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Autore: Stella cadente    06/08/2013    4 recensioni
"Il ragazzo abbassò la testa ancor di più, affondandola fra le ginocchia. Si sentiva piccolo e fragile di fronte a lei, di fronte a quella voce che sembrava scavargli nell’anima. Sembrava farlo morire, almeno un po’."
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perché a volte, almeno un po’,
muoio anche io


 
 
 
 


– Justin.
Una voce. Una voce femminile, cristallina, dolce. Se avesse dovuto darle un’età avrebbe detto appartenesse ad una ragazzina di forse quindici, sedici anni al massimo. Era una voce sconosciuta, eppure gli sembrava spaventosamente familiare.
– Chi è? – sobbalzò, gli occhi nocciola che saettavano confusi.
– Sono io.
Grazie tante, pensò.
– Io chi?
– Non posso dirtelo. Ma sappi che so quello che stai facendo.
Adesso era decisamente spaventato. C’era una sconosciuta che parlava nella sua mente, e sapeva anche cosa stava facendo? Ma poi, cosa intendeva con quell’affermazione?
– Chi cazzo sei?
– Non rivolgerti in questo modo a me, mi fai male.
Sentì la vocina limpida incrinarsi, come se la sua proprietaria stesse piangendo.
– Vai via.
– Non posso. Non prima di averti messo la testa a posto.
Ora parlava in maniera ferma. E sembrava più decisa, più adulta.
– La mia testa è a posto! Ma che cavolo vuoi tu? – sbraitò lui, alterato e infastidito.
– Smettila, Justin.
– Di fare cosa?
– Questo! – aveva alzato leggermente la voce, pur rimanendo nella sua calma avvolgente.
– Mi vuoi dire chi sei?
– Te lo ripeto: non posso.
– Allora non ti parlerò più – ne aveva abbastanza. Forse stava parlando da solo, forse era impazzito del tutto.
– Devi farlo. Guardami.
– Come accidenti faccio, se non posso vederti?
Non sentì nulla.
– Perfetto, sto impazzendo! – urlò, esasperato.
Silenzio.
– E forse me lo merito anche – aggiunse, tra sé e sé. Strinse gli occhi, trattenendo l’impulso di mandare in frantumi ogni cosa.
Una carezza. Una carezza, non sapeva da chi, gli si posò sulla guancia madida di sudore, minacciando di far scendere lacrime.
Il ragazzo strinse i denti con tutta la forza di cui era capace. Non poteva piangere. Non in quel momento, non così.
Eppure si piegò su se stesso in posizione fetale, e pianse.
Singhiozzò piano, debole, come una fiamma in procinto di spegnersi.
– Justin, non piangere..
– Chi ti dice che sto piangendo? – ribatté lui con rabbia, facendo del suo meglio per nascondere la voce rotta.
– Ti sento. Justin, io ti amo, non posso vederti piangere – disse lei.
– Non so nemmeno chi sei – annaspò lui tra le lacrime, che ormai copiose gli invadevano il viso, una maschera di dolore e frustrazione.
– Ma io sì.
Qualcosa scattò nel suo cervello, immediato e improvviso.
– Chi..chi sei, tu? – la sua voce non era più arrabbiata, stizzita. Ora, era solo curiosa. Nella sua voce stanca, un cenno di affetto, di un’ insolita attrazione che non provava da tanto, forse troppo tempo.
La ragazza stette per un po’ immersa in un mutismo tagliente, spesso e avvolgente come una cortina di fumo.
– Sono una belieber, Justin – lo pronunciò come se fosse stata una rivelazione, come fosse un segreto inconfessabile.
Il ragazzo rimase in ascolto, attento.
– Te le ricordi tutte quelle ragazze che stavano aspettando te, allo scorso concerto?
La voce, pur sempre morbida e dolce, ora era grave, severa.
– Sì.
– E ti ricordi che tu ti sei presentato con ore di ritardo?
Lui rimase ammutolito, di fronte a quella voce ora così seria, così responsabile.
– Sì – annuì di nuovo.
Trascorsero altri secondi di muto silenzio.
– Ti ricordi anche dell’altra volta, quando hai visto tutte le tue fan e hai compiuto il più grande gesto di disprezzo che ci sia? – chiese ancora, più delicata stavolta, un morbido sussurro che solcava l’aria.
Il ragazzo abbassò la testa ancor di più, affondandola fra le ginocchia. Si sentiva piccolo e fragile di fronte a  lei, di fronte a quella voce che sembrava scavargli nell’anima. Sembrava farlo morire, almeno un po’.
– Sì – mormorò dopo un secondo che gli sembrò infinito, facendo del suo meglio per non cedere di nuovo alle lacrime.
Gli parve di sentire un sorriso dolce e comprensivo farsi spazio su un volto angelico, dall’altra parte della stanza.
– Sei così debole, Justin.. – mormorò, facendolo sussultare.
– Tu non sai niente.
– No, non lo so. Almeno credo. Ma posso immaginarlo.
– Chi ti ha detto di venire qui? – chiese il ragazzo. Sentì ogni fibra del suo corpo tremare sotto la pelle, la rabbia mista a dolore farsi spazio nei suoi polmoni.
– Justin – lo richiamò lei, senza rispondere alla domanda – tu vuoi bene alle tue beliebers, vero?
– Ecco, io..
– Dimmi la verità. Coraggio.
– Sì, penso di sì.
Gli sembrò di sentire una risatina amara, appena accennata.
– Davvero? E avresti fatto quello che hai fatto, se davvero ci amassi? Se davvero mi amassi, avresti fatto quello che hai fatto l’ultima volta? – insistette, calcando sulla parola “mi”.
No, non era un gesto d’amore, quello. Non era giusto.
Ho sbagliato, pensò lui.
Ma non lo avrebbe mai ammesso.
– Oh, ma che cazzo di domande sono?
– Devi solo rispondere, Justin. Sì o no. È semplice.
Per un attimo fu tentato dal risponderle in malo modo, ma qualcosa lo fece trattenere.
– Beh..no. Non lo avrei fatto.
– Ecco.
Calò un silenzio frustrato, carico di tensione.
– Justin.
– Sì?
– Mi manca Kidrauhl.
– Davvero?
– Sì. Da morire. Mi fai stare male, così, lo sai? – il suo tono di voce era triste, piangente, come un’innocente e infantile supplica.
– Scusa – riuscì ad articolare lui.
– So che stai passando un periodo difficile, amore – si interruppe – posso chiamarti amore?
Quella richiesta gli strappò un sorriso. Sembrava una bambina, una tenera e ingenua bambina.
– Certo.
– Ok, grazie – sussurrò, imbarazzata – so che non è il miglior momento per te. Ma ricorda: non è mai una buona cosa ripercuotere le proprie disgrazie sugli altri. Non farlo. Per nessun motivo. E ricordati, Justin, che tu hai bisogno di noi beliebers. Noi siamo con te, non contro di te.
Lui sollevò la testa e si mise a sedere.
– Te ne eri dimenticato, vero?
Non rispose.
– La fama ti ha dato alla testa, Justin. Era questo che intendevo, prima, nel caso te lo stessi chiedendo.
– Davvero? – chiese lui. Si sentì un idiota di fronte a quella rivelazione.
– Già. Mi dispiace dirlo, sei il mio idolo d’altra parte, ma è così.
Sentì qualcosa bruciargli nel sangue, come un tizzone acceso.
– Stronzate! Non è vero!
– La verità fa male, eh? – voce gelida, dura, che taglia l’anima.
– Che cosa vuoi da me? – rabbia, lucida e bruciante rabbia.
– Voglio farti capire, amore – che bel suono, quella parola. Era da tanto che nessuno la diceva per lui.
Si lasciò cadere di nuovo sdraiato, come privo di forze.
– Ascoltami – lei, ancora lì – vuoi sapere cosa si prova a voler bene ad una persona?
Justin sentì gli occhi pizzicare.
– Significa avere un porto sicuro, un rifugio, una spalla su cui piangere. Significa dare senza chiedere nulla in cambio. Significa un sorriso, una canzone. Significa essere felici.
– Tu mi vuoi bene? – odiava mostrarsi così debole.
Lei sorrise di un sorriso invisibile.
– Molto. Ti voglio così bene che ti abbraccerei tutto il giorno. Ma non sono qui per questo, sono qui per far tornare Kidrauhl. Tu vuoi che torni Kidrauhl?
Il ragazzo sorrise, facendo splendere il suo viso.
– Sì.
– E ce la farai a farlo tornare, vero?
– Sì.
– Lo farai per me?
– Sì. Lo farò per te.
– Grazie.
Perfezione nell’aria, armonia nel cuore, vita che rinasce.
– Ehi – mormorò lui – come ti chiami?
Aspettò qualche secondo, in attesa di riascoltare quella voce soave e delicata come un fiore.
– Mi chiamo Amethyst.
Sembrava quasi il nome di un angelo. Magico, puro, limpido come un cristallo.
Rimase come ipnotizzato da quel nome.
– Justin – il suo angelo lo chiamava di nuovo.
– Dimmi.
– Justin, devo andare. Mi sentiranno.
– Cosa? Andare dove? – disperazione, paura. Cuore che batte, cuore che si ferma.
– Questo è solo un sogno, Justin. Ti sei chiesto perché non puoi vedermi?
Gli sembrò di sprofondare.
– Ti incontrerò di nuovo?
– Certo, ma non saprai riconoscermi.
– Perché no? – c’era panico, nella sua voce.
– Tranquillo – disse lei, calma – ogni volta che sentirai Kidrauhl, lì dentro – un tocco impercettibile sul cuore, come un soffio di aria fresca – sentirai anche me. Devi far riemergere Kidrauhl per sentirmi. D’accordo?
– D’accordo.
Una folata di vento, una vita che scivola via.
Un cuore che si risana, uno spirito che si ricompone.
A volte si inciampa, ma poi ci si rialza.
A volte si cade, ma poi arriva un angelo che ci porta su.
A volte si muore, ma qualcuno ci riporta in vita.











Justin aprì gli occhi di scatto, la fronte madida di sudore, i capelli biondo grano scarmigliati, le iridi nocciola dilatate in un’espressione terrorizzata.
Dov’era? Oh, già. Nel suo letto.
Eppure sentiva che c’era qualcosa di diverso in lui, come se da lì a solo poche ore prima fosse passato un lasso di tempo interminabile.
Guardò ogni angolo della stanza, il cuore che batteva all’impazzata.
Un nome, un nome solo, fuggì dalle sue labbra sorprendendolo, affondandolo e sollevandolo subito dopo.
– Amethyst. 

 

Vengo in pace.
Vi prego, non attaccatemi in massa, non ho cattive intenzioni.
Sono una belieber, quindi non ho nulla contro Justin.
E' solo che avevo sentito delle cose su di lui, e in preda alla depressione mi è uscita questa one shot scritta di getto.
Poi per quanto riguarda gli eventi mi sarò sbagliata, però vi prego di commentare il brano per come vi sembra scritto, non per le cose che tratta. Ne sarei molto felice :DDD
Diciamo che in questa pagina ho creato un Justin afflitto, che ha bisogno di conforto e appoggio. In fondo, sappiamo tutti che sta passando un momento difficile, quindi ho cercato di trovarlo e consolarlo in queste poche righe.
Spero che vi sia piaciuto.
Vi mando un abbraccio e vi ringrazio per aver letto,
Stella cadente
  
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