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Autore: Atarassia_    09/08/2013    30 recensioni
Camille. Claude.
La loro favola personale.
Ma, alla fine, tutto si era infranto come un castello di sabbia che viene giù con una folata di vento.
Questa one shot si è classificata PRIMA al concorso “Summer One-Shot” inedito dalla pagina “Sognando con le nostre Fan Fiction” di facebook.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole stava tramontando conferendo al paesaggio un qualcosa di magico.
I riflessi rossicci della luce del sole sul mare, il sopraggiungere della sera, i giochi di luce che portavano il cielo ad assumere diverse sfumature, il mare calmo e il sole che man mano si faceva sempre più piccolo fino a scomparire del tutto. Ogni cosa sembrava surreale, di una bellezza indescrivibile.
Le ultime persone rimaste iniziarono a raccattare le loro cose e a lasciare la spiaggia dopo un giorno perfetto.
E lì, incurante di tutto quello che la circondava, stava Camille.
 Seduta sulla sabbia, teneva con le braccia le gambe strette al petto nascondendovi in mezzo la testa. La schiena sussultava scossa da singhiozzi irrefrenabili e le lacrime scendevano senza sosta inondando quel viso pallido che, in quel momento, rifletteva tutta la sofferenza della ragazza.
Sollevò la testa, il labbro tremolante e si guardò intorno perdendosi ad ammirare il paesaggio. Il lento e costante scrosciare delle onde che si infrangevano a riva la rilassava e chiuse gli occhi assaporando il più possibile di quel momento.
Si alzò di scatto e, con passo insicuro, si allontanò dalla sua borsa e procedette verso il bagnasciuga perdendosi nei ricordi di quella che fino a poche ore prima riteneva la sua favola.
Si, proprio la sua favola personale.
Ma, alla fine, tutto si era infranto come un castello di sabbia che viene giù con una folata di vento.
 

********

 
 
Era una comune mattina di ottobre e Camille approfittando degli ultimi raggi di sole dell’anno, uscì di casa con il libro sottobraccio e si avviò per le vie di Nizza in cerca di un angoletto isolato dove poter leggere il suo romanzo.
Era la quinta volta che volta che leggeva  “Les Misérables” e ancora non se ne era stancata.
Oramai conosceva le varie parti a memoria ma, c’era sempre un qualcosa che la spingeva ad afferrare quel vecchio tomo e a ripercorrere le vicende dei personaggi.
E la stessa cosa fece quel giorno. Si perse nella lettura del libro dimentica di tutto e nemmeno si accorse di un ragazzo che, seduto sul muro dinanzi alla sua panchina, continuava a fissarla ammirando il sensuale muoversi delle sue labbra che scandivano in silenzio le parole riportate sul testo.
Dovette terminare ben due capitoli prima di sollevare il capo per puro caso e accorgersi di lui.
Se ne stava appoggiato sul muro, il corpo asciutto e mingherlino fasciato da una maglia azzurra, i jeans bianchi e i mocassini ai piedi. La scrutava con intensità e Camille, la povera Camille si perse in quello sguardo assai profondo che segnò la sua fine. Quegli occhi verdi che la fissavano da sotto le folte ciglia le fecero vedere il paradiso ma le fecero anche passare le pene dell’inferno.
Sussultò scorgendo quell’estraneo e arrossì per poi distogliere lo sguardo e tentare inutilmente di riprendere la lettura di quel capolavoro di Victor Hugo. Scorreva le parole senza nemmeno capirne il senso e quella sensazione di avere di occhi puntati contro che seguivano ogni suo minimo gesto, non aiutava affatto.
Stizzita per quella distrazione chiuse il libro di scatto e dopo essersi lisciata il vestito a fiori, con fierezza si lasciò alle spalle la sua postazione  e quel tizio. Attraversò la piazza, evitò dei pazzi in bicicletta e sorrise a delle tenere bambine che giocavano con la palla.
Dei passi veloci dietro di lei la fecero voltare e si stupì di trovarsi davanti quel ragazzo che, sorridente, le si avvicinò. Camille indietreggiò appena non sapendo se fosse un malintenzionato o meno ma quello le porse semplicemente un foglio e si tranquillizzò un poco.
Confusa abbassò lo sguardo sul pezzo di carta che stringeva tra le sue mani e riconobbe in esso il suo segnalibro portafortuna. Lo afferrò sfiorando la sua mano e, imbarazzata, mormoro un flebile grazie.
Quello le sorrise di rimando incantandola nuovamente.
Non sapendo cos’altro dire, Camille indietreggiò senza mai interrompere il contatto visivo con lui e, non vedendo dove andava, si scontrò con un passante provocando le risate dell’altro. Si scusò con la povera malcapitata e sempre più rossa in viso si allontanò di corsa da lì.
Si rifugiò nella casa e solo quando fu al sicuro nella sua stanza, si appoggiò con la schiena contro la porta e si lasciò cadere in terra sospirando. Aprì il libro e prese tra le dita il segnalibro portandoselo vicino alla bocca. Lo sfiorò con le labbra e per un attimo pensò anche di poter sentire l’odore di quello sconosciuto.
Con molta cura lo ripose nuovamente tra le pagine del libro ma, prima di chiuderlo, il suo sguardo si posò su un qualcosa di inaspettato. Ad un lato di quel cartoncino, c’era un elemento assente prima di quel momento.
Scritto con una calligrafia elegante e ordinata, risaltava sul giallo un messaggio seguito da una serie di numeri.
“C’è uno spettacolo più grandioso del mare, ed è il cielo, c’è uno spettacolo più grandioso del cielo, ed è l’interno di un’animae sei tu. Questo è il mio numero, se vuoi, chiamami. Con affetto, Claude”
Restò scioccata leggendo una delle sue frasi preferite di Victor Hugo leggermente modificata verso la fine. Come era avvenuto precedentemente, arrossì e fu costretta a chiudere il libro non sopportandone più la vista.
Nonostante l’imbarazzo, si ritrovò a sorridere.
Claude. Claude. Claude.
Ripeté all’infinito quel nome come se potesse trarne piacere.
Claude.
Quello sconosciuto aveva finalmente un nome.
 

**

 
-Camille! Dove vai adesso? Non hai nemmeno finito di mangiare!
Le lamentele della donna si persero nell’androne del palazzo mentre la figlia scendeva di corsa le scale precipitandosi di fuori. Chiuse il portone alle sue spalle e si gettò al collo del ragazzo poggiato al muro di fronte.
-Ehi! Quanta foga!- disse quello divertito dall’atteggiamento della ragazza.
Camille rise e poggiò le sue labbra su quelle di Claude delicatamente prima che il ragazzo gliele fece dischiudere approfondendo il bacio. Si staccarono entrambi con il fiato corto e lui posò la fronte su quella di lei sorridendole e facendole battere il cuore come non mai.
Claude fece scorrere la mano lungo la schiena della ragazza fino ad arrivare sulle cosce scoperte e risalire nuovamente più in su infilandosi sotto il vestito.
La ragazza sussultò e divertita gli schiaffeggiò la mano facendolo allontanare.
-Non qui, amore!- lo ammonì tra le risate.
Amore.
Erano passati dieci mesi da quell’incontro inaspettato dopo il quale, lei, per due settimane aveva sempre tenuto il telefono tra le mani senza mai avere il coraggio di comporre il suo numero.   In quel momento, la parola “amore” era divenuta per loro una quotidianità.
Per lei era una parte della sua favola perfetta, per lui era una certezza che lei fosse solo sua.
E il loro era un amore strano, uno di quelli che scoppia all’improvviso senza tener conto di nulla, un amore che va controcorrente. E attraverso questo amore erano cresciuti o meglio, lei era cresciuta, cambiata.
Lui l’aveva plasmata, l’aveva catturata nella sua rete privandola di ogni facoltà intellettiva. Claude aveva fatto di se stesso il centro della vita di Camille, il motivo della sua esistenza; lei viveva soltanto per lui e di lui.
 Nessun legame era più pericoloso di quello per la giovane donna.
-Dai andiamo.- esclamò Claude afferrandola per una mano e insieme si avviarono per le vie della città.
 

**

 
I primi raggi del sole illuminarono la stanza.
Camille sollevò la testa constatando che fosse giorno e stizzita si ributtò giù nascondendo il volto nell’incavo del collo di Claude. Il ragazzo mugugnò qualcosa nel sonno e poi si tranquillizzò per nulla perturbato dai movimenti di lei. La ragazza lo fissò intrigata da ogni suo gesto e delicatamente si districò da quell’abbraccio e si mise seduta coprendo con il lenzuolo il suo petto nudo.

Osservò il ragazzo al suo fianco percorrendo con lo sguardo i lineamenti del suo volto, le palpebre chiuse, i capelli tutti scarmigliati e le labbra carnose dischiuse in un broncio adorabile. Sul collo portava i segni della notte precedente, tracce di morsi e baci di lei.
Arrossì rievocando alcune immagini di quanto era successo qualche ora prima e avvertì un grande desiderio nascere nuovamente in lei, allora scostò le coperte e andò a coprire il corpo nudo del ragazzo con il suo.
Delicatamente passò una mano tra i capelli di lui pettinandoglieli un poco e avvicinandosi con il volto al suo, gli depositò dei  baci sulle labbra, sul mento, sulle palpebre.
Il ragazzo si mosse appena sotto di lei e dopo qualche minuto capì che il furbacchione si era svegliato ma fingeva ancora di essere addormentato. Così i suoi baci e le sue carezze si fecero più audaci e vide il ragazzo aggottare la fronte essendo arrivato al limite della sopportazione.
Camille rise e la sua risata cristallina riecheggiò nella stanza coinvolgendo anche il ragazzo. Claude aprì gli occhi e la ammirò dal basso prima di ribaltare la situazione e portarsi sopra di lei.
-Bonjour Mademoiselle!- sussurrò con voce roca prima di appropriarsi di quelle labbra e replicare gli eventi della notte passata.
 

**

 
-Camille? Camille ma mi stai ascoltando?- chiese l’amica alla ragazza.
-Cosa?- replicò quella senza nemmeno guardarla.
A quel punto si voltò seguendo la traiettoria dello sguardo di Camille ma vide che non stava guardando niente in particolare ma si era solamente incantata e, a giudicare dal sorriso ebete, la causa della sua distrazione poteva essere solo una.
-Camille! Come è possibile che pensi tutto il tempo solo a Claude?- esclamò esasperata e divertita allo stesso tempo. Solo a sentire il nome del ragazzo quella si riscosse e arrossì accorgendosi della gaffe fatta per poi farle una linguaccia.
L’amica scosse la testa sconsolata e lei ridacchiò aggiustandosi i lunghi capelli biondi in una crocchia instabile. Portò le braccia indietro posandole sul prato e alzò gli occhi al cielo godendosi il sole di giugno che le baciava soave la pelle candida.
-Tra poco è un anno che state insieme, giusto?-  riprese Monique stendendosi anche lei sotto il sole e sfogliando distrattamente una rivista di moda.
Camille annuii pensierosa e si perse con lo sguardo a fissare il volo circolare di una coppia di gabbiani. Era così felice per la piega che aveva assunto la sua vita ma, allo stesso tempo, avvertiva una strana sensazione. Temeva che le cose si guastassero a breve e lei questo non lo voleva proprio.
-Che avete pensato di fare per l’occasione?- domandò Monique senza essersi accorta dell’aria pensierosa dell’amica. Quest’ultima però non sentì nemmeno la domanda e l’amica guardandola di sottecchi dovette nuovamente colpirla su un fianco per catturare la sua attenzione.
-Non abbiamo deciso ancora. Però io pensavo di andare al mare oppure di organizzare qualcosa come una gita in barca.- spiegò allora Camille poggiandosi su di un fianco e giocando con  dei fili d’erba.
Le due si persero in delle discussioni riguardanti alcuni abiti riportati dalla rivista quando la suoneria di un cellulare le interruppe. Non ci fu nemmeno il bisogno di guardare il mittente della chiamata perché Camille già sapeva chi fosse e tutta raggiante rispose.
-Ehi!- esclamò felice.
-Ehi, dove sei?- la voce calda di lui la raggiunse e dei brividi di piacere percorsero tutto il suo corpo.
-Sono ai giardini con Monique. Te?- chiese di rimando.
-Sono appena rientrato da lavoro. Adesso mi vado a fare una bella doccia e poi ti passo a prendere?- domandò lui anche se già conosceva la risposta di lei ma le piaceva sentirselo dire.
-Si! Allora ci vediamo dopo!- gioì quella entusiasta.
-A dopo. Pensami.- esordì lui chiudendo la chiamata con un pizzico di dolcezza che portò Camille a stendersi sul prato e sospirare con il cuore che le scoppiava dalla gioia.
 

**

 
-Dai Cami, calmati. Non fare così, ti prego!- provò a dire  Claude tentando di consolare la sua ragazza che gli dava le spalle e cercava di sopprimere i singhiozzi.
-Non mi toccare!- esclamò Camille ritraendosi da quel contatto.
-No, ti prego. Almeno lasciami parlare.- riprovò lui senza ottenere grandi progressi.
-Non ti voglio più sentire!- ribadì lei testarda come non mai.
-Ma perché?- disse lui esasperato.
-Perché a te non importa di noi. Non ti interessa sapere che domani è il nostro primo anniversario! Ancora mi chiedo perché stiamo insieme!- esplose quella sollevandosi di scatto dal letto e guardando il ragazzo tra le lacrime.
Claude a quelle parole si sentì stringere il cuore e  le accarezzò il volto approfittando del fatto che si era calmata un poco.
-Non dire così perché lo sai che non è vero. Io ti amo Camille e mi importa di noi. Solo che i ragazzi hanno organizzato questa uscita  e mi dispiacerebbe non andarci. Non li vedo da tanto! E poi io e te potremmo festeggiare anche il giorno dopo. No?- tentò di spiegarle pacatamente la situazione.
Lei non riuscì a reggere il suo sguardo e si buttò tra le sue braccia che la accolsero prontamente. Claude la strinse con delicatezza accarezzandola e lasciandole dei teneri baci tra i capelli.
Camille si strinse sempre più forte a lui e inspirò il suo profumo.
La sensazione che qualcosa di brutto le stesse per accadere era sempre più forte e oramai non l’abbandonava da giorni.
 

**

 
Camille volteggiava per la stanza sulle note di “Let it be” dei Beatles. La camera era nella penombra, l’unica fonte di luce era l’abatjour sul comodino. Sfilò davanti allo specchio indecisa su quale copricostume indossare il giorno seguente in occasione della giornata al mare che avevano organizzato lei e Claude per il loro anniversario.
Alla fine lui era riuscito a tranquillizzarla e l’aveva convinta a rimandare i festeggiamenti di un giorno. E poi, si era fatto perdonare con il mazzo di rose che le aveva fatto recapitare in casa quella mattina e che Camille aveva apprezzato così tanto da metterlo in un vaso sul suo comodino così da averlo sempre vicino.
Riportò la sua attenzione sullo specchio e esaminò il suo corpo fasciato dal copri costume azzurro che le lasciava la schiena coperta. Ci abbinò un paio di sandali e decise che quello sarebbe stato l’abbigliamento giusto.
Indossò il pigiama e fece per infilarsi nel letto con l’immancabile libro tra le mani quando lo schermo del cellulare che si illuminava la distrasse.
Si affrettò a raggiungere la finestra e rispose tutta contenta alla chiamata di Claude.
-Amore!- esclamò entusiasta.
-Signorina? Mi scusi! Mi dispiace darle la brutta notizia ma il suo era l’ultimo numero con cui il ragazzo aveva avuto una telefonata e ho pensato che…- a risponderle non fu la voce del suo amato. Il tono grave e dispiaciuto di quello sconosciuto le fece gelare il sangue.
Il telefono le cadde dalle mani e si lasciò cadere sulle ginocchia piangendo e strillando.
Era tutto finito.
 
 
 

********

 
L’acqua tiepida lambì la punta dei suoi piedi. Abbassò lo sguardo ammirando le sue dita attraverso l’acqua cristallina. Avanzò chiudendo gli occhi per poi voltarsi un attimo verso la spiaggia dove aveva lasciato i suoi averi e il copricostume azzurro che aveva scelto per  quell’occasione importante che non era mai giunta.
Aprì la mano sinistra ed osservò la scatola contenente  i sonniferi e l’aprì.
Avanzò nell’acqua reprimendo i brividi che le provocava al contatto con il corpo. Guardò un ultima volta il panorama e una nuova lacrima le sfuggì.

Ingerì un prima pastiglia e si maledì per aver deciso un anno prima di andare  a leggere il libro fuori casa.
Ne ingerì una seconda e maledì Claude per averla osservata.
Ne ingerì una terza e maledì se stessa per aver dimenticato il segnalibro e Claude per averglielo riportato.
Ne prese una quarta e si maledì per non essere stata in grado di resistere alla tentazione di chiamarlo.
Ne ingoiò una quinta e maledì Claude per averla fatta innamorare.
Ne mandò giù una sesta e si maledì per ogni volta che si era lasciata andare con lui baciandolo e facendoci l’amore.
Nel frattempo l’acqua le arrivava più su dell’ombelico ma Camille continuava imperterrita ad avanzare.
Ne ingerì una settima e maledì Claude per aver rinunciato a festeggiare con lei il giorno prima.
Ne ingerì un’ ottava e si maledì per essersi lasciata convincere troppo facilmente a rimandare tutto e non averlo trattenuto.
Ne ingerì una nona e maledì con rabbia Claude per aver bevuto troppo la sera precedente ed essere finito fuori strada.
Ne ingerì una decima tra le lacrime sempre più frequenti e maledì nuovamente Claude per averla lasciata da sola.

Gettò tra le acque il flacone di sonniferi ormai vuoto e si immerse nel mare nuotando per qualche metro prima di riemergere. Sollevò lo sguardo verso il cielo imprimendosi bene nella mente ogni minimo dettaglio. Le lacrime oramai si confondevano con l’acqua marina.
Camille si lasciò andare e assunse la tipica posizione del “morto a galla” e lasciò che le onde la trasportassero. Chiuse gli occhi libera da ogni pensiero, si lasciò cullare dolcemente e attese che il sonno venisse a regalarle la pace eterna.
 
 
 
SPAZIO AUTRICE
Questa one shot si è classificata prima al concorso “Summer One-Shot” inedito dalla pagina “Sognando con le nostre Fan Fiction” di facebook.
 
Ciao a tutti! ^_^
Questa che avete appena letto è una one shot frutto della mia mente malata di cui però sono molto, molto fiera.
Spero di essere riuscita a trasmettervi qualcosa e che quindi vi sia piaciuta.
Fatemi sapere che ne pensate e grazie per averla letta.
Con affetto,
Little liar_
   
 
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