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Autore: Giuliascorner    10/08/2013    5 recensioni
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«E così...Edith» cominciò Harry, enfatizzando il mio nome con un cenno distratto della mano. «Praticamente sei venuta a fare la spia delle nostre vite, giusto?" disse, sistemandosi per bene sulla sedia.
«Te l'ho già detto, non sono una spia, ma una giornalista.» sospirai, rassegnata. «Un'aspirante giornalista, oltretutto.» aggiunsi.
«Non vedo la differenza.» soffiò piantandomi gli occhi in faccia.
«Non scriverò di tutte le ragazze che ti porti a letto, Styles, a me interessa solo il vostro lavoro, è di quello che dovrò parlare nell'articolo finale.»
«Ah sì? Niente vita privata?»
«Niente vita privata.»
«Prometti?»
«Non vedo come la tua vita privata potrebbe interessare a un professore universitario sessantenne!» esclmai sarcastica. Harry abbozzò una smorfia, ma incrociò le braccia al petto e mi fissò in attesa. Dio, quello sguardo. «E va bene, sì, prometto!» sbuffai.
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I giornalisti, si sa, sono i migliori alleati delle fans e spesso i peggiori nemici delle celebrità. Harry lo sapeva bene, e aveva imparato come difendersene; ma come potrà riuscirci quando sarà costretto a convivere con una di loro?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo.

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Il professor Sumner era la personificazione dell'inverno.
Tutto era argenteo e freddo in lui: aveva capelli corti e brizzolati, la pelle lattea, due pungenti occhi grigi e un paio di severi occhiali metallici che venivano puntualmente sistemati sul naso pronunciato. La sua voce era seria e composta, modulata da un forte accento londinese, e la sua espressione con le sottili labbra serrate dava l'idea di un carattere deciso e irremovibile. D'altronde, non bisogna certo essere un rammollito per diventare il più ambito insegnante di Giornalismo alla City University of London, e forse era stata proprio l'opportunità di essere una sua allieva che mi aveva dato la spinta per fare domanda alla City.

L'anno precedente avevo faticato sotto il peso dei primi esami e avevo sperimentato la vita da college, separata dalla mia famiglia e dalla mia spaziosa casa di Manchester; sentivo però che questo sarebbe stato un anno decisamente migliore. Basta camere da claustrofobia, basta articoli inutili: essere al secondo anno infatti non voleva solo dire affittare una casa con i propri amici, dire addio alle microscopiche stanzette dell'Università e dare il benvenuto a tante feste in più, bensì segnava l'inizio dei primi articoli valutati da gente del mestiere e delle prime esperienze da aspiranti giornalisti.

Fu proprio per quest'ultima ragione che il mio cuore iniziò a battere più forte quando, nella grande aula dalla moquette cerulea e dalle ampie finestre, vidi Sumner trovare il mio fascicolo e avvicinarsi al mio banco a grandi falcate. Come procedeva verso di me una serie di rapidi fotogrammi scorsero a velocità febbrile nella mia testa: un giornale importante, un incarico prestigioso, tanti nuovi giornalisti da conoscere, tanti eventi a cui partecipare, tante feste, e magari...

«Edith, per te ho pensato a qualcosa di musicale.» pronunciò, ridestandomi dai miei sogni, la voce pacata di Sumner in pedi davanti al mio banco. Il suo gelido sguardo lesse rapidamente le righe che lui stesso aveva scritto. Si schiarì la voce tossicchiando, aggrottò le sopracciglia e finalmente riprese a parlare. «Come sai, qui a Londra c'è una sala di registrazione molto famosa. Nel periodo del tuo praticantato, ho scoperto che la band degli One Direction inciderà un nuovo disco: per gentile concessione di un membro del loro staff, sei autorizzata ad assistere al processo di scrittura, rivisitazione dei pezzi, registrazione e mettere in luce nell'articolo finale i vantaggi e gli svantaggi del mondo dello spettacolo e cose del genere. Io...» cominciò, pensandoci su ancora un momento. «...non so, credo sia un'ottima opportunità per osservare, imparare a impostare le interviste e abituarti ai ritmi dei giornalisti e reporter; alla fine questo è l'obiettivo che tutti dovreste raggiungere con queste esperienze.» terminò, rivolgendo le ultime parole a tutti i miei compagni.

Il mio entusiasmo precipitò bruscamente, come quando nei cartoni animati cade il mattone in testa al personaggio sfigato convinto di essere salvo.
«Certo, sono d'accordo.» risposi riluttante, impegnandomi a non far trasparire la mia delusione. «Però…potrò mettere delle mie opinioni personali nell'articolo finale?» «Certo, ma nascoste, come sanno sanno fare i bravi giornalisti. Mi sembra di avervelo spiegato, non è così?» puntualizzò il professore.
«Sì, sì» mi affrettai a confermare.
Potevo quindi far capire non esplicitamente, da brava giornalista, quanto poco mi elettrizzasse l'idea di scrivere un articolo su una boy band?
«Bene.» rispose Sumner soddisfatto, porgendomi una cartellina. «Qui c'è scritto tutto, compresi indirizzi e riferimenti vari, d'accordo?» «Sì, la ringrazio.» dissi prendendo il fascicolo e buttandolo nella mia borsa nera accasciata ai piedi della sedia. Quando alzai la testa incrociai lo sguardo con quello di Lani, seduta dall'altra parte della classe, che mi strizzò l'occhio e fece segno di vittoria con l'indice e il medio. Risposi prontamente al suo sorriso ma quando si voltò e quando fui sicura che Sumner non mi stesse più osservando, scivolai più in basso sulla sedia e incrociai le braccia, proprio come una bimba arrabbiata.

Ma insomma, gli One Direction? Per carità, non avevo nulla in contrario a uno dei tanti fenomeni musicali del momento, ma quando mi ero immaginata nel ruolo di giornalista universitaria non mi ero certamente vista alle prese con un gruppo di ragazzi della mia età lanciati da una manciata di anni come burattini nel mondo dello spettacolo. Mi ero sempre immaginata ad assistere ad interviste di attori famosi o, ancora meglio, di celebri scrittori; invece gli unici scrittori che avrei incontrato sarebbero stati quelli intenti a comporre testi di canzoni orecchiabili, simpatici e coccolosi per far impazzire le ragazzine.
Se mia sorella mi avesse sentita esprimere quei pensieri, riflettei, sicuramente mi avrebbe lanciato un'occhiata piena d'odio. Da un paio di anni infatti la sua stanza era tappezzata da poster e immagini a grandezza naturale degli One Direction; fortunatamente non vivevo più con la mia famiglia da due anni esatti, ma mio padre non finiva mai di ripetere con gli occhi alzati al cielo che casa nostra poteva far invidia a uno stadio per la quantità di volte e per il volume al quale venivano fatte suonare le canzoni della boy band del momento.
Sentii un dito puntellare la mia schiena e senza girarmi sapevo che Bell voleva dirmi qualcosa. Anzi, conoscendo il poco tatto e la sfrontatezza della mia amica, sapevo già cosa mi avrebbe mormorato.
«Beh, dai, non è proprio come il The Mirror ma poteva andarti peggio. Pensa quanti dischi gratis potrai portarti a casa...» sussurrò sarcastica sporgendosi in avanti con i gomiti puntati sul banco, e mentre indietreggiava la udii ridacchiare.
«Ah, ah, ah. Molto spiritosa.» fu la mia risposta, girandomi un pochino e accennando una linguaccia. Mi girai di nuovo in avanti; sospirai profondamente.

Odiavo ammetterlo, ma questa volta il sarcasmo di Bell non era fuori luogo.
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Ehi! (:
Questo è il prologo, spero vi piaccia! È la prima ff che scrivo in assoluto e sono nuova su Efp... Mi farebbe piacere se lasciaste una recensione, anche piccola...ci tengo! (:
Un bacio! :*

G.

  
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