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Autore: Romanova    11/08/2013    7 recensioni
Sebastian e Santana sulle note di Smooth Criminal.
Uno scoprirà l'immenso potere di cui è dotato, il fascino di una voce.
L'altra scoprirà per la prima volta il gusto dello sfogarsi con qualcuno che è esattamente come te, farà dunque qualcosa di assolutamente inaspettato: crollerà per godere di un sentimento ben più importante di un Glee, almeno in quel momento.
Santana torna per un momento a dar voce senza remore alla rabbia, all'odio e al menefreghismo che l'hanno resa uno dei personaggi migliori della serie.
Sebastian, del resto, non si sforza per farsi amare e nemmeno per farsi odiare.
Eppure è amatissimo e odiatissimo da tutti.
Anche dalla Lopez, specie quando canta.
Sulle note di Smooth Criminal si cambia, si cresce e si scopre che forse un po' di cattiveria, talvolta, non guasta.
Il Creatore è proprio il più grande incapace che esista, se li ha accoppiati.
Ma magari ha avuto i suoi motivi.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Santana Lopez, Sebastian Smythe | Coppie: Santana/Sebastian
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dedicato a un amico con un gusto poetico particolare, che non trova per niente tenero quanto ho scritto ma mi ha fatto l'immensa gentilezza di sorbirselo tutto.
A Marco, che come fratello è insopportabile e come fanboy è peggio.
A te che leggi, non so se apprezzerai: ti dirò che questa fanfiction è nata quasi da sè eppure non mi convince mai del tutto.
E' una cosa strana amare dei personaggi proprio perché sono del peperoncino in un mare di noiosissimo zucchero.
Godiamoci i piccoli momenti di egoismo che possiamo permetterci senza ferire nessuno, godiamoci la cattiveria che possiamo dire perché vogliamo solo sentire la soddisfazione gonfiarci il petto dopo.
L'OOC è voluto, gratuito e mi ha soddisfatto.
Un piccolo warning: non si fa cenno a un tipo di sesso tenero/romantico/ vaniglia, come sarebbe potuto essere altrimenti? Spero di non turbarvi troppo visto che non ci sono descrizioni di nulla di particolare, ma ritengo giusto segnalarlo qui.
Apprezziamo la rabbia e la paura, perché ci aiutano a essere un po' più sinceri di quanto siamo nel quotidiano.
Nel bene e nel male, ma soprattutto nel male, mi auguro che questa storia dolceamara vi piaccia.



Non poteva negarlo.
Le sue smorfie, le sue movenze, tutto nel suo corpo tradiva intenti predatori.
Sinceramente non si sentiva in colpa nemmeno un po’.
Non mentre quella canzone le mandava brividi lungo la spina dorsale spingendola a muoversi e affrontare quell’insolito avversario sulle note di qualcosa che per sensualità era paragonabile a un flamenco e per brutalità del modo in cui quasi si mordevano, lasciandosi marchiare da ciò che stavano cantando come succede alla pelle col calore, era solo una scossa elettrica ad altissimo voltaggio.
Ghignava lei, ghignava lui.
Era piacevole.
Era diver…no, bello.
Si sentiva sovraeccitata dal modo in cui il pizzicare le corde  degli strumenti le faceva accelerare il battito cardiaco, le faceva brillare gli occhi e stirare le labbra in quel maledetto ghigno che vedeva riflesso nello sguardo del suo avversario, il ragazzo che rischiava di compromettere il loro sogno, di mandare in frantumi la possibilità di raggiungere il loro obiettivo.
Sapeva nell’anima di provare sensazioni più forti solo quando aveva il corpo di Brittany ben premuto contro il suo.
Eppure Brittany non aveva quel fascino, nemmeno in Britney 2.0.
Tutti i ragazzi che si era brutalmente scopata non avevano un milligrammo di quella capacità.
Una capacità che stuzzicava Santana Lopez come pochi.
Quella di scoparla con la voce.
Perché quel maledetto Smythe le dava quell’esatta impressione: che non le lasciasse vie di fuga, che la premesse contro un muro e ogni dannatissimo centimetro del suo corpo venisse esplorato da quella voce in sostituzione delle mani che non avrebbe mai avuto –né voluto, ricordatelo San-  addosso a strapparle il completo scuro.
Sapeva di doversi ribellare, il suo orgoglio le imponeva di cantare meglio, più alto e più forte di Smythe, che nel frattempo pareva divertirsi un mondo nel vederla emettere quei brevi acuti e non si faceva remore a guardarla negli occhi e sghignazzarle impunemente in faccia tutto il suo fascino, tutta la sua calienza.
Le stava sbattendo in pieno volto, con l’intensità di un manrovescio ben assestato, tutto il potere che sapeva di poter esercitare e stava esercitando.
Pensava fosse una specie di onore, probabilmente, quello di riuscire a sconvolgere dal profondo Santana Lopez spingendola a cantare come poche volte in vita sua: di pancia prima che di polmoni.
Di cuore prima che di corde vocali, col sangue che le romba nelle vene.
E non poteva far altro che restare lì, dritta come un fuso ad assistere, in realtà impotente, a cosa faceva uno squallido, viscido, putrido verme!- per distruggere il suo sogno e il suo cuore.
Non lo avrebbe permesso.
Era già successo!
Quando i violoncellisti si fermarono, marciò dritta e impettita verso di lui, volendo domandargli come aveva fatto a ferire Blaine.
Fortunatamente ci era riuscita.
La risposta era stata registrata in modo indelebile nel registratore nel suo reggiseno.
Si premurò di schiaffeggiarlo, lo fece forte, usando tutta la rabbia conseguente all’impotenza che le aveva fatto percepire.
Poi attirò a sé il suo volto, con violenza.
Lo baciò e lo morse.
Con sua sorpresa- no, non era per niente sorpresa, era solo il suo più grande desiderio in quel momento- lui ripeté i suoi gesti, strappandole un inudito sospiro.
Come li avrebbe ripetuti in molte altre occasioni, perché non c’erano Blaine, Puckermann, Brittany o qualunque persona al mondo che tenesse il confronto col loro legame.
Certo da fuori si vedevano solo sesso, anche e compiacentemente violento.
Si picchiavano persino, prima di baciarsi, qualche volta.
Perché il loro era odio, odio vero.
Eppure quando si bloccavano in macchina, fuori città, in uno squallidissimo drive-in e Santana Lopez accendeva la radio, mettevano a basso volume una sola canzone, che diffondeva le sue note sensuali dallo stereo.
Erano anche due maledetti narcisisti e solo così sarebbero potuti essere.
Erano le loro voci.
Ma quando Lopez Santana, cheerleader bisessuale dell’Ohio si metteva a cantare quella canzone in macchina mentre capitava che lui fumasse una sigaretta nel “dopo”, con la testa appoggiata sulle sue cosce e la leva del cambio scomodamente infilata nella schiena, non esisteva altro che quel piacere.
Quello di rievocare la più grande conquista che entrambi avrebbero mai potuto fare.
Quello delle dita dell’ispanica prese a giocare con le ciocche scure dei suoi capelli.
Quello degli occhi di Sebastian semplicemente persi, caldi e vivi, in quelli scurissimi della ragazza.
Altrettanto ignobilmente vivi e bollenti.
Poi attaccava anche Sebastian nel canto e piano piano Santana si addormentava sempre sognando che Brittany non scoprisse quanto stava facendo.
Sognando, sperando di sentirsi in colpa per l’effetto che quel ragazzo ha su di lei, un giorno dopo l’altro.
Probabilmente aveva combattuto solo per Brit con tanta intensità.
No, era una bugia: con lei poteva persino arrivare a piangere, ma la Sannie dura e stronza, quella vera, quella che avrebbe conquistato il mondo con la sola voce, uno sculettamento e un battito di ciglia, doveva restare sotto la pelle, accontentandosi di Sebastian Smythe, il più grosso stronzo che il Creatore, se mai fosse esistito un incapace di simili proporzioni, le avesse messo accanto.
Eppure l’unica cosa che non sentiva era che si stava accontentando.
Stava bene trasgredendo alle regole, infrangendo tutti i pensieri che si potessero fare su di lei e distruggendo senza troppe preoccupazioni qualcosa di inesistente come il pudore al McKinley e l’idea che in realtà fosse fragile e incompresa, insomma una bambina cattiva.
Lei era cattiva al punto da ignorare Brittany a scuola quando riceveva un sms molto privato di Sebastian che la invitava per “il solito”.
Lei era una bambina che aveva capito solo ora quanti capricci avesse fatto sino a quell’incontro in cui rabbia, attrazione, voci, sguardi, motivazioni e immaginazione si erano sovrapposti.
Lei era incompresa, lo sarebbe sempre stata: semplicemente non aveva mai cercato di capire nessuno.
Fra l’altro era fragile, ma era fragile solo davanti agli avversari.
Sebastian non aveva voluto dirle che era cattiva: le aveva detto che andava bene com’era, senza modificare nemmeno un capello di sé stessa per piacere ad altri.
Sebastian aveva saputo mettere a tacere una bambina tirandone fuori una donna, perché quello non era assolutamente un gioco.
Sebastian non le aveva chiesto di essere capito, le aveva solo domandato di essere della partita, di scontrarsi su tutt’altro piano rispetto al canto, alla NYADA, all’essere messa in disparte e rispetto persino alla loro eterosessualità o omosessualità che fosse.
Le ha fatto acquisire una nuova idea di sé, mentre lui faceva lo stesso.
Erano entrambi fragili, ma nessuno dei due lo ammetteva tranne quando le loro voci roche e ben armonizzate si confondevano nell’aria fredda e carica dello smog e del fumo di sigaretta.
Era la tenerezza, a loro modo e nel loro mondo.
L’unico possibile, l’unico giusto.
Snix tace, in quei momenti dorme nella parte più remota del suo essere.
Smythe non pensa a nulla.
Erano solo lì l’uno per l’altra, perché a tutti premeva di sapere la loro opinione e a loro non importava di quella del mondo.
Perché tutti vedevano solo qualche graffio sul collo dell’ispanica e un livido sotto l’occhio di Smythe, che col passare del tempo diventava sempre più acido tranne quando era una ragazza a caso a far squillare il suo cellulare su cui ormai hanno impostato entrambi la stessa suoneria.
Si sentivano un po’ criminali, spietati e freddi nell’evitare  gli sguardi altrui e farsi male e leccarsi le ferite insieme e donarsi tenerezze talvolta inaspettate o apparentemente indesiderate a cui cedevano solo dopo essersi divertiti a far incazzare l’altro facendo i preziosi.
Un giorno uno entra alla Dalton facendo il Moonwalk, l’altra è brutalmente scaricata dalla ragazza che credeva di amare.
Per poco non le ride in faccia talmente è soddisfatta di sé, in quel momento in cui il cellulare vibra insieme al suo cuore.
Quando una persona le chiede cosa fa per ridursi così, risponde che va in palestra a picchiare duro.
E’ quasi vero.
E Sebastian accampa quasi sempre la stessa scusa sotto lo sguardo esterrefatto dei suoi genitori, che tentano di capire come  il loro ragazzo si sia appassionato, pur essendo tanto ben educato, a degli sport tanto rozzi e violenti.
E il motivo di tutto quel casino che stanno vivendo in modo lucido e consapevole, né troppo tardi né troppo presto, è uno solo.
Il loro è un grandissimo odio.
O forse il più grande amore di tutti i tempi e non lo saprà nessuno.
Mai.
Altrimenti, loro, da bravi criminali ci avrebbero impiegato poco a freddarlo.
Senza armi.
Non è meglio, così?
Erano due guerrieri, non si sarebbero mai arresi.
Santana non avrebbe mai detto a nessuno di aver risolto il mistero di come Blaine fosse stato lesionato tanto gravemente né di aver in mano da sempre il colpevole –la definizione che più le piaceva era tenerlo per le palle, qualche volta avrebbe dovuto farlo sul serio…
Anche quella sera, in macchina, lui se ne esce con quella frase.
“L’amore è per definizione un dono non meritato; anzi, l’essere amati senza merito è la prova del vero amore” dice un po’ al tettuccio, un po’ a sé stesso e un po’ alla bruna:”O almeno è una frase che piace molto a un mio professore”.
“Tu ti senti amato da me?”
“Non solo, non è sufficiente la parola amore per descrivere due diciottenni in un drive-in che sparano queste scemenze” brontola pensoso: ”e fra l’altro se fossi amato vorrebbe dire che non avrei un merito nemmeno per sbaglio: modestamente sono molto… dotato” ghigna.
“Oh, vorrà dire che mi impegnerò ad amarti, allora” mormora lei sorridendo maliziosa: ”Così, giusto per farti un dispetto”.
"Mi piacciono i dispetti"
"Pregherai di non averlo mai detto"conclude ghignando la ragazza.
"Oh lo so!"
Lo schiaffo leggero che gli arriva lo fa sorridere.
Probabilmente sarebbero potuti andare avanti così per sempre e forse lo faranno, ma se non puoi amare qualcuno con cui sei te stesso, tanto vale odiarlo.
Tanto vale fargli il più grande dispetto del mondo.
Restargli accanto.
Giusto perché non lo ami.
Giusto perché il resto del mondo lo odia.
E tu non riesci a farlo, sotto sotto: perchè l'unico amore che vale la pena di vivere è quello non meritato, soprattutto perché è del tipo che vi piace di più.
Imprevedibile, incomprensibile, incasinato, doloroso.
E soprattutto assolutamente gratuito e disimpegnato, come la loro rabbia e il dolore che vi animano quando aprite bocca.
Lo diceva anche Kundera, uno famoso per la sua testa ben avvitata sulle spalle.
Sono due mascalzoni, bugiardi e talvolta persino poco intelligenti ed egoisti.
Eppure non riescono a trovare niente di meglio da fare che odiarsi con tanta intensità.
   
 
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