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Autore: zaynsclouds_28    11/08/2013    3 recensioni
"Emily...ti amo.."
Chissà come mai, ma questa frase non mi sorprese affatto. Continuai a fissare le onde dell'oceano, ma mi resi presto conto che Niall avrebbe meritato una risposta. Ma..cosa si dice in questi casi?
"Ehm..bene" Improvvisai un sorriso.
"Avanti, Emily anche tu mi ami, [...] te lo leggo negli occhi..." Mi fissò con aria sicura e intanto, mi attirò abilmente a sè e mi ritrovai in pochi secondi a pochi centimetri dal suo viso.
"Beh...analfabeta!" Risi subdolamente.
"Ah davvero? Allora, sentiamo..cosa leggi tu nei miei occhi?"
"Infinito."
Non ci pensai nemmeno un secondo, perchè effettivamente era così. Sin dal primo giorno io mi ero persa in quei suoi occhioni azzurro mare.
Niall sorrise e mi baciò.
Anzi, ci baciammo. Come se ne avessimo entrambi bisogno per sopravvivere, ma non lo desiderassimo veramente.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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*Ok vi chiedo scusa in ginocchio per tutto e prego con tutta me stessa che possiate leggere almeno questo capitolo. Ecco un piccolo riassunto della storia per chi se ne fosse dimenticato nel mese (già un mese?!? Ops.) trascorso senza aggiornamenti:
Emily è una ragazza confusionaria, lunatica e depressa per la recente perdita della nonna. Ha da pochi mesi conosciuto un ragazzo, Niall, che sembra cotto di lei e che vuole convincerla a fidarsi di lui, nonostante i soli 14 anni d’età. Lei sembra addolcirsi dopo diversi giorni, ma al ballo scolastico, Niall bacia Tiffany, l’acerrima nemica di Emily. A lei si spezza il cuore e decide di scappare, ma nel tornare a casa, si accorge di Niall mal conciato disteso a terra, grazie alla presenza di una figura nell’ombra. Emily lo accompagna all’ospedale, passa la notte con lui e prima di addormentarsi nota un tatuaggio sul petto di Niall: ‘Never ever give up’ e uno strano ‘T più N’. Niall avrà forse voluto esprimere con quel tatuaggio l’amore per Emily o per Tiffany? E che cosa era successo la sera prima? Scopriamolo…*

2

5*                                                          Your 27th call.

‘Non aveva mai avuto la sensazione che ci fosse qualcosa
che non andava in lei, a parte il suo precario stato emotivo,
un tornado di ormoni ed immaturità che lasciava
dietro di sè solo distruzione...’
Nicholas Sparks-“L’ultima canzone”

 

Niall’s POV

Che giornata magnifica oggi! Veramente formidabile.
Ieri mattina il meteo prometteva pioggia nel pomeriggio, ma per ora, dalla finestra di quello che suppongo sia l’ospedale cittadino, non riesco a scorgere nemmeno una nuvola. Solo sole e cielo azzurro. E il sole mi ha sempre messo di buon umore, sin da piccolo, come il cibo del resto.
Anche se, a dirla tutta, c’è qualcosa che mi rallegra più di tutto oggi, addirittura più della vista di un’invitante ciambella sul mio comodino, il che è strano. Di che cosa, o per meglio dire, di chi parlo?
Di Emily russomentredormo Bennett, di chi altro.
A parte gli scherzi, è davvero bellissimo vederla accoccolata a me e, in tutta sincerità, spero anche che Emy abbia notato il tatuaggio che feci fare solo pochi giorni fa, per lei. Certo, fra i miei piani, non c’era quello di mostrarglielo in questa circostanza, ma tralasciamo.
Ero sveglio da almeno cinque ore, se non erro, e di conseguenza  avevo potuto ascoltare l’intera conversazione che la MIA Emily aveva avuto poche ore prima con quello pseudo-medico. Il che, aveva risvegliato in me molta gelosia ma anche speranza, quella speranza che mi spingeva nonostante tutto ad amare Emily dopo mesi di indifferenza, con la debole consapevolezza che lei ricambiasse il mio amore.
Quel suo ‘ci tengo’ che però nascondeva un tanto sospirato ‘lo amo’, per me e per le mie farfalline nello stomaco in subbuglio, era stato come una bomba inesplosa. Già, per me, quella notte trascorsa in un lurido ospedale era stata la più bella di tutta la mia vita, nonostante non mi fosse stato possibile altro che metterle una mano su un fianco in un abbraccio alla Horan.
Avevo passato già una notte con una ragazza l’anno scorso, a far tutt’altro che dormire, ma le sensazioni che mi provocava solo il fatto di avere accanto questa mia bella testona, non erano per niente paragonabili ad alcuni ormoni impazziti per una stupida- benmessa- dodicenne.
Con un minimo movimento, ma con uno sforzo all’apparenza lento e complicato, mossi la testa, ancora intontito da tutte le flebo e dal fatto che non mi ricordassi niente della sera prima a causa dell’alcool, e baciai dolcemente Emily sui biondi capelli scompigliati.
Lei mugugnò qualcosa e lentamente aprì quei suoi occhioni color cioccolato che mi avevano fatto innamorare.
“Buongiorno…” bisbigliò lei sbadigliando placidamente, con una voce impastata dal sonno e dalle lacrime.
Aspetta…lacrime? Emy aveva pianto? Per me?
“Buongiorno a te e ben svegliata, Piccola. Come hai dormito all’albergo pluristellato ‘Horan’, stanotte?”
Lei sorrise impercettibilmente. “Mh…niente male.”
Buon segno, pensavo peggio. Niente offese.
“Bene, perché è il momento di dare la mancia al sottoscritto. Dunque, un bacio a stampo è cinque euro, bacio alla francese potrebbe valere una banconota da dieci e sulla durata del tutto possiamo negoziare in seguito.”
Lei sembrò in un attimo ricordarsi di essere comodamente sdraiata su di me, cioè un ragazzo mezzo nudo, e si tirò velocemente in piedi.
“Aspetta un attimo, Horan. Non ho mai lasciato la mancia al letto in quattordici anni, sai.”
Ora la sua espressione era completamente cambiata, forse in meno di un secondo. Era seria, ma i suoi occhi brillavano alla luce del sole come mai avevano fatto. Non avevo la minima idea di ciò che questo significasse, però era bellissima. Quel castano scuro delle sue enormi iridi era diventato ambrato, quasi mielato e devo ammettere che se dopo dieci secondi, non si fosse decisa a rivelarmi i suoi sentimenti, mi sarei sentito male. Già m’immaginavo: ‘Decesso per vista di troppa perfezione concentrata in un solo sguardo’.
“Però io sono abituato sin da piccolo, a lasciare i verdoni SUL letto dell’hotel.”
Va bene, forse non era il momento adatto per scherzare. Devo spiegazioni, vero Bennett?
Lei sospirò e cominciò lentamente. “Niall, ascolta, cosa è successo esattamente ieri sera?”
Niente vie di fuga, ancora una volta. Lo leggevo dal suo sguardo. Fisso, serio e sicuro di sé.
“I-io non mi ricordo sinceramente. So solo di aver baciato verso fine serata quell’ippopotamo tinto e di averti visto scappare immediatamente fuori dalla palestra.”
Ehm, nella mia testa suonava molto meno crudele di quanto non fosse già questa frase di per sé.
“Già…il più grande errore della mia vita.”
Ecco. Scacco matto.
Che cosa? Beh, queste parole non uscirono solo dalla mia bocca, ma anche da quella di Emily.
Io mi riferivo ad aver baciato contro il mio volere Tiffany, ma lei cosa..?
“Emy, no ti prego lasciami spiegare…”
“No. Sai a cosa mi riferisco IO? Il più grande errore della mia vita è stato fidarmi nuovamente di te, anzi di uno come te. Che stupida che sono! E poi, si vede ad occhi chiusi che non ci tieni, Horan. Non spiegare niente che è meglio, mi risparmio la tua scontata scusa. Eri per caso ubriaco? O ti hanno costretto dicendoti che ti avrebbero tolto il gel per capelli se non l’avresti fatto? No, aspetta, fammi indovinare: ti ha minacciato l’FBI, vero?”
Ora mi stava urlando conto, senza controllarsi. E la capisco anche, purtroppo. E’ tutta la rabbia che Emy aveva soffocato da ieri sera.
“No, ti prego. Sai anche tu che non avrei mai potuto…”
Cercai di calmarla utilizzando una voce pacata, ma non credo abbia funzionato granchè in quel momento.
“Oh ma stai zitto Horan, fammi questo favore!”
Mi chiamava ‘Horan’. Brutto segno.
“Ehi ehi, Signorina Bennett le avevo chiesto di non infastidire il paziente fino a quando non sarà nelle sue piene capacità mentali. Ora la smetta, chiaro?”
Il dottore di ieri si era catapultato nella stanza, richiamato dalle nostre urla.
Di bene in meglio.
“Si si, me ne stavo giusto andando.” Disse Emily prendendo la sua borsa e la felpa dallo schienale della sedia su cui si trovava fino a poche ore prima e si diresse velocemente verso la porta.
“No, Emily aspetta..” sussurrai con voce tremante. Il senso di colpa cresceva in me ogni secondo di più.
“Addio Niall e, per la cronaca, non prendere in giro Tiffany perché è tinta, se poi anche tu sei tinto peggio di lei.”
Già. Aveva ragione. Emy aveva schifosamente ragione su ogni cosa, principalmente sul fatto che fossi stato uno stupido con lei. Non avevo scusanti e questo non me lo sarei perdonato facilmente.
Almeno non fino a quando sarei stato bloccato in quella buia stanza, con lo zero per cento di possibilità di rimediare con Emily.
Peccato che forse anche se non fossi stato qui, le mie possibilità con lei sarebbero rimaste pari a zero.

 
 

***

 
 

Emily’s POV

A quel punto credo di aver pianto, solo che le lacrime, invece di rigarmi il viso, restarono dentro e si accomularono nel petto fino a farmi male.
Insomma, soffrivo ma non piangevo. Avevo la gola secca e dolorante, ma non bevevo.
Avevo un buco nello stomaco, ma non mangiavo.
Avevo voglia di morire, ma quello lo avrei fatto volentieri.
Non nego di aver sperato per un momento nella comparsa di una scusa plausibile o anche surreale che, però, ad Horan avrei perdonato comunque. Avrei accettato uno stupido tentativo di riaggiustare quello che tra di noi s’era spezzato, che però non era arrivato. Avrei accetato anche una disperata scenata di scuse, che però non c’era stata.
Ora ero in biblioteca e fuori dalla finestra pioveva a dirotto. Il cielo era coperto di nuvole scure e il sole non sembrava nemmeno in parte voler ricomparire. La pioggia ticchettava tagliente sui vetri del vecchio edificio e il mare era mosso da un vento impetuoso che fino ad ora aveva causato onde alte fino a due metri, ad occhio.
Ero lì dalle otto del mattino e sapendo che Niall sarebbe stato dimesso verso le dieci e trenta di quello stesso giorno, avevo preferito rimanervi fino all’ora di pranzo, diminuendo le possibilità che mi trovasse a gironzolare per la città. Non avevo di certo intenzione di discuterci per la strada.
Sperando, però, che non avrebbero chiuso per pausa.
“Mi scusi, Signorina, devo chiudere e sono costretta a mandarla via e a chiederle di tornare non prima delle tre di questo pomeriggio. Grazie..”
Ecco, appunto!
La bibliotecaria- una scorbutica trentenne bionda, dai capelli mossi e raccolti in uno scomposto chignon e dagli occhiali con montatura spessa leopardata- era comparsa da dietro uno scaffale impolverato.
In un primo momento mi chiesi perchè si stesse rivolgendo proprio a me in tutto l’edificio, ma poco dopo mi accorsi di essere l’ultima ragazza rimasta.
“Ehm...si, ma deve proprio essere immancabilmente puntuale, Signora Frost? Non può chiudere un occhio per una volta? Per me?”
Anche lei mi conosceva da tre anni ormai, ma ogni volta mi rivolgeva la parola chiamandomi sempre e solo con il mio cognome o con quel fastidioso ‘Signorina’, quasi si dimenticasse anche lei del mio stupido nome.
“Signorina Bennett, esca di qui e affronti il mondo lì fuori. Avanti!”
Prevedibile come donna, vero?
Feci per controbattere, ma lei mi si fiondò accanto e mi spinse letteralmente verso la porta d’ingresso o, in questo caso, d’uscita.
“ORA!”
Mi buttò fuori lanciandomi il mio vissuto borsone alle spalle e sbattendo la porta violentemente.
“Ehi, stia attenta!”
Nessuna risposta.
Fortunatamente il tempo prometteva un po’ meglio e presto smise di piovere e, dopo qualche attimo trascorso a cancellare dallo schermo del mio Samsung malconciato le ventisei chiamate perse di Horan, mi tirai su il cappuccio del felpone della Nike e decisi di tornare a casa.
Oggi ero da...
Ah si, papà giusto! Fortunatamente all’ospedale mi ero ricordata di avvisarlo della situazione, altrimenti avrebbe già chiamato carabinieri, polizia, ambulanze varie e, chi dimentico? Ah, la guardia forestale!
Per poi scoprirmi a vegliare al capezzale del mio ragazzo.
Aspettate...ho detto ragazzo, ancora.
Ok sappiamo tutti cosa intendevo. O no? Bene, tralasciamo.
Imboccai una scorciatoia e, dopo aver attraversato diversi viottoli, uscii nella piazza principale di Portsmouth. Subito notai delle risate scomposte provenire dalle scalinate del comune e così, nella folla generale di bambini in compagnia di nonni e genitori, notai un mimo.
Era imbragato alla meno peggio con una sottospecie di tuta a quadrettoni gialli e rossi e il viso paffuto era interamente ricoperto di cerone bianco, fatta eccezione per il rossetto sulle labbra carnose e la matita nera sul contorno occhi. Capelli mossi castani legati in una lunga coda alta e orecchini rossi pendenti a palla di Natale.
Sembrava impegnato ad imitare ogni donna o uomo passasse di lì e a bloccare stupidamente il passaggio di auto e moto fingendosi impedito per causare così uno sghignazzo generale.
In quella buffa figura non tardai a riconoscere Jackie, Jackie Malik, la sorella ventitreenne di quel bullo di Zayn, che veniva a scuola con me. Anche lui faceva parte dei One Direction, con Horan, Louis e con loro anche Harry e Liam. Loro erano principalmente i migliori amici di Malik, i suoi bracci destri, ma al riguardo loro so poco.
Liam ha fatto il dj alla festa, secondo richiesta di Louis che apprezzava il talento dell’amico. E poi, figuriamoci, appena Louis chiedeva, Francy eseguiva senza controbattere.
Harry, invece, era l’unico membro della band, con Horan naturalmente, che era nella mia stessa classe. Con me non era mai stato di molte parole, ma per quello che potevo sapere, avevo sempre pensato che fosse il ragazzo perfetto per Francy. Ma lei era sempre e comunque fissata con Tomlinson, ovviamente.
Va bene, basta divagare.
Tornando a Jackie, lei era sempre stata simpaticissima con me e molto disponibile. Quasi una baby-sitter, si può dire, perchè il posto della sorella era già stato occupato dalla mia svitata Francy, insostituibile.
Comunque, al momento Jackie era un artista di strada, perchè aveva sempre pensato che quello fosse l’unico posto fisso adatto a lei. Per questo lo esercitava in diverse ore del giorno e in diversi luoghi.
Passando, lei mi vide e sorrise.
“Ciao Jackie!” le feci un segno di saluto, attraversando la piazza e cercando di scansare la folla.
I bambini, però, si voltarono all’improvviso verso di me e mi fissarono, sorpresi ed accigliati.
“Chi è Jackie? Emily, io sono il Mimo Sorriso, ricordi?”
Ops.
“Ah, certo. Allora, ciao Mimo Sorriso, ci vediamo al paese dei..nasi rossi, ok?”
No eh? Lo so, ma io e la fantasia siamo state separate dalla nascita.
“No no aspetta. Su, bambini, chiamate Emily, avanti. Divertiamoci!”
Divertiamoci? No vi prego, basta guai!
I bambini mi si fiondarono addosso ridendo a crepapelle e, con più facilità di quanto mi aspettassi, mi spinsero nel bel mezzo della scena, per così dire.
Ottimo. Capelli bagnati, trucco colato, vestiti che puzzano di ospedale prestati da un’infermiera, abito stropicciato nella borsa ed ora anche questo!
Nonna, se mi senti, salvami!
“Ed eccola qui, bambini! Un applauso per la nostra Emily”
I nanerottoli che prima mi erano sembrate una miriade di formiche impazzite, cominciarono a battere le mani in un gran chiasso, appena paragonabile ad un applauso.
Io fulminai Jackie con lo sguardo per la situazione imbarazzante in cui mi aveva cacciata, ma lei sembrò non badarci continuando a sorridere soddisfatta. Si vedeva che amava i bambini più del suo stesso lavoro.
Anch’io li amo. Quando dormono.
“Ok ed ora per la prossima scenetta...”
Si fermò quasi si stesse ingegnando sul da farsi, mentre io iniziavo a prepararmi al peggio togliendomi la felpa bagnata, appoggiando il borsone a terra e legandomi i capelli malmessi in una coda.
Quello che mai mi sarei aspettata stava per succedere.
“...avrò bisogno di un secondo volontario!” AH AH AH. Come se io fossi stata il primo!
A quelle parole i bambini iniziarono ad urlare in coro “IO! IO!” e alcuni strillarono addirittura con tutti se stessi quelli che dovevano essere i loro nomi, per farsi notare da Jackie ed essere scelti.
Fantastico. Ed ora che fa il Mimo Sorriso? Mi fa sposare con un bambino di cinque anni?
Jackie sorrise e dopo qualche secondo si fiondòfra la folla a prelevare qualche malcapitato.
Intanto, mi sistemai ancora i capelli e cercai di togliermi del tutto il mascara colato sulle guance, con il dorso della mano. Se dobbiamo fare una figuraccia, almeno facciamola come si deve, no?
“Bambine e bambini, ecco a voi il nostro prescelto!”
Silenzio tombale per qualche minuto, per poi tornare al trambusto generale di poco prima. Ero ancora girata di spalle quando…
“Allora dicci, come ti chiami?”
“Io, ehm…sono Niall”
Cosa? Quella voce, quel nome, quella maledetta situazione…
Mi girai di soprassalto ed ecco davanti a me un Horan rimesso a nuovo rispetto a poche ore prima, con il suo IPhone in mano in chiamata.
Esattamente tre secondi dopo il mio cellulare squillò.
Niall mi stava richiamando ancora per la ventisettesima volta.

Spazio autrice
Salve ragazze,
vorrei velocemente ringraziarvi tutte, davvero. E’ tardi xD
Spero vivamente che possiate presto leggere tutta la storia,
oltre a questo capitolo. Mi dispiace tantissimo e spero di non aver perso nessuna
di voi, nonostante tutto questo mese in cui, però, non vi ho abbandonato! :(
Per chiarire, sono disperata, ma vi adoro tantissimo.
Recensite e rendetemi felice, come avete sempre fatto.
Vi amo, ok?
Eli :33
P.S. Già sentita ‘Just can’t let her go’? Io no.
LOL Good girl :)
 
 
 

 
 
  
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