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Autore: jarjar    14/08/2013    3 recensioni
[Crossover Glee/Harry Potter post Seconda guerra magica]
Santana, Quinn e Puck sono i Serpeverde più temuti di Hogwarts. Di certo la latina non si sarebbe aspettata di essere attratta da una Tassorosso come una falena dalla luce.
“Il suo sorriso era uno di quei sorrisi rari, capaci di illuminare una stanza buia. Capaci di incantare senza bisogno di bacchette o formule magiche.
Non so per quale strana reazione chimica, quella mattina io, Santana Lopez, mi ritrovai a guardare quella ragazza, incapace di dirle alcunché.”
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Rachel Berry, Santana Lopez | Coppie: Blaine/Kurt, Brittany/Santana, Quinn/Rachel
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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LA TRASFIGURAZIONE DELLA VITA


Incontri e scontri con Tassorosso



L'auto volteggiò ancora un paio di volte, prima di posarsi a terra nel sudicio ed affollato parcheggio babbano antistante alla stazione di King's Cross, rendendosi finalmente visibile a tutti.

Erano passati cinque anni dalla prima volta in cui ero stata accompagnata dai miei genitori al binario, poco prima delle undici in punto.

Non mi ero ancora abituata a fare a meno di Sullin, l'elfa domestica di famiglia. Mio padre aveva sempre ritenuto più saggio non portarla dove i babbani avrebbero potuto vederla.

L'anziano autista scaricò il mio baule. Mia madre aveva già in mano la piccola lettiera contenente Salazar, l'elegante siriano che avevo ricevuto in dono quando era arrivata la mia lettera di ammissione a scuola.

L'idea per il nome era stata di mio padre, sapevamo tutti, anche se non era ufficiale, che sarei stata smistata in Serpeverde.

La mia famiglia d'altra parte era una colonna portante della tradizione magica dei Purosangue.

Gli unici ancora in grado di competere con noi Lopez erano forse i Malfoy, nonostante le discutibili scelte amorose del figlio di Draco, Scorpius. Sentivo spesso mio padre parlare del modo in cui il ragazzo avesse infangato il buon nome del vecchio Lucius accompagnandosi ad una Weasley.

Non che a me fosse mai importato molto del sangue. Erano cose a cui tenevano i miei genitori, io pensavo semplicemente a spazzare via tutte le persone che mi si mettevano contro.

Per quanto non fosse inusuale, considerando il mutevole tempo britannico, settembre quell'anno si era manifestato di gran lunga più freddo di quanto ci si fosse aspettato.

Come tutti gli altri anni, quella mattina avevo deciso che mi sarei cambiata in treno. Così dopo essere scesa a colazione nel regale soggiorno in marmo, avevo optato per dei jeans ed una camicia color perla con colletto scuro, sotto il mio solito giacchetto nero in pelle e la sciarpa verde-oro della mia Casa.

Nessuno studente esibiva la sciarpa della propria casa il giorno della partenza per Hogwarts.

In genere ci si vestiva sul treno ed il clima non era tanto freddo da far pensare di dover uscire dotati di sciarpa di lana ma il mio era un segno di riconoscimento per quel giorno in cui ognuno era vestito a modo proprio.

Alcuni chiamavano me ed i miei amici “Flagello di Hogwarts”, altri semplicemente “Banda di Salazar”.

Mi era sempre piaciuto pensare che in qualche modo fossimo i padroni non riconosciuti della scuola. Se qualcuno era realmente in cima alla piramide sociale della più famosa scuola di magia e stregoneria del mondo, quelli eravamo noi.

La scuola era cambiata dai tempi del grande Harry Potter, ma una cosa restata invariata era l'ambizione e la brama di potere dei Serpeverde.

Mentre entravamo in stazione presi a spingere il carrello su cui mio padre aveva posizionato il baule.

Non ci volle molto per attraversare il muro e ritrovarci davanti al binario nove e tre quarti.

Il fermento dovuto alla partenza era papabile di fronte ai nostri occhi.

Ragazzini spaesati ed impreparati ad affrontare il primo anno si guardavano intorno stupiti, gli anziani dell'ultimo che ormai non degnavano di uno sguardo il treno, precipitandosi dentro, pronti ad accelerare ogni istante che li separava dalla fine di quei sette anni, animali domestici agitati o dormienti, parenti in lacrime oppure, come i miei, impazienti di andare via non appena il treno sarebbe partito.

C'erano molte facce conosciute, notai facendomi largo fra una numerosa famiglia dai capelli rossi che doveva rappresentare la discendenza di Ronald Weasley ed Hermione Granger. Vicino a loro non potevano mancare i nipoti di Potter, a mio parere troppo tonti per il cognome che portavano. Malfoy, Lupin e Diggory erano solo alcuni dei discendenti illustri che avevo riconosciuto passando fra la folla.

I miei genitori si fermarono verso la fine della banchina, accanto ai Fabray, un'altra delle famiglie più in vista dell'aristocrazia magica, nonché casata di appartenenza della mia migliore amica: Lucy Quinn Fabray.

Lo strano inizio del solido rapporto fra me e Quinn era ignoto a tutti, persino in parte a noi.

Le nostre famiglie si erano sempre frequentate, mettendoci spesso in competizione.

Quello che pensavo fosse odio reciproco si trasformò in stima e sincero affetto quando, durante il primo anno, capimmo di essere le uniche all'altezza l'una dell'altra.

Tutto era cominciato con uno stupido scherzo che avevo ideato per umiliarla.

Quinn era da sempre una studente modello, tanto che fino alla cerimonia dello smistamento, i suoi genitori avevano pregato affinché non finisse in Corvonero.

A metà anno, ci era stata chiesta la dimostrazione di un argomento a piacere dal vecchio professor Paciock di Erbologia. Quinn aveva optato per un classico dal programma del primo anno: annientamento di un “Tranello del diavolo”. Avevo dunque pensato di sostituirle all'ultimo momento la bacchetta con uno stupido legnetto proveniente dalla Foresta Proibita.

Quinn era stata troppo furba per farsi fregare e mi aveva colta in fallo, proponendomi come cavia per la sua dimostrazione. Avevo dunque ottenuto una settimana in infermeria a causa di alcune ferite causatemi dalla pianta che non era stata fermata in tempo da Quinn per una “svista”, diceva lei. Avevo anche capito però che quella biondina dalla faccia angelica era probabilmente l'unica ragazza a scuola capace di tenermi testa.

Mi lanciò un'occhiata che probabilmente significava “Dio che noia l'intero mondo” e si sistemò meglio la sciarpa di Serpeverde che, come me, aveva indossato quella mattina.

«Mi raccomando, tieni in alto il nome della famiglia e...»

Alle solite false raccomandazioni dei miei genitori spensi il cervello, intenta a cercare con lo sguardo quello della mia amica.

La nostra situazione familiare era piuttosto simile e Quinn era l'unica persona che potesse capire quanto menefreghisti ed ipocriti potessero essere i miei genitori.

La verità è che anche allora non mi importava granché della grandezza della casata dei Lopez, dell'onore di essere figlia di Maribel e Fernando Lopez.

Per nostra fortuna, il capotreno diede un fischio.

Mia madre si limitò a stringermi in un abbraccio di circostanza prima di passarmi la lettiera del gatto. Mio padre invece mi lanciò una delle sue occhiate austere.

Raccolsi il baule e mi avviai verso il penultimo vagone del treno.

Come doveva essere e come poi era ogni anno, il nostro scompartimento era vuoto se non si considerava un baule molto più piccolo del normale sullo scaffale di destra.

Puck doveva aver già preso possesso del posto perché nessun altro, a parte noi tre, aveva il permesso di sedersi in quello scompartimento. Quelli che ci avevano provato ne avevano avute le conseguenze.

Eravamo un trio e per quanto ci fossero gli altri compagni di Casa, nessuno era del tutto alla nostra altezza, così pensavo.

Se da una parte la mia amica Quinn era una mente eccezionale, oltre che Prefetto di Serpeverde dall'anno precedente insieme a Sebastian Smythe, Noah Puckerman, detto Puck, era il braccio del gruppo.

Era stato uno dei miei primi ragazzi e l'unico ad avermi mai dimostrato sincero affetto anche dopo averlo mollato.

Noah non proveniva da una famiglia interamente di purosangue, o meglio, il padre aveva nobili discendenze ma era caduto in rovina dopo aver sposato la madre di Puck, che aveva lasciato per una scappatella occasionale quando il mio amico era ancora piccolo.

Non era una delle conoscenze che i miei genitori avrebbero approvato ma mi interessava davvero poco di ciò che volevano e pretendevano da me.

Erano quei due la mia famiglia, almeno quella che avrei volentieri riconosciuto come tale.

Io e Quinn sistemammo anche le nostre valigie e prendemmo posto l'una di fronte all'altra, dalla parte del finestrino. Il mio gatto appoggiato vicino alla bionda.

«Pronte per il sesto anno, signore?» chiese un esaltato Puck, entrando nel vagone con il maglioncino piegato a contenere qualcosa.

Depositò il bottino sul posto rimasto libero vicino a me. Saranno state decine di caramelle evidentemente provenienti dal carrello dei dolci: Cioccorane, gelatine tuttigusti +1, Bolle Bollenti e chissà cos'altro.

«Hai derubato la povera vecchia dei dolci?» commentai acidamente, continuando a guardare fuori.

Eravamo finalmente in movimento ed i paesaggi della periferia di Londra si susseguivano davanti ai nostri occhi.

«Solo per voi, mie care» rispose con sguardo languido, prendendo posto vicino a me e cominciando a scartare dei dolcetti.

«Mio dio, pensavo che fare a botte con una vecchietta fosse troppo anche per noi!» esclamò Quinn, prendendo parte alla conversazione.

«Tranquille, è bastato un Confundus e un occhiolino alla Puckzilla!»

«E io che volevo iniziare bene l'anno» ribatté la bionda.

«Il prefetto ha parlato, signori. Non mi stupirei se l'anno prossimo ci boicottassi per unirti ai tuoi colleghi nel primo vagone, Fabray» la presi un po' in giro.

Quando Quinn era stata nominata prefetto, l'anno precedente, non eravamo rimasti stupiti. D'altra parte la nostra amica era sempre stata un prefetto particolare, per non parlare di Sebastian.

«Molto divertente Snix! Come se ci tenessi a dividere lo scompartimento con Frankenstein Hudson, con Bocca di Fogna Berry e Labbra di Canotto Evans!»

«Ma come? E io che pensavo avessi trascorso con loro la tua estate!» rincarò la dose Puck.

«Certo, come no!» esclamò Quinn.

Ad un tratto Noah si avvicinò a Salazar, cercando di passargli non so quale schifezza dalle sbarre della gabbietta.

«Non starai mica cercando di intossicarmi il gatto, eh Puckerman? Ti devo ricordare la fine che hai fatto fare al gufo di Lucy?» ricordai, per poi strappare di mano a Puck una gelatina probabilmente al vomito e gettarla in terra.

«Per favore, possiamo passare sopra alla brutalità subita dalla mia povera Beth?! Dovresti vergognarti, assassino!» Quinn diede un pugno alla spalla muscolosa di Noah.

Beh, effettivamente lo aveva trasfigurato in un mucchietto di cenere in sala comune... mentre cercava di farlo diventare un libro. Non c'era stata alcuna speranza di salvarlo neanche per la professoressa July, dopo che il nostro amico aveva avuto la geniale idea di disperdere la cenere. Quinn glielo rinfacciava da anni.

Improvvisamente i bisticci tra loro cominciarono ad annoiarmi. Il viaggio sarebbe durato ancora un'oretta.

Decisi di uscire per vedere di terrorizzare qualcuno nei paraggi. Certo, le mie vittime preferite erano nel primo vagone dei prefetti che era un po' lontanuccio ma sapevo che avrei trovato qualcuno senza troppe difficoltà.

Uscii dallo scompartimento sotto lo sguardo perplesso dei miei amici che tornarono a rimbeccarsi poco dopo. Erano abituati ai miei comportamenti distaccati.

Il corridoio era deserto, non avevo idea di chi potesse essersi sistemato nel vagone anteriore.

Fuori dal finestrino un affascinante susseguirsi di colline verdi e boschi rigogliosi. Non lo avrei mai ammesso, ma ero affascinata da tutta quella natura selvaggia.

Sentii una voce che si stava evidentemente dirigendo nella mia direzione, cosa molto strana visto che nessuno osava invadere il penultimo vagone, a meno che non cercasse rogne.

La porta del vagone posteriore venne spalancata, rivelando un ragazzotto non troppo alto, capelli fra il rossiccio ed il marrone, vestito completamente di verde. Non ci misi molto a riconoscerlo: l'irlandese Tassorosso del quarto anno, la situazione avrebbe potuto rivelarsi decisamente divertente.

Nell'istante in cui i suoi occhi chiari vennero a contatto con i miei color pece lo vidi sbiancare. Involontariamente un sorrisetto sorse sulle mie labbra.

«Zucchina, dove credi di andare?» mi girai in mezzo allo stretto corridoio, sbarrandogli la strada.

«I-Io dovreiraggiungereimieiamici» balbettò, puntando a terra lo sguardo.

«Puoi ripetere più lentamente o vuoi che riavvolga personalmente il nastro?»

«Devo raggiungere i miei amici nel terzultimo vagone».

«Oooh, ma certo. Quindi non ti è passato per la mente il fatto che per andare dai tuoi amici avresti dovuto inquinare il MIO territorio?» sorrisi, era già scarlatto dalla paura.

«S-si, io...»

«Va bene, Zucchina. Andiamo dai tuoi amichetti, vuoi?» mi spostai, facendogli cenno di oltrepassarmi.

Tassorosso... così semplici da dominare.

Non ne conoscevo praticamente nessuno. Nei cinque anni precedenti non avevamo mai avuto classi in comune con loro ma quel soggetto irlandese era stato troppo difficile da ignorare persino in mensa ed in sala comune.

Rory Flanagan, così mi pare si chiamasse, superò la porta a vetri con me al seguito.

Il brusio del vagone precedente al mio era perfettamente udibile da corridoio.

Mi condusse davanti ad uno degli scompartimenti centrali. All'interno riconobbi l'asiatico di Corvonero, Mercedes Jones di Grinfondoro e una ragazza bionda, occhi azzurri come fossero dipinti. Doveva essere una Tassorosso, ricordavo di averla incontrata durante una partita di Quiddich, l'anno precedente. Non avevo avuto particolari scontri con lei né in campo né fuori ma devo ammettere che sembrava intrigarmi più di quanto non avessero fatto tutti i compagni di scuola che consideravo lontani anni luce da me.

«Bene, bene. Vi ho riportato il piccolo folletto dei boschi ma forse avrei fatto meglio a portarlo direttamente alla Gringott.» dissi dando uno spintone a Rory, che cadde sul sedile vicino alla biondina.

«Lopez, non vogliamo problemi.» mise in chiaro l'asiatico.

«Oh beh, figurati io. State attenti a dove passa il vostro amichetto o la prossima volta potrei non essere così gentile.»

Tirai fuori dai jeans la mia bacchetta: quercia, cuore di piuma di fenice, lunga 25 centimetri. Con un leggero colpo feci levitare verso di me le figurine delle Cioccorane che stavano evidentemente scambiando tutti insieme.

«Queste le tengo come ricompensa per avervi riportato Alice dal Paese delle Meraviglie.»

Presi le carte e mi avvivai verso il mio scompartimento.

Era meglio che mi cambiassi, stavamo per arrivare.

«Santana! Santana Lopez!» qualcuno si avvicinava.

Mi girai, trovandomi di fronte due occhi color topazio.

Solo in quel momento notai il suo strambo abbigliamento: jeans sbiaditi, maglione arancio evidenziatore, sopra quello che sembrava un piccolo Troll cucito.

«Scusa, io... Il fatto è che fra quelle carte c'è Harry Potter ed è l'unico che mi manca per completare la mia collezione. In realtà sarebbe di Mike ma non me l'avrebbe mai dato di sua spontanea volontà» disse d'un fiato, sorridendo.

Il suo sorriso era uno di quei sorrisi che sembravano dire “ehi, credo in te perché sei la persona più fantastica sulla terra”.

Uno di quei sorrisi rari, capaci di illuminare una stanza buia. Capaci di incantare senza bisogno di bacchette o formule magiche.

E il suo modo di parlare: aveva pronunciato quelle parole con tono quasi bambinesco, allo stesso tempo sembrava che fosse scontato per lei uscire a chiedere ad una minacciosa sconosciuta la figurina mancante alla sua collezione.

Non so per quale strana reazione chimica, quella mattina io, Santana Lopez, mi ritrovai a guardare quella ragazza, incapace di dirle alcunché.

«Oh, scusa, io sono Brittany Pierce. Non abbiamo mai parlato quindi forse non mi conosci ma io conosco te. Cioè, ho sentito parlare di te ma non credo a tutto quello che dicono» continuò lei, guardandomi curiosamente.

Mi sentivo senza barriere e forse anche per questo le tirai la carta che mi aveva chiesto, biascicando un “tieni” per poi girarmi e tornare da Puck e Quinn.

Mi sembrò di udirla ringraziare con quel suo tono gioioso e coinvolgente prima di sparire come era apparsa all'interno dell'altro vagone.

Indossai la divisa scolastica in fretta e scesi dal treno insieme agli altri Serpeverde.

Le stupide figurine erano state bruciate da Noah nel tentativo di ingrandirle, non era poi un mago così dotato.

Mentre salivamo sulla carrozza che ci avrebbe condotti al castello con Karofsky e gli altri, non feci a meno di dare un'occhiata in giro per incontrare nuovamente quegli occhi azzurri ma senza effettivi risultati.

La cerimonia dello Smistamento si svolse senza troppe sorprese.

Prima che me ne accorgessi eravamo seduti a mensa per il banchetto di inizio anno.

Dalla pedana in fondo alla sala il preside Figgins era impegnato nel suo solito inutile comizio. Dietro di lui i professori ci scrutavano, parlottando fra loro. Riconobbi Shuester di Pozioni, della casa di Grifondoro; la Sylvester di Difesa contro le Arti Oscure che era da sempre assegnata alla mia Casa; Emma Pillsbury di divinazione, Tassorosso; il famoso Paciock di Erbologia; Cassandra July, insegnante di Trasfigurazione e di Corvonero e infine Holly Holiday di Incantesimi, nonché mia piccola avventura durante l'anno precedente.

Avevo sicuramente più successo io con le ragazze che molti di quegli allocchi dei miei compagni.

Da quando avevo accettato il fatto di preferire le ragazze ai ragazzi, avevo cercato di darmi da fare, ne erano testimoni molte delle mie compagne di Casa.

A scuola se ne erano fatti tutti una ragione, troppo impauriti per commentare ma a casa era tutta un'altra storia.

I miei genitori credevano ancora che fossi in attesa del principe azzurro e li avrei lasciati crogiolare nel loro brodo se poteva evitarmi rogne.

Il preside diede inizio al banchetto ed il solito chiacchiericcio invase la sala.

Vicino a me, Sebastian aveva scatenato un'accesa discussione con Puck su quale fosse la squadra favorita a vincere il trofeo di Quiddich.

Quinn invece chiacchierava con Kitty Wilde, una lecchina del terzo anno che la idolatrava. Se Quinn mi avesse retto il gioco ci sarei andata volentieri al letto, effettivamente l'anno precedente non avevo infranto molti cuori pur di stare appresso ad una professoressa.

Mangiai la mia cena velocemente. Lanciavo occhiate dall'altra parte della sala dove era allestita la tavolata dei Tassorosso, in mente uno sguardo che sembrava non volersene andare.

Finalmente posai il mio baule sotto quello che era il mio letto da quasi sei anni.

Il dormitorio delle ragazze era tranquillo, spesso le nostre compagne di camera andavano a passare la notte nelle altre stanze, troppo impaurite da noi due o troppo vogliose di stare in compagnia.

Lasciai libero il mio gatto che riprese subito l'abitudine di vagare per il dormitorio.

Quinn si infilò sotto le coperte, io rimasi seduta a gambe incrociate sul letto.

«Non hai aperto bocca per tutta la sera, Snix. Qualche problema?» chiese la mia amica, osservandomi con i suoi penetranti occhi verdi.

«Tutto sotto controllo, Lucy. Puoi dormire se vuoi» risposi schiva.

«Da quando sei tornata dopo la tua passeggiatina sul treno sei davvero strana, spero proprio tu non sia in menopausa, quello si che sarebbe un problema!»

«Come sei divertente, Fabray!»

Fuori dalla finestra il castello si ergeva nella sua immensità.

Hogwarts era un'altra delle mie debolezze: quante volte ero rimasta incantata dall'altezza delle torri, dagli sguardi dei gargoyle, o dalla levigazione delle guglie.

«Conosci qualche Tasso?» chiesi e mi girai a guardare la mia compagna di stanza.

«Come se passassi il mio tempo con quelli! Conosco i prefetti se ti può interessare, ma non credo che tu voglia rimorchiare due stupidi Tassorosso, maschi per di più».

La sentii girarsi nel letto prima di dirle: «Non voglio tornare a giocare per la tua squadra, stavo solo chiedendo se conoscevi qualcuno».

«E io ti ho risposto. Conosco Finn Hudson e Sam Evans ma di due non fanno un cervello intero. Fidati, ci sono stata» borbottò.

«Che troietta, miss Fabray!» le tirai un cuscino.

«Sai per caso chi è il loro portiere?» provai ancora.

«Dormi San. Hai tempo per programmare la strategia per il torneo». La sua voce si affievoliva.

Mi stesi, continuando a pensare a quel sorriso. A quei capelli color grano. A quello strano abbigliamento che mi aveva messo allegria. Al suo modo spigliato di parlare.

Come cullata, mi addormentai.



Sto rileggendo tutti gli Harry Potter e da lì è nata questa piccola follia. Tra le altre cose è la mia prima storia in prima persona da parte di Santana. Ho pensato a lungo se utilizzare Santana o Brittany come narratore ma alla fine credo di conoscere meglio San come personaggio, non escludo inoltre qualche sporadico capitolo visto dalla bionda.
Ringrazio molto AnnaTuli per aver betato questo capitolo e per avermi fornito spunto per i prossimi capitoli. Non credo purtroppo di riuscire ad aggiornare l'altra mia long prima della fine di agosto ma se vi capita fate un salto.
Fatemi sapere se gradireste un seguito. 

  
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