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Autore: marrymezayn    13/08/2013    7 recensioni
Tratto dal terzo capitolo:
«Posso abbracciarti?»
«Non si chiedono gli abbracci al Free Hugs! Se vuoi darlo, lo dai. Punto!» La ribeccò Louis, rimanendo in mezzo a loro due.
[..]
«No, aspetta!» Bisbigliò al suo orecchio così piano che dubitò che l’avesse sentito con tutto quel casino intorno a loro. E lei tornò a stringere di nuovo le braccia intorno alla sua vita. «Ancora due secondi, ti prego!»
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Questa storia non è nient'altro che "The best is yet to come" ma dal punto di vista di Zayn. Enjoy! ♥
Genere: Fluff, Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: Lemon, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Avviso: Questa non è altro che "The best is yet to come" la prima storia che io ho scritto ma dal punto di vista di Zayn. Avevo promesso che ve l'avrei scritta e ecco qui il primo capitolo. Se volete leggere le tre storie già completate, andate sul mio profilo e troverete la "reale" storia. Ci vediamo in fondo.

Questa FF non è a scopo di lucro.
© Keyra è un personaggio originale e come tale ne detengo i diritti. E si, anche il nome è sotto copyright mio. 



Occhi color ambra.
Occhi color ambra che scrutavano. Scrutavano quel sole che, tipicamente veniva nascosto dalle nubi folte del clima tipico inglese. A volte percepiva quanto gli mancasse il calore del sole sulla pelle, quel calore che ti riscalda fin dentro le ossa facendoti sentire coccolato. In Inghilterra quella cosa succedeva veramente poco, visto il clima che c’era.
Ma non si lamentava, di certo amava di gran lunga il freddo che il caldo soffocante. Quel caldo che ti toglie il fiato, che ti fa sempre avere la pelle imperlata di sudore, che ti fa attaccare gli indumenti addosso. Il caldo che ti impedisce di uscire se non prima delle cinque di pomeriggio. Quel caldo che ti fa sudare a qualsiasi ora del giorno e della notte. Si, decisamente preferiva il freddo.
Dalle labbra semi chiuse gli usci un sospiro frustrato, scrutando ancora fuori dal finestrino. A lui, quel viaggio studio manco gli andava di farlo. Solo che, se non andavi allo scambio culturale – che poi, parliamone. Che diavolo di scambio culturale era se entrambi le classi erano inglesi? Stupidi presidi incompetenti – avevi l’obbligo di frequenza a scuola. Quindi tanto valeva andare allo scambio culturale, visitare Londra e altre cagate varie.
L’idea che quello scambio culturale era stato creato solo per far conoscere nuova gente, altri stili di vita, lo innervosiva. A lui a cosa doveva interessare dello stile di vita di una città grande come quella Londinese? Se voleva uno stile di vita frettoloso si sarebbe trasferito a Londra, no?
Percepì, oltre ai suoi pensieri cupi, il rumore del segnale d’aereo. Alzò gli occhi e notò che il segnale delle cinture allacciate era acceso. Stavano incominciando l’atterraggio. Lo notava anche dal fatto che si sentiva le orecchie tappate.
«Il capitano vi chiede gentilmente di allacciare le cinture in quanto stiamo per iniziare l’atterraggio!» sussurrò una voce rauca al microfono dell’aereo. Nei secondi dopo si sentì lo scatto di diverse cinture chiudersi, rivelando che molta gente se l’era tolta anche avendo avuto molte turbolenze in quel volo.
Sentì una carezza sulla mano e dopo aver sbattuto le ciglia, ricadendo nel mondo dei vivi si girò a guardare la sua ragazza seduta al suo fianco. Lei fece un sorrisetto dolce, lui ricambiò con un sorriso a labbra strette.
«Uff! Non sai come sono scocciata che il mio specchietto è nella valigia. Il trucco è a posto?» lo sguardo del ragazzo sfiorò il viso della bionda, annuendo debolmente. Si domandò ancora perché ci stesse insieme. Ok che faceva dei bocchini da Oscar, tanto che ogni volta che terminava di farglielo si ritrovava a pensare ad una scenetta. Lui che, tenendo in mano un premio d’oro, si avvicinava al microfono e parlava: “e il premio per il miglior bocchino va a.. Sophie! Complimenti tesoro hai una bocca che la raccomando” ma andiamo..
Era stupida come una capra. Povere capre comunque, venivano sempre paragonate a tipe come quella. E poi a lui le bionde neanche piacevano, oltretutto.
Tutto ciò che riusciva a pensare quella mente ottusa era se il suo trucco o i capelli fossero a posto. Oltre al fatto che era la fidanzata di uno dei ragazzi più richiesti nella scuola o almeno così dicevano. Ora, non che volesse fare il presuntuoso ma, era un bel ragazzo e a quanto pare l’aria misteriosa che aveva faceva impazzire chiunque dentro la loro scuola.
Non che gli interessasse ovviamente. Tutte stramaledettissime galline o oche giulive che volevano solamente finire nel suo letto per dire “ehi, Zayn Malik mi ha sbattuto!” e a lui quello non gli interessava. Stava con Sophie perché, a parte che faceva dei bocchini sensazionali, ma anche perché se lei parlava solo del trucco o dei capelli, lui riusciva benissimo ad ignorarla e pensare ad altro. Quindi due cose a favore di Sophie: faceva bocchini da dieci e lode, e anche se chiacchierava come una macchinetta lui riusciva a non incularsela minimamente.
Quando le ruote dell’aereo si posarono sull’asfalto della pista di atterraggio crollò di nuovo nel mondo dei vivi, notando che Sophie parlava di quanto odiasse che, quando prendeva l’aereo, le si elettrizzavano i capelli.
Cosa stava dicendo prima?
Non aveva sentito un’h di quello che quelle labbra divine avevano detto.
Mentre lei continuava a parlare – dicendo cose senza alcun senso, e che Zayn non ascoltò – riuscirono a prendere i bagagli a mano e scendere dall’aereo. Finalmente venne richiamata da un’amica e dopo averlo salutato con un bacio pieno di saliva, lo lasciò da solo.
Si avvicinò a lui Louis, dandogli una pacca sulla spalla. Ma aveva dieci minuti per starsene in santa pace?
«Ehi amico! Sei contento?» Chiese entusiasta Louis, sprizzando felicità da tutti i pori. Era una settimana che il ragazzo non smetteva di essere così allegro, dicendo che aveva una buona sensazione su quella vacanza.
Notate la sottile differenza? Zayn la vedeva come una tortura greca mentre Louis come una vacanza. Alzò le spalle, facendo uscire un mugugno dalle sue labbra e continuando a camminare verso quello che era l’aeroporto.
«Senti quant’è bella l’aria di Londra!»
«Percepisco solo del fottutissimo smog. Tanto, tanto smog! E non siamo neanche a Londra!»
Louis non venne minimamente contagiato dal tono macabro di Zayn.
«Felicità amico! Felicitààà!» e corse via, saltando sulle spalle di Harry che lo prese al volo, incrociando le mani sotto al sedere di Louis per sorreggerlo.
Era sempre di più la voglia di risalire sull’aereo e aspettare che ripartisse per tornarsene a casa. Non gli interessava se sarebbe rimasto quattro settimane da solo, ma lui a Londra non voleva starci. Per niente proprio!
«Vi ricordo che dovete sempre ringraziare, non dare disturbo alla famiglia che vi ospita. Cercate di essere invisibili.»
«Allora che cazzo ci facciamo qui?»
Si ritrovò a dire sbuffando mentre prendeva la sua valigia dal rullo, sentendo la professoressa parlare.
Appena tutti ebbero la propria valigia cominciarono ad avviarsi verso l’uscita dove, sicuramente, li aspettavano i ragazzi che li avrebbero ospitati. Sperava seriamente di finire con una di quelle persone invisibili, che non gli avrebbero maciullato le palle per chiacchierare, per prendersi il tea come due femminucce o cose simili.
Le porte che separavano loro dall’uscita si aprirono, rivelando la solita massa di gente che attendeva amici o familiari che arrivavano. Si guardò un po’ intorno, notando che i ragazzi c’erano e al collo portavano dei fottutissimi cartelli con sopra scritto il nome del proprio compagno. Ma si poteva essere più ridicoli?
Quando trovò il decerebrato mentale che aveva il suo nome scritto sul cartello, si avvicinò e senza troppa felicità nella voce si presentò. Questo lo squadrò da testa a piedi mentre porgeva la mano per ricambiare la presentazione. Già gli stava sulla punta del cazzo, doveva ammetterlo. Voleva tornare a casa, si!
Colse una strana sensazione sulla schiena che lo fece stranire un pochino. Avete presente quando vi sentite osservati? Ecco, quella era la sensazione che sentiva su di sé, come se qualcuno lo stesse perforando con lo sguardo.
Dopo essersi messo al fianco del suo compagno – Tommy, ‘zzo di nome – si guardò un po’ intorno cercando di capire chi lo guardasse in quel modo così fastidioso. Perché se sentiva quella sensazione, qualcuno doveva starlo a guardare.
E con i suoi occhi ambrati solcò l’aria, scrutando ogni viso di tutti quelli che erano lì. Alla fine captò lo sguardo che lo stava puntando. Occhi color petrolio, neri come la notte. Un paio di occhi così neri da fargli passare un brivido su tutta la spina dorsale. Ciglia scure che incorniciavano quegli occhi così tenebrosi, seri e paurosi, ma stranamente belli. E oltre le ciglia, guance dipinte di un leggero rosato, labbra che sembravano appartenere ad un angelo, capelli così castani scuri da sembrare quasi neri.
Quale stupido dio si era privato di un angelo così perfetto, mandandolo sulla terra? Quella ragazza sembrava uscita da un dipinto del ‘500, con quella pelle che sembrava morbida anche da lontano, lucida e di un leggero color rosato.
La vide schiudere le labbra rosse che davano l’impressione di essere morbide e tremendamente calde mentre l’amica al fianco le tirava la manica come i bambini piccoli.
Sbatté le ciglia cercando di far ricollegare il cervello perché, insieme al suo cuore, erano andati in tilt. Notò come il suo cuore aveva preso a battere così forte quasi da perforare la gabbia toracica e cadere a terra, lasciandolo privo di quell’organo.
Le labbra si schiusero mentre uno sbuffo gli usciva da esse. Non poteva credere ai suoi occhi.
E si accorse poco dopo dello sguardo strano che quel viso angelico portava. Non lo aveva notato subito, ma ricollegando il cervello notò che lo stava guardando ad occhi sbarrati, tra il sofferente, il dispiacere e anche incredulità. Quando la ragazza si rese conto che aveva ricambiato lo sguardo, abbandonò per prima la briglia sui loro sguardi intrecciati, abbassando gli occhi e torturandosi le mani. E un tiepido colorito si dipinse sulle sue guance facendogli capire che si stava vergognando. Si ritrovò a pensare che, quel colorito su un altro paio di guance non sarebbe mai stato bello come stava divinamente su quelle della ragazza. Mai nessun colorito era stato così bello a parer suo.
Spostò lo sguardo sul suo compagno, riprendendo fiato dalle labbra schiuse.
No, aspettate. Che diavolo era successo in quei pochi secondi? Sbattendo le ciglia si rese conto che non era passato poi chissà quanto tempo da quando aveva scoperto chi fosse a guardarlo. E allora perché aveva la sensazione che il tempo si fosse fermato, mentre si guardavano? A quel pensiero sentì un altro brivido scivolargli giù sulla spina dorsale. Che strano..
Niall arrivò poco dopo per salutarlo. «Ehi amico, ci vediamo stasera ok? Sii gentile, mi raccomando!» Spostò lo sguardo sul suo amico, annuendo.
«Tutto bene? Sei leggermente bianco! E ce ne vuole!» Niall rise da solo della sua battuta, che doveva ammetterlo, non faceva ridere nessuno. Lui in primis.
«E’ in questi momenti che mi domando come io possa essere tuo amico, Niall! Le tue battute sono scadenti.» Lo ribeccò ma con tono dolce, non riuscendo ad essere uno stronzo con il bell’Irlandese.
Il biondo sorrise, facendosi ricambiare poco dopo. «Lui è il tuo compagno?» Lo vide sporgersi a stringere la mano al suo compagno, lasciando così la visuale libera e, senza volerlo, si ritrovò di nuovo a cercare i suoi occhi. Ed eccola lì, ancora a guardarlo. Ma questa volta se ne stava appoggiata alla sua amica, con una faccia da funerale. Chissà che cosa passava nel suo cervello, chissà a cosa stava pensando.
Niall tornò alla sua postazione, occupandogli la visuale. Sospirò.
«Tu invece con chi sei capitato?» Domandò con tono sempre dall’oltretomba, non del tutto interessato in verità a sapere con chi fosse finito uno dei suoi quattro migliori amici.
Niall si girò, cercò il suo compagno e glielo indicò. Seguì la traiettoria del suo dito, finendo di nuovo a fondersi negli occhi color petrolio della ragazza.
«Lei. Si chiama Keyra!» Destino? Fato? Culo? Non lo sapeva, ma tutt’un tratto si ritrovò a pensare che quello scambio culturale non sarebbe stato poi così male.
«Keyra, mhm?»
«Già! Ok, devo andare che è il padre dell’amica di Keyra, Mary, ci sta aspettando! A stasera!»
E corse via, senza neanche aspettare una risposta dal moro che guardava Niall correre incontro alla fantomatica ragazza. Quindi si chiamava Keyra. Che nome curioso. Era la prima volta che lo sentiva pronunciato così e soprattutto con la y e non con la i.
Strano come la padrona che lo portava. Curioso, come i suoi occhi.
«Andiamo? Mio padre ci aspetta!» Annuì e, dopo aver schioccato la lingua, si ritrovò a sorridere debolmente mentre si dirigevano verso chissà dove.
Mentre si sedeva nei posti dietro del grande macchinone appartenente a quel ciucciacazzi del suo compagno di scambio, pensò ancora alla ragazza dell’aeroporto.
“Si chiama Keyra. Non è più la ragazza dell’aeroporto” gli fece notare la sua coscienza.
“Non la conosco ancora per chiamarla per nome.. Sarà la ragazza dell’aeroporto finché non ci parlerò”
Si.. ci avrebbe parlato o magari avrebbero fatto parlare i loro corpi.
 
 
La casa non era un granché. Una casetta in periferia di Londra, tutta bianca, la casa tirata a lucido, si vedeva lontano un miglio che la madre era una maniaca del controllo. Neanche sua madre, ed era un tutto dire, era così ossessionata da mettere il telo di plastica sul divano per non farlo rovinare. La stanza era piccola, non grandissima ma almeno avrebbe dormito da solo senza avere tra le palle quel sfracellacazzi del suo compagno. E poi c’era la sorella. La sorella un anno più piccola di loro, che se la sarebbe volentieri sbattuta sul tavolo della cucina mentre tutti dormivano impeccabili nel loro letto.
Così, a sfregio si sarebbe trombato la sorella, solo per levarle quell’aria da santarellina che era nient’altro che apparenza. Perché, se la madre ottusa com’era non si era accorta che quella che indossava Lory era una maschera, lui appena l’aveva vista aveva captato gli ormoni che fuoriuscivano dalle sue labbra per presentarsi.
L’aveva praticamente mangiato con lo sguardo appena l’aveva visto, aveva stretto la sua mano tanto da fargli capire che aveva una voglia di farsi fottere che le arrivava fin dentro le viscere. E, senza rendersene conto, si era ritrovato ad alzare un lato delle labbra in una tacita domanda: “vuoi essere fottuta?” e lei aveva risposto al sorriso che urlava “Oh si Zayn, fottimi”.
Strano come nessuno – ne la madre pazza, ne il padre asessuato che era in carenza di sesso dal 1518 e con una voglia che gli andava a braccetto, ne tantomeno il coglione con cui doveva vivere per settimane - si fosse accorto di quella chiacchierata silenziosa.
Si ritrovò a pensare che con la ragazza dell’aeroporto quello scambio di “fottimi!” “Si ti fotto fino a farti urlare” non era successo. Come mai? Di solito riconosceva le zoccolette che non vedevano l’ora di farselo schiantare nel corpo, ma con lei non aveva avuto quella sensazione. Dai, aveva pensato che in tutte le donne ci fosse una parte dove erano delle frivole, zoccole e che non vedevano l’ora di sbandierare in giro nella scuola che si erano scopate chissà chi. Ma con la ragazza dell’aeroporto niente.
Non aveva avuto nessuna sensazione e questo lo lasciò totalmente senza fiato. Non ci credeva neanche lontanamente che quella ragazza non avesse un lato da ragazza facile. Tutte, e ripeto tutte, ce l’avevano.
Comunque, tornando a quella famiglia di sclerati – a quanto pare la sorellina finta santa era l’unica sana di cervello – sentì qualcuno bussare alla porta della sua stanza. Dopo un assenso per far entrare chiunque era andato a rompergli i coglioni, si ritrovò la sagoma ancora bambinesca di quella piccola zoccola che era la sorella di Tommy.
Rimase steso sul letto, tornando a guardare il soffitto. Eccola lì. Appena aperta la porta era stato investito da una valanga di ormoni impazziti. Non che gli dispiacesse eh, ma andiamo.. Era appena arrivato ed era ancora scombussolato dal volo.
«Mio fratello voleva sapere se volevi farti una doccia prima di andare alla cena con i compagni!»
«Mi dispiace honey, non appagheremo oggi il tuo istinto di scoparmi nella doccia!»
rispose sempre con quel tono di sufficienza, sapendo bene perché era lì, perché non fosse venuto quel ritardato mentale a chiedergli se voleva farsi una doccia. Girò la testa verso di lei, guardandola da sotto le ciglia lunghe. Era arrossita, da brava pudica. Potevano fare le zoccolette in giro quanto volevano, ma se venivano scoperte a fare pensieri peccaminosi, allora arrossivano. Queste ragazze di oggi, che strane che erano.
Si alzò con una spinta di reni e mentre lei continuava a guardare il pavimento rossa come la vergine Maria, lui cercò i vestiti nella valigia per farsi la doccia. Scelti i vestiti da mettersi per quella serata e il cambio, si diresse verso il bagno passando proprio di fianco a Lory. Si fermò, la scrutò dall’alto e poi abbassandosi quel tanto per arrivare al suo orecchio, le parlò: «non ti preoccupare cucciola. Ti fotterò, e penso proprio di farlo sul divano, togliendo la plastica a quel sussurro la sentì tremare come una corda di violino nelle mani di un violinista, che – delicato ed esperto – aveva scelto proprio il punto giusto per farla vibrare. La vide alzare la testa e, ad occhi sbarrati lo guardò mentre si inumidiva le labbra. Sorrise, sapendo come giocare con una donna. Per lui, le donne erano un libro aperto.
Avendo tre sorelle sapeva capirle più di qualsiasi altra cosa e con questo dono che dio gli aveva donato, aveva imparato a giocarci, aveva imparato quali punti toccare o cosa dire per farle eccitare. A volte bastava solamente qualche parola, proprio come in quel caso.
Per lui sarebbe stato più appagante sbattersela sul tavolo della cucina, facendola piegare a novanta gradi su di esso, ma sapeva anche che quella ragazzina non vedeva l’ora di rischiare. E cosa c’era di più rischioso che togliere la plastica da un divano immacolato e farsi fottere su di esso, all’oscuro di tua madre che magari dorme nella stanza al piano di sopra?
Prese la ciocca di capelli che le ricadeva di fronte al viso e, con un gesto lento e ben studiato, portò la ciocca dietro l’orecchio. Fece poi scorrere i polpastrelli sulla pelle delicata dietro l’orecchio, facendola tremare ancora. Sorrise, soddisfatto di vedere le gambe stringersi leggermente mentre il respiro di lei si inclinava.
Vedendo lo sguardo adulatore misto all’impazienza, sorrise ancora, usando la tattica del “guardami e muori” per poi dirigersi a fare la doccia.
Con l’acqua che scivolava sulla sua schiena, cominciò ad insaponarsi il corpo con il suo bagnoschiuma, fischiettando una canzone di Bruno Mars.
Non era stronzo come ragazzo, semplicemente amava il sesso. Come ogni uomo su quel pianeta. A differenza però degli altri uomini, lui aveva il mondo delle donne nelle mani. Non c’erano sante e se c’erano bastava giocarci un pochino, fargli scoprire quale divina cosa era il sesso per farle scatenare. Le sante si trasformavano in quelle che avevano più voglia di cazzo. Non era un donnaiolo, semplicemente amava fottere. Fottersi bionde, fottersi castane, fottersi tutte le donne che, in un modo o nell’altro, desideravano finire nel suo letto.
Non si poteva neanche dire che era un puttaniere, perché non aveva mai obbligato nessuna a finire nel suo letto, tutte – nessuna esclusa – si erano donate a lui su un piatto d’argento. In un modo strano e a lui oscuro, sembrava che le ragazze captassero in lui qualcosa di meraviglioso. Forse il fascino del mistero, forse il fascino del forestiero. Fatto sta’ che tutte quelle che l’avevano voluto erano finite nel suo letto. Dire che era il donnaiolo di turno era sbagliato, non aveva una lista lunghissima di donne che si era portato a letto, ma ce n’erano. Non si diceva mai di no a del sano sesso o ad un pompino se queste se la facevano sotto, se si ritiravano in ritirata all’ultimo secondo. Il pompino ci scappava sempre!
Quando uscì dalla doccia, si mise l’asciugamano legato in vita e con l’altro tolse il vapore acqueo formatosi sul vetro.. Mezz’ora dopo, Zayn Jawaad Malik era pronto e profumato per andare a cena fuori. Controllò per l’ultima volta i capelli ingelatinati, la camicia e uscì, prendendo i vestiti sporchi e dirigendosi verso la camera.
«E’ un figo Cissy!» si fermò dietro la porta che dedusse fosse la stanza della rossa. «Ha detto che mi si farà sul divano, una di queste sere! Te lo giurooo!» continuò, mentre Zayn, del canto suo sorrideva. Morta di cazzo! E mentre se ne andava verso la sua stanza, sentì anche un: «tu stasera dormi qui, così lo vedi! Te l’assicuro che è un figo!» lasciò i vestiti nella valigia, per poi scendere le scale e fermarsi in soggiorno. Amber faceva la maglia seduta sul divano - non sarei così tranquillamente seduta dove fotterò tua figlia minore, sai? – e quell’ameba del padrone di casa se ne stava seduto in poltrona, sempre foderata di plastica vi pare?, a fare zapping con il telecomando. Una famiglia di morti viventi, togliendo la figlioletta.
Sentì dei passi frettolosi scendere le scale e appoggiato al muro attese. «Mamma, Ciss..» le parole le morirono in gola quando vide che Zayn attendeva lì suo fratello, diventando di nuovo rossa come un peperone. La donna si girò a guardarla, sorridendo in quel modo amabile che gli dava il voltastomaco.
«amore di mamma.. Cissy cosa?» Sentì altri passi e capì che era quel decerebrato mentale che scendeva per raggiungerlo. Si staccò dal muro, continuando a sorridere in modo più che divertito. Si mise il giacchetto, la sciarpa rigorosamente nera, sperando di sentir finire la frase di Lory.
«Può venire a dormire qui?»
«Devo chiamare sua madre! Non si sa mai che ha deciso di scappare.. La chiamerò e le chiederò il permesso, ok?»
«Ma mamma.. abbiamo quasi sedici anni..»
«Devo chiamare sua madre!»
e quel tono quasi da pazza non ammetteva repliche. Aprì la porta di casa, salutando il trio con un gesto del capo dopo che Tommy avvisava che sarebbero tornati di lì a due ore.
Lo vedeva molto, molto lungo quello scambio culturale.
 
 
«Ehi! Ciao Zayn..» sorrise in direzione di Niall, scrutandosi intorno tra il gruppetto di gente che era già arrivata all’appuntamento. Se c’era Niall, c’era la ragazza dell’aeroporto. Eccola lì, che giocava a “chi si prende prima il pollice” con la sua amica. Sembravano due ragazzine di tre anni mentre si mordevano il labbro per la concentrazione.
Sentì la pacca di Louis sulle spalle e tornò a guardare il gruppo, facendo un sorriso di circostanza. Vide Tommy mettersi al fianco di un amico e cominciare a parlare. Lo scrutò bene vedendolo parlare così tanto. Con lui non era stato poi così eloquente mentre andavano all’appuntamento. Meglio così, pensò.
«Bene, ora che ci siete entrambi, venite che vi presento Keyra!» sussurrò Niall con tono contento, spingendo sia lui che Liam verso la fantomatica ragazza dell’aeroporto. Quando l’irlandese la richiamò, lei smise di giocare con la sua amica. «Ho vinto!» la vide lanciare uno sguardo bruto alla sua amica, a mo’ di avvertimento.
«Ho vinto, stacci Keyra!» disse la sua amica, battendo le mani con entusiasmo, mentre la ragazza dell’aeroporto le puntava in faccia un dito come a farle capire che la teneva d’occhio, e detto questo finalmente si girò – non che gli dispiacesse quella panoramica del suo fondoschiena – rivelando così il suo viso. La vide perdere la rabbia e la concentrazione, lasciando posto alla stessa espressione che aveva avuto poche ore prima. La guardò da sotto le ciglia, studiando ogni suo respiro e ogni suo movimento. Si guardarono per qualche secondo negli occhi, poi lei si riprese e spostò lo sguardo su Liam, sfoggiando un sorriso perfetto e una dentatura altrettanto perfetta, bianca come la neve.
«Voi dovreste essere gli amici di Niall..» Il canto degli angeli, ce l’avete presente? Non era niente in confronto alla sua voce. La voce della ragazza era come un battito di ali, come la pelle di un bambino appena nato. Liam fu l’unico ad annuire, arrossendo in perfetto stile vergine al suo sorriso da urlo. Si strinsero la mano, lei si presentò pronunciando il suo nome con tono celestiale.
Perché si stupì che possedesse una voce così calda e che sembrava accarezzarti, per poi avvolgerti, coccolarti, e cullandoti verso le braccia di morfeo?
Finalmente staccò gli occhi da Liam per incontrare di nuovo i suoi.
Color dell’ambra contro il colore del petrolio, uno scontro di colori ma che gli aveva fatto stringere le viscere. E di nuovo, dopo un attimo di incredulità, si ritrovò a donare anche a lui un sorriso da urlo.
«E tu sei..?» La continuò a scrutare da sotto le ciglia, cercando di capire cosa le passasse per il cervello ma non vi riuscì. Alla fine, rendendosi conto di aver perso in partenza, sorrise sfoggiando – senza rendersene conto – uno dei sorrisi più rari che appartenevano a Zayn Malik.
«Zayn, piacere!» e allungò la mano come un drogato di fronte alla sua dose di cocaina, come un fotografo di fronte al tramonto più bello, come un pittore di fronte ad un paesaggio che toglie il fiato.. Zayn era desideroso solamente di scoprire se la sua pelle fosse calda come gli era apparsa in aeroporto. Appena le loro mani si strinsero, percepì una debole scossa sui polpastrelli. Non era una scossa di elettricità, era.. non sapeva come spiegarla, ma lo fece tremare come una corda di violino. Solo allora, lì in un qualsiasi posto di Londra si rese conto di cosa provassero le donne quando lui le toccava, giocando con loro.
«Piacere mio Zayn, Keyra!» rispose sempre con tono sicuro ma con una inclinazione di ansia che arrivava da qualche parte dentro di lei, per poi lasciargli la mano. Si ritrovò stranito a pensare che non voleva lasciare quel calore corporeo, che se avesse potuto le avrebbe preso la mano e l’avrebbe stretta per tutta la sera, accarezzandole il dorso disegnando cerchi senza senso. Ma purtroppo il contatto, per quella sera, cessò.
I suoi due amici presero a chiacchierare mentre lui continuava a guardarla in un modo o nell’altro. Per abitudine spostava lo sguardo, si faceva una panoramica della situazione, ma poi tornava a fissare quei lineamenti. Rimaneva appoggiata alla sua amica, sorridendo e ogni tanto lanciandosi sguardi d’intesa con Mary, che avrebbero capito solo loro. Sembrava che quelle due si conoscessero meglio di se stesse. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, doveva ammetterlo. Sembrava seriamente il dipinto perfetto di qualche artista italiano del ‘500.
Niall e Liam presero a parlare dei rispettivi compagni.
«E’ un morto vivente cazzo!» Crollò sul mondo dei vivi, sforzandosi di spostare lo sguardo da Keyra a Liam, passandosi poi la lingua sulle labbra sentendo stranamente la sua gola secca.
«Chi, il tuo compagno?» domandò la mora, verso Liam.
«Il moro con il piercing al sopracciglio.. Come si chiama? Per quanto chiacchiera mi sono già dimenticato il suo nome!» le due ragazze si guardarono e fecero un sorriso più che bastardo. Chissà di chi parlavano. Cercò il fantomatico ragazzo con lo sguardo, trovandolo poco dopo. Era l’unico con il piercing al sopracciglio. E, si sbagliava, o assomigliava tremendamente a lui?
«Lucas! Beh si, è un morto che cammina!» Niall e Liam, insieme a Mary risero a quella frase e quando tornò a guardare il gruppetto, notò che Niall stava sorridendo a Keyra. “oh mio dio, Niall vuole provarci” si ritrovò a digrignare i denti, provando un profondo fastidio a quel pensiero.
«Amoreee..» “cozza allo scoglio in arrivo, cozza allo scoglio in arrivo” e gli si attaccò, per l’appunto, come una cozza allo scoglio sul braccio. Si girò, dopo aver lanciato un altro sguardo a Niall e Keyra, ricevendo uno sguardo da entrambi. In tutto quello Louis e Harry si unirono al gruppetto. Le fece un sorriso, buttò uno sguardo verso Keyra e la vide a squadrarla da testa a piedi, mentre tornava a guardare Sophie, facendole un sorriso per poi girarsi a parlare con Louis. E continuò a parlarci fin quando non arrivarono tutti, non si misero d’accordo e partirono verso il ristorante dove avrebbero cenato.
Continuò ad avere Sophie attaccata al braccio per tutto il tragitto, ma senza pensarci chiacchierava con Louis controllando di tanto in tanto la tipa dell’aeroporto.
“Keyra, si chiama Keyra”
“Keyra, va bene!”
Stava parlando con la sua amica, poi si erano uniti altri due. Staccando il cervello dal discorso senza senso di Louis, cercò di ascoltare quello che stava succedendo due posti avanti a lui. Vide la faccia di Keyra cambiare almeno dieci volte in un minuto. Da divertita a seria, da seria a incazzata, da incazzata a infastidita, da infastidita a “ora vi uccido”. Si ritrovò a sorridere vedendola dirigersi verso Niall e chiedendogli qualcosa. Prese a camminare con lui, ma poco dopo Mary si avviò da lei, disse qualcosa facendo incazzare Keyra. La vide prendere a calci e schiaffi giocosi i suoi compagni che se la ridevano allegramente. Lei sembrava seriamente incazzata, ma non capiva se stavano sfottendo o altro.
Notò come Niall la guardasse cercando di capire, la vide gesticolare vergognosa qualcosa e poi, ridere fragorosamente a qualcosa. E di nuovo, per non si sa quante volte in quelle poche ore, si ritrovò a domandarsi come una ragazza potesse avere anche una risata favolosa. Se la rideva di gusto, buttando indietro la testa e battendo le mani una volta, aprendo la bocca quel tanto per lasciar uscire la risata divertita. Il collo teso, con pelle d’alabastro in bella vista e il minuscolo pomo d’Adamo che si muoveva insieme alle corde vocali. Divina. Non c’era nient’altro modo per spiegare la sua risata.
E, senza rendersene conto si sentì le viscere, il basso ventre scaldato da un calore che non aveva mai sentito, mai percepito in tutta la sua vita. Ma che diavolo succedeva?
Sicuramente era il viaggio ad averlo stancato. Una notte di sonno lo avrebbe sicuramente rimesso in sesto.  


Note dell'autrice: Voi chiedete io vi dono. Per la felicità di qualcuno e lo scazzo di altri, vi presento The best is yet to come dal punto di vista di Zayn Malik! Un applauso al ragazzo.
Ammetto che scrivere dal punto di vista di Zayn è divertentissimo. Non sono pochi i film che mi sono fatta sulle scene scritte sull'altra storia e pensare dal punto di vista di Zayn. Così ho pensato a scriverla veramente ed ecco cosa ne è uscito fuori. 
Se ve lo state chiedendo si, Zayn è un pezzo di merda. E volgare. Tanto volgare. Voi vi immaginavate che amava i bocchini? Io no, finché non l'ho scritto. Mi piace scoprire sto personaggio quindi mi divertirò parecchio a scrivere questa storia dal punto di vista di Zayn.
A differenza di Keyra (che se ne accorge solamente nella terza) Zayn percepisce subito la scarica elettrica quando si toccano. E si, l'abbiamo già perso ragazze. Bisogna dirlo.
La storia si basa su uno Zayn che deve lottare contro i suoi sentimenti e il vecchio Zayn che è un volgare di prima categoria.
Ah, un'altra cosa. A differenza di quelle dal punto di vista di Keyra, per Zayn ce ne saranno 2 di storie. Anche perché scriverne tre non mi conviene. (:
Spero che sia di vostro gradimento e.. non so, fatemi sapere se sto esagerando o.. boh! Se non volete queste storie o.. ma che ne so! Ditemi quello che volete. Un bacio ai pupi e ciauzzzzzzzzzz! ♥
   
 
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