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Autore: Momoko The Butterfly    08/08/2013    3 recensioni
Londra, 18XX. In una grigia giornata come tante altre, qualcosa di inaspettato sta per accadere; qualcosa che metterà a dura prova entrambe le fazioni coinvolte nella Guerra Santa. In seguito a una terribile tragedia, la piccola Gwen si risveglia come Noah. Ma qualcosa va storto...
Il freddo londinese le faceva battere appena i denti, generando un rumore che rompeva il glaciale silenzio che altrimenti l’avrebbe resa del tutto invisibile agli occhi della folla che, incurante, procedeva disinvolta lungo la strada avvolta in morbidi e soffici cappotti.
E lei invece per scaldarsi era costretta a rannicchiarsi come un verme tra la spazzatura, un cencio consumato a coprirla quel tanto per non farla morire assiderata. Il viso scavato, sul quale era caduta un’ombra cupa che mai essere vivo o morto aveva posseduto, fissava i propri piedi impalliditi per il gelo. E respirava, a malapena. Brevi ansiti costringevano il suo petto a sollevarsi pigramente e ad abbassarsi con cautela. Come se avesse paura che qualcuno potesse avvertire la sua presenza.
Perché lei era maledetta.
Era un mostro.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Allen Walker, Conte del Millennio, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Tematiche delicate
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Into the Madness



Prologo
Il freddo della lama sulla mia pelle





L'aria si era fatta gelida, glaciale; ma soprattutto, silenziosa.
I rumori, le grida, le lacrime che fino a poco tempo prima l'avevano ghermita, ora erano scomparsi, inghiottiti in un assoluto vuoto mortale. La lama che teneva in mano sibilò, chiara e fresca, forse fin troppo, in quel nulla tanto solitario, che era persino udibile l'eco dei propri pensieri intrisi di sangue.
Un movimento secco, deciso, attuato dall'improvvisa consapevolezza di quello che aveva appena fatto; il bisturi cadde, tintinnando sinistro. Altro sangue cremisi macchiò quel pavimento logoro, sul quale giacevano due corpi. A uno di essi lei si avvicinò. Solo ad uno. Perché apparteneva alla persona che aveva rappresentato tutto per lei. L'altro... sarebbe marcito nelle viscere dell'inferno, divorato dalle fiamme dell'eterno peccato.
Colta da tremori e sussulti, una mano pallida si avvicinò a quel corpicino senza vita. Occhi spalancati, di un bel blu intenso, che un tempo le aveva risparmiato di dover guardare il cielo che aveva sopra la testa, pur sapendo che mai sarebbe stato di quel colore così bello. Lacrime trasparenti le rigavano il volto, immobili. Tentò di asciugarle; tentò di chiudere con rispetto e delicatezza quegli zaffiri brillanti. Ma il tremolio convulso alle mani glielo impedì. E forse nemmeno voleva farlo. Non ne aveva il coraggio. Perché quando vide la sua testa completamente riversa di sangue, quel sangue rosso e maledetto che le appiccicava i capelli alla fronte in modo tanto orribile, anche i suoi occhi ambrati cacciarono fuori le lacrime, in un atto di disperazione. Si abbandonò su quel corpo totalmente, singhiozzando. Era freddo. Troppo freddo. Orribilmente freddo. Come la lama che pochi attimi prima era stata lo strumento della sua furia. Quella stessa furia che per colpa sua, di quel destino atroce cui non aveva potuto opporsi, l'aveva costretta a macchiarsi del sangue altrui con l'omicidio.
E a pensarci adesso, se ne pentiva. Era pentita, di essere voluta venire con lei fino a lì. Era pentita di averle permesso di correre dei rischi, nonostante la promessa che le aveva fatto. Nonostante l'affetto che le legasse. Pensò che non le sarebbe importato affatto di vivere per strada, come una stracciona. L'importante, era che lei le rimanesse accanto.

Ma ormai non era più possibile. Cari era morta.
E Gwen piangeva sul suo sangue e su quello di suo padre.

- Per favore, non lasciarmi da sola...

Una supplica. L'ultimo folle desiderio che, seppure irrealizzabile, sembrava portare con sé il suo dolore e dissolverlo.
Ma ecco che accadde. Qualcosa scattò nella sua mente. Un ingranaggio vecchio, arrugginito, che prese a funzionare cigolando. Lento, sinistro, invase la sua mente. Per gettarla nell'oblio.
Si sollevò. Fissò il volto di Cari, pallido, morto. E sorrise. Ambiguamente, forse in modo troppo malsano perché potesse dirsi di conforto a sé stessa.

- Dai, svegliati - la incalzò, scuotendola appena. Il volto apatico, gli occhi vacui a fissare il viso dell'altra come se le stesse facendo uno scherzo. Neppure un cenno arrivò dal corpo. Eppure, Gwen sorrise ancora. In otto anni di vita, era innaturale persino per lei. Qualcosa non quadrava.
Fu allora che parve notarlo - come se non l'avesse già fatto prima -: un buco all'altezza della tempia, piccolo ma profondo, dal quale sgorgava tutto il sangue. Impallidì ancora di più. Ma solo per un attimo, prima che le sue mani scostassero i capelli che nascondevano il foro e lo carezzassero, macchiandosi irrimediabilmente di sangue.

- Ti sei fatta male, Cari? - la sua domanda si perse nel silenzio gelido, cristallina. Ma non demorse. Voltò la testa della bambina in modo che la ferita mortale fosse perfettamente visibile - Ma non preoccuparti - Aggiunse - Si aggiusta.

Sorrise ancora, più forzatamente. Le sue labbra si allargarono ancora di più finché...
Un sogghignò riempì l'aria.
E subito dopo, una risata. Fredda, agghiacciante, per niente propria di una bambina di otto anni; eppure fanciullesca, con quell'intonazione chiara e innocente che più di tutte faceva rabbrividire.

Le sue gambe tremolarono appena mentre si rialzava. Il silenziò tornò ad essere padrone della stanza. L'odore di sangue era ovunque, nauseante e insopportabile.

L'eco di un passo.
L'eco di un altro.
L'eco di una corsa. Sfrenata, ma solo per circostanza. Chiunque sarebbe corso via disperato. Lei no. Si prese tutto il tempo per uscire dalla finestra. Riuscì a scappare fuori nell'istante in cui cominciarono a giungere lontane le voci della servitù, e i loro passi rapidi e inutili.

Ma ormai non contava più. Per quanto veloci avessero corso, alla fine non avrebbero fatto altro che trovarsi davanti quella stessa scena che era apparsa davanti ai suoi occhi. Una stanza rossa come il sangue; due cadaveri; e la sua inevitabile scomparsa...





♣ Angolo di Momoko 

Allora, ringrazio infinitamente qualunque santo sia arrivato a leggere fino alla fine.
Lo so, sono ritardataria cronica, e già faccio fatica a gestire una long. Ma non ho saputo resistere. Avevo in mente questa storia già da un bel po', ancora prima di iniziare Lady War, ma non mi sono mai decisa. Volevo migliorare un po', prima, trovare un metodo che mi soddisfacesse per poterla iniziare a scrivere. Non che l'abbia trovato, ma so di aver messo il piede nella direzione giusta.
Il personaggio di Gwen me lo porto dietro ormai da troppo tempo, ero impaziente di scriverci sopra qualcosa. Nonostante sembri una povera pazza tranquilli, non vi deluderà xD O almeno, spero che non lo faccia ò^ò
Nei prossimi capitoli avrete una visione più chiara delle cose, per cui aspettate impazienti xD
Un bacino a tutti quelli che avranno voglia di commentare questo sclero notturno (sì, è notte e io non riesco a dormire per il caldo, e dire che ho il ventilatore al massimo puntato dritto in faccia!).
Ora mi dileguo, a prestooo,

Momoko <3
   
 
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