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Autore: lynch    06/08/2013    1 recensioni
"Represse un moto di rabbia e aumentò ancora di più l'andatura. Le sue gambe sembravano sapere già dove andare e per un attimo sperò di non essersi sbagliata. Il momento di indecisione passò così come era venuto nel momento in cui una bambina con un delizioso cappotto rosso oltrepassò la strada, mano nella mano con sua madre. Dal nulla, seppe che poteva ancora fidarsi del suo istinto".
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Black Star, Maka Albarn
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Not crying on Sundays

 

Come sempre, dedicata alla mia onee-chan.

 

(*)And I can't change

even if I tried

even if I wanted to

My love, my love, my love

She keeps me warm”
 

Cercava di camminare il più velocemente possibile e nello stesso momento era concentrata a non cadere e spezzarsi l'osso del collo.

Sebbene una serie di nevicate si era abbattuta sulla città nell'arco delle ultime due settimane, la metropoli non dormiva: gli impiegati dovevano raggiungere le loro preziose scrivanie, i dipendenti dal caffè aspettavano impazienti davanti alla cassa e gli automobilisti più intrepidi si erano infilati ugualmente nelle loro macchine, ignorando lo stato della strada. L'asfalto era ricoperto di un leggero strato di neve ghiacciata che rendeva la guida instabile e pericolosa.

Una folata di vento colpì in pieno petto Maka che si strinse nel suo cappotto caldo e di una taglia più grande rispetto alla sua. Era stata costretta ad arrotolare un po' le maniche, ma non si era affatto pentita della sua scelta: il capo d'abbigliamento era comodo e soprattutto pratico.

Era come se nel momento in cui l'aveva scelto era stata sicura che prima o poi -perché capitava sempre qualcosa- sarebbe stata costretta ad andarsene di fretta e furia dal suo posto di lavoro per cercare quell'idiota.

Strinse nella mano destra il cellulare e ripeté nella sua mente ancora una volta le parole del messaggio che aveva ricevuto cinque minuti prima da Soul.

Mi sono distratto un attimo e lui non c'era più. Non so dove sia andato, mi spiace. Esco a cercarlo.

Represse un moto di rabbia e aumentò ancora di più l'andatura. Le sue gambe sembravano sapere già dove andare e per un attimo sperò di non essersi sbagliata. Il momento di indecisione passò così come era venuto nel momento in cui una bambina con un delizioso cappotto rosso oltrepassò la strada, mano nella mano con sua madre. Dal nulla, seppe che poteva ancora fidarsi del suo istinto.

Digitò velocemente sul cellulare un messaggio di risposta, rassicurando il suo migliore amico dicendogli che da quel momento in poi se ne sarebbe occupata lei. Nell'ultimo periodo, la ragazza gli era stata infinitamente riconoscente per tutto l'aiuto che le aveva offerto. Si appuntò mentalmente di doversi sdebitare in qualche modo e al più presto possibile.

Dopo l'incidente era stato impossibile conciliare università, lavoro part time, volontariato e anche le condizioni in cui era Black*Star.

Erano stati due anni molto lunghi, soprattutto senza l'aiuto di nessuna delle loro due famiglie. Negli ultimi tempi le cose erano migliorate ma c'era sempre un disagio di fondo che lo opprimeva nelle azioni quotidiane più semplici.

Quando Maka oltrepassò l'entrata del parco tutta la stanchezza che si era accumulata durante tutti quei mesi sembrò piombarle addosso.

Black*Star se ne stava in piedi in mezzo alla pista da skate, solo con lo sguardo fisso sui suoi piedi. Maka riusciva a vedere solo il suo profilo ma anche da quella distanza poteva affermare che l'espressione dell'altro era assorta.

Gli si avvicinò lentamente, facendo lo slalom tra il suolo congelato e la neve morbida su cui camminava. Lo chiamò solo quando fu al suo fianco anche se sperava che lui si fosse accorto della sua presenza da prima.

“Hey, Black*Star. Che ci fai qui? Ti stavamo cercando” disse piano senza nascondere una nota di fastidio nella voce.

“Mi hai trovato” rispose lui. Un sorriso allegro si fece spazio sul suo viso ma -ancora una volta- non raggiunse gli occhi. Lei lo trovò bello lo stesso.

“Che ci fai qui?” ripeté la bionda imperterrita.

“Volevo fare due giri su questo” spiegò Black ammiccando verso il suo skateboard.
“Black*Star, fuori ci sono più o meno tre gradi e tu vuoi fare pratica? Sai che dovresti riposa-” cercò di ribattere lei ma fu subito interrotta.

“Non credi che io abbia riposato abbastanza, Maka?” fece duro. Il suo volto per un momento si irrigidì in una smorfia di frustrazione. Poi i suoi lineamenti tornarono ad addolcirsi e riprese a parlare.
“Ho sentito che la prossima gara si farà questa estate. Kid partecipa, non può perdersela. Anche Soul ci sta pensando.” fece una pausa per sfiorarle dolcemente il dorso della mano protetta dal tessuto del guanto. Maka sentì il tocco amplificato per cento: gli mancava così tanto quella familiarità che anche il suo corpo reagiva di conseguenza. Il cuore cominciò a battere più velocemente e lei si sentì di nuovo una studentessa impacciata alle prime armi.

“Anche tu dovresti partecipare” terminò guardandola negli occhi.

“Sono fuori allenamento” commentò Maka apparentemente indifferente.

“Anche io dovrei partecipare” affermò tornando a guardare davanti a sé, come se non l'avesse quasi sentita.
“Sai che con il tuo ginocchio non puoi rischiare di farti male di nuovo”.

Si limitarono a stare in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri che sembravano riflettersi così bene nella distesa di neve bianca che ricopriva ogni centimetro disponibile del parco.

Maka sapeva quanto quella vita fatta di restrizioni era diventata pensante per il suo ragazzo. Lui era uno spirito libero, un combattente nato. Lo era sempre stato e aveva fatto di tutto per non perdere quella incredibile voglia di vivere che lo caratterizzava da sempre. Black*Star non si era arreso, ma si era spento. La sua presenza era diventata debole e a Maka egoisticamente mancavano i loro momenti.
Odiò per l'ennesima volta i concerti jazz, il rumore delle gomme sull'asfalto e il buio della notte.
Odiò per l'ennesima volta sé stessa mentre la sua mente si abbandonava di nuovo ai ricordi, sfuggendo lontana dall'unica realtà che le interessasse davvero e che era in piedi lì di fianco a lei.

 

Era felice quella sera. Aveva indossato il suo miglior vestito nero, l'unico che avesse. Aveva deciso di abbinarci gli orecchini che Black*Star le aveva fatto trovare un mattino sul cuscino, senza alcuna ragione apparente. Non si era truccata, ma con il suo sguardo addosso si sarebbe sentita bella ugualmente. Salì sull'auto di Kid e sorrise a lui e alle sorelle Thompson.

Finalmente, erano riusciti a trovare una serata in cui vedersi tutti insieme. Soul aveva ottenuto il permesso di riaprire un vecchio locale che ai tempi di suo padre andava davvero forte. Il nome le ricordava qualche tipo di dolce o caramella, ma in quel momento non era importante.

Sarebbe stato da sciocchi mettere i puntini sulle i quella sera. Voleva solo rilassarsi e godersi la bella compagnia.

Desiderava davvero rivedere Black*Star.

Era stato per un periodo di tempo all'estero e le aveva promesso che sarebbe arrivato al locale in taxi direttamente dall'aeroporto.

Mentre Kid e Liz litigavano per quale canzone ascoltare, le squillò il cellulare. Il nome del suo ragazzo le apparve sullo schermo. Schiacciò il tasto per accettare la chiamata e si portò l'apparecchio all'altezza dell'orecchio destro. Non fece in tempo a dire una parola che una voce squillante la raggiunse.

Maka! Sono in taxi per il locale. L'indirizzo è quello che mi ha mandato per messaggio ieri, vero? Perché non me lo sono salvato da nessun altra parte. Oh, sono stanchissimo. Sei già in macchina con gli altri?”

Ciao, Black*Star” un coro di “Ciao, Black*Star!” proveniente dagli altri ragazzi la interruppe “Sì, anche io sto bene grazie per l'interessamento” si interruppe di nuovo solo per sentire l'altro sbuffare scherzosamente “Sono in macchina con Kid, Liz e Patty. Come è andato il volo?”

Oh, bene! Dì a quel damerino di fare in fretta, non sto più nella pelle. Anche se comunque non ero vicino al finestrino. E' stata una noia, ma ad un certo punto mi sono appisolato quindi non importa. Dici che mi sarei dovuto cambiare? Nah, tanto faccio la mia bella figura comunque. Che stai indossando tu?”

Io, ehm, ho messo il vestito nero”

Guarda che io intendevo che stai indossando come biancheria”

Black*Star!”
“Non ci vediamo da due settimane, Maka. Sii comprensiva con-”

La chiamata fu disturbata da un rumore stridulo. Un silenzio teso inondò la linea telefonica per tutta la durata dell'impatto.

Maka continuò a ripetere -ad urlare- in nome dell'altro per parecchi secondi ma dal capo opposto del telefono si poteva solo percepire un respiro debole e spezzato.

Sentì la terra crollare sotto i suoi piedi.


Una voce bassa la riportò al presente. Ci mise un po' a capire di chi fosse. Per un attimo annaspò alla ricerca di aria e quando questa entrò gelida nei suoi polmoni, la sua mente tornò lucida.

“Ti amo, Maka. Tu lo sai, ma nell'ultimo periodo sei stata come questo ghiaccio” sussurrò sbattendo un piede sul terreno. “In questo momento non mi permette di allenarmi, forma una barriera tra la mia volontà e il resto del mondo. Ricopre ogni cosa, la fa rimanere intatta ma non mi lascia toccare nulla. Se mi accanisco contro di lui, scivolo. Come scivolano le mie parole, i miei desideri, la mia rabbia su di te”.

Maka l'aveva sentito parlare così profondamente poche volte da quando lo conosceva. Ma in fondo lui era Black*Star, imprevedibile e sempre con un asso nascosto nella manica.

Lasciò che l'importanza di quelle parole risuonasse nello spazio che c'era tra di loro e che li riavvicinasse in qualche modo.

“Ho solo cercato di... proteggerti, Black*Star”.

Ed era la verità. Non voleva tarpargli le ali, voleva solo che rimanesse al suo fianco per sempre. Un pensieri irrazionale, illogico, pretenzioso. Ma dopo esserselo fatto scivolare di mano e averlo visto spezzato in mille pezzi, ora voleva stringerlo e tenerlo al caldo tra le sue piccole mani.
Ne sentiva il bisogno.

“Lo so, ma ho bisogno di respirare di nuovo. Devi lasciarmelo fare”.

L'ultima frase le sembrò quasi una preghiera. Anche se lui non pregava, mai. Lui pretendeva, lui riusciva ad ottenere. Lui si impegnava con tutto sé stesso nel raggiungere degli obbiettivi assurdi che si poneva da solo. Lui vinceva.

Lasciandosi sfuggire un sospiro, seppe che sarebbe stato così anche questa volta.

Gli sfiorò il braccio e cercò la sua mano, senza però stringerla. Afferrò velocemente la manica della sua felpa e tirò leggermente.

“Ho i moduli per iscriversi alla gara nel cassetto della mia scrivania da un po'. Ho una copia in più. Conosci qualcuno interessato?” domandò fingendosi annoiata.

“Conosco qualcuno che dovrebbe rimettersi in forma. E non sto parlando di me” insinuò impertinente l'altro.

Una smorfia oltraggiata le deformò il volto.

Successe tutto troppo rapidamente: si abbassò per raccogliere un po' di neve e per lanciarla contro quell'idiota ma si sbilanciò troppo e cadde. Temette di essersi rotta l'osso sacro e non si vergognò di palesare il suo dolore.

“Stupido ghiaccio!” borbottò imprecando. Una mano si tese verso di lei, ma Maka rimase imbronciata lì dov'era.

Il sorriso che Black*Star le rivolse per incoraggiarla ad accettare il suo aiuto contagiò anche i suoi occhi verdi e lei dovette trattenersi per non scoppiare in lacrime dalla felicità.

Mentre lo guardava intensamente dal basso della sua posizione, l'immagine di suo padre che si piegava verso di lei nel mezzo di quello stesso parco anni prima e che le sussurrava “Non piangere di domenica” le passò rapida davanti agli occhi.

No, non avrebbe pianto di domenica. Né per tutto il resto della settimana.

Love is patient ,

love is kind

I'm not crying on Sundays”

 

Note autrice:

(*) Il versi sono della canzone “Same love” di Macklemore.

La mia prima BlackMa! Sono elettrizzata per essere finalmente riuscita a pubblicarla. Ho letteralmente penato sui dialoghi, interrogandomi più volte se i personaggi avessero mantenuto l'IC.

Spero sia così, ma se avete appunti, critiche o suggerimenti da dare, fate pure.

Grazie per aver letto!

Sempre nelle vostre mani,

lynch

   
 
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