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Autore: Armelle    15/08/2013    2 recensioni
(Vecchia storia revisionata)
Era una ragazza, incredibilmente somigliante a lei stessa. Mayu sentì un brivido attraversarla lungo tutto il corpo, mentre si soffermava con stupore sopra il suo aspetto. Portava i capelli corti simili ai suoi, neri, il corpo esile era tutto avvolto da un kimono bianco. Sopra un insolito motivo a macchie nere sparse qua e là senza nessuna coerenza.
Aveva già capito che apparteneva a quell’altro mondo, ma le sue intenzioni erano cattive, oppure, come le sembrava, desiderava aiutarla?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Tutto intorno a lei era buio, in quello stato d’incoscienza priva di sogni. Man mano che il sonno scemava e si avviava dunque verso il risveglio, la coscienza iniziava a riaffiorare e con essa gli ultimi terribili ricordi che avevano preceduto il torpore. Mayu sperò allora intensamente che quei ricordi fossero solo il frutto di lunghissimo incubo, che quando avrebbe riaperto gli occhi, Mio sarebbe stata lì, nel letto accanto al suo addormentata, insieme nella loro stanza illuminata dai primi raggi del sole mattutino.

Voleva svegliarsi per riabbracciarla, per sentirne la consistenza, perciò lottò con tutte le forze per riemergere dall'oscurità in cui era piombata, contro il peso di quel sonno che sembrava respingerla verso il buio. Per di più era animata dalla speranza, per la percezione di una presenza da qualche parte intorno a lei. C’era qualcuno che stava cantando con dolcezza, così la sua voce la guidava verso la realtà del risveglio.

Una cantilena appena sussurrata le giungeva sino a lì, nel suo sonno. Una cantilena lenta, cantata da una voce femminile, dolce e triste. Era Mio? Perché era triste Mio?

Finalmente i suoi occhi si schiusero attendendosi di trovare la luce, ma restarono delusi; la stanza era buia, illuminata soltanto da una piccola grata da cui filtrava la luce della luna. Purtroppo quel luogo tetro era ben lontano dall'essere, come aveva sperato, la sua camera confortevole ed accogliente.

Si trovava in una stanzetta minuscola, dall'aspetto più simile ad una cella che ad una stanza vera e propria, priva di mobilio, fatta eccezione per i due futon srotolati sul pavimento.

Lei era distesa, immobile. Sentiva freddo per tutto il corpo, che le pareva di stare coricata sopra una lastra di ghiaccio. Due mani altrettanto fredde se ne stavano appoggiate su entrambe le sue guance, e le tenevano il viso, impedendole di muoversi.

Nel rendersi conto che la presenza che la sovrastava le era del tutto estranea, Mayu avrebbe voluto urlare per chiedere aiuto, ma subito dovette rendersi conto che non era soltanto il suo volto ad essere immobilizzato; anche la sua voce e tutto il resto del suo corpo erano inibiti. Tanto che non riusciva nemmeno a tremare, sebbene sentisse freddo, accompagnato peraltro da un intenso terrore.

Nel panico, il suo primo pensiero andò così alla sorella. Nate lo stesso giorno ed identiche nell'aspetto, in realtà sotto la superficie data dai loro corpi si celavano due persone completamente differenti.

Mayu era sempre stata l'anello debole fra le due, quella più fragile. Incapace di farsi strada e persino di camminare da sola nella vita, aveva sempre fatto affidamento su di lei. Mentre Mio, al contrario, era tutto l'opposto; vivace, coraggiosa, persino spericolata e sin troppo audace. Pertanto Mayu aveva sempre cercato la sua protezione, ammirando la sorella alla pari di un eroe. Cercava sempre la sua protezione, perché le era sempre sembrato, forte com’era, che il suo corpo potesse farsi carico di entrambi i loro spiriti come parti di una sola persona. E forse così avrebbe dovuto essere dal principio, ma poi per qualche scherzo della natura si erano divise e a Mayu erano toccati le imperfezioni che avrebbero altrimenti oscurato la raggiante vivacità che invece la sorella aveva mantenuto.

La peggiore di tutte, però, era di certo la maledizione che Mayu si portava dietro sin dalla nascita.

Un istinto come il suo avrebbe messo a dura prova anche una personalità forte come quella della sorella, indebolendone inevitabilmente la vitalità. Su una creatura fragile come lei, era addirittura distruttivo. Riuscire ad avvertire le energie negative, essere in grado di percepire le voci provenienti da un altro mondo, talvolta poteva persino vedere quelle creature. Giorno per giorno, con l’accrescersi di un simile potere, i suoi nervi ne venivano irrimediabilmente compromessi. Anche Mio lo capiva. Era questo, fra i tanti, uno dei motivi per cui accettava di buon grado di farsi carico di lei.

Senza il supporto di Mio, Mayu sarebbe già impazzita da molto tempo. Così, se Mio fosse venuta a mancare, aveva sempre il timore che un giorno sarebbe successo per davvero. Aveva il diritto di pretendere che rimanesse al suo fianco per sempre, invece che, come sarebbe stato più sensato fare, si liberasse una volta e per sempre di lei, la cui presenza doveva essere un pesante fardello?

Forse l’aveva già fatto, alla fine. Chi era la sconosciuta che cantava e perché sua sorella non era lì con lei per salvarla?

Improvvisamente la voce che l'aveva risvegliata e che aveva continuato a cantare ininterrottamente anche dopo il suo risveglio si tacque. Mayu sentì così con essa svanire anche la sensazione di intorpidimento che le aveva impedito di muoversi.

Tuttavia non aveva ancora osato alzare lo sguardo, per scoprire a chi appartenessero quelle mani sul suo viso. Sapeva per certo, comunque, che non potevano essere di Mio. Il suo tocco possedeva il calore dei vivi, mentre questo che sentiva era freddo come la morte. Adesso, presa dall'ansia per l'improvviso cessare della musica, si fece coraggio. Alzò la testa, per vedere sopra di sé un volto mortalmente pallido, sul quale spiccavano due occhi neri come il buio dal quale era appena emersa, che la fissavano inespressivi.

Era una ragazza, incredibilmente somigliante a lei stessa. Mayu sentì un brivido attraversarla lungo tutto il corpo, mentre si soffermava con stupore sopra il suo aspetto. Portava i capelli corti simili ai suoi, neri, il corpo esile era tutto avvolto da un kimono bianco. Sopra un insolito motivo a macchie nere sparse qua e là senza nessuna coerenza.

Aveva già capito che apparteneva a quell’altro mondo, ma le sue intenzioni erano cattive, oppure, come le sembrava, desiderava aiutarla?

Non lo sapeva, ma se anche le avesse offerto una possibilità di salvezza, non se ne sarebbe andata senza di Mio. Alla fine preferiva finire i suoi giorni con lei, lì in quel luogo senza tempo, piuttosto che sopravvivere e ritornare nel mondo da sola.

Il viso della figura femminile, che la teneva sdraiata sulle sue ginocchia, d’un tratto mutò d'espressione e si raddolcì. Mayu capì, grazie al suo intuito innato, che le aveva letto nel pensiero. Fu solo un’instante, perché subito quell’anima in pena tornò ad oscurarsi. Nel frattempo si accorse che aveva preso ad accarezzarle i capelli.

Anche lei poteva leggere i suoi pensieri. Dolore, tristezza, abbandono, l’insieme delle emozioni di quella creatura etera aveva un peso che avrebbe potuto schiacciare anche i vivi. Non era forse nell’anima che risiedeva per davvero il centro della gioia, come anche quello del dolore? Se si moriva, dunque, neanche una parte di quel dolore scompariva, che ci si era portati dietro durante la vita? Nemmeno la morte, come la vita, sembrava dare una tregua alla sofferenza dello spirito.

Intanto lo spirito, appartenuto a una ragazza del tutto simile a lei, piangeva, anche se il suo viso era perfettamente asciutto. Le lacrime erano solo un’esternazione visibile, ma anche in loro assenza, l’intensità del dolore provato non per questo era minore. Del resto, accadeva anche fra i viventi di scorgere, nascosti sotto a facce indifferenti, drammi inesprimibili sia dal corpo che dalla voce.

Adesso Mayu conosceva il dolore dello spirito della ragazza, il motivo del suo eterno lamento, a causa del quale non trovava la pace. Sapeva che la vita le era stata strappata e provò una fitta al cuore, quando comprese meglio il motivo del dolore che l'affliggeva; tramite lei, seguendo il corso dei suoi pensieri e dei ricordi accumulati durante la vita, ripercorse in un certo senso la propria stessa esistenza. Mayu condivideva con lei ora le stesse debolezze e gli orrori, non solo più l’aspetto. La fine che aveva incontrato quello spirito senza pace era da sempre stata anche il suo più grande terrore.

Dal momento che Mayu non era uno spettro e il suo corpo era benissimo in grado di esternare il dolore, pianse lei per entrambe, mentre sondava la sua anima cogliendo la similitudine esistente tra di loro. Le sua eterna afflizione, che la tratteneva legata a questo mondo senza pace, era dovuto all’abbandono della sorella, a cui era stata unita come lei si sentiva legata a Mio. Di conseguenza, come aveva temuto spesso per lei stessa, era piombata nella follia e nella disperazione.

Da questo episodio era scaturita una rabbia feroce verso il mondo che gliela aveva strappata, implacabile persino da tutto il sangue che le sue mani, un tempo candide come il pallore della sua pelle, avevano versato in suo nome.

Le stesse mani che avevano ucciso con sadico compiacimento, che adesso stavano asciugando le lacrime dal suo volto. La luna, che era stata prima ricoperta dalle nuvole, rifulse ora di nuovo libera all'interno della stanza, illuminando così per intero il corpo dello spettro, rivelando agli occhi di Mayu che le macchie nere sul suo kimono erano in realtà, come aveva iniziato a intuire, macchie rosse del sangue da lei versato, nel perseguimento della sua vendetta senza fine.

Era la responsabile della maledizione del Villaggio Perduto, colei che aveva massacrato i suoi abitanti, ma nonostante ciò la sua sete di sangue e vendetta non si era placata e aveva continuato a trascinarsi nei secoli: era la donna le cui folli risate agghiacciavano ancora le notti di quei boschi.

Sae era inoltre la causa per cui lei e Mio si trovavano intrappolate in quel luogo maledetto, ma anche sapendo ciò non riusciva a provare rancore. Erano troppo simili, in una maniera spaventosa, ed ora che gliela aveva svelata condivideva con lei la sua amarezza. Una sofferenza troppo forte per una creatura troppo fragile, che aveva finito per condurla alla pazzia.

Quello spirito vendicativo, prima di essere una carnefice, era una vittima del suo destino.

“Io comprendo il tuo dolore” le disse quindi Mayu con voce gentile, pur sapendo che poteva leggerle direttamente nella testa, ed intanto si metteva seduta.

Sae non si mosse, così Mayu, ormai abbandonato ogni timore nei confronti di quell’anima in pena, le si avvicinò ed infine l'abbracciò.

“Ti prometto che ti salverò” la rassicurò, senza riuscire a frenare un’improvvisa ondata di pianto.

Anche Yae, che era stata la gemella di Sae quando erano state in vita, aveva promesso più volte come aveva fatto Mio che non si sarebbero mai separate. Alla fine, invece, si erano divise. Sembrava inevitabile, se non si era parte di una sola persona, se non si condivideva lo stesso corpo. Allo stesso modo anche lei e Mio prima o poi si sarebbero separate, col tempo o per volere del destino. E Mayu non voleva, non riusciva ad immaginarsi una vita senza sua sorella. Era come se in Sae, adesso che aveva conosciuto i suoi tormenti, potesse scorgere il suo futuro, con esso la disperazione e la follia che ne sarebbero venute.

Pensando a questo, lentamente, Mayu si sciolse dall'abbraccio e si asciugò gli occhi. Poi sorrise, sfiorando la mano fredda dello spirito.

Sae afferrò delicatamente la sua mano. Mayu aveva ormai compreso cosa le chiedeva, quindi glielo aveva accordato. In quel gesto, Mayu percepì tutta la sua gratitudine e forse qualcosa di molto simile alla gioia, un sentimento che nella sua forma più pura non aveva attraversato quello spirito ormai da troppo tempo. Insieme si fecero strada per i corridoi bui della villa, incamminandosi verso il sacrificio che avrebbe liberato Sae dalla sua maledizione e Mayu dal peggiore dei suoi incubi. Non poteva chiedere di meglio, che essere uccisa dalle mani di sua sorella, per diventare con lei un solo spirito.

  
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