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Autore: Dreaming you    07/08/2013    3 recensioni
Victoria è sempre stata una ragazza tremendamente testarda e curiosa, doti che le hanno costantemente permesso di ottenere ciò che desiderava.
È nata, da ciò che ricorda (e dai diari del padre, lasciati ad ammuffire nella biblioteca del palazzo in cui la ragazza vive) da una famiglia aristocratica di cui nessuno rimembra nulla o la cui sola domanda rende le persone taciturne.
Il suo aver ereditato ricchezza e bellezza non colma, però, il vuoto che prova dentro di sè e la mancanza di una famiglia stabile, rende Victoria, una ragazza irrequieta e sempre desiderosa di affetto e persone che non la abbandonino così, su due piedi.
Un giorno riuscirà tramite un'anonima lettera e per una brillante deduzione a rivelare un piccolo frammento del suo passato.
La aspetteranno tantissime avventure che porteranno un cambiamento e che rivoluzioneranno per sempre la sua vita.
Genere: Avventura, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un pezzo mancante
 
Il grande pendolo antico, collocato nello stanzino dello scrittoio, segnava le nove e trenta di mattina.
Le api ronzavano intorno ai meravigliosi bulbi gialli e prematuri delle margherite appena sbocciate.
Era un ronzio lento e febbrile, quasi impercettibile ma fastidioso e armonioso al tempo stesso.
Ma nessuno sembrava accorgersene.
Villa Beyard era immersa in una cupola di silenzio lugubre, nonostante una sinfonia di Beethoven continuasse a scorrere per le stanze infinite di quella casa.
I due padroni di casa erano in cucina, seduti al bancone di legno di acero e, mentre gustavano più che potevano le deliziose crepes alla marmellata di pesche sciroppate, riflettevano su tutto quello che era successo in nemmeno due giorni.
Si guardavano negli occhi, uno di fronte all’altro ma è come se nessuno dei due fosse realmente cosciente o neanche lontanamente aggrappato alla realtà.
Fu incredibile come un singolo pezzo di carta avesse radicalmente cambiato le loro scelte future e il loro stesso passato.
Improvvisamente i loro peggiori incubi erano tornati a galla e avevano dovuto iniziare a fare i conti con il passato.
Tornarono entrambi alla realtà, specchiandosi l’uno nell’iride accesa dell’altro.
«Alex, credo proprio che ciò che sto per confessarti ci farà riflettere molto e credo anche che sarà come…un nuovo inizio».
Le sue dita trotterellavano sul ripiano di legno, come sintomo di nervosismo.
Nella testa della ragazza fluttuavano tante parole, frasi e idee, ma stava trovandosi in difficoltà estrema a trovare un filo o un nesso logico che la potesse aiutare a spiegare.
«Victoria, sai bene che puoi dirmi tutto ciò che ti passa per la mente, sono al tuo servizio, non tenermi sulle spine, non lo sopporto».
La fulminava con lo sguardo, ghiacciato e penetrante, oscurità contro luce, come se mentalmente la invitasse, non cordialmente, a spiegare di più di quella piccola faccenda che si ingigantiva sempre più.
«Dunque, non saprei da dove iniziare Alex…Giorni fa mi è arrivata quella stranissima lettera,  è stata,  chiaramente, spedita da qualcuno che conosce bene la mia situazione economica o personale, poiché tra le righe criptate si è notato che presumibilmente lo scrittore sapesse che sono di famiglia aristocratica, e in più sa che sono sola in casa, ma forse non sa della tua esistenza».
Aveva incominciato a camminare avanti e indietro per la cucina, portandosi una mano nei capelli ogni tanto, per far sì che non le dessero fastidio.
«E fin qui ci sono, ma non riesco a capire cosa c’entri la tua biblioteca con tutta questa storia, visto che questa mattina accennavi ad aver scoperto un qualcosa di incredibile».
Alexander non era mai stato un tipo dotato particolarmente di molta pazienza, dato che secondo il suo pensiero, tutto doveva scorrere come pretendeva lui e niente doveva essere fuori posto.
Picchiettava, ora, le unghie contro le crepe della superficie ruvida e la osservava muoversi per la stanza.
Improvvisamente si fermò e tirò fuori da una tasca del suo vestito a pois quel misterioso pezzo di carta anonimo e lo porse al maggiordomo.
«Osserva tu stesso, mi sono permessa di cerchiare con la penna stilografica rossa i punti chiave per farti comprendere meglio».
Le spuntò chiaramente una risatina agli angoli della bocca, come per beffeggiarsi del ragazzo che continuava a non capire l’annesso tra una lettera e una biblioteca.
«Ma guarda come siamo presuntuosi! ».
Risero sonoramente entrambi per qualche istante, immergendosi totalmente in un’aria nuova di allegria e di affetto.
L’orologio di casa scoccò mezzogiorno e i rintocchi risuonarono nei loro timpani, avvertendoli del tempo eccessivo trascorso.
 
---
«Ok, Victoria, sono giunto alla conclusione, che uno di questi giorni diventerò più folle di quanto già lo sia, per il disordine e il caos che regnano in questa biblioteca, come puoi rilassarti e immergerti  in altri mondi, con tutti questi libri ovunque, dannazione, quando ti deciderai a rimettere a posto? Io non ne ho intenzione! »
Quando ebbe decifrato anche lui ciò che la lettera voleva trasmettere al destinatario e Victoria gli aveva mostrato il misterioso diario paterno, si era voluto affrettare a ispezionare il luogo per capire chiaramente da dove l’avesse estratto.
La stanza era subissata da una luce eterea, che si infiltrava a sprazzi, illuminando la loro posizione.
Era chiaramente una posizione strategica per usurpare al meglio la luce durante le ore di lettura.
Due poltrone del più bel color albicocca sovrastavano la stanza, portando gli occhi di un qualunque visitatore, immediatamente sul bellissimo intaglio e sullo stile, ovviamente, rococò.
Gli scaffali ricolmi di libri serpeggiavano parallelamente l’uno di fronte all’altro, dando l’impressione che la stanza fosse effettivamente più grande di quello che sembrasse.
«Oh, andiamo Alexander, sappiamo entrambi che non sono la classica ragazza ordinata, mi trovo in difficoltà di fronte a questa enorme raccolta di collane e rimettere in schieramento tutte quelle meraviglie mi è davvero impossibile…» si schiarì velocemente la voce e gli fece gesto di sedersi su una delle due poltrone.
Le spinsero, per far sì che si sedessero faccia a faccia e crollarono entrambi a peso morto sul morbido tessuto.
«Ti confesso che ne ho già letto una buona parte, e per lo più mio padre raccontava della mia nascita e di una certa organizzazione che trovo assai interessante…».
La sua voce era un sussurro, impercettibile e spirato con lentezza e quasi con una malinconia appena intercettabile.
«Victoria, sono sicuro che leggendo ciò che ha scritto, forse, riusciremo a capire per lo più qualche indizio sul perché se ne siano misteriosamente andati tutti, senza il minimo ritegno di abbandonare una povera bambina di otto anni! ».
Improvvisamente cinse un braccio al collo della ragazza e con mano ovattata, rivestita di soffici guanti di  velluto bianco , le accarezzo i capelli corvini affinché affievolisse le lacrime che minacciavano di scendere gravanti e copiose.
Lei fissava il vuoto, tremando leggermente e cercando di trattenere quei sentimenti oscuri, tremendamente profondi e assai incompresi.
Il blu lapislazzulo delle sue iridi si era mutato in un colore opaco e traslucido al tempo stesso, mentre segni di dolore e rancore le fulminavano lo sguardo.
La sua famiglia le aveva spezzato il cuore, l’aveva abbandonata tanto piccina quanto desiderosa di amore e di un qualcuno che la accompagnasse nel difficile periodo della crescita e della curiosità intellettuale.
Aveva affrontato tutto ciò da sola.
Bagnava di lacrime il colletto di Alexander e sentiva il cuore batterle e scalpitare nella cassa toracica, come non mai.
Era come un uccellino, libero, di volare, dopo anni di prigionia.
Avere un qualcuno accanto a se era stata una delle cose migliori che le potesse capitare, dopo tanta solitudine e tante notti passate in giardino, ad aspettare mamma e papà, seduta sull’erba sottile e profumata, mentre i grilli intonavano il loro canto d’amore.
Dopotutto uno dei tanti pezzi mancanti del suo grande puzzle era stato trovato e le aveva portato tanta felicità.
Ma ora, dopo tanto tempo a non pensare più costantemente ai suoi cari, sentiva il disperato bisogno di sapere per lo meno il perché l’avessero abbandonata senza più dare notizie.
 
---

 
“                                                                                                   Caen, Francia, 1940
 
Cara Angelica,
Te ne sei andata da non meno di due anni, per cercare di ricolorare quel tuo sogno sfiorito in giovane età e per far sì che la nostra piccola Victoria crescesse senza  che ancora nessuno ostacolasse i nostri sogni.
Ma la nostra amata bambina ormai non si ricorda quasi più di quale meravigliosa mamma sia la sua mamma adorata.
Ti ricordi quando scorrazzava per la nostra amata casa, gattonando di qua e di là, curiosa di scoprire nuovi ambienti?
Ti ricordi di quando pronunciò le prime parole, quando imparò a tenere il cucchiaino per la zuppa di cipolle in mano, quando assaggiò per la prima volta la dolcezza e l’asprezza del limone e ne rimase talmente attratta, diventando uno dei suoi sapori preferiti?
Ti ricordi di quando dormiva nel lettone con noi, spaventata dai grandi tuoni dei ricorrenti temporali di Caen?
Tutti quei piccoli momenti, li ho racchiusi singolarmente e cautamente nel mio diario, per custodire nel tempo, il tantissimo amore che tutt’ora il mio cuore prova.
Mi manchi tantissimo, i tuoi grandi occhi dolci e cerbiatti, le tue parole confortevoli nei momenti bui, il tuo sostenermi nella politica e nella continua guerra con quel verme di Lèopold.
Tutt’ora manda suoi scagnozzi direttamente a casa per cercare di intimorirmi, poi per quale motivo? Poiché sono sindaco.
In questa piccola cittadina la corruzione per cercare di elevarsi al potere, è illimitata.
Uno di questi giorni, angelo mio, farò un salto a casa di Charles, in quanto fratello, è una delle persone più leali e confidate che io possa avere.
Gli racconterò ciò che ho contribuito a migliorare nell’organizzazione, e ciò che costoro mi hanno ulteriormente portato a pensare.
Ci sono diversi complotti in città che devo tutt’ora far venire a galla, punire o per lo meno, cercando di rasserenare l’animo dei cittadini ossequiosi di questa città.
Ti spedirò questa lettera tramite l’ufficio postale del signor Benjamin Gautier, spedendola dalla posta rouge, quando la riceverai, ti prego, rispondimi al più presto, mia amata.
Sono costantemente tormentato da ciò che potrebbe accadere.
 
                                                        Tuo amato Albert “

 
 
Alexander leggeva a voce alta, ogni tanto interrompendosi per riprendere fiato da quelle ormai enigmatiche parole e per asciugare una qualche lacrimuccia, scesa sulle gote rosee della sua amata.
La situazione la stava facendo commuovere, ogni tanto, facendole sussurrare sibili e mormorii dolci e affettuosi  nei confronti del padre, apparentemente così dolce e impensierito.
La ragazza si era ricomposta e la sua solita allegria era tornata a far breccia nel cuore del giovane.
«Beh…che dire, Alexander, tutto ciò mi suggerisce, che dopo tanti anni, finalmente mi tocca rimettere piede a Caen, dove anche il più scorbutico dei vecchietti, offre miele e focaccia al primo passante di strada».
Aveva voluto guidare lei, mentre la sua Mercury Montclair Convertible sfrecciava tra i vialetti di campagna, tempestati di alberi che si scagliavano addentrati in boschi verde smeraldo.
L’odore di erba primaverile risaliva nelle narici dei due passeggeri, sognanti, che ammiravano le tante nuvole e i punti di farfalle variopinte che filavano tra il blu che li sovrastava.
Dei flebili raggi solari puntavano i loro visi, evidenziando ogni tanto, una qualche lentiggine marroncina sul naso di Victoria.
«A proposito Alex, mi piace quando mi dai del tu, mi fa sentire ancora più vicina a te».
E mentre al ragazzo, il cuore affondava tra il suo sangue ormai infuocato e tra le sue viscere ormai carbonizzate da lei, il tutto fu risucchiato dal silenzio.

 
  
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