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Autore: __DearHeart__    15/08/2013    5 recensioni
Sarah sapeva che quello sarebbe stato il solito foglio di carta sprecato, il solito inchiostro che sarebbe sbiadito e la solita lettera che sarebbe finita appallottolata nel cestino sotto la scrivania, ma aveva l'impulso di prendere comunque la penna in mano e di dare vita ai suoi sentimenti.
 
***
 
E se il mondo fosse talmente ostile da respingerti?
Se la musica fosse la tua unica salvezza?
Se l'unica cosa che volessi è dire "Grazie" a chi ti ha salvato la vita?
Le lettere di Sarah resteranno per sempre nell'ombra, ma i suoi sentimenti no.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sarah sapeva che quello sarebbe stato il solito foglio di carta sprecato, il solito inchiostro che sarebbe sbiadito e la solita lettera che sarebbe finita appallottolata nel cestino sotto la scrivania, ma aveva l'impulso di prendere comunque la penna in mano e di dare vita ai suoi sentimenti.
Aveva così tante rocce che le pesavano sul cuore che stava sprofondando, sopraffatta dai segreti.
Avrebbe voluto urlare al mondo intero ciò che provava, avrebbe voluto correre per strada e ignorare gli sguardi delle persone, avrebbe voluto sentirsi libera, per una volta, e sputare fuori tutto quello che non aveva mai detto.
Aveva così tante lacrime che non aveva pianto, così tanto odio che aveva represso, così tanto amore che non aveva dimostrato.
Sapeva che tagliarsi non sarebbe servito, ma lo faceva.
Perché?
Per il semplice fatto che pensava di meritarsi quel dolore.
Era una punizione per essere stata troppo debole, per essersi arresa alla società e al mondo intero.
Ma che colpa ne aveva?
Come poteva una ragazza sola e indifesa combattere contro sette miliardi di persone piene di pregiudizi e odio spietato?
Non poteva, semplicemente non poteva.
E allora si limitava ogni volta a prendere quella fottuta lametta e a lacerare i suoi polsi come se stesse lacerando la sua vulnerabilità.
Ma quella era lì, intatta.
E quel gesto, quell'orribile gesto, ne era la prova.
Vedere il sangue sgorgare e poi sentire quel bruciore intenso e persistente non la rilassava.
Tutt'altro, la indeboliva.
Ma era un vizio, un terribile vizio di cui non riusciva a liberarsi.
L'autolesionismo è come un labirinto: entri e non ne esci più.
Non importa quante strade provi, quanti ostacoli aggiri, non vedrai la luce comunque.
Ci sarà sempre quel buio che ti perseguita, che ti soffoca dentro.
Ci sarà sempre il tuo dolore.
E poi Sarah era sola.
Non aveva l'amore di cui necessitava, non aveva delle braccia pronte ad accoglierla e non aveva una spalla su cui piangere.
Era lei.
Solo lei.
E questo la spaventava.
Non sapeva né come né quando aveva iniziato.
Non di preciso.
Ricordava solo quel terribile giorno, circa tre anni fa, quando si chiuse in bagno.
Soffriva terribilmente per la morte dei suoi genitori, deceduti in un incidente d'auto.
Le erano state portate via le uniche due persone che le avevano davvero voluto bene.
Era sola.
La serratura era scattata e la chiave era rimasta lì, incastrata.
Sarah si era poggiata sul lavandino, chinandosi.
Si era sciacquata la faccia e poi aveva alzato lo sguardo per incontrare il suo riflesso nello specchio.
Da quel momento, si era odiata. Con tutta te stessa.
Aveva odiato le sue sopracciglia non abbastanza fine, i suoi occhi di un marrone troppo classico, il suo naso a patata, le sue labbra sottili, le sue guance troppo paffute, il suo collo non abbastanza lungo, le sue braccia troppo molli, il suo seno troppo piccolo, la sua pancia non abbastanza piatta, le sue cosce troppo grosse.
E ancora odiava tutto ciò.
Odiava ogni centimetro del suo corpo, ogni singola parte.
Non sapeva perché, ma si era sporta nella vasca e aveva afferrato la lametta che giaceva sul bordo di ceramica assieme agli shampi.
Aveva estratto la lama e aveva riposto la parte di plastica al suo posto.
Si era avvicinata di nuovo allo specchio, sorprendendosi nel vedere delle lacrime calde e salate bagnarle le guance.
Se le era asciugate velocemente col dorso della mano e aveva steso il braccio sinistro avanti a sé.
Aveva guardato il suo polso, la lama stretta tra l'indice e il pollice nell'altra mano.
Aveva deglutito, mordendosi nervosamente il labbro inferiore.
Non era sicura di farlo, ma il dolore era tanto, troppo.
Aveva posato delicatamente la lama sul suo polso, sussultando leggermente per il metallo freddo a contatto con la sua pelle.
Aveva sospirato e poi aveva premuto con più forza la lama tracciando una linea retta.
Aveva serrato la mascella, mentre il sangue le sgorgava ininterrottamente.
Faceva male, ma quel dolore era così lieve in confronto a quello che stava già provando che non se ne accorse neppure.
Non poté evitare che altre lacrime le rigassero il volto, mentre nella sua testa riecheggiava insistente una domanda: "Perché?"
Sarah aveva continuato, tutti i santi giorni, a farsi quella stessa terribile domanda, senza ricevere mai una risposta.
E allora ogni volta si chiudeva in bagno e si tagliava.
Indossava spesso maglie a maniche lunghe finché poteva sopportarle, ma quando il caldo era troppo soffocante teneva perennemente le braccia incrociate al petto.
Si vergognava dei suoi tagli.
Non voleva mostrare alla gente le sue debolezze, non voleva altri sguardi addosso.
Voleva solo che quel dolore svanisse con la stessa velocità con cui era arrivato.
L'unica cosa giusta in quel mondo che sembrava totalmente sbagliato era la musica.
Non aveva una bocca per insultare, non aveva occhi per scrutare, non aveva una mente contorta per giudicare.
Era sempre lì, pronta. Come se sapesse quando Sarah era giù di morale e aveva bisogno di conforto.
La ragazza indossava le sue cuffiette come se fossero un paio d'ali, e iniziava a sognare.
Si lasciava trasportare in un mondo dove era tutto come una nota: preciso, dolce e unico.
In particolare, amava una band.
L'aveva conosciuta per sbaglio, girovagando su YouTube.
Era stato come innamorarsi a prima vista, o meglio, a primo ascolto.
Loro erano belli, dolci, simpatici, incredibilmente stupidi e unici.
Ma soprattutto, le loro voci le trasmettevano tutto il conforto di cui aveva bisogno.
Erano come una medicina, un antidolorifico.
L'effetto durava per poco, ma la faceva sentire benissimo.
Quei ragazzi riuscivano ad essere loro stessi anche in mezzo alla gente, davanti ai paparazzi, ai fan e a miliardi di persone.
Loro erano forti, accettavano le critiche, aiutavano le persone.
Sarah avrebbe tanto voluto essere come loro.
Spensierata e libera.
Aveva un sogno, una stupida speranza chiusa dentro ad un cassetto.
Voleva incontrarli per dirgli "Grazie di avermi salvato la vita" perché quei cinque ragazzi erano l'unica cosa che le dava la forza di vivere.
Loro erano il coraggio che le mancava, il sorriso che non mostrava.
Loro erano la sua vita, il suo sogno, il suo tutto.
Era stupido innamorarsi di persone che non sapevano della sua esistenza, a cui non sarebbe importato niente di lei anche se l'avessero saputo.
Era assurdo, infantile, sciocco.
Era solo un altro modo per soffrire, perché tanto non sarebbe riuscita ad incontrarli.
Era uno sbaglio.
Un fottutissimo sbaglio.
Ma il più bello della sua vita.
 
 
Impugnò la penna con più decisione, poggiando la punta sul foglio.
Con un sospiro, cominciò a scrivere le prime parole.
 
Cari One Direction.
 
Era difficile dare vita ai propri sentimenti. Una vera e propria impresa.
 
Non sapete chi sono e non ve lo dirò. Non credo sia importante.
L'unica cosa che conta è il motivo per cui vi sto scrivendo questa lettera.
Non lo faccio per dirvi l'ennesima volta le stesse cose.
Non lo faccio semplicemente perché siete "dei cantanti che mi piacciono".
No, voi siete molto più di questo.
Vi chiamerei "vita", "ossigeno", "cibo", "acqua".
Vi chiamerei "angeli senza ali".
Voi prendete in mano un microfono e mi fate sognare.
Sorridete e mi fate sorridere.
Piangete e mi fate piangere.
Scherzate e mi fate ridere.
Cantate e mi fate vivere.
Magari qualche riga non basta per dirvi tutto quello che mi fate provare.
Magari neanche un foglio intero, o tutta la carta presente su questo pianeta.
Magari non basterà neppure la galassia, o l'intero Universo.
Ma ci provo lo stesso.
Le parole che devo dirvi sono poche, semplici ed essenziali.
Ma vanno dritte al cuore.
Dritte all'anima.
Nella mia vita non esistono cose belle, non esiste "il verso giusto" delle cose.
Non esiste il lieto fine.
Però esistete voi, che siete un'ancora in mezzo all'oceano, un faro in mezzo al mare, un tutto in mezzo al niente.
Voi siete il "Buongiorno" che dico ogni mattina, la passeggiata che faccio fino a scuola, le ore che perdo con la testa sui libri, le occhiatacce che ignoro, gli insulti che non ascolto.
Voi siete come un trampolino che mi spinge ad andare avanti, giorno per giorno.
Avrete così tante cose a cui pensare, così tanti impegni da svolgere.
Ma vi prego di leggere solo questo.
Sono sei parole.
Tre secondi.
GRAZIE PER AVERMI SALVATO LA VITA.
Avete dato un senso a tutto.
 
Non vi vedrò, lo so.
E' impossibile.
Non sentirò mai le vostre voci dal vivo, non vedrò mai il vostro sorriso a pochi metri di distanza.
Non sarò sotto quel palco, accanto a voi.
Ma continuerò a sognare, a immaginarmi quel giorno che non arriverà mai.
Continuerò a sperare nell'impossibile.
Mi avete fatto capire che non si deve mai dire mai nella vita.
Sono pronta a farlo, e avrò il coraggio di sognare grazie a voi.


Con affetto, una ragazza che vi deve la vita.
 
Sarah ripose la penna nel suo astuccio e rilesse un'ultima volta la lettera.
Ogni volta che lo faceva, le sue parole non le sembravano mai abbastanza.
Sospirò, piegando il foglio a metà.
Si avvicinò alla finestra e respirò un po' dell'aria calda di Giugno.
Poi, con lo sguardo fisso al cielo, lasciò scivolare la lettera via dalle sue mani.
Il venticello piacevole la sollevò poco prima che toccasse l'asfalto ruvido.
La levò in aria, trasportandola lontano, fuori dal campo visivo della ragazza.
Non avrebbe più rivisto quel pezzo di carta.
Ma quelle emozioni che c'erano scritte sopra, erano ancora vivide dentro di lei.
Sarah sapeva che non le avrebbe mai tirate fuori, che sarebbero rimaste per sempre dentro al suo cuore.
Ma non si preoccupava che gli One Direction non le potessero percepire, dato che erano proprio loro a possedere il suo cuore.






NOTA DELL'AUTRICE:
Salve :)
Inizio col dire che ho pubblicato questa sorta di lettera per esprimere un vero e proprio esempio d'amore.
Perché l'amore vero non è quello delle favole, quello dopo il matrimonio, quello a ottant'anni.
L'amore vero è tra un idolo e la propria fan.
Vi dico solo che scrivendo ho pianto come una cretina :')
La parte vera e propria della lettera è presa da una lettera che ho spedito veramente a loro, ma non ho la più pallida idea di se l'abbiano letta o no.
Anche se penso di più la seconda opzione :)
Era solo un semplice tributo al rapporto che c'è tra una fan e il suo idolo, spero di averlo rappresentato bene.
Baci! xx
  
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