Titolo: Apologize
Serie: FullMetal Alchemist
Personaggi: Famiglia Elric
Rating: Verde
Note: One-shot
Apologize
Era
quasi notte e faceva freddo. Il terriccio già umido di suo lo era
diventato ancora di più ed era fastidioso, perché ad ogni minimo
movimento quello si sgretolava in piccole parti e gli finiva addosso,
infilandosi dietro il colletto e giù per la schiena. In quei momenti
rabbrividiva per il fastidio e cercava di mettersi un po’ più al
centro della buca, evitando così anche gli insetti. Poi si stringeva le
ginocchia al petto e fissava speranzoso il cielo, forse perché credeva
che se avesse sperato abbastanza a lungo e con
abbastanza forza qualcuno sarebbe apparso come per magia.
Magari
il papà, tornando da una qualche commissione della mamma, lo sarebbe
andato a salvare. Forse lo avrebbe trovato la mamma stessa. Forse Winry con zia
Pinako.
Chiunque
tranne Alphonse, sperò.
Non
voleva che fosse proprio il fratello a trovarlo, visto che era stata colpa sua
se ora si trovava in quella situazione. Be’, non ce lo
aveva mica spinto lui, però era colpa sua. Se Al non lo avesse fatto
arrabbiare lui non sarebbe uscito di casa correndo e non si sarebbe infilato
nel boschetto affianco alla collina, finendo in una buca profonda il doppio di
lui.
Non
ricordava perché avessero litigato. Non sapeva di preciso quanto tempo fosse passato, ma il cielo da azzurro pallido era diventato
arancione scuro, quindi probabilmente un bel po’. Il freddo, la paura e
un piccolo accenno di fame gli avevano fatto dimenticare il punto della
questione, ma il rancore c’era ancora.
«Onii-saaan!»
Il
piccolo Edward sobbalzò, alzando la testa di scatto. Aprì persino
la bocca per rispondere, perché probabilmente Alphonse stava battendo il
margine del boschetto sotto ordine della mamma (o forse solo per rimorso, ma Edward preferiva pensarla all’altro modo),
ma la richiuse prima di tradirsi, limitandosi a fissare sopra la propria testa
con aria tormentata.
«Onii-saaan!»
La
voce di Al era forte e un po’ acuta, tipica di
un bambino piccolo, ma limpida e decisa. Forse lui aveva dimenticato il
bisticcio ed era veramente preoccupato.
Nonostante
tutto, Edward rimase in silenzio, artigliando i pantaloni con le unghie per
resistere all’impulso di rispondere, finchè la voce del fratello
che lo chiamava ad intervalli regolari non cominciarono ad allontanarsi.
L’arancione
era diventato ancora più scuro.
«Al!»
Quando
la voce si affievolì ancora di più il panico divenne
l’unica cosa, facendolo balzare in piedi, provocando una piccola valanga
di terriccio, che Ed ignorò con decisione.
«Al!
Alphonse»
Il
bambino rimase in ascolto, ma solo un lieve frusciare di foglie secche rispose
al suo sguardo supplichevole. Allora si lasciò cadere a peso morto,
realizzando per la prima volta che forse
non era stata una buona idea fare l’offeso a quel modo, visto che
comunque non aveva portato da nessuna parte.
L’accenno
di fame si ampliò mostruosamente, facendogli brontolare lo stomaco in un
modo che avrebbe trovato imbarazzante in un altro momento, ma che in quello gli
sembrò solo preoccupante. Si accorse anche che il freddo era diventato
più pungente, e che con la sua maglietta a maniche corte e i
pantaloncini presto lo avrebbe sentito ancora di più. Il terriccio
cedevole era diventato insignificante, così come gli insetti e i
sassolini appuntiti.
«Onii-saaan!!»
Fu
un attimo. Edward non fece in tempo a rispondere alla voce del fratellino
– che era troppo vicina, molto più di prima – che uno
strillo acuto e sorpreso rischiò di rompergli i timpani, e Alphonse gli
cadde praticamente sullo stomaco, mozzandogli il fiato.
«Waaaaah!»
«Waah!»
Si
lasciò sfuggire a sua volta un urlo di sorpresa, ma poi, realizzando che non era solo, che qualcuno lo aveva trovato,
si lasciò sfuggire un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
«Al!»
L’altro
si stava tenendo la testa con le mani, e un accenno di dolore gli attraversava
il volto. Allora Ed realizzò.
«Al!!!»
Questa
volta lo disse con maggiore forza e soprattutto con rabbia mista a paura mista
a sconforto. Alphonse lo aveva trovato, ma la situazione non era migliorata
neanche un po’.
«Nii-san!»
Improvvisamente
le mani del piccolo Alphonse lasciarono perdere la testa di quest’ultimo
e circondarono la schiena di Ed, stringendo con forza. Edward trasalì al
contato di quelle mani fredde almeno quanto le sue. Da quando tempo lo stava
cercando?
«Al…»
ripetè ancora, questa volta con una nota di rassegnazione e rammarico.
Cercò di liberarsi gentilmente dalla stretta del fratello, e ci
riuscì, ma quello lo guardò con sguardo così implorante e
pentito – di cosa, poi, Ed proprio non riusciva
a ricordare – che gli si strinse il cuore.
Per
un po’ non dissero nulla, lasciandosi circondare da quel silenzio quasi
irreale che solo i posti bui e spaventosi sapevano creare.
L’arancione
del cielo era tornato ad essere azzurro e blu scuro. Le prime stelle
cominciavano a brillare di pallida luce sopra le loro teste.
Ad
un certo punto il più piccolo si mosse, forse per sistemarsi meglio, e
nuovamente piccole paline di terra e sassi franarono silenziosamente, facendolo
sobbalzare.
Ma
poi il silenzio continuò.
Non
avevano molto da dirsi.
“Scusa”?
“Mi spiace”?
“Non
dovevi venire, dovevi dirlo alla mamma”?
Ma
Edward era troppo piccolo per ragionamenti così eroici, e non era tanto
bravo nemmeno a parole. Quindi si limitò ad allungare un braccio per
circondare le spalle del fratello, che sembrava sul punto di piangere.
Alphonse
alzò gli occhi lucidi, che fino a quel momento aveva tenuto fissi per
terra.
«Scusa»
«…scusa
anche tu»
Quello
di Ed fu più un borbottio che una vera e
propria parola, ma l’altro annuì come se avesse detto
chissà cosa.
Meglio
così. Avevano fatto pace.
Ancora
una volta, tornò il silenzio.
Tap, tap, tap.
Edward
si alzò di scatto, provocando l’ormai provvidenziale frana di
sassolini e – per quello Alphonse urlò un po’ più del dovuto – insetti e lombrichi.
«Ehi!»
gli era sembrato di sentire dei passi.«C’è nessuno?»
Il
lieve rumore di foglie calpestate riprese.
«Mamma?»
Anche
Al si alzò in piedi, questa volta senza fiatare.
Un
attimo dopo, qualcuno si protese per sbirciare dentro
la buca. E i due quasi urlarono di gioia.
«Papà!»
«Papà,
papà!»
Hohemheim Elric fissò sorpreso i due bambini, mentre
teneva tra le mani un sacchetto di carta, dal qualche sbucava un ciuffo di una
qualche verdura. Ed, nonostante volesse piangere per lo spavento preso e tutto
il resto, sorrise. La mamma lo aveva davvero mandato a fare la spesa.
«Bambini! Ma cosa…?» all’uomo
bastò allungare un braccio per sfiorare le dita dei figli, e si
inginocchiò ancora di più per poterli tirare fuori. Prima Al, poi Ed.
Eppure a loro era sembrata così grande…
Alphonse si gettò subito in braccio al padre,
scoppiando a piangere rumorosamente, mentre Ed si
fissava le punte dei piedi come se si aspettasse di trovarvi qualcosa che prima
non avrebbe mai potuto vedere.
Dopotutto era colpa sua, che era scappato a quel modo da
casa.
Ma Hohemheim si limitò ad appoggiare il figlio per
terra, carezzandogli i capelli per rassicurarlo, sorridendo gentilmente.
I due non si accorsero che era un po’ forzato, ed
andò tutto bene.
Il cielo era ancora di un blu chiaro
mentre tornavano a casa, attraversando la collina e passando davanti
all’albero con l’altalena rotta. Trisha li sgridò tutti e tre, sorpresa e un po’ spaventata, ma poi gli si
gettò al collo dei bambini, sospirando.
Gli fece un bagno e servì la cena.
Ed e Al si tennero per mano per tutto il tempo.
Hohemheim qualche tempo dopo chiuse la
buca e aggiustò l’altalena.
Qualche tempo dopo, partì.
Trisha si ammalò e morì pochi anni dopo.
Ed e Al, rimasero insieme tutto il
tempo.
Il
resto è storia.
The End