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Autore: waferkya    10/08/2013    4 recensioni
[Star Trek XI, Academy Era, first time McCoy/Kirk]
Ci sono un vicolo buio, e una pessima idea.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Scritta per la decima nottebianca di maridichallenge, su questo magnifico prompt di Will che altro che queste scemenze, dovrebbe ricevere un monumento. ~500 parole.

just like kisses on the necks of best friends


Ci sono un vicolo buio, e una pessima idea; Jim non è sicuro di quale dei due sia arrivato prima.

Il vicolo è un cassetto tra due palazzi, stretto, contornato di muri di mattoni grezzi, e buio, mezzo-buio, perché il lampione più vicino si preoccupa di pennellare ombre lunghe e dense, più che di illuminare; l’idea è una di quelle davvero, davvero del cazzo, tanto terribili che il cielo arriccia il naso—Jim ha esperienza, in quel campo. Fidati, è un’idea del cazzo.

Ci sono un vicolo buio e una pessima idea.

C’è Bones, un po’ sbronzo, per una volta di una sbronza allegra, ed è inverno e Bones è una fornace contro il fianco di Jim, che pure non è esattamente sobrio, guarda come ogni tanto non riesce a coordinare bene il complicato, essenziale movimento di coscia-ginocchio-gamba, e finisce con un piede che struscia sul marciapiede.

C’è Bones. C’è la bocca di Bones, il suo labbro inferiore arrossato e pieno e Jim mente a se stesso quando si  chiede se sia venuto prima il vicolo o l’idea; è l’idea, è sempre l’idea.

L’idea è stata lì a macerare sul fondo del suo cervello dalla seconda settimana di Accademia: quando Jim, che non è mai riuscito a dormire nelle dirette vicinanze di qualcuno che russa, invece di rifugiarsi ogni notte tra le lenzuola di una cadetta—o un cadetto—diversi per sfuggire alla tortura del suo compagno di stanza e dei suoi bronchi maledetti, ha trovato Bones in biblioteca, e l’ha seguito per un po’ perché non aveva di meglio da fare, ed è finito sul suo divano, perché il bastardo, ufficiale medico con un milione di siglette pretenziose incollate in fondo al suo nome, ha un vero appartamento, non divide una stanza con un ragazzetto sfigato.

Beh, perlomeno non fino alla seconda settimana del primo semestre.

Bones mugola, quando Jim lo dirotta gentilmente verso il vicolo, e non appena le sue spalle toccano il muro ci si accascia contro, piegando la testa all’indietro.

«Ottima idea,» biascica, le mani che vagano a caso giù per le braccia di Jim. «Prendiamo fiato, sì—non—non voglio vomitarti sui piedi.»

«Non sarebbe la prima volta,» mormora Jim, ed è appoggiato al muro con gli avambracci, ed è così vicino che potrebbe toccare la punta del naso di Bones con la propria.

Bones si acciglia, tentando di metterlo a fuoco. «Ehi,» protesta. «Quella volta era una situazione davvero, davvero stressante, non puoi biasimare il mio sistema digerente se—»

«Bones,» soffia Jim, e Bones brontola un grugnito e Jim fa ancora mezzo passo, intrappolandolo inestricabilmente tra il muro e i propri fianchi. Bones non protesta. «Sta’ zitto.»

«Quello lo dico io, ragazzin—»

C’è un vicolo buio, e una pessima idea. C’è un bacio, e Jim che non respira finché le mani di Bones non trovano la strada per la sua nuca e gli si aggrappano addosso non per tirare via ma per spingere, più vicino, più vicino, di più—c’è un vicolo buio, e una scarica elettrica lungo la schiena di Jim che gli fa intendere che non esiste un’idea migliore di questa.

  
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