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Autore: Bubbles_    10/08/2013    5 recensioni
Lo aveva perso.
Aveva perso quel dannatissimo taccuino. Di nuovo.
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“Non merito forse una ricompensa?”
Aveva perso quel diario un milione di volte e altrettante aveva dovuto pregare perfetti sconosciuti di restituirglielo, ma mai nessuno aveva chiesto un riscatto.
Quella ragazza non gli piaceva per niente. La sua prima impressione risultava essere completamente sbagliata. Ora la vedeva come un’avida impicciona.
“Due euro e venti e sbrigati, sta arrivando il pullman”
“È seria?”
Non sapeva se si sentiva più offeso per il fatto di dover pagare per riavere indietro il suo diario o per quello di dover pagare così poco. I suoi pensieri più profondi in svendita per soli due euro.
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"Non hai mai voluto che uno sconosciuto ti stravolgesse la vita? Non sei mai stato in cerca di novità? Io sono quello sconosciuto. Carpe diem!"
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lysandro, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le Carnet Perdu






 
Prima parte:
La nouvelle lune
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«Romeo and Juliet~

 

 
 
Lo aveva perso.
Aveva perso quel dannatissimo taccuino.
Di nuovo.
Si tastò le tasche in un ultimissimo, e disperatissimo, tentativo. Niente, tutte tristemente vuote.
Lysandre camminava lentamente, gli occhi puntati a terra. La gente lo guardava curiosa, ma a lui non importava. Vi era abituato, se non era il suo comportamento a riscuotere curiosità ci pensavano i suoi vestiti. O i suoi capelli. O i suoi occhi. Tutto in lui urlava la parola “strano”, “diverso”, ma a lui stava bene così.
Si era svegliato presto, prestissimo, con uno strano formicolio alle dita e la testa pesante di parole. Gli succedeva spesso e sempre nei momenti meno opportuni: durante le ore di matematica quando invece avrebbe dovuto ascoltare, dopo un concerto particolarmente intenso quando ogni fibra del suo corpo non desiderava altro che riposo e persino tenere la penna in mano era uno sforzo immane, o alle cinque del mattino.
Si rigirava nel letto decine di volte finché, alzata bandiera bianca ai suoi stessi pensieri, non era costretto ad alzarsi e dar sfogo a ciò che gli esplodeva dentro.
Così quella mattina si era vestito velocemente, aveva afferrato il suo amato taccuino ed era uscito attento a non svegliare suo fratello Leigh.
Non ricordava quale strada avesse percorso per raggiungere il parco, ricordava però benissimo il profumo del pane appena sfornato dal fornaio a fine via, la canzone che stava ascoltando un ragazzo in metro, le raccomandazioni che una madre premurosa e leggermente ossessiva aveva ripetuto più e più volte al figlio prima di lasciarlo salire sull’altalena al parco. Ricordava persino il tremolio delle foglie che aveva ammirato in una pozzanghera formatasi la notte appena passata.
Non era vero che lui si dimenticava le cose. Si dimenticava di alcune cose. Era un bravo osservatore, peccato non riuscisse a cogliere la realtà nella sua totalità e si concentrasse su piccoli e spesso, ma non sempre, inutili dettagli.
Aveva ormai perso le speranze. Ben gli stava, era quello che si meritava. Avrebbe dovuto imparare ad avere più cura delle sue cose, Castiel glielo diceva sempre! Se la prese con un sassolino, calcio dopo calcio quello rotolava qualche metro più avanti per poi riessere colpito. Raggiunse la fermata dell’autobus e si sedette su una delle panchine interrompendo la corsa del ciottolo.
Subito sentì addosso lo sguardo di una donna. Lysandre incolpò immediatamente la sua giacca … o forse erano gli stivali? Concluse che la colpa doveva essere loro, decisamente. Quando rialzò gli occhi notò con stupore come le attenzioni dell’anziana non fossero rivolte verso di lui, ma lo superassero. Guardava qualcos’alto, qualcun altro.
La prima cosa che vide di lei fu la voce. No, non vide la sua voce, la sentì.
Cantilenava un vecchio successo degli anni ottanta, non era propriamente intonata, ma non era spiacevole ascoltarla. Una canzone dei Dire Straits dedusse il ragazzo dopo qualche secondo. Non conosceva tutte le parole e lo mascherava con na-na-na e oh-oh-oh strategicamente inseriti. La sua voce era più alta di quello che ci si aspetterebbe in pubblico, ma non alta abbastanza perché lo si potesse pensare fatto di proposito. Stava cantando come tutti facciamo sotto la doccia, o mentre stendiamo il bucato, sovrappensiero, solo per il gusto di farlo.
Si voltò affascinato di quella noncuranza delle regole sociali e rimase colpito, come fulminato nel vederla. Come aveva potuto non notarla prima?
La ragazza gli era seduta accanto, a gambe incrociate muoveva la punta del piede a ritmo di chissà quali note immaginarie e leggeva. Assorta nella sua lettura non si era accorta minimamente dell’occhiate di rimprovero di quella donna.
Aveva i capelli biondi, biondissimi, raccolti in una treccia disordinata, tinta per quasi l’intera lunghezza d’azzurro, le punte blu intenso.
Le labbra piene erano truccate di un rosso acceso, si muovevano lente intonando la canzone e il loro movimento risultava quasi ipnotizzante, tanto che Lysandre ebbe difficoltà a distogliere lo sguardo. Indossava una salopette di jeans troppo larga per il suo fisico minuto, slacciata su un fianco lasciava intravedere la maglietta nera dove spuntava il logo dei Bon Jovi accompagnato da diverse macchie di vernice bianca.
Portava dei grandi occhiali da vista e, come per la salopette, Lysandre ebbe l’impressione fossero troppo grandi per il suo viso, continuavano a scivolarle sul naso. Lei prontamente li spingeva su, senza batter ciglio.
“Perché mi fissi?” chiese all’improvviso la ragazza spostando tutta la sua attenzione da ciò che stava leggendo verso di lui.
Lysandre rimase impietrito, non solo per l’improvvisa reazione della bionda, ma per quei suoi due occhi scuri che ora lo fissavano infastiditi. Aveva sempre pensato lo sguardo essere l’arma più potente di una persona, ma non avrebbe mai pensato di incontrarne uno così tagliente. Poteva sentire la pelle lacerarsi sotto quelle iridi castane.
Si sistemò lo jabot che portava al collo e si schiarì la gola. Non parlava spesso con gli estranei, ad essere sinceri non parlava molto neanche con i suoi più cari amici. Era di poche parole, ecco tutto.
Incapace di sopportare ulteriormente il cipiglio accusatorio della ragazza abbassò lo sguardo e mai scelta fu più determinante di quella.
“Ma quello è il mio taccuino” si sentì dire preso alla sprovvista da quell’apparizione.
La ragazza si guardò il grembo dove riposava l’incriminato quaderno.
“L’ho trovato nel parco” mormorò rigirandoselo fra le mani.
“Lo ha letto?” sapeva già la risposta, le guance gli si fecero calde e di un colore più acceso. C’erano scritti i suoi sogni, le sue paure, i suoi segreti più grandi … quella sconosciuta sapeva ormai tutto di lui. La cosa lo irritava e non poco, non amava aprirsi agli altri, non era un semplice capriccio, ma una vera e propria fobia.
“Sei Lysandre?” chiese la ragazza mordendosi appena il labbro inferiore scrutandolo con quei suoi pozzi scuri, ignara delle emozioni che erano esplose in lui.
“N-no” balbettò, la voce che non uscì sicura come avrebbe voluto “Mi chiamo Castiel” mentì e subito si maledisse. Non sapeva mentire, gli era sempre stato difficile. Preferiva il silenzio alle bugie, ma non poteva dirle la verità, non dopo quello che lei aveva letto.
“Allora questo non è il tuo taccuino” continuò la bionda alzando appena un sopracciglio e guardandolo divertita.
“È di un amico”
Lo sfogliò velocemente sotto il suo naso e lui non riuscì a trattenere una smorfia di dolore, ogni volta quelle pagine venivano aperte sentiva una fitta al cuore.
“Peccato. Per un attimo avevo sperato fossi più interessante di quello che sembri” sbuffò contrariata e alzò gli occhi al cielo. Quella ragazza non aveva peli sulla lingua, questo era sicuro.
Riacquistata la calma che lo contraddistingueva allungò la mano e le sorrise gentile.
“Potrei riaverlo, per favore, così da restituirlo al legittimo proprietario?”
La bionda sembrò riprendere vita, saltò in piedi e si tolse gli occhiali per guardarlo meglio. Lysandre si agitò sotto lo sguardo della ragazza. I suoi occhi erano troppo grandi per essere normali e il suo sguardo troppo affilato perché lui potesse aprire di nuovo bocca.
Sventolò il blocchetto in aria mostrando le unghie della mano tutte di un colore diverso. Il ragazzo fece per afferrarlo, ma lei fu più veloce.
“Non merito forse una ricompensa?” chiese nascondendo il protagonista di quella discussione dietro la schiena, le labbra rosse che si muovevano lente per formare ogni parola.
Lysandre era scioccato, ma riuscì a non lasciar trasparire la sua sorpresa. Aveva perso quel diario un milione di volte e altrettante aveva dovuto pregare perfetti sconosciuti di restituirglielo, ma mai nessuno aveva chiesto un riscatto.
Quella ragazza non gli piaceva per niente. La sua prima impressione risultava essere completamente sbagliata. Aveva pensato fosse innocente, delicata, fiabesca quasi come figura. Ora la vedeva come un’avida impicciona.
“Due euro e venti e sbrigati sta arrivando il pullman”
“È seria?” si affrettò a verificare all’udire quella cifra ridicola. Non sapeva se si sentiva più offeso per il fatto di dover pagare per riavere indietro il suo diario o per quello di dover pagare così poco. I suoi pensieri più profondi in svendita per soli due euro.
“Due euro e venti” precisò la ragazza come se gli avesse letto nel pensiero.
Lysandre sgranò gli occhi esasperato e sul volto della ragazza si dipinse un’espressione di totale stupore.
“I tuoi occhi” mormorò incantata spostando irruenta una sua ciocca argentea per vederli meglio e lasciando Lysandre completamente inebetito. Quel contatto inaspettato lo fece arrossire tanto da sentire improvvisamente caldo, quella ragazza non solo non si faceva gli affari suoi ma non aveva mai neanche sentito parlare di spazio personale. Una distanza che Lysandre aveva sempre preferito mantenere.
“Fichi. Mi piacciono” ritirò la mano e tornò a monitorare l’orizzonte, la ciocca che ricadeva priva di vita sul viso del ragazzo.
L’autobus accostò e la ragazza raggiunse veloce le porte obbligandolo a seguirla mentre sulla mano contava le monete che aveva trovato in tasca.
Senza dargli il tempo di finire la ragazza afferrò quei pochi spicci e saltò sul bus.
Mostrò l’abbonamento per poi consegnare i soldi all’autista.
“Un biglietto per il mio amico, per favore” accettò con un sorriso il biglietto già obliterato e si voltò per guardare il ragazzo con aria spazientita.
“Ti muovi?”
Lysandre non capì al volo cosa stesse succedendo, ma in un qualche modo si ritrovò sul pullman, le porte chiuse dietro di lui. Seguì quella che solo pochi secondi prima l’aveva definito “suo amico” storcendo contrariato il naso. Loro non erano amici, proprio per niente. Con qualche difficoltà, cercando di mantenere l’equilibrio nonostante le brusche frenate dell’autista, le sedette accanto.
“Non capisco” disse soltanto. Davanti a sé una coppia di vecchietti che si lamentava di chissà quale politico, la sua nuova “amica” che invece aveva ripreso a sfogliare il suo taccuino.
“Io davvero non capisco” ripeté posando ora lo sguardo sulla bionda.
“Se vuoi riavere il diario del tuo amico dovrai impegnarti un po’ più di così” mormorò la ragazza mordicchiandosi le unghie mentre con vivo interesse girava le pagine.
“Signorina, quanto vuole?” chiese a quel punto spazientito. Era difficile fargli perdere la pazienza, poche persone ci riuscivano e questa ragazza sembrava essere una di quelle. Se voleva dei soldi, lui glieli avrebbe dati. Voleva semplicemente riavere il suo dannatissimo diario e dimenticare quella giornataccia.
“Piacere Castiel, davvero molto piacere” porse la mano e Lysandre esitante, e più confuso che mai, la strinse. Aveva una stretta energica, quasi dolorosa.
“Non sono una signorina e puoi darmi tranquillamente del tu”
Sembrava non aver per nulla sentito la sua domanda e questo lo confuse. Era come se il suo comportamento non seguisse un filo logico, diceva la prima cosa che le saltava in mente ed era del tutto estranea alla realtà che la circondava.
“Non sei curioso?” gli domandò con serio interesse chiudendo la causa scatenante di quell’incontro e infilando il quaderno nella tasca della salopette “Non hai mai voluto che uno sconosciuto ti stravolgesse la vita? Non sei mai stato in cerca di novità? Io sono quello sconosciuto. Carpe diem!” gli fece l’occhiolino e accennò un sorriso.
“Non amo gli sconosciuti” si sentì dire mentre l’autobus riprendeva la sua corsa dopo chissà quale fermata.
“Fortuna noi non lo siamo più allora” e nuovamente chiuse un occhio con fare amichevole. Lysandre cominciò a pensare fosse un tic più che un gesto rassicurante.
La ragazza si alzò e Lysandre non poté fare altro che imitarla. La guardò prenotare la fermata e appostarsi davanti alle porte del mezzo.
La signora di poco prima la stava ancora guardando con disapprovazione.
“Non voglio i tuoi soldi. Voglio il tuo tempo, Castiel”
Le porte si aprirono, fece un largo sorriso e con un salto scese, sicura che lui l’avrebbe seguita.
Che altro avrebbe potuto fare? Non gli aveva davvero lasciato altra scelta e non per il taccuino, ma per quel sorriso. Il sorriso che gli aveva regalato prima di scendere.
Le labbra rossissime distese in quello che non era un semplice gesto, il semplice muovere di muscoli, ma un vero raggio di sole.
Quello solo gli aveva fatto dimenticare dove si trovasse e che cosa stesse facendo, l’unica cosa che sapeva con certezza era che voleva – doveva – rivederlo.
 
 




«Juliet the dice were loaded from the start
And I bet and you exploded in my heart
And I forget I forget the movie song
When you gonna realize it was just that the time was wrong Juliet?
~












Euphoria__'s corner:

'Sera, eccomi qui con una nuova fanfic, come protagonista Lysandre. Mi frullava in testa da un po' e ho dovuto scriverla. Lo so, ho un'altra storia da portare a termine e lo farò, ma avevo voglia di scrivere qualcosa di più... stimolante e questa storia è quello che mi serve. Avrei voluto scrivere qualche capitolo prima di pubblicarla, ma visto che di tempo non ne ho e che questo primo chap riposa nel pc (di mio papà, visto che il mio è morto ç.ç) da quasi un mese... perchè non fargli vedere un po' di luce?
Detto questo, avevo già iniziato una storia su Lysandre che è finita nel cestino, ma questa non farà la stessa fine.
E' diversa da ciò che ho scritto fin'ora e potrà non piacere, ma spero comunque di riuscire ad interessare chiunque leggerà, sono aperta a qualsiasi appunto, su forma, stile, lessico... voglio migliorare e voglio "sfidare" me stessa ;P
Piccole note sulla storia:
Il titolo significa "il taccuino perduto",
ogni capitolo avrà il nome di una canzone che potrà o meno c'entrare con quello scritto
(in questo caso la canzone è quella cantanta dalla ragazza, l'ADORO e ho fatto un mese e più a cantarla linko qui il video su youtube consiglio anche la cover dei Killers).
L'immagine iniziale è molto simile a come io immagino la ragazza :)
Un bacione! E grazie se sei riuscito a leggere fino a qui! So di essere logorroica!


 
  
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