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Autore: Aggrodolce    13/08/2013    2 recensioni
Il sole penetrava dalla persiana rovinata dal tempo di un appartamento ai limiti estremi della periferia di Manhattan. Un quartiere malfamato, ricco di palazzine vecchie e trasandate, consumate dal tempo, appartenenti oramai ad un solo tipo di persone, che sicuramente non si sarebbero potute trovare la sera nel piano più alto dell’Empire State Building, o al pomeriggio a sorseggiare un the nel centro di Central Park.
I rumori di una città in piena giornata lavorativa completavano il tutto.
Spades Slick aveva socchiuso apposta le persiane del proprio appartamento, in modo che la luce del sole non potesse disturbarlo neanche per un istante.
[Fic sugli Stabdads, ovvero la Midnight Crew in versione padri dei troll. ][AU][Verde/forse giallo]
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Aradia Megido, Karkat Vantas, Sollux Captor, Tavros Nitram
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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"Una piccola parte di te"


Il sole penetrava dalla persiana rovinata dal tempo di un appartamento ai limiti estremi della periferia di Manhattan. Un quartiere malfamato, ricco di palazzine vecchie e trasandate, consumate dal tempo, appartenenti oramai ad un solo tipo di persone, che sicuramente non si sarebbero potute trovare la sera nel piano più alto dell’Empire State Building, o al pomeriggio a sorseggiare un the nel centro di Central Park.
I rumori di una città in piena giornata lavorativa completavano il tutto.
Spades Slick aveva socchiuso apposta le persiane del proprio appartamento, in modo che la luce del sole non potesse disturbarlo neanche per un istante. La sera prima era rincasato alle sei del mattino, ed essendo le dodici in punto - minuto più, minuto meno - non aveva alcuna intenzione di alzarsi dal letto prima delle cinque del pomeriggio.
Rintanato nello stanzino che gli faceva da camera da letto, una bottiglia quasi vuota di birra stretta in mano, mezza gamba fuori dal lenzuolo e la testa appoggiata ad un cuscino, l’uomo pensava di essere in paradiso. Nessuno a disturbarlo, nessun tipo di rumore molesto se non il suono di qualche stramaledetto clacson o qualche stupido cantiere lavorativo, nessuna preoccupazione.
La giusta ricompensa dopo un’assurda ed estenuante nottata di lavoro.
Spades Slick era il leader di una piccola gang di criminali chiamata Midnight Crew. Certo era un mestiere pieno di rischi, primo tra tutti quello di essere ricercato dalla polizia, ma era un esperto, ed il più delle volte riusciva a farla franca. Nessun tipo di problematica, nessuno sapeva dove abitasse e nessuno poteva creargli delle complicazioni. Era un mago, un’icona nel proprio lavoro. Senza dubbio era un lavoro sporco, ma senza altrettanti dubbi qualcuno avrebbe pur dovuto farlo.
Viveva in un piccolo appartamento in affitto all’ultimo piano di una palazzina trasandata e vecchia di decenni, formata da tre stanze compreso il bagno. Una camera da letto, un soggiorno con un piccolo spazio cucina ed il bagno. Non era molto, ma per Slick era casa.
Gli permetteva di riposarsi quando voleva, di vivere senza alcun tipo di preoccupazione e l’affitto inoltre era molto basso, considerate le condizioni igieniche del posto. Non che a Slick interessasse più di tanto.
Avrebbe continuato a dormire anche fino ad oltre le cinque, se solo non fosse stato per il trillo assordante quanto odioso ed insistente del campanello.
Con un grugnito, Slick si voltò su un fianco e decise di ignorare il maledetto ordigno, sperando che chiunque fosse, postino, lattaio, portiere o chiunque altro, si stancasse e la smettesse di assillarlo, decidendo di girare i tacchi, capendo che forse non era proprio aria.
Ma anche dopo un paio di minuti il campanello non smise di trillare, finendo con il mandare Slick quasi sull’orlo di una crisi di nervi. Quella giornata era cominciata troppo bene per poter continuare.
L’uomo dunque scostò il lenzuolo con la mano libera, mosse le gambe a tentoni rischiando di ruzzolare giù dal materasso ma alla fine riuscì a mettersi in piedi, in boxer e camicia slacciata, mugugnando versi e frasi apparentemente senza alcun senso, o forse fin troppo scurrili per essere riportate, fino a camminare con andatura poco stabile sino alla porta.
“Arrivo… Arrivo, per la miseria.”
Mugugnò, litigando con serrature e catenacci che, generalmente, proteggevano la porta d’ingresso.
Una volta sciolto ogni tipo di protezione, l’uomo aprì il portone, che scricchiolò acidamente mostrando sulla soglia un uomo in giacca e cravatta sulla sessantina, dall’aria distinta.
“Buon pomeriggio!”
Slick lo squadrò a lungo, tentando di mettere per bene a fuoco, cosa che gli risultava difficile visto l’alcol che aveva ingerito solo poco tempo prima.
“A lei…”
Mugugnò infine in risposta, sforzandosi di mantenere un tono quantomeno decente, anche se gli risultava difficile anche questo essendo per lui molto presto. Come se qualcuno gli avesse citofonato alla porta di casa alle sei e mezza del mattino.
“Lei è il signor Spades Slick?”
Pronunciò poi la voce dell’uomo sulla sessantina, mentre continuava a fissarlo con aria impassibile, quasi disinteressata. Al che Slick non cominciò a farsi delle domande, come per esempio, se avesse sbagliato ad aprire la porta, o cosa diamine volesse quel vecchio barbagianni.
Continuò a fissarlo come se gli avesse chiesto qualcosa di incomprensibile, poi bofonchiò qualcosa in risposta, per non rimanere in silenzio.
“In persona…”
Non ci stava capendo nulla. E lui odiava i misteri. Si chiedeva cosa diamine stesse succedendo, e l’alcol che aveva in corpo che non lo aiutava per nulla lo irritava ancora di più.
Slick non aveva mai avuto molta pazienza, e situazioni come quelle non facevano altro che alimentare la sua intolleranza.
Ma le domande che gli stavano ronzando nella testa avrebbero presto trovato delle risposte.
Non appena il distinto signore venne a conoscenza dell’identità di Slick, si frugò nel taschino della giacca, per poi allontanarsi di qualche passo dalla porta, come a voler far spazio a qualcosa.
Pochi secondi, e sulla soglia della casa di Slick si rivelò una seconda persona estranea.
Un ragazzino che non doveva avere più di sei anni, dai capelli neri e di statura bassa per la sua età, con un gran paio di occhi scuri - un marrone tendente quasi al rossiccio - si fece strada fino a fermarsi al limite tra l’interno e l’esterno della casa del gangster, senza dire una parola.
L’uomo distinto nel frattempo aveva finito di frugarsi nella giacca, e ne aveva estratto un pezzo di carta, o meglio una lettera, ma dalla carta talmente consumata da sembrare un semplice pezzetto di carta straccia.
“La legga, e capirà! Buona giornata, signore!”
Disse poi, e così come era venuto, l’uomo distinto se ne andò, subito dopo aver consegnato la lettera a Slick ed aver lasciato il ragazzino sulla soglia della porta.
Slick si chiese davvero se ciò a cui aveva appena assistito non fosse stato un sogno, o un’allucinazione dovuta all’alcol. Rimase a fissare la porta per almeno un minuto buono, poi il ragazzino alzò lo sguardo, così come Slick lo abbassò. I due rimasero a fissarsi per qualche secondo, poi il più piccolo scostò velocemente il volto, incrociando le braccia e facendosi strada nell’appartamento.
A quel punto, Slick si domandò se fosse opportuno leggere la lettera.
Ci rifletté qualche istante, poi optò per il sì.

“Da consegnare al signor Spades Slick e a lui soltanto. 

Caro Slick,
Molto probabilmente non ti ricorderai di me, quindi eviterò di dirti chi sono, dove mi trovo o cosa faccio nella vita. Vorrei solo informarti che hai un figlio. Sarà lui stesso a consegnarti questa lettera, o chi di dovere. Io non sono in grado di occuparmi di lui, ma non voglio che marcisca in un orfanatrofio fino al raggiungimento della maggiore età. Occupati di lui, se hai un cuore.
Conto sulla tua comprensione.”


Slick rimase immobile con il foglio in mano per un minuto buono, e intorno a lui fu come se il tempo si fosse fermato.
Le dita gli tremavano, lo sguardo era fisso e le labbra erano schiuse in un’espressione pietrificata.
Ne aveva passate tante, ma mai nella sua vita avrebbe pensato di potersi trovare in un guaio di tali proporzioni.
Un uomo di mezza età piombava in casa sua, gli consegnava una lettera ed un ragazzino e poi svaniva nel nulla, senza farsi alcun tipo di domanda né scrupolo, senza chiedersi chi fosse la persona che era andato a cercare né  se potesse affidargli un ragazzino.
Quando finalmente riuscì a riprendersi, si voltò verso il bambino, che con uno sguardo del tutto poco amichevole ed un’espressione imbronciata lo fissava, in silenzio.
Slick si mosse di qualche passo e lo raggiunse, guardandolo a sua volta.
Non avrebbe mai voluto neanche pensare ad una cosa come quella a cui aveva appena pensato, ma era stato inevitabile. Per la prima volta in tutta la sua vita, Spades Slick non aveva la minima idea di che cosa fare.
Si mise in tasca la lettera e mosse appena le mani, tentando di capire cosa dovesse fare, sperando forse in un’illuminazione improvvisa, una rivelazione, qualsiasi cosa.
“Tu…”
Riuscì a farfugliare infine, cercando di mettere in fila almeno un paio di parole, ma venne subito bloccato.
“Sei scemo?”
Il ragazzino riprese a fissare Slick, con aria sicura di sé, imbronciata e intimidatoria, come a volerlo spaventare.
Inutile dire che Slick lo guardò strano a sua volta.
“C… Come, scusa?”
“Sei scemo?”
Slick cominciò a pensare di poter perdere la pazienza, ma mantenne la calma, o almeno tentò di farlo.
“… No, ragazzino, non sono— ”
“Karkat!”
Ancora una volta il ragazzino lo interruppe, fissandolo con aria tutt’altro che intimidita, impunito.
“Mi chiamo Karkat! E sei davvero scemo se neanche sapevi come mi chiamo!”
Senza aggiungere altro, il ragazzino si avvicinò a Slick e senza alcuna spiegazione lo colpì forte ad una gamba con un piede, per poi allontanarsi, sparendo in una delle stanze della casa.
Slick urlò di dolore, tenendosi la gamba offesa con una mano, poi guardò in direzione del ragazzino, con una vena d’odio e di sorpresa negli occhi.
Non sapeva che cosa avesse fatto per meritarsi una situazione del genere, forse era la punizione divina per non essere credente, forse quella per aver scelto di essere un fuorilegge, non ne aveva idea.
Ciò che sapeva, era che da quel momento in poi la sua vita sarebbe stata tutt’altro che facile. 



Angolo dell'Autrice: 
Hey, ciao. c: 
Innanzitutto una premessa, ovvero grazie per la lettura e per essere arrivati fin qui. L'idea è di un ragazzo su dA, e di alcuni suoi amici. Avevo spulciato delle bellissime fanart a riguardo e la tentazione è stata troppo forte. Dovevo scriverci qualcosa. 
Questa fic è una piccola idea del rapporto che Slick può avere con Karkat, mi è venuta in mente pensando ad uno Slick padre in un universo più o meno simile all'America degli anni'50/'70. x° 
E nulla, vi ringrazio per la lettura! Doveva essere una fic a capitoli ma non sono capace di scriverne, quindi godetevi solo questa breve shot e aprite l'immaginazione! Chiedo scusa a chi avrebbe voluto il seguito, magari la riprenderò quando e se avrò ulteriori idee! 
Sacch 
  
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