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Autore: Principessa Purosangue    10/08/2013    0 recensioni
Cosa rimane quando l'amore finisce? Cosa n'è rimasto di quel sentimento devastante che ci rendeva felici? La storia di Lui, di Lei e di Me. Una famiglia piena di scheletri, di vendette giurate, di lacrime infrante. Una vicenda reale raccontata sulle note di "Over the love (of you)" di Florence + The Machines e con rifacimenti al "Grande Gatsby" dell'illustre Fitzgerald.
"Avete mai amato qualcuno così sadicamente da amarlo nonostante vi avesse estirpato l’anima e strappato il cuore? E ancora, ancora, ancora, quasi fosse un hobby malsano di una generazione che si è persa nel ritorno a casa. Amato così scioccamente o forse ingenuamente o talvolta davvero così stupidamente tanto da perdonare, perdonare e perdonare ancora? Ah, che bellissima umiliazione l’amore…"
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’amore è masochista: se non ti vede soffrire, non è felice.

Chi non ha mai amato senza essere pienamente corrisposto? Forse, ancora più tragico di non amore non corrisposto, c’è un amore corrisposto a metà poiché una persona ti ama così intensamente, follemente e tragicamente tanto e tu non riesci che a donarle una piccola, minima ed altamente insignificante parte di te; ci provi, ci provi e ci riprovi eppure non riesci a donarle quel cuore che è rimasto attaccato, ancorato e ferito ad un passato che non tornerà mai. Un cuore infranto può tornare ad amare solo una volta e spesso, per degli sfortunati casi della vita, perdiamo quell’occasione o la scialacquiamo come se l’amore fosse cosa da poco, credendo davvero che in questo infinito oceano si possa trovare un’esca migliore.

È l’orgoglio. È la consapevolezza di se stessi. È il materialismo. È la sete di potere: è l’uomo. Creatura così piccola eppure capace di provocare così tanti danni ed a cui la natura fece un unico fatale dono: l’uso della ragione. Oh, se per la ragione, per aver ragione non ci siamo infangati le mani di sangue innocente e con le carni di quelle medesime vittime poi ci siamo riempiti lo stomaco, banchettando con l’eleganza di re e regine; ce ne siamo in seguito puliti la coscienza, credendo che la fede potesse salvarci da quel famoso inferno che tanto temiamo. E se domandassimo cos’è la cosa più preziosa al mondo, sicuramente risponderemmo l’amore.

L’amore, l’amore, l’amore.

Avete mai amato qualcuno così sadicamente da amarlo nonostante vi avesse estirpato l’anima e strappato il cuore? E ancora, ancora, ancora, quasi fosse un hobby malsano di una generazione che si è persa nel ritorno a casa. Amato così scioccamente o forse ingenuamente o talvolta davvero così stupidamente tanto da perdonare, perdonare e perdonare ancora? Ah, che bellissima umiliazione l’amore…

Io, sì. Ma colei di cui non posso pronunciare il nome ancora di più.

Nei miei sogni di bambina ti ho idealizzato, idolatrato, amato e nel fiore della mia adolescenza ti ho reso parte integrante di me. La tastiera è divenuta il pianoforte che ha urlato, pianto e sanguinato questi sentimenti contrastanti e mentre la mia mente si contorceva in se stessa e faceva finta di non capire, il mio cuore aveva già accettato ciò che la chiesa cattolica chiama sacrilegio.

Ma l’amore può davvero essere sporco?

Eravate così giovani, così felici, così innocenti. Dietro i miei occhi cioccolato ardevo solo di gioia per voi, le persone da me più amate, e sui tasti del mio pianoforte fiorivano rose, lillà, gigli.

E poi, spaventosamente, tutto cambiò.

Della mia infanzia ricordo poco: quel periodo felice che tutti i bambini trascorrono insieme a mamma e papà, io lo trascorsi insieme a te; ma crescere è inevitabile e scelsi il peggiore degli anni per divenire una preadolescente che credeva di sapere tutto di questa tragica esistenza che siamo costretti a sopportare ogni giorno.

Eri l’angelo più bello, il più luminoso, il più perfetto; ma già all’inizio dei tempi ci fu un altro angelo altrettanto meraviglioso e come lui fosti destinato a cadere, e così facesti: Lei, che così tanto ti aveva amato, fu la prima a venir divorata dai tuoi artigli e la lasciasti moribonda, con cicatrici così profonde che forse nemmeno Dio sarà mai capace di cancellare ma, più di ogni altra cosa, ne divorasti il cuore, così da assicurarti che non potesse mai amare nessun’altro all’infuori di te. Trascorrono i secondi e perdi sempre più umanità, lasci dietro di te la scia di quello che un giorno fosti ma io lo vedo: nei tuoi occhi intrisi di sangue io riesco ad intravedere il nome di ogni lacrima che trattieni: Pentimento, Perdono, Penitenza, Umiliazione, Orgoglio ed è proprio quest’ultimo che non ti permette di tornare indietro.

Sei sempre stata una persona piena d’orgoglio, come se di esso potessi vivere. La verità è che tu eri un Grande Gatsby: quell’aria misteriosa ed affascinante che hanno in pochi, quel sorriso così ammaliante che tuttavia la sa lunga, quegli occhi che hanno visto cose che gli altri possono solo ascoltare sbalorditi e l’unica cosa che ti differenza dal vero Jay Gatsby, è che l’hai superato: non un singolo pettegolezzo tocca la tua così perfetta persona. Tu eri, sei il Grande Gatsby e Lei era la tua splendida Daisy. La vostra storia, così da favola e così surreale, avrebbe avuto un finale felice se non fosse per un piccolo, insignificante dettaglio: i vostri ruoli si sono invertiti rispetto al romanzo originale. E così, invece di un Gatsby romantico e premuroso, il protagonista di questo dramma è senza cuore, plastico, egoista e troppo pieno di sé: ti mostri al mondo sotto le mentite spoglie di Gatsby eppure dentro non sei altro che il meschino Tom Buchanan. E Daisy? Oh, la tua povera Daisy, lei si è esposta al mondo ed ha urlato all’universo intero il suo amore per te.

Ma come a Gatsby a te non basta, a te non basta mai: come un Dio, desideri che non ami nessun’altro all’infuori di te. E più vi amate, più vi avvelenate.

Amore folle, amore assassino, amore delirante.

Distruggere solo Lei però non ti è bastato e così sei venuto da me, armato di incomprensione, invidia, dolore represso e, strappandomi la pelle, hai riso mentre morivo dissanguata; e più ero vicina alla morte, più mi donavi vita solo per farmi sputare fino all’ultimo pezzo della mia anima, poiché non c’è divertimento a giocare con un cadavere.

Ed eccoci qui: ci hai torturate, denigrate, umiliate, uccise in vita… Eppure non ce ne siamo andate: siamo rimaste qui col cuore, abbiamo pregato e sperato affinché qualcosa facesse tornare in vita quell’angelo che abbiamo amato così tanto e per un istante, per magico istante abbiamo creduto che tutto potesse tornare come una volta.

L’estate ha portato via con se i nostri momenti più felici e siamo entrati nell’autunno mano nella mano tutti e tre, anzi, tutti e quattro ora che ho anch’io trovato il mio Principe da le ali bianche e nere perché sì, alla fine persino il male in te io ho amato: l’Angelo e il Demone. Ma non c’è amore epico che conosca il lieto fine e come Romeo e Giulietta, vi siete nuovamente uccisi a vicenda, mordendovi, graffiandovi, devastandovi e quando ho visto le tue ali nere sovrastare quelle bianche che divenivano polvere, ormai era troppo tardi e il mio Principe era troppo lontano per correre in mio soccorso.

Hai banchettato con i nostri corpi, hai bevuto il nostro sangue ed hai stuprato la nostra fede lasciandoci in un mare di sangue, esanimi e prima del buio ho visto solo una cosa: il tuo sorriso rigato di lacrime.

 

Un anno.

Il tempo mi scivola via dalle mani, scorre lentamente, inesorabilmente, colpevolmente. Ho guardato il cielo nella notte: nessuna stella cadrà per me stasera. Sarai per sempre il Suo eterno amore e la figura più bella con la quale io sia mai cresciuta, eppure sappiamo bene che non tornerai mai più poiché quel Gatsby puro che eri un tempo è ormai morto, sepolto, inghiottito nel mare del dolore, riaffiora solo per ricordarti che un giorno hai amato.

Eppure...

C’è un posto nei nostri cuori che nessuno ha mai visto e che terremo per sempre nascosto, intoccato, sacro: lì custodiamo la felicità conosciuta insieme a te e con essa la tua lapide sulla quale non c’è giorno che Lei ancora più di me non versi lacrime di sangue, anche il terreno sottostante ne ha assorbito il colore cremisi.

Lei ti ama ancora, ti amerà per sempre e se per questo, anch’io.

Ma sei un’anima troppo difficile da salvare.

E quindi partiamo, ci allontaniamo, le mani in mano e seppur le nostre gambe avanzino, i nostri cuori rimangono indietro.

Eppure...

Sei la nostra luce verde.

Eppure...

Eppure a te non basta mai. Non ti è mai bastato e non ti basterà mai.

E quindi siamo qui, siamo ancora qui, siamo sempre qui a ricordarti, ad amarti, a…

 

 

 

Cry, cry, cry

Over the the Love of you.

   
 
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