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Autore: adrienne riordan    10/08/2013    1 recensioni
L’Holodomor, il massacro della popolazione ucraina perpetuata dalla Russia nel modo più crudele che possa esserci,dal punto di vista di Ucraina.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Ucraina
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno a tutti/e!

È da tantissimo tempo che non pubblico più una fanfiction, e guardate un po’, torno nientemeno che con un bel carico d’angst! Durante l’ascolto della versione ungherese di Gloomy Sunday (sì, proprio la canzone “maledetta” che induce al suicidio, oggetto di una striscia di Himaruya su Birz!) mi è venuto in mente il plot per raccontare l’Holodomor, la storia del massacro della popolazione ucraina perpetuata dalla Russia nel modo più crudele che possa esserci (neanche i racconti dello sterminio nazista mi hanno impressionato come l’Holodomor), tanto da venir ufficialmente riconosciuto dalle comunità internazionali come Crimine contro l’Umanità.

Avviso:

Non ci sono pairing, non c’è sesso, non c’è yaoi. Don’t like, don’t read.

 

Moryty Holodom

Anno 1933

Camminava meccanicamente, il piccolo Iosif, a passo lento, strascicato. Era un piccolo burattino che avanzava nella neve per inerzia, eppure mettendoci tanto sforzo, una cosa insolita per un bambino di soli sette anni, di ritorno da scuola.

Andrey non si era presentato a scuola. Era l’unica informazione che Iosif aveva tenuto in memoria. Quali argomenti erano stati trattati quella mattina? Non riusciva a ricordarli. Non era per distrazione, non era nemmeno per mancanza di volontà. Gli era piaciuto andare a scuola, un tempo. Era sempre stato grato per quelle ore sottratte al duro lavoro nei campi della sua famiglia. Questo, una vita fa. Ora avrebbe barattato tutte le ore di scuola della sua vita per tornare a lavorare in quei campi benedetti. Si chiedeva se sarebbe tornato il tempo di una nuova mietitura. Ancora non sapeva quello che gli adulti non potevano più ignorare e che mormoravano tra loro a denti stretti (almeno chi i denti ancora non li aveva perduti) e occhi spiritati in risalto sui volti scavati: non ci sarebbe stato alcun raccolto, indipendentemente dal fatto che fosse o meno abbondante.... perchè loro non ne avrebbero beneficiato.

Iosif era quasi arrivato a casa di Andrej, doveva solo andare in fondo alla strada e poi svoltare dietro alle case sulla destra.

“Non andare”.

La voce femminile, tesa ma dolce, distolse il bambino dai suoi pensieri. Trattandosi di una voce mai udita prima, e quindi appartenente ad una sconosciuta, doveva stare in allerta. Si voltò a guardare la donna che aveva parlato.

Era giovane, anche lei magra e con l’espressione angosciata, eppure bella. Una fascia azzurra fermava i corti capelli biondo cenere. Il seno, malgrado la magrezza, era florido, il che rese Iosif ancor più sospettoso: quello di sua madre era ormai avvizzito per la fame, forse quella sconosciuta non subiva la carestia come la maggior parte della popolazione ucraina? Poteva essere magari una spia russa?

“Torna a casa tua” disse la ragazza. Una tristezza infinita traspariva dietro al velo di lacrime che ancora non cadevano, no, non voleva turbare ulteriormente il bambino.

Iosif non era cieco, se n’era accorto. Eppure, scelse di non obbedirle. I suoi genitori erano stati categorici: mai dare retta agli sconosciuti, e men che mai seguirli. Quelle istruzioni di prudenza erano sempre state impartite, eppure mai come in quell’ultimo anno avevano assunto, nella voce dei genitori, un connotato di estremo allarme, seppur incomprensibile alla logica di un bambino.

E poi, perchè mai non avrebbe dovuto andare a trovare Andrej?  Corse dunque verso la sua casa, per quanto la corsa, nella sua debolezza, gli costasse parecchia energia.

Svoltò l’angolo in fondo alla strada... e fu bloccato da un cappannello di gente, muta per l’orrore, che osservava quanto stava accadendo.

Alcuni poliziotti stavano portando via i genitori di Andrej in stato completamente catatonico.

La notizia si era sparsa velocemente di bocca in bocca. “Hanno mangiato il loro stesso figlio!”. Nessuna condanna nel tono della loro voce, solo l’angoscia, la consapevolezza di una tragedia annunciata...

Iosif avrebbe voluto urlare, urlare il suo dolore, la sua paura. Eppure, proprio la paura gli tappò la bocca: non doveva mostrare la sua presenza a quelle persone, suoi potenziali carnefici – e ora sì che gli ammonimenti dei genitori assumevano un nuovo significato nella mente del bambino!

Fuggì verso casa.  Corse come se avesse avuto il diavolo alle calcagna, senza mai voltarsi.

 

..... Katiuscia avrebbe voluto risparmiargli una tale rivelazione.

Per la sua natura non umana, la morte di ogni singolo cittadino ucraino la debilitava, fisicamente e, soprattutto, spiritualmente. Eppure non aveva fatto nulla di male, se non subire la follia di Russia, ansioso di compiacere il suo capo.

“Oh fratello caro, perchè non riesci a vedere quello che mi stai facendo? Vuoi dunque uccidermi?” aveva pensato molte volte.

Era stata solo una questione di tempo che episodi di cannibalismo si erano presentati, non troppo spesso, ma abbastanza per incrementare la paura tra le persone. Il sospetto verso gli sconosciuti ma anche il terrore, più primordiale, verso se stessi e verso le persone amate.

Quel bambino non vivrà. Pochi bambini sarebbero sopravvissuti a quell’inverno e Iosif non sarebbe stato tra quei “fortunati”. Katiuscia non avrebbe potuto cambiare la sorte del bambino, ma aveva sperato con tutto il suo cuore che non avrebbe passato i suoi ultimi giorni a guardare con sospetto e timore i suoi stessi genitori. Avrebbe voluto che provasse la tenerezza, prima dell’addio.....

 

Dove c'erano sette figli in una casa,
ne sono rimasti soltanto tre;
il loro padre li guardava con dolore
e diceva alla moglie:
“Quale dei tre dovrò ammazzare
perché gli altri due abbiano da mangiare,
chi dovrò sacrificare?
Non so scegliere,
quello più piccolo o quello più grande?”
Mentre parlava, prese un coltello
e se lo infilò nel petto.

 

Anno 2003

 

Ora arriva l'estate
e il grano che sta crescendo
quest'anno
andrà perduto nel vento,
andrà perduto nel vento.
Ma il ricordo della gente di Kiev vivrà
finché queste parole saranno cantate,
in tributo ai milioni di persone
che sono morte in inverno.

 

Erano passati molti anni da quei giorni bui, eppure Ucraina aveva finalmente ottenuto il riconoscimento internazionale. È stato genocidio, un crimine contro l’umanità.

Anche l’Holodomor aveva la data di commemorazione nel calendario nazionale.

“Sorellona, perchè sostieni queste brutte cose? È normale che ogni tanto avvenga qualche massacro durante una guerra!” Russia ci credeva davvero, la sua voce esprimeva una genuina mancanza di consapevolezza per quello che aveva fatto alla propria sorella, che pure diceva di amare.

“Ecco, appunto!” rincarò la dose in modo ben più bellicoso la sorella minore. “Scegliere di eliminare sistematicamente la popolazione dell’Ucraina, che razza di idea!”

Katiuscia sospirò. No, non avrebbe mai convinto i fratelli che ciò che aveva subito era stato non solo terribile ma anche premeditato.

Eppure, nonostante tutto, non riusciva ad odiare Russia.

“Anzi, devo ringraziarti” disse pacatamente al fratello.

“Come, ringraziarmi?” ribattè l’altro spaesato.

Esatto” Katiuscia sorrise “ci hai privato del nostro cibo, ci hai fatto terra bruciata attorno, hai pianificato lo sterminio del mio popolo, e per poco non ci sei riuscito. Ma nonostante tutto, noi siamo sopravvissuti. Contro di te, siamo riusciti a sopravvivere. Prima di tutto questo, non ne ero affatto sicura, ma poi ho raggiunto la piena consapevolezza. Senza di te, caro fratello, noi possiamo vivere!  Lo so io, lo ha scoperto il mio popolo. E così è stato!”

 

FINE

Ebbene, l’idea di scrivere qualcosa sull’Holodomor (“assassinio di massa per fame”) era germogliata nella mia mente dopo aver letto la testimonianza di un ucraino che aveva vissuto esattamente ciò  che ho descritto nella fanfic: la scoperta che un suo amico era stato mangiato dai suoi stessi genitori.

È stato difficile, ammetto, trovare un finale, ma alla fine, sembra che, nell’amarezza, si possa constatare come l’Holodomor sia stata una prova di forza, crudelissima e inumana, dalla quale quale l’Ucraina ne è uscita “vittoriosa”.

Qui un link con maggiori informazioni sull’Holodomor, vi troverete anche il testo della canzone da cui ho tratto le parti scritte in corsivo a sinistra à http://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=38654&lang=it

  
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