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Autore: Nereisi    14/08/2013    3 recensioni
" Non lasciarmi... "
Ulquiorra è indiscutibilmente attratto da Orihime.
Orihime è indiscutibilmente attratta da Ulquiorra.
Può una domanda, posta con leggerezza e speranza, movimentare finalmente il loro rapporto?
Ma soprattutto, Ulquiorra sarà disposto ad andare contro il volere di Aizen per soddisfare le richieste dell'umana e della sua curiosità?
Sempre se di curiosità si tratta.
Genere: Romantico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inoue Orihime, Schiffer Ulquiorra
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Terzo
 
 
 
Quel giorno, a Las Noches stava succedendo qualcosa. Orihime lo sentiva dall’eccitazione che pervadeva l’aria, dalla tensione che aveva fatto smettere di frinire i grilli del deserto della morte.
Stava succedendo qualcosa, ci scommetteva la testa.
La fortezza, di solito così silenziosa, non aveva perso la sua quiete, ma era una quiete agitata, pronta a svanire in qualsiasi momento.
Lo scalpiccio che proveniva dall’altro lato della porta era un chiaro indizio del fatto che gli Arrancar si stavano muovendo.
 
Cosa stava per accadere?
 
Orihime si torturava le mani, frustrata, perché di nuovo non poteva fare niente.
Le sarebbe bastato sapere cosa stava succedendo, si sarebbe calmata un po’ anche solo sapendolo. Non avrebbe potuto comunque lasciare la stanza, ma sarebbe stato già qualcosa.
Continuò a percorrere il perimetro della sua stanza, innervosendosi sempre di più col passare del tempo. Con la curiosità che continuava a crescere, si mise perfino accucciata sulla porta, cercando di captare i bisbigli contenuti che di sussurrava chi passava per il corridoio.
Las Noche sembrava essersi trasformata in un alveare, pronto a unirsi contro il nemico in difesa del miele.
Orihime quasi si strozzò con le risate quando provò a immaginare il suo carceriere travestito da ape, tornando serie l’esatto momento dopo, rendendosi conto che la sua testa non sarebbe più stata al sicuro sul suo collo se il sopraccitato carceriere fosse venuto a sapere quella fantasia.
 
Non riuscendo a sentire niente di quello che stava succedendo oltre la porta tranne dei passi che stavano scemando di intensità, la ragazza riprese a camminare lungo il circuito che aveva precedentemente adoperato.
La tensione e la frustrazione furono aumentati dal ticchettio dei suoi stessi tacchi.
Di tanto in tanto si fermava, convinta di aver udito un soffio di conversazione; per poi riprendere a camminare, con rassegnazione e ulteriore tensione che le si accumulavano nel corpo.
non ci sarebbe stato da stupirsi, quindi, se avesse assalito il primo malcapitato che fosse entrato da quella porta per sommergerlo di domande. E così fu.
Ma di certo Ulquiorra non si aspettava di venire accolto con un “ Allora?! Che c’è?! ” entrando nella camera dell’umana.
Non se lo aspettava, giudicando dal passo indietro e dall’espressione confusa e sorpresa sul volto.
 
Inoue Orihime, 15 anni, umana, aveva fatto fare un passo indietro ad un Espada. Il Cuarto, a essere precisi. E confondendolo, per di più.
 
La ragazza quasi non credeva ai propri occhi, molto più sorpresa di lui. Finalmente aveva visto un’emozione su quel volto!
 
Ulquiorra si riprese in meno di due secondi (che bastarono alla ragazza per imprimersi a fuoco quell’immagine) e ritornò al suo solito viso inespressivo.
 
<< Vieni. >>  proferì << Il tuo posto non è più in questa stanza. >>
<< Perché? Cosa sta succedendo? Come mai c’è tanta agitazione? Io- >>
 
Una deflagrazione interruppe le sue parole l’aria si riempì di sibili.
Orihime traballò sul posto a causa delle scosse, e stava quasi per cadere; se non fosse stato che l’Espada la sorresse per lo stomaco, un’espressione di fredda irritazione in volto.
 
<< Tsk. Sono già arrivati. >>
<< Arrivati? >>
 
E poi, successe.
La luce lunare che veniva dalla finestra che illuminava il volto del suo interlocutore facendolo sembrare ancora più pallido di quanto già non era si oscurò di colpo, disegnando un’ombra sul suo viso. Si girò di scatto. Ed era lì. Proprio lì, in mezzo alle sbarre della finestra, stagliato contro la luna contrastando i suoi raggi, incarnandosi in essi, i lembi del suo bankai che svolazzavano intorno alla sua figura, facendolo apparire come un angelo delle tenebre.
Kurosaki Ichigo.
 
E la ragazza restò così, a guardare aggiungersi altre figure scure di fianco  a lui. I suoi amici erano venuti, erano venuti per lei, a salvarla.
Eppure, la cosa che atterrì di più non fu il pensiero dei pericoli ai quali si erano e si sarebbero dovuti esporre per arrivare a lei, ma il pensiero che per un momento aveva pensato che lei, proprio lei che era prigioniera, stava bene dove stava.
 
                                                                     ***
 
 
In colpa. Si sentiva tremendamente in colpa per il pensiero che aveva appena partorito.
Era solo una persona meschina per averlo pensato. Pazza, senza ombra di dubbio, ma meschina.
Era talmente immersa nei suoi pensieri che non si accorse nemmeno del luccichio metallico alle sue spalle.
 
Ulquiorra sfoderò silenziosamente la spada, e in un battito di ciglia il filo della lama apparve pericolosamente vicino al collo di Orihime. La ragazza poté vedere il riflesso dei suoi occhi nel piatto della spada, che in una frazione di secondo si posizionò di taglio.
 
<< Seguimi. >>
<< Cosa sta- >> la lama le premette leggermente sulla guancia
<< Non ti è concesso fare domande. Il tuo compito, ciò che ti trattiene qui, sta per compiersi. Seguimi. >>
<< Ma- >> e stavolta non si interruppe per un avvertimento da parte dell’Espada. Lesse per la prima volta un’emozione non nascosta nei suoi occhi, ed era così intensa da pietrificarla sul posto.
Dolore.
Ulquiorra stava soffrendo.
Un’emozione così intensa che faceva quasi male guardarla.
Lesse la sua preghiera silenziosa e l’accettò.
 
Stirò le labbra in un triste sorriso. << Va bene, indicami la via, Ulquiorra. >>
E, come la sera precedente, gli occhi del Cuarto si spalancarono per l’inaspettato saluto.
Si ricompose in fretta. Rinfoderò l’arma e si girò di spalle, dirigendosi verso la porta con passo lento  cadenzato, quasi solenne. Lei lo seguì.
 
 
 
Fu condotta in una stanza particolare, scura, il pavimento illuminato a tratti da piccole lucine.
Ulqiorra si fermò e si fece da parte, rivelando il contenuto della stanza. Al cento di quest’ultima, un piedistallo alto poco più di un metro proiettava un raggio di luce conica verso il soffitto.
Un piccolo cubo luminescente galleggiava in mezzo a quella luce.
 
<< Cosa devo fare? >> domandò lei, non avendone idea; ma non ricevette risposta.
<< Ulquiorra cosa devo- >> un colpo secco alla nuca le bloccò le parole in cola, facendole perdere i sensi.
L’Espada, ancora con la mano piazzata di taglio dietro al suo collo, la sorresse con l’altro braccio, controllando tutte le funzioni vitali per assicurarsi di non aver esagerato con la forza.
Era solo un’umana, dopotutto.
 
Dal pavimento, dietro al piedistallo, emerse un letto di pietra. Ce la distese sopra, sistemandole un’ultima volta i capelli, soffermandosi leggermente sulle sue labbra con un dito, carezzandole leggermente la guancia. Lei, ancora incosciente, si agitò. Probabilmente stava cercando di svegliarsi; e anche se non sorrideva sembrava avere un sonno sereno.
Ulquiorra saggiò la morbidezza delle sue labbra con la punta di un dito.
L’espressione di dolore tornò sul suo volto.
 
<< Mi dispiace… Orihime. >>
E la sua mano ritornò dov’era solita stare: sul suo fianco. Lontano dal tepore di quel corpo.
 
Lei si irrigidì, il sorriso scomparve dal suo volto e le lunghe ciglia non seppero trattenere una lacrima, che rotolò giù lungo il suo collo.
Sembrava quasi cercare di nuovo il freddo contatto del suo dito.
L’Espada fu tentato, ma qualcuno bussò alla porta e lui tornò alla sua compostezza.
Raggiunse la porta e l’aprì, facendo entrare due Arrancar inferiori, che precedevano… Aizen.
Quest’ultimo gli rivolse uno sei suoi sguardi affilati, per poi sorridergli.
 
<< Ottimo lavoro. Puoi andare. Sai cosa fare, adesso. >>
 
E, senza aggiungere altro, infilò la porta.
Il Cuarto restò solo nel corridoio, a guardare la porta che si chiudeva.
 
<< Mi… sarebbe piaciuto avere… più tempo… >> il suo sussurro lo udì soltanto lui, perché oramai i battenti si erano chiusi, separandolo dall’unica umana che aveva ritenuto interessante in tutta la sua vita.
 
 
Deciso, diede le spalle alla stanza e s’incamminò con passo solenne, incontro al suo prossimo compito.
Non si voltò indietro.
 
 
                                                                       ***
 
La Fullbringer riprese conoscenza con delle esplosioni come sottofondo.
Si tirò a sedere, confusa. Provava una strana sensazione, si sentiva svuotata.
Si guardò intorno, cercando di capire dove fosse. Si trovava nella stanza dove Ulquiorra l’aveva condotta poco prima, per poi farla svenire; ma c’era qualche differenza.
Non c’era nessun pilastro al centro della stanza, e il fascio di luce, insieme a quello strano cubo luminescente, erano scomparsi con lui. Le pareti erano annerite e per tutti e quattro i muri della stanza correva una crepa larga almeno venti centimetri, distante da terra due metri.
Quando scese dal letto di pietra, vide con orrore che per terra giacevano i resti di due arrancar, orribilmente decapitati proprio all’altezza della crepa.
Terrorizzata, richiamò il suo scudo e cercò di curarli; ma qualsiasi  cosa li avesse feriti era molto più potente di lei: il reiatsu rimasto sulle ferite non le permetteva di curare i malcapitati.
D’un tratto le fu chiaro chi era il possessore di quel reiatsu. Aizen.
 
 
Altre esplosioni disturbarono il flusso dei suoi pensieri: erano vicine. Molto, troppo.
Finalmente capì che quelle esplosioni erano probabilmente causate dai combattimenti dei suoi amici, venuti in suo soccorso.
Decise che se continuava a stare dove stava non si sarebbe di certo resa utile.
 
Con un’espressione risoluta, corse verso la porta e la spalancò. Un’abbagliante luce verde le ferì gli occhi, seguita immediatamente da un’ombra prepotente; infine, l’onda d’urto di qualcosa la scaraventò per terra.
Prontamente si rialzò; e davanti ai suoi occhi apparvero le due persone che meno avrebbe voluto vedere scontrarsi.
 
<< Kurosaki-kun! >> chiamò, cercando di fargli notare la sua presenza. Lui si girò di scatto, i capelli arancioni che svolazzavano al vento
<< Inoue… >> rispose, incredulo.
 
Un sorriso carico di sollievo si fece strada sul viso di lei, mentre qualche lacrima di commozione le sfuggiva dagli angoli degli occhi.
Rendendosi conto troppo tardi di aver commesso un errore, il sostituto shinigami non fu abbastanza veloce per parare l’attacco a sorpresa dell’altro combattente; Orihime invece se n’era accorta, e riuscì a frapporre il suo scudo.
Ulqiorra le lanciò un’occhiata tagliente, irritata e accusatoria, alla quale la ragazza non seppe rispondere se non con uno sguardo triste e colpevole.
 
<< Inoue non metterti in mezzo! >> le gridò Ichigo, preoccupato di coinvolgerla.
<< Esatto, non ti intromettere,donna. >> gli fece eco il suo rivale, calcando sull’appellativo col quale era solito chiamarla, ma che in quel momento sembrava così fuori luogo.
 
E poi fu scontro aperto.
 
                       
                                                                        ***
 
 
I ricordi e le sensazioni di quella battaglia le si mescolavano nel cervello in un ingorgo senza fine, lasciando la sua coscienza a naufragare su lidi lontani. Il suo corpo agiva e reagiva in base all’istinto e all’input del momento.
 
Flash e spezzoni del combattimento le si affacciavano alla mente ogni tanto.
 
Il nero di Kurosaki-kun e del suo bankai, la devastazione incontrollata del Getsuga Tenshou.
Il bianco abbacinante di Ulquiorra e il suo pallore, il preciso raggio verde del suo Cero.
Spade che si scontrano, una maschera, l’urlo dell’Hollow, schianti, esplosioni, delle ali che all’improvviso si spiegano, una figura che sembra incarnare la luna stessa, talmente affascinante da avere paura di starle vicino.
Il vento carico di propositi omicidi che le onde d’urto del combattimento le sbattevano in faccia, urla, fendenti, altre esplosioni, il lampo di un Cero, Ichigo con un buco nel collo. Ichigo morto.
Ichigo risorto, risorto da lei, Orihime. Le sue lacrime, il suo pianto, una creatura maligna che ululava alla notte, distruzione.
Ulquiorra che inseguiva la creatura.
Ulquiorra che le sussurrava in modo appena percettibile che era troppo vicina, quando le passò di fianco mentre volava inseguendo la bestia. Mentre inseguiva Kurosaki-kun.
 
E in una frazione di secondo, Ulquiorra non c’era più.
Ulquiorra spazzato via, Ulquiorra inesistente.
 
Inoue Orihime riacquistò conoscenza in una frazione di secondo.
Fece in tempo solo per vedere gli ultimi strascichi del Cero della creatura esaurirsi fra le sue corna, pria che quest’ultima si girasse a guardarla.
La bestia veniva verso di lei. Kurosaki-kun aveva intenzioni ostili verso di lei.
Non poteva crederci.
Ma, soprattutto non riusciva a credere  che Ulqiorra non fosse più.
 
E infatti, sebbene con gli arti atrofizzati, si precipitò da non si sa dove per porre un freno alle azioni scellerate della creatura che somigliava spaventosamente ad un Hollow e, perché no, a salvarla.
 
E i flash ricominciarono.
Ma la seconda volta non fu lo stesso.
Perché, pur sapendo che l’Espada era il suo carceriere e che la creatura in realtà era Kurosaki-kun, pur sapendolo, il suo istinto le gridava di rivolgere il suo scudo contro il suo salvatore, a favore del suo carceriere.
 
 
Poi, tutto fu buio.
E quando riaprì gli occhi, vide i due antagonisti in piedi, l’uno di fronte all’altro.
 
In trepidante attesa, la ragazza non riuscì a trattenersi dall’avvicinarsi ai due contendenti.
Chi aveva vinto?
 
E all’improvviso, lo Shinigami collassò sulle proprie gambe, cadendo in ginocchio, stremato.
 
<< Kurosaki-kun! >> urlò lei, preoccupata.
 
Poi i suoi occhi corsero al supposto vincitore. Si stava fissando la mano, la faccia ancora nascosta dai capelli. Non aveva l’aria di un vincitore.
 
E infine lo notò. Dal suo corpo si levava una strana polverina, che si dissolveva nell’aria come fumo. L’Espada portò anche l’altro braccio davanti ai suoi occhi, prima di voltarsi in silenzio verso di lei.
La mano sinistra non c’era più.
Come della sabbia secca si stacca dal castello di sabbia lasciato al sole, il corpo del Cuarto si disgregava, ma lui non faceva nemmeno un lamento.
 
Restarono lì, a fissarsi in uno scambio di sguardi che tutto diceva a tuto taceva, mentre il suo corpo continuava a corrodersi e scomparire, in attesa di qualcosa.
 
E finalmente, lui alzò il braccio ancora intero, tendendo la mano verso di lei.
 
<< Hai paura di me, donna? >> le chiese, con uno sguardo malinconico
Lei, contrariamente ad ogni aspettativa ed a ogni logica, rispose di no, tendendo anch’ella la mano, negli occhi uno sguardo di rassegnato rimprovero. << Orihime. Mi chiamo Orihime. >>
Le dita si tesero ancora un po’ di più alcune per assaporare di nuovo quel tepore così piacevole e vivo, altre per ristorarsi nella placida freddezza delle compagne.
La Fullbringer si decise a colmare la distanza e finalmente poté stringere fra le dita… un turbinio di polvere. Vide con orrore che oramai il l’Espada si stava disfacendo davanti ai suoi occhi in modo irreversibile. Allungò ulteriormente il braccio, cercando di afferrarne la rimanente parte; ma il Cuarto, come fumo stazionante su un luogo senza vento, appena fu sfiorato dall’aria mossa dalle dita di lei, si disperse.
 
E la ragazza restò inorridita a guardare Ulquiorra guardarsi il braccio con interesse, e poi guardò lei, come se avesse appena pensato qualcosa di grande importanza.
Troppo debole per esplicare il pensiero, fu solo in grado di sillabare una parola, un nome, con il suo ultimo respiro, sorridendo leggermente, come se la trovasse un’ottima parola da portare con sé all’altro mondo.
 
Orihime
 
Il turbinio dei granelli divenne totale e lo avvolse completamente, facendo restare al suo posto solo il suo ricordo.
Ulquiorra non c’era più. Era scomparso, e stavolta per sempre. Non sarebbe tornato.
Il mondo si fermò, per un istante; prima di riprendere, lentamente, il suo percorso, assieme con lo scorrere delle volute di fumo nell’aria, uniche reliquie rimaste dell’Espada numero quattro.
 
Ed Orihime non poté fare a meno di piangere, e di pensare che per la prima volta non era per niente felice della vittoria di Ichigo.
 
 
 
 
 
                                                                                                                        Well I´ll tell you one thing
                                                                                                 If you would leave it be a crying shame
                                                                                                              In every breath and every word
                                                                                                              I hear you name calling me out
                                                                          Out from the barrio, you hear my rhythm on the radio
                                                                                You feel the turning of the world so soft and slow
                                                                                                                 Turning you round and round
                                                     

 
Angolo Autrice
Beh… che dire. Eccoci qui. Siamo giunti alla fine di “Smooth”.
Questa è la mia prima fanfiction a più capitoli che viene conclusa, quindi sono un po’ emozionata.
Anche se non ha avuto molto successo sono comunque felice di averla scritta e di aver potuto leggere delle recensioni dolcissime e cariche di complimenti.
Come avrete ovviamente notato, ho leggermente modificato tempistica e eventi della battaglia finale tra Ichigo e Ulquiorra, altrimenti il capitolo sarebbe venuto troppo lungo e non sarei più riuscita ad aggiornare. Se non si fosse capito, il “cubo” sarebbe l’hogyoku XD
Mi sono sempre chiesta: ma che diavolo, perché Orihime non ha usato i suoi poteri per riportarlo in vita?! Questo dilemma mi corrode l’anima. Forse potrei farne una ff a riguardo…. Uhm…. Fatemi sapere se vi interessa!  :)
 
Quindi, ora che siamo giunti alla fine… che dire… grazie.
Grazie a coloro che hanno recensito, a chi ha messo la storia fra la preferite, le seguite o le ricordate, alle visualizzazioni e al supporto che mi date.
Grazie veramente.
Spero di essere riuscita a provocarvi dei sentimenti (?), scrivendo questa storia.
 
Alla prossima
La vostra Animelover
  
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