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Autore: Lady Anderson    10/08/2013    7 recensioni
-Le 16:15. Ancora.
Stavo aspettando davanti all’ingresso del Luna Park da ben 5 minuti, e stavo già impazzendo.-
Percy e Annabeth al loro primo appuntamento dopo la battaglia finale contro i Titani.
.Percabeth.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ARACNOFOBIA E ZUCCHERO FILATO.

 

Le 16:15. Ancora.

Stavo aspettando davanti all’ingresso del Luna Park da ben 5 minuti, e stavo già impazzendo.

Feci su e giù come una trottola per un tempo infinito, poi guardai di nuovo l’orologio.

Le 16:18. Dannazione.

Respirai profondamente cercando di calmarmi, ma la mia iperattività mi stava torturando.

-Calma, Percy. Sei solo arrivato un po’ in anticipo. Andrà tutto bene.

Devo ammetterlo, averi preferito scontrarmi con un’idra, piuttosto che stare lì ad aspettare senza fare niente. Per far passare il tempo, mi misi persino a contare le pecore di Polifemo.

Pensai di andarmene a fare un giro, quando intravidi una familiare auto nera apparire in fondo alla strada.

Iniziai ad avere caldo.

-Tranquillo Perseus. Hai sconfitto Crono, cosa potrà mai succedere? È soltanto il tuo primo appuntamento..

L’auto si fermò proprio davanti a me, e il finestrino si abbassò. Argo mi salutò con la sua mano occhiuta e mi sorrise, con l’espressione di chi la sapeva lunga.

-Grazie Argo. Torno con Percy stasera.

Lo sportello posteriore si aprì.

 INFARTO TRA 3..2..1..

Annabeth scese dalla macchina.

Aveva i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle, una maglietta blu – DEI, LE STAVA A MERAVIGLIA IL BLU -, un paio di semplici jeans abbastanza attillati - … - e le scarpe da ginnastica.

Era bellissima.

Mi ricordai che non ero sott’acqua e che avevo bisogno di respirare.

-Ciao, Testa d’Alghe. – mi disse, con un grande e luminoso sorriso. Si avvicinò e mi diede un leggero bacio a fior di labbra.

Il mio cuore si dimenticò di battere e il mio stomaco si mise a ballare la samba.

-Ciao, mia dea.. – risposi, sorridendo come un ebete e ricambiando il suo bacio.

Annabeth arrossì, e gli occhi argentati le scintillarono come metallo fuso.

La sua vicinanza mi provocava scompensi cardiaci e mentali non indifferenti. Mi sentivo un dio dalla felicità.

-Allora..Andiamo a divertirci o restiamo qui davanti a fare la coppietta smielosa? – mi domandò lei, con un accenno di velata malizia nella voce. Devo ammettere che la seconda opzione non mi dispiaceva affatto, ma conoscendo Annabeth decisi che era meglio entrare nel parco, onde evitare lo stampo di cinque dita aperte sul viso. Comunque, rimango dell’idea che rimanere a sbaciucchiarci non sarebbe dispiaciuto nemmeno a lei, ma non diteglielo.

Così, la presi per mano e mi incamminai attraverso il cancello, puntando dritto verso le giostre.

-Montagne russe, arriviamo!

 

Dopo aver fatto la guerra ai mortali sugli autoscontri e tre giri consecutivi sull’ottovolante, rischiando di non trovarmi niente al posto dello stomaco, girammo il parco in lungo e in largo, divertendoci come bambini.

Annabeth vinse un paio di partite di tiro al bersaglio, ottenendo sempre il punteggio massimo. Si vedeva che si era allenata moltissimo nell’ultimo anno.

Io invece arrivai a malapena a una ventina di punti. Avevo sempre fatto schifo nel tiro con l’arco e attrezzi simili.

Come premio, lei scelse un pesce pagliaccio peluche.

-Così posso stringerti anche mentre dormo.. – disse, e si allontanò ridendo, lasciandomi lì impalato come uno stoccafisso.

  Ci fermammo a una bancarella di dolciumi, e comprai uno stecco di zucchero filato azzurro ad Annabeth.

-Ehi ragazzino, mi prendi in giro? – disse il venditore, un po’ scocciato. Anche troppo, per i miei gusti.

-Come, scusi?

-Me lo devi pagare quello. Questi non sono due dollari.

Osservai le monete e arrossii, mentre Annabeth riemerse dalla sua nuvola di zucchero e scoppiò a ridere.

-Mi dispiace tanto, sono gettoni per gli autoscontri. Ecco a lei.

Presi le dracme d’oro e gli posai in mano i due dollari, scusandomi altre cento volte prima di andarmene.

Annabeth continuò a sghignazzare per dieci minuti abbondanti, dando ogni tanto un morso allo zucchero filato, fino a finirlo.

-E dai, smettila! Non l’ho fatto apposta!

-Avevi una faccia così carina, avresti dovuto vederti! – replicò lei, ridendo di gusto.

Stavo iniziando a seccarmi. Può capitare a tutti di tirare fuori delle dracme d’oro al posto dei dollari..No? No, eh?

Comunque, per non darla vinta ad Annabeth, misi su il broncio. Non sopportavo che mi prendesse in giro, e avrei fatto l’offeso per tutto il resto della giornata.

-Sai che sei adorabile quando fai così? – disse lei, guardandomi con dolcezza.

Come non detto. Mi sciolsi come neve al sole a sentire quelle parole.

Lei mi sorrise e mi baciò. Sapeva di zucchero filato.

Ero talmente estasiato che non mi accorsi di aver ricominciato a camminare, con la mano di Annabeth intrecciata nella mia.

Dopo aver fatto un giro nella casa degli specchi (con non pochi bernoccoli in testa come souvenir), ripassammo davanti al “Trenino del Terrore”, e proposi ad Annabeth di fare un giro.

-Non dirai sul serio, Percy.

La guardai con aria interrogativa.

-Non ti piace?

-Là dentro non ci metto piede.

-Annabeth..Continuo a non capirti.

Lei sospirò, quasi offesa.

-È un percorso di paura, Percy. E nei percorsi di paura ci sono sempre i..

-Non mi dire che hai paura di qualche manichino vestito da strega!

Annabeth si accigliò ancora di più.

-Non è per quello, Testa d’Alghe.

-E allora? Qual è il problema? – replicai, quasi esasperato. Lei mi guardò come se volesse uccidermi.

-I RAGNI, PERSEUS. Ci saranno montagne di ragni. – sbottò lei, rossa di rabbia e frustrazione.

Ah. Ecco.

Annabeth, essendo figlia di Atena, era terrorizzata dai ragni, per via della questione di Aracne. Pensavo che le fosse passata però, dopo la nostra impresa nel Labirinto di Dedalo, quando fu costretta a seguire un ragno meccanico per arrivare nelle fucine di Efesto.

Cercai di nascondere l’imbarazzo e mi diedi dell’idiota per non esserci arrivato prima.

-Scusa Annabeth, pensavo che non fosse più un problema dopo il Labirinto. Questi stupidi ragni impagliati non sono nulla a confronto di.. – mi bloccai. Oh dei. Non mi resi conto di aver innescato una bomba a orologeria.

Dicendo a quel modo, NON avevo insinuato che Annabeth avesse paura di un ragno finto più di uno vero, brutto e meccanico. Ma lei ovviamente non la prese così.

Mi lanciò un’occhiataccia carica d’ira, tanto che aspettavo di sentire lo scrocchiare del mio naso mentre si rompeva sotto le sue nocche.

Quando mi prese per mano sobbalzai, prima di constatare che me la stava stritolando.

Si avviò impettita verso la biglietteria, pagò due corse e mi trascinò sul trenino.

I figli di Atena sono orgogliosi, attenti a quello che dite sulle loro debolezze.

La giostra partì, e Annabeth piantò lo sguardo in avanti, facendo finta che non esistessi.

Il percorso si snodava in un tunnel buio, illuminato a tratti da luci soffuse di colore verdognolo.

C’erano pietre tombali, zombie, fantasmi e quant’altro, ma per conto mio non avrebbero spaventato nemmeno un bambino.

Ad un certo punto sentii Annabeth irrigidirsi, e nella semioscurità riuscii a vedere che aveva una ragnatela finta attaccata ai capelli.

A peggiorare la situazione ci pensò la giostra stessa. Eh sì, indovinate dove finimmo. In una mega riproduzione di una tana di ragni giganti.

-Annabeth, calma. Sono finti, fra poco passeremo questo stupido scenario. – le dissi, notando che respirava velocemente.

Ovviamente mi sbagliavo. Il trenino si fermò, e la giostra simulò l’attacco dei ragni finti.

Quello doveva essere il classico istante in cui la ragazza terrorizzata si aggrappava disperata al suo uomo, e lui la rassicurava mostrandosi impavido ed eroico. Di certo non avevano preventivato un probabile incontro con una figlia di Atena.

Da quel momento in poi non capii più nulla. Annabeth schizzò fuori dal trenino e si abbatté sui ragni come un tornado, circondandosi di una pioggia di scintille.

Aveva estratto il suo pugnale, e menava fendenti veloci e precisi a qualsiasi cosa le si avvicinasse.

Appena saltai giù per fermarla, lei iniziò a correre come un’ossessa lungo il tunnel. Quando sbucammo fuori dal percorso, le persone ci guardarono allibite.

La raggiunsi e la presi per un braccio, ritrovandomi la lama di bronzo celeste a mezzo centimetro dalla gola.

Ansimavamo entrambi per la corsa, e Annabeth aveva gli occhi color piombo per lo spavento. Mi voltò le spalle, rossa di imbarazzo e rabbia, e fece per allontanarsi a passo svelto. La fermai di nuovo e la abbracciai forte. Stava tremando.

-Ehi, ehi, tranquilla. È tutto finito.

-Maledetti otto zampe. Ho dato di matto. Scusa.

-No, scusami tu, sono stato un cretino.

Le detti un bacio sui capelli scompigliati e mi beai del loro profumo fresco di limone.

Mi venne un’idea improvvisa per farmi perdonare.

-Andiamo al percorso sulle rapide. – dissi, prendendola per mano. Forse non mi avrebbe odiato per la storia del trenino.

Pagai i biglietti e aiutai Annabeth a salire sul gommone.

-Vuoi farti un bagno, Testa d’Alghe? – domandò, l’ombra di un sorriso sul volto.

Mi concentrai sulle caratteristiche di quella specie di rigagnolo tumultuoso, aspettando di arrivare in un punto dove l’acqua fosse abbastanza profonda da tuffarsi. Appena giunti vicino alla base di una cascata, afferrai Annabeth e mi buttai. Subito una bolla d’aria ci avvolse, e le correnti ci spinsero sul fondale sotto mio ordine. L’acqua turbinava furiosa sopra di noi, ma non una sola goccia ci sfiorò la pelle.

-Questo mi ricorda vagamente qualcosa.. – disse Annabeth, illuminandosi all’improvviso.

Per tutta risposta, le spostai una ciocca di capelli dietro l’orecchio e mi fermai ad un paio di centimetri dalle sue labbra.

-Ci stai prendendo gusto, eh Jackson? – sussurrò, portando una mano ai miei capelli, facendomi impazzire.

Sorrisi e la baciai.

Sapeva ancora di zucchero filato.  

   
 
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