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Autore: C h a r l o t    11/08/2013    2 recensioni
Un ambizioso e forse pretenzioso tentativo di scrivere Ragazzo Da Parete dalla prospettiva di Patrick.
So che non ci riuscirò, ma spero potrete apprezzarla comunque!
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Patrick, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Sono passati alcuni giorni da quella sera al campo da golf, ed è come se fossi rinato.
L’ho capito dal fatto che, dopo una delle ennesime repliche scontrose di Mary Elisabeth, ho risposto con una bella frase colma d’ironia.
«Vedo con piacere che sei tornato ad essere tagliente come una lama di rasoio, Patrick. Che gioia.» dice lei.
«Solo per te, tesoro!» ammicco io.
Me ne vado in giro con un sorriso ebete per tutta la scuola, devo risultare piuttosto stupido in effetti, ma non posso farne a meno: questa sera ci sarà la prima partita dell’anno e Brad inaugurerà “il gesto”.
Prima però devo sorbirmi una noiosa e alquanto inutile giornata di lezioni.
Entro nella classe della signorina Johnson e noto espressioni terrorizzate sulle facce dei miei compagni di corso.
«Ehi fanciulli, che succede di così terribile?» chiedo a quelle persone di cui non ricordo i nomi.
«Niente, sei sempre il solito! Oggi la Johnson interroga, e nessuno sa nulla.» mi risponde una ragazza con lunghi capelli biondi ossigenati e un’espressione totalmente assente e distaccata dal mondo: dev’essere un genio mancato.
«Ottimo, grazie Einstein» mi siedo nelle prime file, quando il resto degli studenti è disperatamente rifugiato in fondo.
Entra la giovane professoressa di letteratura inglese e si sente un gelo arrivare con lei.
Mentre la scruto accomodarsi alla cattedra realizzo che la Johnson interrogherà quest’oggi, e io non so nemmeno l’argomento delle ultime lezioni.
Mi prende il panico, ma è come se la mia mente accantonasse questa sensazione di disagio per lasciare spazio al tepore che l’immagine di Brad in divisa, mentre mi dedica un punto, mi da.
Inizio a sorridere come prima, la strega se ne accorge: «Bene bene, come mai siamo così sorridenti, Patrick?» chiede lei con un soffio.
«Beh, vede professoressa, si dia il caso che io sia innamorato» non so nemmeno da dove mi sia uscita questa frase, mi stupisco a tal punto che mi giro per controllare di essere stato proprio io a pronunciarla.
Aspetto con un misto di sfida e panico la reazione dell’insegnante e, giuro, tutto mi sarei aspettato tranne un suo sorriso.
«Che romanticone, il nostro Patrick. Bene, non voglio rovinare la tua aura estatica. Non ti interrogherò oggi» se credessi in Dio, ora credo proprio che lo ringrazierei.
Le ore scorrono piacevolmente veloci e la mia allegria, insieme al mio sorriso, aumentano man mano l’avvicinarsi della sera.
 
«Sam, sbrigati! Faremo tardi se non muovi il tuo culo da quel bagno!» strillo a mia sorella dalla porta d’ingresso.
Se non fosse la proprietaria dell’auto e di conseguenza non avesse lei le chiavi, la lascerei a casa senza pensarci due volte.
«Arrivo Patrick, arrivo!» sento la sua voce provenire dal piano superiore.
Mentre scende le scale mi chiede: «Com’è che hai tutta questa fretta di andare alla partita stasera, fratello?» un sorriso beffardo le spunta sul viso senza la minima traccia di imperfezioni.
«Sai che odio arrivare in ritardo alla partite, poi tutti i coglioni interessati solo alle cheerleaders prenderanno i posti migliori!»
«E a te non interessa avere quei posti per vedere meglio il quarterback, vero?» un’inevitabile risatina fuoriesce dalla mia bocca.
«No, assolutamente no. Cosa te lo fa pensare?» cerco disperatamente di mantenere un’espressione seria, ma purtroppo non ce la faccio: quando si parla di Brad ogni singola particella del mio corpo sprizza felicità.
Arriviamo al campo da football della scuola e lo troviamo ancora stranamente vuoto, o siamo noi che siamo arrivati troppo presto, o sono gli altri che non capiscono niente.
Opto per la seconda, in ogni caso.
Ci sediamo in un punto favorevole degli spalti, da qui riuscirò a vedere perfettamente ogni singolo movimento di Brad, il che è congeniale alla serie di eventi che dovrebbero succedersi questa sera.
Tempo un quarto d’ora e gran parte della scuola è arrivata per assistere alla partita, forse eravamo veramente noi ad essere troppo in anticipo.
«Sei nervoso?» mi chiede Sam, questa volta però nella sua voce non c’è malizia o scherno, è veramente preoccupata per me, vuole sapere cosa sto provando.
«Un po’ sì, devo ammetterlo. Ho paura che lo scoprano, che la sua carriera sportiva si interrompa per colpa mia» mi faccio d’un tratto serio, come se gli inconvenienti a cui avevo pensato all’inizio della settimana avessero deciso di tornare, dopo avermi illuso di essere partiti per una terra lontana.
«Andrà tutto bene, rilassati. Se ha deciso di farlo vuol dire che ha la situazione sotto controllo, no?»
«Lo spero davvero, non vorrei si sen-» non faccio in tempo a finire la frase che la voce del telecronista invade la privacy dei nostri discorsi.
«Buona sera cittadini di Pittsburgh! Siete pronti per la prima partita dell’anno dei nostri paladini?» il pubblico urla parole perlopiù incomprensibili in risposta.
«Bene, allora facciamoli entrare! Go Devils!» la folla impazzisce non appena il quarterback infrange la striscia di carta su cui è stampato il loro simbolo.
A quel punto il mio cuore si ferma.
È così bello, anche da quassù. Corre con così tanta disinvoltura che sembra non aver fatto nient’altro per tutta la vita.
Tenendo in mano il casco, i capelli sono liberi di svolazzare mossi dalla brezza serale. Quanto vorrei poterlo stringere, dargli un bacio di buona fortuna.
La partita inizia ed è subito evidente che la squadra locale è in netto vantaggio rispetto a quella ospite, ovvero i Jaguar.
Non appena si entra nel vivo del gioco, sono così preso dai suoi movimenti e dalla preoccupazione che si possa far male, che tutti gli altri pensieri scompaiono.
La palla ovale sfreccia da una parte all’altra del campo, sembra quasi dotata di vita propria.
Tra il pubblico scorgo tifosi incalliti con i visi dipinti di blu e rosso, i colori dei Devils.
È allora che mi rendo conto di avere ancora io la sua felpa, non ho avuto modo di riconsegnargliela. Spero che questo non gli abbia creato problemi.
Siamo a metà partita e le due squadre non hanno ancora segnato un punto, inizio a pensare che la sfiga li farà finire zero a zero giusto per il gusto di vedermi soffrire aspettando una cosa che non arriverà.
È mentre sto per sussurrare una cosa all’orecchio di Sam, e quindi distolgo lo sguardo, che sento un boato provenire dalla curva dei Devils.
«Incredibile signori! Hays ha deciso di iniziare bene la stagione deliziandoci con questo mirabolante touchdown!» la mia attenzione torna a rivolgersi verso il campo, dove in un millesimo di secondo riesco a localizzare Brad, che prontamente si sfila il casco, si passa una mano davanti alla bocca come se si stesse asciugando il sudore e la punta verso il pubblico, più o meno nella mia direzione.
Ora, non so come abbia fatto a vedere dove cavolo mi trovo, se ha tirato a caso e azzeccato per miracolo la mia posizione, però credo che il mio cuore abbia smesso di battere per tutta la durata dell’atto.
Solo adesso ho capito che quello è il suo gesto, e che non si stava pulendo dal sudore, stava mimando una specie di bacio, un bacio verso di me.
Non appena mi riprendo dalla mia trance, scatto in piedi per esultare, dopotutto, sono o non sono uno studente di questa scuola?
Allora esultiamo, diamine!
Passato l’entusiasmo, Sam mi poggia una mano sulla spalla «Patrick, io vado un attimo in bagno. Torno subito!».
Faccio cenno di sì con la testa, non prestando troppa attenzione, sono troppo concentrato sul numero 12.
Effettivamente, è praticamente un miracolo che io mi sia accorto della voce che mi chiamava: «Ehi, Patrick!», giro di scatto la testa e vedo quel ragazzino simpatico di laboratorio, di cui assolutamente non ricordo il nome.
«Ciao! Tu sei nel mio corso di laboratorio!» gli sorrido sinceramente. Ora come ora, sono così in estasi che potrei ringraziare anche chi mi chiama Niente.
«Come sta andando il tuo orologio?» aggiungo dopo un breve silenzio che poteva diventare imbarazzante.
«Ah, lo sta costruendo mio padre! Il tuo?» chiede gentilmente la matricola.
«Il mio? Mh, vediamo…il mio, più che un orologio, sembra una barca!» rispondo convinto, dimenticandomi di avere davanti uno sconosciuto non abituato alla mia ironia.
Il ragazzo tenta una risata mal riuscita, così, in una botta di altruismo gli domando: «Vuoi sederti qui? Oppure stai aspettando degli amici…?» da come scatta prontamente, deduco che sia venuto qui da solo, probabilmente obbligato dai suoi genitori o cose simili.
«Grazie per non avermi chiamato Niente, comunque. È un soprannome che mi porto dietro da troppo tempo, e chi mi chiama così pensa anche di essere originale!» tento di strappargli un sorriso, ma probabilmente è molto nervoso.
«Comunque perdonami, ma non mi ricordo il tuo nome…» dovrei assumere del fosforo in pillole, perché faccio dannatamente schifo con i nomi.
Torna Sam e faccio gli onori di casa presentandole Charlie (dovrò tenermelo a mente) e, dopo la fine della partita, decidiamo di andare tutti e tre al Big Boy, dal momento che Bob è impegnato con la cameriera dell’Olive Garden e Mary Elisabeth è stata nuovamente beccata dai suoi a diluire il brandy con il tè.
Arriviamo nella tavola calda e, incuriosito da quello strano personaggio che ci siamo portati dietro, inizio a fare un po’ di domande al nostro nuovo amichetto, che sembra sciogliersi man mano che gli poniamo quesiti personali. Curioso.
La mia attenzione viene rapita dalla campanella della porta che, tintinnando, annuncia l’ingresso di qualcuno, e quel qualcuno è Brad.
Ok, purtroppo non è solo, però vederlo sorridere anche se non per causa mia, mi fa star bene.
È felice per il risultato della partita e io non posso che esserlo per lui.
«Ciao Niente!» esordisce un suo compagno di squadra
«Sì, ehilà Niente!» infierisce un altro
«E smettetela, diamine! Questo scherzo ha la muffa, è andato!» sbuffo senza neanche guardarli in faccia.
L’unica cosa che mi solleva il morale è che lui sia serio, non ridacchia questa volta.
I nostri sguardi si sfiorano ed io torno in paradiso.


IMPORTANTE: questa storia è sì frutto della mia fantasia, ma non sarei mai e poi mai riuscita ad andare avanti se non fosse stato per Chiara, una mia compagna di classe che mi ha dato idee geniali per continuare. Quindi un po' di merito va anche a lei.

Salve a tutti! Dopo un sacco di tempo ho aggiornato, sì: ci ho messo così tanto perchè in realtà pensavo di chiudere questa storia, viste le poche visualizzazioni e le poche idee che in questo periodo ho.
Ma, dopo un po' di discorsi con una mia carissima amica e una recensione del tutto inaspettata, ho deciso di pubblicare anche il quarto capitolo.
Spero vi piaccia e, se vi va, sentitevi pure liberi di lasciare una recensione!
Buon proseguimento di vacanze a tutti!

Ah! Ci tenevo particolarmente a ringraziare
IceMin, che è appunto colei che ha recensito la storia facendomi riaccendere la fiammella :)

  
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