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Autore: Fujikofran    14/08/2013    2 recensioni
[Yokai Ningem Bem /Bem, il mostro umano)][Yokai Ningem Bem /Bem, il mostro umano)]Bem, Bero e Bera girano per le stradine della periferia di Budapest, in un'atmosfera spettrale. Incontrano una bambina che chiede loro aiuto, dato che una sua bambola ha iniziato a farle paura...Brano da ascoltare durante la lettura: "Decades" dei Joy Division
Genere: Horror, Sovrannaturale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nei pressi di Budapest, Ungheria, metà degli anni Sessanta


Bem, Bero e Bera si muovevano silenziosamente tra le case basse appena fuori la città di Budapest. Ma il loro silenzio, come sempre, metteva paura a tutti coloro che li incontravano. “Chi sono?” sembravano dire i volti impauriti delle persone che incrociavano la loro strada. Quei volti parlavano con la voce del terrore che non li abbandonava mai, dopo aver visto quei tre esseri orripilanti. Quell’uomo che non era un uomo, quella donna che non era donna e quel bambino che non era bambino vagavano continuamente e senza una meta. Potevano averne una, delle figure non umane come quelle? E dove passavano loro, succedeva o era successo qualcosa di terribile, perché loro tre, senza nemmeno rendersene conto, capitavano sempre in luoghi in cui del sangue versato era il filo conduttore di tutto. D’un tratto si fermarono, Bero aveva visto un fontanella, l’unica cosa che, in quel luogo silenzioso, fatto di stradine e di case basse dalle finestre sempre chiuse, aveva un suo rumore personalissimo: quello semplice ma dolce dell’acqua che scorre. Bero corse verso la fontanella e bagnò le sue orribili mani dalle sole tre dita. Bera lo seguì e si bagnò anch’ella; il fresco dell’acqua le dava un sollievo di cui sentiva di non poter fare a meno, rapita dalla freschezza di quell’insieme di gocce tripudianti. Bem osservava i due, si tolse il suo cappello nero e si avvicinò a loro, sorridendo. Anche lui, poi, beneficiò degli effetti della fontanella. All’improvviso si avvicinò loro una bambina, di circa sei anni, dai capelli castani legati in due trecce, gli occhi verdi tondi e un vestitino di lino. Guardò i tre divertita. Lei non aveva avuto paura, anzi, sentiva che poteva fidarsi di quegli esseri spaventosi.

-          Voi siete Bem, Bero e Bera?- domandò e i tre rimasero stupiti.

-          Come fai a conoscerci, bambina?- domandò Bera.

-          Perché ho saputo che siete buoni e che aiutate le persone che hanno paura. E io ho paura di tante cose, tranne che di voi-

-          E dicci: che cosa ti spaventa tanto, piccola?- chiese Bem.

-          Mi chiamo Irina e abito in questa zona da quando sono nata. Sono una bambina coraggiosa, disciplinata e buona, ma ultimamente ho sempre paura-

-          Va bene, hai paura, ma di cosa?- domandò Bero con fare concitato.

“Paura” era il termine che primeggiava sulle labbra di quella giovane vita, lo ripeteva spesso, ma non riusciva ancora a dare spiegazioni esaurienti. I quattro si allontanarono dalla fontana e si diressero verso la casa di Irina, che era poco distante.

-Mi dispiace- disse la bambina –ma non posso farvi entrare in casa, altrimenti la mia mamma si spaventerebbe: lei è malata di cuore, non può sopportare emozioni forti né la paura. Della mia, di paura, non sa nulla, altrimenti potrebbe morire di crepacuore. Entrerò io in casa e poi uscirò di nuovo. Mi dispiace non potervi ospitare-

-Non preoccuparti, Irina- la rassicurò Bera – ti aspettiamo con tutta calma e poi non devi giustificarti con noi-

Pochi minuti dopo la bambina uscì fuori con una bambola in mano e la porse a Bem, che rimase sconcertato, come se provasse la stessa sensazione di Irina: paura. La bambola, con un vestitino simile a quello della sua proprietaria, aveva i codini e uno strano ghigno, nonché le orbite vuote, il che la rendeva ancora più inquietante.

-          Questa bambola è orribile- commentò Bero, dopo averla strappata di mano a Bem – come fai a tenere in casa una cosa simile, Irina? Suppongo sia lei a spaventarti-

-          Sì, è lei- rispose la piccola –da quando me l’hanno regalata fa cose strane e parla, anche se non apre la bocca. Gli occhi li ha persi, perché una volta mi era caduta. Si era quasi rotta-

-          Quindi non è di quelle bambole moderne che grazie a delle batterie parlano o recitano filastrocche- domandò Bera.

-          No, no, è una bambola normale, ma a me parla e mi fa paura: mi ha detto che mi ucciderà-

-          Cosa?- dissero i tre mostri all’unisono.

-          Sì, vuole uccidermi-

-          Ma ora non sta dicendo nulla- affermò Bero, quasi divertito.

-          Non parla sempre: lo fa solo di notte, mentre dormo; lei mi sveglia, nel buio, le si illuminano le orbite e mi ripete che mi ucciderà. La mamma, come vi ho già detto, non sa nulla di tutto questo-

-          Facci entrare a casa, stanotte. Tanto noi possiamo passare attraverso i muri; non siamo umani, se non l’hai capito- le rivelò Bem, usando un tono dolce.

E così la notte Bem, Bero e Bera, resisi invisibili, entrarono nella cameretta di Irina, ma la bambola non dava segni di “vita”. Tornarono lì anche la notte dopo, ma…nulla.

-          Che ci abbia preso in giro?- domandò Bero agli altri due-

-          E a che pro?- rispose Bem –Non credo che abbia inventato tutto, però… perché ci ha parlato di paura? Forse ha paura di qualcos’altro e adduce tutto alla presenza di quella bambola?-

-          E se qualcuno in famiglia le sta facendo del male e lei sta chiedendo aiuto attraverso questa storia della bambola? Magari ce ne sta parlando perché dietro ci sarà qualcosa di più torbido – osservò Bera.

La notte successiva non entrarono in casa di Irina, ma aspettarono fuori, cercando di ascoltare eventuali voci sospette. Silenziosi e senza muoversi, i tre attendevano segnali concreti dalla cameretta della bambina, appostati sotto la sua finestra e il silenzio veniva spezzato solo dagli inni alla notte cantati dai rapaci che volavano sui tetti delle case.

-Andiamocene- mormorò Bero- questa bambina forse guarda troppi film dell’orrore. Ma secondo voi quale cavolo di bambola si metterebbe…-

-Cercavi me, Bero?- lo interruppe una voce inedita –eccomi-

Nel buio Bero non vedeva nessuno, quando ad un tratto notò una luce provenire da dietro la casa di Irina. Si avvicinò a quel punto e rimase di sasso nel notare due luci gialle che tagliavano l’oscurità: erano le orbite illuminate della bambola, che si avvicinava a lui a piccoli passi, a scatti, muovendo nervosamente braccia e gambe. Passetti inquietanti, che immobilizzarono Bero, facendolo sudare freddo.

-          Irina morirà e morirai anche tu! Morirete tutti!- disse la bambola, con una voce sempre più sussurrata, ma concitata, come quella di un killer che non vuole farsi riconoscere al telefono.

-          Perché?- domandò Bero, impaurito- Perché? Che cosa ti abbiamo fatto?-

-          Morirete perché vivete e io non posso farlo più-

-          E che colpa abbiamo? E poi tu sei solo una bambola-

-          Io non sono una bambola, io sono Anna, la sorella di Irina-

-          Co…come? La sorella di Irina?-

-          Sì e grazie a questa bambola posso finalmente rivivere, per farvi morire!-

-          Ti prego, lasciaci in pace-

-          Morirete, morirete di paura, come mi ha fatto morire Irina-

-          Irina?-

-          Sì, lei. Io ero malata di cuore, come la mamma, e Irina, lo scorso anno, mi ha fatto morire di crepacuore per colpa di uno stupido scherzo. E ora lei deve morire, come sono morta io. La paura la deve uccidere, il suo cuore si deve fermare come si è fermato il mio; all’improvviso, come un orologio che smette di far ticchettare le sue lancette-

-          E perché tutti noi dovremmo morire e non solo Irina?-

-          Perché lei vi ha parlato di me…quella maledetta codarda!-

-          Ti prego, Anna, non avere rancore. Irina voleva solo giocare, sono sicuro che non avrebbe voluto farti male-

-          Anna, tu devi parlare con tua sorella- intervenne Bera.

-          Io? Con mia sorella? La devo uccidere, non parlarci-

Bem corse a chiamare Irina, facendola uscire dalla finestra della sua camera.

-          Irina, guarda la bambola- disse Bem- in lei c’è lo spirito di tua sorella Anna, è lei che ti fa parla e ti fa paura-
 
La bambina, terrorizzata, si avvicinò alla sua bambola, che emetteva ancora luce dalle sue orbite vuote.

-A-Anna, sei tu?-

-Sì, Irina, sono qui per farti morire-

-No, ti prego, non farlo, non volevo spaventarti a morte-

-Di paura tu mi hai fatto perire e di paura perirai, cara sorellina-

-E va bene- affermò la bambina, scoppiando a piangere –se lo vorrai, allora rispetterò la tua scelta, però se mi toglierai la vita allora non mi potrai togliere il desiderio di stare con te: mi manchi tanto, sappilo, e forse vuoi farmi morire soltanto perché ti senti sola, di’ la verità. Mi dispiacerà lasciare mamma e papà senza di noi, farli soffrire per la nostra assenza. Promettimi che, se ritorneremo, però saremo spiriti buoni, per restare sempre vicino ai nostri cari-

Dopo le parole di Irina, la bambola non aveva più le orbite illuminate e cadde per terra, ma si vide lo spirito di Anna, che piangeva insieme a sua sorella.

-          Ma quindi…tu sei disposta a sacrificare la tua vita per stare con me per sempre?-

-          Sì, Anna, sì, non voglio che tu sia triste, dopo che sei morta per colpa mia-

-          No, Irina, tu devi vivere…rimani, fallo per i nostri genitori e per le persone che ti vogliono bene. Solo così potrò riposare in pace, ora che siamo finalmente riuscite a chiarirci. Tu mi vuoi bene e ho capito che non devo più vendicarmi-

Così le due sorelle riuscirono a riappacificarsi; d’ora in poi avrebbero continuato a vivere vicine, anche se la loro natura ormai era diversa. Bem, Bero e Bera le salutarono e andarono a dormire al cimitero: quella notte l’avrebbero trascorsa accanto alla tomba di Anna e l’indomani avrebbero lasciato Budapest verso un’altra meta, una delle tante che i tre percorrevano senza trovare mai la pace che cercavano, in un mondo di vivi e di morti, loro che non erano nessuna delle due cose.
 
 
 
 
 
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