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Autore: Lynn Lawliet    15/08/2013    4 recensioni
Finalmente capiva le farfalle nello stomaco e brividi lungo la schiena quando Antonio gli si avvicinava, la sensazione di poter toccare il cielo con un dito quando era con lui, quel perdersi nei suoi occhi ogni volta che ne incrociava lo sguardo… erano tutti pezzi di un puzzle che finalmente Lovino era riuscito a comporre: Antonio gli piaceva, e non come amico. Per tutto il tempo aveva cercato di negarlo a se stesso, per cui si sorprese rendendosi conto che non gli importava se Antonio era un ragazzo, se gli altri non lo avrebbero accettato. Capendo di amarlo aveva trovato il suo posto nel mondo: la soluzione del puzzle erano loro due, lo erano sempre stati; e questo era tutto quello che contava.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DOVE ANTONIO E LOVINO IMPROVVISANO UNO SPETTACOLO

 
Vola solo chi osa farlo.
-Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, Luis Sepùlveda.
 


Lovino aveva saputo all’improvviso, alle due del mattino, di aver trovato quello che cercava. Fino qualche momento prima batteva furiosamente le dita sui tasti del computer, sul cui schermo si andavano a formare rapidamente frasi una dietro l’altra, ma poi, quando aveva scritto la parola FINE, ne era stato certo: quello era il racconto perfetto. Non sapeva il motivo di tale trasporto verso quel breve testo, che non era altro che la versione romanzata di quella volta in cui lui e Feliciano erano scappati di casa, però aveva qualcosa di speciale.
Era più di una settimana che Lovino non faceva altro che scrivere, ma quel breve racconto… era come se contenesse anche tutti gli altri.
Per un qualche motivo vedere le vecchie fotografie sue e di suo fratello gli aveva riportato l’ispirazione, e il ragazzo si era deciso a iscriversi al concorso consigliatogli da Antonio. Lui, quando aveva saputo della sua decisione, gli era saltato addosso, abbracciandolo forte, gridandogli che avrebbe vinto, cosa che  aveva provocato al ragazzo brividi lungo la schiena e farfalle nello stomaco. Tutte cose ovviamente dovute al fatto che Lovino era affamato e infreddolito (anche se aveva appena mangiato, e dentro casa c’era il riscaldamento) e NON al fatto che Antonio gli piaceva. Perché lui non gli piaceva. Assolutamente no.
E poi, comunque fosse, in quei giorni non aveva certo tempo di pensarci, no?
Il termine era la settimana seguente, e Lovino aveva deciso di procedere buttando giù tutte le storie che gli venivano, per poi scegliere, al momento giusto, la migliore.
E quel momento era arrivato: in qualche modo sapeva che non ne avrebbe potuta scrivere una più bella, e che quella era l’unica con la quale avrebbe potuto avere una chance nel concorso.
Così lui e Antonio avevano inviato il racconto all’indirizzo della casa editrice, e avevano aspettato. Avevano aspettato per tre settimane, ad essere precisi, che, per un qualche motivo, erano stato al contempo le più belle e le più brutte della vita di Lovino. Certo, era fantastico sperare che se ancora non era arrivata una risposta negativa era perché il racconto era piaciuto, ma al contempo l’attesa lo stava uccidendo: controllava maniacalmente la buca delle lettere (dalle tre alle cinque volte al giorno) e sobbalzava ogni volta che suonava il telefono. Insomma, Lovino aveva passato quelle tre settimane diviso fra le disperazione più totale (se non ce la faceva con quel racconto, che era il suo migliore, quando mai avrebbe potuto farcela?) e un’allegra ansietà (ma forse, chi lo sa, c’era ancora tempo per sperare!). L’unico, o meglio, gli unici, motivi per cui non era impazzito erano Antonio e Feliciano: suo fratello, come sempre, gli era molto vicino, a modo suo, mentre Toni… aveva un po’ cambiato atteggiamento nei suoi confronti; era più protettivo, sempre attento a quello che faceva… non che prima non lo fosse, ma, da quando Maia e Lovino si erano lasciati, gli era stato molto d’aiuto nel superare la cosa.
E così, in qualche modo, le tre settimane più assurde della vita di Lovino si erano concluse con l’arrivo di una lettera. Ormai, guardando tra la posta, Lovino non sperava neanche più di trovare qualcosa per se, e si era sorpreso vedendo il proprio nome stampato in un sottile carattere arcuato, su una busta che riportava il logo della casa editrice. Aveva strappato in fretta la carta e aveva scoperto di essere stato convocato una settimana più tardi, per un colloquio con un editore. Lovino, lì per lì, era stato felice, ma poi si era reso conto che quella lettera non significava automaticamente che avrebbero pubblicato il suo racconto; il risultato era stato che la settimana in questione si era rivelata tristemente somigliante alle tre che l’avevano preceduta: un’altalena tra felicità esagerata e preoccupazione più nera.
E poi, poi il momento era arrivato. Lovino si era fatto accompagnare da Antonio alla sede della casa editrice (inizialmente sarebbe dovuto venire anche Feliciano, ma poi aveva cambiato idea insistendo con Lovino che, così facendo, lui sarebbe potuto rimanere solo con Toni. Chissà che intendeva?) ed ora aspettava in ansia il momento in cui sarebbe arrivato il suo turno: la segretaria chiamava man mano le persone nella sala d’attesa e le indirizzava verso una data stanza ed un certo piano dell’edificio. Lovino se ne stava completamente zitto, ascoltando attentamente i nomi pronunciati dalla ragazza, mentre Antonio cercava di coprire il silenzio chiacchierando nervosamente del più e del meno. Era seduto accanto a Lovino, e le loro spalle si sfioravano, mandando al ragazzo brividi freddi lungo la schiena (non perché Antonio gli piacesse, ovviamente).
Poi, all’improvviso, la segretaria rispose al telefono, borbottò qualcosa nel ricevitore, avvicinò le labbra ad un microfono, e con voce chiara e squillante, disse:
“Lovino Vargas!”
Il cuore di Lovino perse un battito. Si alzò traballando, e a malapena sentì Antonio augurargli buona fortuna; si diresse verso la reception, e la ragazza gli disse di recarsi alla stanza 23, secondo piano. Lovino eseguì meccanicamente le istruzioni, salendo lentamente le scale, il cuore in gola. Improvvisamente non aveva più tanta voglia di sapere se l’avessero pubblicato o meno, perché, se l’esito fosse stato negativo, sarebbe stata la fine dei suoi sogni. Se invece se ne fosse andato subito, certo, gli sarebbe rimasto il dubbio, ma almeno avrebbe ancora avuto una misera speranza.
Però non poteva andarsene. Per nessun motivo.
E così, quando arrivò davanti alla stanza 23, respirò profondamente, e, dopo aver bussato, alla risposta avanti, abbassò la maniglia ed entrò. Si ritrovò in una stanza ampia e luminosa, piena di libri alle pareti; sul fondo della stanza c’era una scrivania, e alla scrivania sedeva un uomo calvo e con un’un abbondante pancia. L’uomo ignorò il suo arrivo per qualche secondo, continuando a guardare i suoi documenti, ma poi iniziò a parlare:
“il signor Vargas, imagi…- si interruppe bruscamente una volta alzato lo sguardo su Lovino- ah… mi scusi, non sapevo che Lei fosse così giovane. Si sieda.”
Beh, non pareva proprio un mostro di simpatia… con quel fare imperioso, si disse Lovino, somigliava vagamente a suo padre. Poi si accomodò sulla sedia di fronte alla scrivania dell’editore, e aspettò che questo gli prestasse attenzione.
“si, bene, Lovino Vargas…- disse l’editore- il Suo racconto è stato selezionato tra quelli vincenti, e…”
Lovino si perse il resto del discorso: era estremamente occupato ad esultare interiormente. Lo avevano pubblicato! O quella ero uno scherzo crudele ed estremamente ben congegnato, o il sogno della sua vita si stava avverando.
“…perciò ci sarebbero alcune questioni burocratiche da discutere- Lovino riprese ad ascoltare l’editore, adesso con un sorriso entusiasta dipinto in faccia- visto che Lei è minorenne, avremmo bisogno della firma di un Suo tutore.“ L’editore consegnò a Lovino un foglio, indicandogli dove porre la propria firma, e dove quella dei genitori. Poi riprese a parlare, apparentemente inconsapevole del tumulto interno di Lovino, che dentro di sé continuava ad esultare:
“bene, La farò chiamare dalla mia segretaria per segnare un altro appuntamento. Giusto perché Lei lo sappia, il libro potrebbe andare in stampa fra circa sei mesi. Arrivederci.” e detto questo tornò alle sue carte. Beh, era chiaramente uno (sgarbato) invito ad andarsene, ma a Lovino non importava.
Lo avevano pubblicato, e non c’era assolutamente nulla che potesse rovinare quel momento!
Così si alzò, salutò gentilmente l’editore, e uscì dall’ufficio. Poi si precipitò lungo il corridoio: per quanto prima lo avesse percorso lentamente e con il cuore in gola, adesso correva rapido verso l‘uscita, felice quanto non era mai stato in vita sua. Saltando i gradini due a due, scese in un attimo i piani di scale che aveva impiegato un sacco a salire , il tutto con una stupida espressione entusiasta stampata in viso. Passò di fronte alla reception, che all’andata gli era parsa tale e quale i cancelli dell’inferno, e fece un sorriso a trentadue denti alla segretaria. E poi, finalmente, arrivò alla sala d’attesa, dove, come nel rallenty di uno stupido film romantico, vide Antonio alzare lentamente lo sguardo, osservarlo stupito, interpretare la sua espressione, e reagire di conseguenza, facendosi comparire in faccia un sorriso entusiasta quanto quello di Lovino:
“ti hanno pubblicato!“
Poi lo spagnolo si alzò gli corse incontro, e Lovino, vedendolo così, sorridente, bellissimo, felice, non seppe trattenersi: prima di rendersene conto aveva stretto tra le mani il viso di Antonio e lo aveva baciato.
Non era stato un bacio romantico, lento, e nemmeno un bacio passionale: era stato un semplice, stupido bacio a stampo, dato di fretta, senza troppe pretese, eppure per Lovino aveva significato il mondo. Finalmente capiva le farfalle nello stomaco e brividi lungo la schiena quando Antonio gli si avvicinava, la voglia di renderlo orgoglioso, e la paura di non riuscire a farlo, la sensazione di poter toccare il cielo con un dito quando era con lui, quel perdersi nei suoi occhi ogni volta che ne incrociava lo sguardo… erano tutti pezzi di un puzzle che finalmente Lovino era riuscito a comporre: Antonio gli piaceva, e non come amico. Per tutto il tempo aveva cercato di negarlo a se stesso, per cui si sorprese rendendosi conto che non gli importava se Antonio era un ragazzo, se gli altri non lo avrebbero accettato. Capendo di amarlo aveva trovato il suo posto nel mondo: la soluzione del puzzle erano loro due, lo erano sempre stati; e questo era tutto quello che contava.
E Lovino, in un modo o nell’altro, sapeva che per Antonio era lo stesso: per chi amava in quel modo, con quel trasporto, l’invecchiare insieme non poteva che essere destino.
Lovino ruppe piano il bacio, allontanandosi dal viso di Antonio, ma lasciando le braccia attorno al collo dello spagnolo. Curiosamente, non si sentiva minimamente imbarazzato: era stato tutto così naturale che pareva non essercene bisogno. Antonio invece sembrava un po’ in difficoltà:
“ma tu… Maia… i-io credevo di non piacerti, e… Lovi, perché?” balbettò, gli occhi sgranati. Non sembrava arrabbiato, però. Più sorpreso.
“Perché ho una cazzo di cotta per te, ecco perché.”
Lovino si sorprese ad ammettere candidamente davanti ad Antonio quello che provava, ma dopotutto non c’era molto altro che quel bacio potesse significare.
E con sua grande sorpresa, Antonio sgranò gli occhi ancora di più, rimase a fissarlo per qualche secondo e poi, tanto velocemente che quasi Lovino non se ne rese conto, gli afferrò il viso e unì di nuovo le loro labbra. E Lovino si sentì rinascere mentre affondava le dita nei capelli di Antonio e lo sentiva aggrapparsi con forza alla sua schiena, mentre il bacio si faceva più profondo di momento in momento. Quando si staccarono, con dolcezza, lentamente, Antonio gli sorrise, gli occhi umidi:
“anch’io, Lovi.”
Ecco, lo ha detto.- pensò Lovino-Non c’è assolutamente nulla che potrei desiderare più di questo. 
Lo spagnolo si strinse a lui, poggiando la propria fronte sulla sua, così che potessero guardarsi negli occhi, dicendosi cose che ad alta voce non avrebbero saputo esprimere. Era tutto così perfetto…
“oh, ma che carini!” li interruppe all’improvviso una voce, appartenente ad un’anziana signora che fece loro un grande sorriso, quando si voltarono a guardarla. E a quel punto i due ragazzi si resero conto che tutte le altre persone nella sala d’aspetto non facevano che osservarli: chi stupito, chi schifato, chi imbarazzato… dovevano aver offerto loro proprio un bello spettacolino.
“Lovi, ci stanno guardando tutti…” borbottò Antonio
“che  guardino, non mi importa. Io ho tutto quello che mi serve.” rispose ad alta voce Lovino.
Poi intrecciò le proprie dita con quelle di Antonio e lo trascinò fuori dall’edificio, sotto il pallido sole invernale di una giornata che, per quanto bene fosse cominciata, non prometteva che di migliorare.
 


Salve!
Sono o non sono brava? Ho aggiornato dopo tre giorni!
Comunque, signore, un bell’applauso per Lovino e Antonio, che ce l’hanno fatta (finalmente)!!!
Detto questo, mi dileguo.
Come sempre, che lo spamano sia con voi,
Lynn
p.s. vi prego in ginocchio di lasciarmi una recensione... sul serio, gente, le vostre recensioni sono la mia vita! XD
  
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