Squadrò Ichigo dalla testa ai piedi, mentre lei lo fulminava.

«Buongiorno» la salutò poi con un sorriso che però stavolta non ebbe effetto.

«Buongiorno un corno! E' ancora notte fonda, dove pensi di andare a quest'ora?».

Il biondo indicò Cielo seduto al suo fianco con la lingua di fuori, impaziente di rimettersi in cammino. Anche la bocca del cane sembrò allargarsi quando riconobbe Ichigo.

«Passeggiata!».

«Adesso?!». Ichigo aveva gli occhi fuori dalle orbite. Shirogane era del tutto impazzito.

«Non c'erano clausole nel nostro patto che indicassero quando dovevamo andarci. Decido io ed io dico sì, adesso».

Un forte istinto omicida costrinse Ichigo a stringere occhi e dita. La ragazza prese qualche respiro profondo, cercando dentro di sé quella calma che le avrebbe evitato di finire la sua vita in carcere. Le ci volle quasi un minuto per trovarla, ben nascosta dove stava. Alla fine si arrese all'evidenza dei fatti, aprì il cancello e fece per uscire.

«Sappi che ti odio» gli disse. Ryo per tutta risposta fece spallucce.

«Sempre meglio di niente. Non prendi Nya?».

«Sta ancora dormendo, lei».

«Poco importa, si sveglierà strada facendo».

Sbuffando Ichigo tornò indietro, fino alla cuccia di Nya, che più che dormire ronfava beatamente sui cuscini riciclati appositamente per lei. La ragazza dovette infilarsi dentro la piccola casetta per prenderla e in quel modo non poté vedere l'espressione che si era stampata sul volto del biondo, per la sua salvezza.

Ryo tratteneva a stento le risate. Non si era mai divertito così tanto in vita sua e vedere una Ichigo spensierata lo rendeva ancora più allegro.

La ragazza riemerse dalla cuccia con Nya in braccio ed imbronciatissima si mise di fianco al biondo. Faceva strada lui e lei si limitava a seguirlo, masticando aggettivi non proprio lusinghieri e borbottando per il sonno.

Camminarono per quasi mezzora. Avevano fatto il giro ed ora si trovavano nel piccolo spiazzale sotto il Caffè. Ovviamente era deserto. A quell'ora erano loro gli unici pazzi ad andarsene in giro. Però quella calma non dispiaceva a nessuno dei due. Ryo si sedette sulla panchina coperta dall'ombra del grosso acero che già in passato aveva assistito a diverse scenette tra i due, alcune tenere, altre da far accapponare la pelle. Fece segno ad Ichigo di raggiungerlo e la ragazza non se lo fece dire due volte. Nya, contro ogni previsione, era ancora assopita e così lei se la poggiò sulle gambe e si lasciò andare contro lo schienale, esausta.

Davanti a loro il sole stava finalmente sorgendo, schiarendo il cielo che in quel momento era un tripudio di colori, rosso, rosa, arancio, mentre qualche sprazzo di azzurro andava via via conquistando il resto. Era un vero spettacolo. Ryo rimaneva sempre senza fiato sebbene vi assistesse quasi ogni mattina dalla finestra della sua camera.

«Ichigo, guarda che merav...».

Ma prima che potesse finire la frase, il ragazzo sentì un colpo sulla sua spalla e fu lui a voltarsi a guardare.

Ichigo si era addormentata ed era scivolata in quella posizione senza nemmeno accorgersene. Un sorriso diverso curvò le labbra del giovane.

E dalle mani di quella ragazza era passata la salvezza del mondo? Ryo si trattenne dal ridere per non svegliarla. Era bellissima. Le ciglia lunghe scintillavano sotto i raggi del sole. Le labbra carnose semi aperte erano così invitanti, che se Ryo non avesse avuto timore che di colpo Ichigo si fosse svegliata, si sarebbe avvicinato e le avrebbe sfiorate con le sue. Che gliene importava di Masaya? Lui se n'era andato. L'aveva lasciata lì, triste e bellissima. Se Ichigo fosse stata un tantino più intelligente non avrebbe sprecato un attimo del suo tempo a star male per quel tipo. Se Ichigo fosse stata intelligente si sarebbe accorta che c'era qualcun altro, vicinissimo a lei, pronto a darle tutto, sempre, incondizionatamente. Se Ichigo fosse stata intelligente...

La ragazza si mosse e si sistemò meglio sulla spalla di lui. Ryo decise che poteva pure lasciarla dormire un po'. Non avevano fretta. Si lasciò scivolare sulla panchina e chiuse gli occhi pure lui. Il venticello fresco gli accarezzava il volto. Si disse che per quanto lo riguardava, quello poteva pure essere il paradiso.

Rimasero in quel modo per quasi un'ora. Quando si fece abbastanza tardi, Ryo smosse leggermente il braccio della ragazza, che si tirò su di botto, spaventata.

«Che succede?» chiese allarmata. Poi vedendo l'espressione del biondo, fece cadere le braccia lungo i fianchi rassegnata. «Mi sono addormentata».

«Non avevo dubbi. Su, torniamo a casa».

Anche Ryo si alzò e richiamò i due animali che avevano passato il loro tempo giocando all'ombra. Cielo teneva d'occhio Nya al pari di un cavaliere con una piccola principessa. Ryo era fiero di lui.

I due ragazzi presero i guinzagli dei rispettivi cani e si incamminarono. Ichigo sbadigliava ogni due passi, mentre Ryo se la rideva sotto i baffi. La salutò sul cancelletto di casa sua, si sarebbero rivisti più tardi al caffè, ma non mancò di farle una raccomandazione.

«Domani alla stessa ora!» e se ne andò con la mano alzata come faceva sempre.

Ichigo lo guardò svoltare l'angolo indispettita. Chi diamine gliel'aveva fatto fare di mettersi in una situazione del genere? Ma prima ancora che se ne pentisse del tutto, la coda di Cielo, che oscillava irrefrenabile a destra e a sinistra al suo trotterellare, le rubò un sorriso.

 

Andò avanti per un bel pezzo. Ogni mattina, all'orario prestabilito, il teatrino aveva inizio.

Il telefono di Ichigo squillava, Shintaro batteva il pungo sul muro, la ragazza si alzava, con gli occhi ancora chiusi e a tentoni cercava qualcosa da mettere.

Nya si era abituata meglio della sua padroncina a quella routine e ormai aspettava la giovane dietro la porta, col guinzaglio tra i dentini, scodinzolante. Ryo passava a prendere entrambe e camminavano tutti insieme fino al giardinetto dove una volta arrivati, si sedevano sulla panchina a guardare l'alba.

Dopo due settimane Ichigo non si addormentava più. Aveva pian piano ripreso il suo buonumore, tornando ad essere la ragazza spensierata che era prima della partenza di Masaya, felice ed allegra, pronta a dispensare sorrisi a destra e a manca. La presenza di Ryo la confortava e le faceva dimenticare tutti i cattivi pensieri, le paure e quella solitudine che la notte provava ad afferrarla e a portarsela via. Bastava il ricordo di due paroline pronunciate da Ryo e tutto si sistemava. Quegli “a domani” erano diventati la sua salvezza.

Stava per concludersi la terza settimana di passeggiate. Ogni mattina, camminando insieme, Ichigo scopriva qualcosa di più di se stessa e di Ryo. Ormai conosceva a memoria il modo in cui il biondo muoveva le mani quando parlava. Aveva imparato a prevederne le reazioni dai suoi occhi azzurri. Adesso riusciva a sostenerne il peso. Una volta che aveva imparato a comprenderli, non era più così brutto perdercisi, anzi, le piaceva immensamente starlo ad ascoltare ed osservarlo.

Quella mattina, come di consueto, erano arrivati al giardinetto, ma invece di sedersi, Ichigo era andata verso la ringhiera per ammirare il panorama. Il sole stava sorgendo in tutta la sua maestosità e la ragazza chiuse gli occhi per assaporare la bella sensazione che le davano i raggi sulla pelle. Ryo la raggiunse, scortato da Cielo. Il cane aveva fatto una marea di progressi da quando l'americano si prendeva cura di lui. Aveva preso peso, il pelo risplendeva lucido ed era immensamente felice. Finalmente aveva trovato pace, amore ed una compagna di giochi instancabile che cresceva insieme a lui. Nya diventava ogni giorno più grande e più bella per la soddisfazione della sua padroncina. Tra qualche mese sarebbe stata Nya a portarla in giro, non il contrario.

Ichigo si appoggiò con i gomiti alla ringhiera e sospirò. Aveva fatto un brutto sogno quella notte e quelle immagini non smettevano di tormentarla. Ryo se ne era accorto non appena l'aveva vista uscire di casa e subito cattivi pensieri avevano messo in moto la sua fantasia.

«Sei molto silenziosa oggi» fece notare alla ragazza che abbassò lo sguardo e non rispose.

La preoccupazione di Ryo crebbe. Vide calare di nuovo quella nube di tristezza che aveva avvolto Ichigo nei mesi passati e digrignò i denti infastidito.

«E' successo qualcosa con Masaya? Sta per tornare?» chiese. Se le aveva fatto del male in qualche modo, avrebbe preso il primo aereo, lo avrebbe raggiunto anche in capo al mondo e lo avrebbe picchiato a sangue. Ichigo non si meritava tutto quello che le stava facendo.

Ichigo sussultò e l'immagine del sogno tornò come un flash a farla rabbrividire. Guardò Ryo. L'espressione truce stampata sul suo volto non prometteva niente di buono. Se lo immaginò mentre strozzava Masaya. Lui dopotutto era fermamente convinto che tutto quello che era successo era colpa sua. Non sapeva la verità. Lei non l'aveva detta a nessuno. Ma forse era arrivato il momento di svelare il suo segreto e a chi se non a lui? L'unico che era riuscito a farla stare meglio.

«No, lui non tornerà» cominciò con l'ennesimo sospiro. Ryo si voltò verso di lei colto di sorpresa. «In realtà io e Aoyama ci siamo lasciati. Prima che partisse». Parlava lentamente, per frasi brevi, un po' titubante, timorosa di risvegliare quel dolore solo assopito.

Ryo rimase impalato dalla sorpresa. Lasciati?

«Io non potevo andare con lui e lui non voleva partire senza di me. Stava per rinunciare al suo sogno per colpa mia e allora l'ho lasciato. Gli ho detto che non lo amavo più e l'ho costretto ad andarsene» confessò tutto d'un fiato.

Il biondo ci pensò un po' prima di risponderle. Era un argomento troppo delicato. Una parte di lui voleva esultare al pensiero di Ichigo finalmente libera, un'altra, più razionale, soffocava l'altra, obbligandolo ad analizzare tutti i dettagli. Ichigo libera sì, ma triste, sofferente.

«E' stato un gesto molto nobile da parte tua, ma così hai fatto del male a te stessa. In realtà tu lo ami ancora, vero Ichigo?».

«Non lo so! E' questo il punto. Non lo vedo e non lo sento da quasi quattro mesi ed è come se non me ne importasse nulla. Se lo amassi dovrei essere a distrutta dalla sua assenza, non è così?». Ichigo cercò conferma nel biondo.

«Ma lo sei, Ichigo. Sei a pezzi!».

«Non perché mi manca» confessò ad occhi bassi, colpevole. Si sentiva un mostro per quello. Masaya doveva essere la persona più importante della sua vita e per lei, che ci fosse o non ci fosse era esattamente la stessa cosa. Che razza di persona era?

«E allora perché?» cercò di capire Ryo.

Ichigo scosse la testa.

«Kisshu è andato via. Anche Aoyama e pure Zakuro. A breve anche mio padre dovrà partire per lavoro. Ho come l'impressione che mi stiano abbandonando tutti».

Quella notizia l'aveva sconvolta. I suoi gliene avevano parlato la sera prima a cena e da quella frase, l'incubo aveva ripreso vita, più forte di prima. Suo padre andava via e lei si era sentita crollare.

«Io non vado da nessuna parte».

Ryo irruppe nei suoi pensieri ed Ichigo si voltò di scatto verso di lui, prima sorpresa, poi nuovamente attanagliata dalla tristezza di un ricordo.

«Stavi per farlo invece. Stavi per andartene anche tu».

Ryo trasalì. Glielo aveva confessato proprio in quel posto, appena finita la battaglia e negli occhi di lei aveva scorto qualcosa, una scintilla di dispiacere che quella notte non lo aveva fatto dormire ed infine lo aveva fatto restare, solo per lei.

Cielo uggiolò e col musetto nero diede un paio di spinte alla gamba del giovane. Ryo lo fulminò. Qual cane era più intelligente di quanto avesse mai pensato.

«Okay, okay» disse rivolto a lui. Era il suo momento di confessare.

«Sono rimasto per te». Ichigo restò di stucco.

«Per me?» chiese intontita.

Ryo annuì. «E per quest'alba. Quando sono triste vengo qui, guardo il sole sorgere e mi sento subito meglio. Non cambierei quest'alba per nessun'altra al mondo».

«E' per questo che mi hai portata qui ogni giorno? Per farmi sentire meglio?».

«Sì e se fosse necessario continuerei a farlo per il resto dei miei giorni. Ichigo...» Ryo la prese per le spalle e la guardò fisso negli occhi. Come quella sera al Caffè, fece scivolare le dita sulla guancia della ragazza, ma stavolta Ichigo non arrossì, anzi chiuse gli occhi e si lasciò trasportare da quel gesto che aveva assunto un significato del tutto nuovo per lei. «Tu sei come Cielo» continuò il biondo, «anche tu per un attimo hai avuto paura di non trovare mai nessuno, ma vi siete sbagliati entrambi. Guardalo, lui adesso ha una casa, ha tante persone che gli vogliono bene ed è felice. E pure tu, sei circondata da gente che ti ama e che non ti lascerà mai. Tuo padre tornerà e pure Zakuro. E se ti manca quel testone di un alieno, chiamerò anche lui, ma fidati di me, non sarai mai sola».

Ichigo sorrise timidamente. Più lo guardava, più si convinceva che aveva ragione. Era stata una sciocca. Si era fatta prendere dalla paura ed aveva dimenticato tutto quello che la circondava. C'erano i suoi genitori, le sue amiche, Keiichiro. C'era Ryo.

Si alzò sulla punta dei piedi e gli allacciò le braccia attorno al collo, in un goffo tentativo di abbracciarlo.

«Hai ragione» gli sussurrò all'orecchio. «Non sarò mai sola. Ci sei tu con me».

Ryo non se lo fece ripetere due volte. La strinse a sé come non aveva mai fatto e sempre aveva desiderato. Si riempì le narici del suo profumo e le sua dita si persero fra le ciocche rosse che tante volte aveva sognato di accarezzare e sistemare dopo che lei le aveva scompigliate.

«Non lo dimenticare mai» soffiò mentre l'ennesima alba, in tutta la sua maestosità, sorgeva ad illuminarli ed Ichigo sorrideva, finalmente libera da tutte le sue paure.

«Ho voglia di torta, andiamo a mangiare?» disse la rossina, sciogliendo l'abbraccio. Riusciva a stento a trattenere la ritrovata felicità.

«Okay» l'accontentò Ryo porgendole la mano. Ichigo la prese come se fosse la cosa più naturale del mondo, intrecciò le sue dita con quelle del bell'americano e, scortati da Cielo a sinistra e Nya a destra, i due si avviarono verso il locale.

«Ma quindi adesso posso ricominciare a dormire fino a tardi?».

«Mmm... Non credo».

«Perché?!».

«I cani sono molto abitudinari. Dopo un po' che fanno qualcosa vogliono farla sempre».

Ichigo fissò Nya che, a conferma di quello che aveva detto Ryo, abbaiò festosa.

«CHE COSA?! Te lo scordi».

«Dai Ichigo, se fai la brava ti porto al mare...».

«Al mare? Quando?».

«Domani?».

«Domani».

Non c'era parola più bella.

 

 

 

Ta-daaaaaan!!

Siete riusciti ad arrivare fino alla fine? Complimenti! Seriamente, ho scritto long più brevi di questa One Shot, però ne sono fiera. Mi mancava davvero tanto scrivere delle mie teste di legno preferite.

Per chi si stesse chiedendo che fine ho fatto, mi sono momentaneamente trasferita tra le originali a continuare la mia storia. Ma prima o poi tornerò, garantito! Forse anche più presto del previsto dato che ho una mezza idea di continuare questa OS raccontando della loro bella giornata al mare. Voi che ne dite?

Parliamo un attimo di cose serie: Cielo esiste davvero e davvero cerca casa, lui e le sue sorelle, Gaia e Maya. Se qualcuno fosse interessato ad adottarli, me lo faccia sapere. Sono fantastici, di una tenerezza inaudita. Se potete fate una buona azione, come Ryo, salvate un cucciolo!

Se siete interessati mandatemi un'e-mail a serenity_moon@hotmail.it oppure fatevi sentire sulla mia pagina facebook: https://www.facebook.com/oo00SerenityMoon00oo?ref=hl dove troverete anche le foto di questi splendidi cuccioli. Vi metterò in contatto con i volontari che si occupano di loro. Per favore, non dimenticatevi di loro e di nessun altro cucciolo. Se potete, adottate!!

Ringrazio tutti coloro che hanno letto.

A presto!

Come sempre, baci, bacini, bacetti, con tanto affetto la vostra

Serenity Moon

   
 
Leggi le 11 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Tokyo Mew Mew / Vai alla pagina dell'autore: Serenity Moon