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Autore: Nymeria90    09/08/2013    3 recensioni
– Di che cosa hai paura, Shepard?-
Fissò il cielo sopra di lui e all’improvviso le stelle parvero spegnersi, oscurate da un’ombra scura, enorme, dalla forma vagamente umana.
L’ombra nel cielo guardò giù, verso di lui, dentro di lui, si sentì invadere da un’oscurità che gli ghiacciò l’anima.
Chiuse gli occhi e quando li riaprì, un istante dopo, non c’era più nulla.
- Di cosa ho paura mi chiedi?- sussurrò con voce roca mentre qualcosa dentro di sé si contorceva, implorandogli di tacere, perché solo così avrebbe potuto dimenticare. Non lo ascoltò: – C’è un’unica cosa che mi fa paura: l’eternità.-
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashley Williams, Comandante Shepard Uomo, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Alexander Andrej Shepard'
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http://www.youtube.com/watch?v=UCmUhYSr-e4

Canada, Sunshine Coast, 2186
 
La moto sfrecciò lungo l’autostrada che collegava il centro città alla costa.
Era un fenomeno raro, quasi unico, nel 2186 solo pochi patiti di antiquariato giravano a bordo di automobili o motociclette con le ruote, ma un tempo le cose erano diverse.
Fino al secolo precedente tutti possedevano almeno un veicolo a due o quattro ruote, e chi non aveva la patente per guidarli era considerato quasi un disadattato. Ma questo era prima.
Prima dell’Effetto Massa e dei viaggi a velocità iperluce, prima della scoperta delle rovine Prothean su Marte e dei portali galattici, prima della guerra del Primo Contatto quando l’umanità aveva realizzato di non essere sola nell’universo, prima della minaccia dei Razziatori.
A quei tempi l’umanità era diversa, la Terra era diversa, e di quel passato quasi dimenticato restavano le vestigia di strade piene di buche ed erbacce dove un tempo si incolonnavano file e file di macchine, un paraurti contro l’altro, e persone arrabbiate alla guida.
Esistevano ancora i nostalgici, quelli che si aggrappavano ad un passato dove gli umani guardavano le stelle con reverente timore e si domandavano, pieni d’angoscia, “c’è qualcun altro lassù?”.
Nella luce fioca del tramonto la vecchia motocicletta argentata sembrava quasi un miraggio, il vetusto stendardo di un passato troppo diverso per poter essere rievocato.
Nessuno riusciva a ricordare un mondo senza navette spaziali, viaggi interstellari, colonie remote e alieni con scaglie, tentacoli o creste appuntite.
La motocicletta rallentò la corsa, evitando accuratamente una lunga serie di buche che costellavano la strada in disuso, poi l’asfalto tornò liscio e il guidatore aprì il gas lasciando sfogare i duecento cavalli su cui sedeva.
Dopo poche centinaia di metri un avvallamento lo costrinse a rallentare di nuovo ed apparve un vecchio cartello arrugginito che pendeva tristemente da un lato. Le lettere erano scrostate e coperte di ruggine, ma era ancora in parte leggibile: indicava l’uscita per la Sunshine Coast. Dopo una lieve esitazione il motociclista fece curvare il suo mezzo e imboccò la rampa d’uscita.
Una navetta sfrecciò rombando sopra di lui e se avesse alzato gli occhi avrebbe notato una piccola bambina blu fissarlo da un finestrino, con gli occhi sgranati e la bocca spalancata.
Ma l’uomo non alzò lo sguardo, restò concentrato sulla strada che diventava sempre più dissestata, con buche, crepe e tombini aperti.
Infine l’asfalto cedette il posto alla terra e la terra alla sabbia, l’uomo fermò la moto, l’appoggiò sul cavalletto e spense il motore, negli occhi chiari si riflesse lo splendido spettacolo del sole che si tuffava nell’oceano in un’esplosione di colori caldi e vermigli.
L’uomo smontò dalla moto con cautela e attraversò con passo leggero la lunga striscia di sabbia che lo separava dal mare, quando fu a pochi metri dall’acqua, con le onde che arrivavano a lambirgli la punta degli stivali, si fermò e sedette sulla sabbia soffice e fredda. Si passò le mani sul viso arrossato e sorrise: amava il mare, il vento delicato che s’insinuava nei suoi abiti, il leggero sciabordio delle onde, quell’odore indescrivibile di acqua, sale, sabbia, sole … in nessun altro posto si sentiva in pace come in riva al mare.
- Quando guardo il cielo in una notte come questa mi viene ancora da chiedermi che cosa ci sia lassù.-
Alexander Shepard non si voltò verso l’ombra apparsa alle sue spalle, risentire la sua voce gli provocava dei brividi lungo la schiena e temeva il momento in cui i loro sguardi si sarebbero incrociati di nuovo.
- Tu meglio di tutti dovresti sapere cosa c’è lassù.-
- Dovresti saperlo anche tu …- mormorò sedendosi al suo fianco, la sabbia non s’increspò, non si mosse, come se, di fatto, non ci fosse nessuno accanto a lui - … dopotutto veniamo dallo stesso posto.-
Shepard abbassò lo sguardo sulle sue mani intrecciate – Sei in ritardo, hai mancato uno splendido tramonto.-
- Ti sbagli.- fu la risposta, velata di malinconia – Sono quasi tre anni che non perdo un tramonto sulla Sunshine Coast.-
Shepard affondò le dita nella sabbia: era fredda sotto le sue dita, ma piacevole al tocco. Sapeva che avrebbe dovuto sentirsi spaventato o per lo meno preoccupato, ma la verità era che non gli importava, gli piacevano quelle chiacchierate al chiaro di luna, per quanto inquietanti o folli potessero sembrare.
Erano successe troppe cose inquietanti nella sua giovane vita, una in più o in meno non aveva importanza.
- E allora dov’eri quando sono arrivato?-
- Stavo ammirando il tuo bolide. Le altre volte hai usato mezzi più convenzionali per venire qui, non avevo mai visto una di quelle … come si chiamano?-
Shepard sorrise – “Motociclette”, come fai a non sapere come si chiamano? Basta entrare in un museo per vederne una!-
- Non fare il saputello con me. - fu la risposta, piccata – Non mi aspettavo di vederne una fuori da un museo, è stato … strano vederti arrivare su quella cosa. -
I loro occhi si incrociarono per un istante, erano esattamente come li ricordava, scuri e malinconici, si chiese perché non avesse osato guardare quel viso fino a quel momento … non c’era niente di terribile o deforme in quei lineamenti gentili, provò solo una dolorosa, lacerante, fitta in fondo al cuore. Quegli occhi, quel volto, quella voce … gli erano mancati terribilmente.
- Tu parli a me di stranezza?- si costrinse a sorridere.
Entrambi scoppiarono a ridere, prima si dovettero sforzare po’, poi non fu più necessario. Si ritrovarono a ridere senza sapere perché, semplicemente felici di essere lì insieme, come se nulla fosse successo, come se la vita non li avesse mai separati.
- Non dirmi che l’hai rubata da un museo!-
- No, ho solo chiesto un prestito ad un amico …- rispose, facendo tintinnare le chiavi.
- “Prestito”, sì certo, come se non ti conoscessi … -
Shepard si strinse nelle spalle –  Se il sergente non voleva che le prendessi non avrebbe dovuto lasciarle sul tavolo. È stato praticamente un invito.-
Un’onda un po’ più grossa sfiorò pigramente i loro stivali, inzaccherando di sabbia quelli di Shepard mentre gli altri rimasero immacolati come se nulla li avesse bagnati. E forse era proprio così.
- È stato difficile sfuggire alla sorveglianza?-
Shepard scrollò le spalle – Devo forse ricordarti con chi stai parlando?-
Una risatina – No, direi di no, comandante.- si voltò, guardando con interesse il punto in cui era parcheggiata la motocicletta – Io non sarei in grado di guidarla …-
Shepard afferrò una manciata di sabbia, facendosela scivolare tra le dita – Il padre di un mio vecchio amico, C.J., era un collezionista. Abitava su Benning e ogni volta che eravamo di stanza lì io e C.J. andavamo a fare un giro. Ho imparato così. –
Una strana espressione increspò quei lineamenti conosciuti – C.J. …-
- Lo conosci?- era una domanda assurda, ma vista la situazione in cui si trovavano non così tanto.
- Dovrei?-
Avrebbe dovuto aspettarsi quella risposta e quel sorrisino enigmatico. Gli aveva sempre dato sui nervi quel sorriso.
Distolse lo sguardo, serrando la mascella – No, forse no.-
Rimasero in silenzio, seduti fianco a fianco, lo sguardo fisso sulle onde, la luce delle stelle che accarezzava piano la loro pelle.
- Amo questo posto, mi sarebbe piaciuto trascorrerci più tempo.- il sospiro che seguì quelle parole fece accapponare la pelle a Shepard. Era il sospiro di uno spettro perduto nel mondo dei vivi – Ci sono molte cose che avrei voluto fare e che ora sono … perdute.- si strinse nelle spalle con una smorfia – Fa male, ma posso sopportarlo, C’è solo una cosa che non riesco a tollerare, un pensiero che mi tormenta continuamente, più doloroso del peggiore mal di testa …-
Shepard rimase in silenzio, in attesa che continuasse e, infatti, non dovette attendere molto – Devasteranno la Terra. Bruceranno le foreste, prosciugheranno fiumi e laghi, demoliranno città mietendo milioni, miliardi, di vite. E io non potrò fare niente.-
Shepard sentì la bocca inaridirsi – Non è detto che arriveranno, forse riusciremo a fermarli, forse …- i loro sguardi s’incrociarono e si zittì: non aveva senso illudersi, mentire. Non si sfuggiva ai Razziatori.
- Tu sei l’unica speranza per questa galassia, l’unico essere vivente in grado di fermarli.-
Odiò quelle parole, suonavano come una maledizione, eppure, inconsciamente, sapeva che erano vere: combattere i Razziatori era il suo destino.
- Ti metti pure a fare profezie, adesso?-
- Potrei.- non c’era sarcasmo nella sua voce, solo una disarmante sincerità – Non è difficile fare una profezia, basta saper guardare, ma nel tuo caso la verità è davanti agli occhi di tutti: sei un grande uomo, Alexander, devi solo avere il coraggio di esserlo.-
Shepard scosse il capo, serrando le labbra – Ho fallito molte volte. Su Akuze …- i loro occhi si incrociarono, velati di malinconia - … con te …-
- Ti ho visto cadere innumerevoli volte, e altrettante volte ti sei rialzato. Ci saranno delle perdite, amico mio, altri moriranno e tu non potrai salvarli …- nella notte i suoi occhi brillarono - … quello che io mi domando è: sei in grado di accettarlo?-
Si era convinto, giorno dopo giorno, missione dopo missione, di poter rispondere di sì a quella fatidica domanda. Era l’odio a guidarlo, questo si era detto dopo aver condannato a morte un intero pianeta, si era imposto di sacrificare innumerevoli vite pur di debellare i Razziatori dalla galassia … eppure dentro di lui, quella parte che rispondeva ancora al nome di Andrej, si rifiutava di farlo.
- Non importa quello che penso. Devo.- non poteva mentire, non in quel momento, in quel luogo, ma non aveva una risposta, non una che potesse condividere con tutto se stesso.
Un lungo, tremulo, sospiro increspò l’aria – “Dovere”, il ritornello della tua vita. E della mia. Guarda dove mi ha portato il dovere.-
- E cos’altro posso fare? Se voglio distruggere i Razziatori devo essere pronto a tutto.-
- Proprio a tutto?-
Shepard si strofinò la fronte, gli sembrava di correre con dei pesi attaccati alle caviglie – Che alternativa ho?-
Un sorriso malinconico increspò quei lineamenti gentili – Combattere. Contro ogni previsione, ogni profezia. Non importa quanto disperata o inutile possa sembrare una battaglia, se è giusta vale la pena combatterla. Il destino di tutti noi è già scritto, ma se lo accettassimo passivamente cosa saremmo se non macchine prive di libertà?-
- Le tue sono belle parole, ma temo che in questa guerra la sopravvivenza avrà il sopravvento su tutto il resto.-
- E allora i Razziatori avranno vinto. Forse la galassia sopravvivrà, forse i Razziatori saranno annientati ma tutto ciò che di bello e puro esiste in questo universo sarà perduto per sempre. – la sua voce era appena udibile sopra lo sciabordio delle onde, ma Shepard udì distintamente ogni parola, le sentì insinuarsi nel suo cuore, facendolo sentire misero e impuro. - È meglio vivere da mostro o morire da uomo onesto?-
Non rispose, non ce n’era bisogno. Sapevano entrambi qual era l’unica risposta possibile. Rimasero in silenzio a lungo a fissare le onde infrangersi sulla sabbia, il loro dolce sciabordio sembrava il respiro di un’enorme creatura addormentata.
- Vorrei poter combattere con te.- sospirò l’ombra seduta al suo fianco, la voce leggermente incrinata.
Shepard deglutì – Mi dispiace per quello che ti ho fatto.-
- Era giusto così. - gli rispose con gentilezza, senza rancore o rimprovero. Shepard non aveva mai conosciuto qualcuno di altrettanto integro e buono – Ho pianto quando te ne sei andato, tremavo di paura e rabbia, ma è stato solo un istante poi tutto è finito, paura e rabbia sono svanite ed è rimasto solo l’orgoglio per ciò che avevo fatto. Tu mi hai permesso di fare la differenza, ho cambiato il mio piccolo angolo di mondo e di questo io ti ringrazio.-
Shepard distolse lo sguardo, cercando di nascondere una commozione fin troppo evidente: non meritava una simile devozione.
Rimasero così, seduti fianco a fianco in silenzio, come ai vecchi tempi, quando i discorsi erano superflui e le parole ingannevoli. Era nel silenzio che trovavano l’armonia perfetta e la più totale comprensione. Erano insieme, non contava altro.
E alla fine anche la notte ebbe termine.
L’orizzonte si schiarì lentamente e presto il sole sarebbe sorto alle loro spalle, portandogli via anche quell’ultimo istante passato insieme.
- La notte sta per finire e con essa il tempo a nostra disposizione.-
Shepard strinse i denti, trattenendo a stento un’invettiva, non sopportava l’idea di dovergli dire addio di nuovo.
Si voltò e, stupidamente, inconsciamente, sollevò una mano, per stringere la sua, dimentico di ciò che era veramente: un’ombra e nient’altro.
Sobbalzò quando senti le dita calde sfiorargli la pelle e la ferrea presa di una mano viva, reale, stringere la sua. Mentre la notte, lentamente, scivolava via, Shepard vide l’ombra trasformarsi in una persona fatta di carne, ossa e sangue.
- Non è possibile …-
- Quando il giorno e la notte s’incontrano e il sole e la luna si guardano c’è un istante, un flebile istante, in cui tutto diventa possibile.-
Shepard scosse il capo, basito – Tu parli di qualcosa che non esiste …-
L’ombra che non era più un’ombra sorrise – Solo perché non sai cos’è non vuol dire che non esiste, un tempo la chiamavano “magia” e sono felice che nessuno sia ancora riuscito a chiamarla scienza.- la stretta sulla sua mano si fece più forte e Shepard assaporò il calore di quel contatto che sapeva essere l’ultimo – Non trovi rassicurante l’idea che in questa galassia ci siano ancora domande che non hanno risposta?-
Aveva ragione. Che cosa sarebbe rimasto del mondo se non ci fossero più stati misteri da svelare o sogni da inseguire?
- Tu … tu sei di nuovo tra i vivi?-
- Io non ho la sfortuna di essere te, amico mio.- c’era pietà nella sua voce, non biasimo o commiserazione, ma sincero dolore. Vedeva ciò che il mondo gli aveva fatto e piangeva per lui.
Il sole illuminò la baia disperdendo i fantasmi che la notte aveva riportato in vita.
- Resterai al mio fianco?- domandò Shepard, aggrappandosi con disperazione a quella mano che stava già diventando fumo.
Kaidan Alenko sorrise, commosso, mentre riprendeva il suo posto nel mondo dei morti – Fino alla fine.-
 
 
 
 
 
Note
 
Eccomi con questa nuova storia che di fatto è il seguito di Requiescat in pace, gli aggiornamenti non saranno costanti e frequenti come la volta precedente, per il momento ho scritto solo i primi capitoli, chiedo scusa …
Spero che la storia sia di vostro gradimento, buona lettura!
 

 
  
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