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Autore: LuceSinistra    15/08/2013    3 recensioni
Al pensiero che Temari e l’amico avessero una qualche relazione torbida si sentì inaspettatamente invidiosa.
Sakura aveva Sasuke che, per quanto continuasse a fare l’odioso incompreso, accettava solo la sua compagnia e quella di Uzumaki; Hinata aveva quell’idiota di Naruto che finalmente s’era accorto di lei; Tenten poteva contare sull’appoggio del furore della giovinezza – e a quella definizione Ino rabbrividì tutta, nonostante la giornata calda – e forse Temari poteva contare su Shikamaru. Perfetto, ma lei?
Eppure Ino non aveva nulla in meno delle altre. Insomma non le mancava niente, e allora perché non aveva un amante?
Il mondo era davvero un posto ingiusto. Che schifo.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Choji Akimichi, Ino Yamanaka, Shikamaru Nara, Temari, Un po' tutti | Coppie: Shikamaru/Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Erano passati due anni dalla guerra, ma a Konoha, come nel resto del mondo ninja, il dolore si faceva ancora sentire. Eppure tutti, chi prima e chi dopo, avevano trovato la forza di andare avanti, di guardare al futuro e sperare che più nulla di tanto catastrofico sarebbe accaduto nelle loro vite.
Le cose, comunque, erano cambiate in modo inevitabile.
Sakura affinava le proprie arti mediche sotto la guida dell’Hokage, Tsunade Senju, e passava gran parte del suo tempo in compagnia dei suoi compagni di team: Naruto, che si allenava di continuo perché quando la nonna sarebbe passata a miglior vita lui avrebbe finalmente raccolto l’eredità di capo-villaggio – e per questo pensiero si beccava ogni volta violenti pugni in testa dall’Hokage; e Sasuke il redivivo, colui che tutti volevano morto e sepolto, si era rivelato un eroe durante la guerra, aiutando l’alleanza e il suo amico Uzumaki e rischiando di perdere definitivamente la vista. Inutile dire che Sakura, con la scusa dell’infermeria di turno, cercava in tutti i modi di incollarsi a Sasuke per dimostrargli che il suo amore non era scemato di un solo grammo, nonostante il tempo, la guerra e tutte le porcherie che l’Uchiha aveva commesso. E questo mandava Ino in bestia.
E che cavolo, anche io sono un ninja-medico!, si ritrovò a pensare mentre era costretta a compilare dei moduli su alcuni pazienti. Ad Ino piaceva stare in ospedale e apprendere quanto più possibile, ma starsene seduta a scrivere documenti noiosi non era proprio nella sua indole. E in più a lei non era permesso vedere Sasuke, se non in casi del tutto eccezionali. La preferenza che l’Hokage riservava a Sakura era davvero oltraggiosa.
Grattandosi la tempia con una penna, dovette ammettere che la guerra, nonostante avesse riportato indietro Uchiha, era stata inclemente con altri. Neji, tanto per fare un esempio. Lei non aveva un buon rapporto con Hyuuga; anzi, a dire il vero, non avevano proprio un rapporto, ma le era dispiaciuto apprendere la notizia della sua morte – morte coraggiosa e degna di un eroe, tra l’altro – anche perché questa era avvenuta poco dopo quella di suo padre e di Shikaku Nara.
Già, la guerra s’era portata via i migliori.
Per Ino la morte del padre era stata uno shock, ma aveva dovuto tenere duro: erano in guerra, contro un nemico fortissimo e nessuna distrazione era ammessa. Poi, di ritorno a Konoha, distrutta nel fisico e nello spirito, s’era lasciata andare e aveva pianto lacrime che credeva di non possedere. Aveva inzuppato la maglia di Shikamaru, quell’insospettabile ragazzo che s’era rivelato uno dei suoi più veri e cari amici, e aveva divorato ben tre pacchi delle patatine di Choji, il quale per una volta non si era lamentato. Pian piano Ino era tornata alla sua vita di sempre, occupandosi del negozio di fiori nel tempo libero e allenandosi nelle arti mediche (aveva promesso che non si sarebbe fatta battere da Sakura!) per gran parte della giornata. Adesso lei, Choji e Shikamaru erano più affiatati che mai nell’affrontare le missioni, sempre più rare da quando la pace era stata ristabilita; ed Ino non poteva fare a meno di pensare che doveva migliorarsi ancora di più, non solo per battere la fronte spaziosa che tentava di rubargli Sasuke, ma soprattutto per essere alla pari dei suoi compagni.
Ino completò l’ultimo modulo con un sorriso sulle labbra, rileggendo le parole sulla carta. Avrebbe dovuto congratularsi con se stessa perché aveva fatto davvero un ottimo lavoro.
Riportò i documenti ad un’infermeria, che la ringraziò con un cenno del capo e le consigliò di tornare a casa poiché il suo turno era finito. Benché le piacesse lavorare, si sentiva comunque stanca e con gioia accolse il consiglio, dirigendosi al primo piano dell’edificio per incontrare Sakura e salutarla.
Vero che a volte non riusciva proprio a digerirla ed in altre avrebbe voluto infilzarla come un pollo, ma fronte spaziosa rimaneva pur sempre una sua amica. E poi c’erano molte più possibilità che l’Haruno venisse accoppata da Uchiha durante uno dei suoi momenti di delirio.
Tuttavia, mentre stava scendendo con grazia le scale attirando su di sé lo sguardo ammaliato di alcuni ragazzi, notò una persona che non aveva capelli rosa e sguardo severo, ma capelli biondi e un ventaglio enorme sulle spalle.
Che cosa ci faceva lì Temari della sabbia? Certo, tutti sapevano che la sorella di Gaara passava molto tempo al loro villaggio per le questioni diplomatiche, che Ino non aveva mai capito e che riteneva protrarsi per davvero troppo tempo, ma la ragazza non aveva nulla a che fare con l’ospedale della foglia. Che fosse malata?
Spinta dalla curiosità, la giovane Yamanaka si avvicinò alla losca figura accanto al banco delle accettazioni.
- Temari-san! – la salutò, piombandole alle spalle. La kunoichi si voltò lentamente, piegando la testa di lato e alzando un sopracciglio.
- Sei tu. – si limitò a rispondere con tono neutro. Ino dovette reprimere un moto di stizza.
Temari passava molto, ma davvero molto tempo con il suo amico Shikamaru, che nel frattempo era stato pure nominato Jonin a sorpresa di gran parte di loro, ma con lei non aveva mai parlato per più di due minuti e senza la compagnia di Choji. Spesso Ino se lo chiedeva, cosa Nara ci trovasse in una come Temari Sabaku no, eppure non riusciva a trovare una risposta. Forse perché nello stesso istante si chiedeva anche cosa Temari Sabaku no, una delle kunoichi più rompipalle e violente, ci trovasse in quel bradipo di Nara.
Mah, certa gente era proprio strana.
- Come mai qui? – domandò, sbattendo i grandi occhi azzurri e sfoderando un sorriso apparentemente innocente. L’altra alzò le spalle e blaterò qualcosa che Ino non afferrò del tutto, ma intuì avesse a che fare con “analisi, mal di stomaco, tutta colpa di Choji che mi ha fatto abbuffare come una vacca in calore”. Il vocabolario di Temari era davvero notevole quando ci si metteva d’impegno.
- … perciò devo vedere Tsunade. – terminò la Jonin della sabbia con uno sbuffo eloquente. Ino aggrottò la fronte. Beh d’altra parte era assolutamente normale che la sorella del Kazekage venisse visitata da Tsunade in persona, non potevano mettere la sua salute nelle mani della prima infermiera di passaggio. Almeno non si trattava di Sakura!
In quell’istante una donna sulla trentina si avvicinò, invitando Temari a seguirla per andare dall’Hokage, che si era liberata appositamente. Ino la salutò con la mano mentre sentiva la delusione stringerle le membra: s’aspettava chissà quale segreto nascondesse l’ambasciatrice. Per un attimo aveva sperato che avesse la gonorrea, così giusto per avere un bel pettegolezzo tra le mani e la scusa adatta per allontanare Shikamaru da lei. Non che fosse poi così convinta che quei due andavano a letto insieme, in fondo non facevano altro che battibeccare dalla mattina alla sera! E poi Shikamaru era Shikamaru, figuriamoci se aveva abbastanza forza per fare quella cosa lì con una ragazza… quella ragazza.
Al pensiero che Temari e l’amico avessero una qualche relazione torbida si sentì inaspettatamente invidiosa.
Sakura aveva Sasuke che, per quanto continuasse a fare l’odioso incompreso, accettava solo la sua compagnia e quella di Uzumaki; Hinata aveva quell’idiota di Naruto che finalmente s’era accorto di lei; Tenten poteva contare sull’appoggio del furore della giovinezza – e a quella definizione Ino rabbrividì tutta, nonostante la giornata calda – e forse Temari poteva contare su Shikamaru. Perfetto, ma lei?
Eppure Ino non aveva nulla in meno delle altre: era bella, intelligente quel tanto che basta per capire quando è ora di farsi pagare il pranzo e lo shopping, una kunoichi di tutto rispetto che aveva combattuto bene durante la guerra, determinata, divertente e sapeva anche baciare. Insomma non le mancava niente, e allora perché non aveva un amante?
Il mondo era davvero un posto ingiusto. Che schifo.
 
Temari era stanca. Temari era annoiata. Temari aveva voglia di cioccolato e vomitare allo stesso tempo.
Tsunade la stava guardando, seduta dietro una scrivania di legno, mentre lei non voleva altro che tornarsene nella sua stanza e dormire beata per le successive quattro ore – subito dopo aver mangiato un chilo di cioccolato, ovviamente.
- Allora? – domandò, spazientita. Il silenzio dell’Hokage le stava facendo perdere la sua poca pazienza e tutto per colpa delle insistenze di Shikamaru. Ah quel maledetto, gliel’avrebbe pagata prima o poi.
Quella situazione assurda era cominciata il giorno prima, quando il Nara, che avrebbe ucciso a ventagliate in faccia il prima possibile, l’aveva trovata a vomitare nella tazza del water. Una scena meravigliosa e densa di romanticismo che il ragazzo aveva spezzato con la sua bocca inutile.
- Vedi? E’ questo quello che succede quando ti abboffi come un maiale. – aveva mormorato, appoggiandosi allo stipite dello porta e guardandola disgustato.
- Fottiti, idiota – aveva sibilato lei, tra un conato ed un altro. Non gli aveva accennato che il vomito c’era stato anche il giorno prima e quello prima ancora, non voleva essere presa in giro da quel coso insensibile. Era lontana da casa, dai suoi fratelli, dal suo villaggio e in quei giorni aveva avuto più fame del solito, che male c’era nell’abbuffarsi un po’ in compagnia di quella buon’anima di Choji? Avrebbe dovuto cominciare una storia segreta con L’Akimichi e non con il Nara. Dannato, dannato Nara.
- Fatti controllare da Tsunade o Sakura, non voglio che durante una riunione finisci per vomitarmi sui vestiti. Sarebbe orribile ed io sono facilmente traumatizzabile. –
Temari aveva risposto rifilandogli un calcio negli stinchi che lo fece borbottare per un bel po’, ma alla fine aveva seguito il suggerimento di quel piagnone e s’era fatta visitare dall’Hokage. Tsunade era stata veloce per sua fortuna e le aveva promesso i risultati entro il giorno successivo; per cui adesso Temari si trovava lì, in quel dannato ospedale, con una voglia matta di cioccolato e compiere l’omicidio del suo compagno.
Oh per tutti i Kami, l’aveva davvero chiamato compagno? Lo sapeva che l’aria di Konoha l’avrebbe portata alla follia come tutti i suoi abitanti.
- Nulla di preoccupante, Temari-san, - rispose Tsunade, seria in volto. La kunoichi sentiva che non era ancora venuto il momento di tirare un sospiro di sollievo. – ma la causa delle tue nausee non è una mal-digestione. -
- Oh – fu tutto quello che riuscì a dire, deglutendo per due volte di fila.
- Sei incinta – affermò la donna, lapidaria.
Ci fu un momento di silenzio imbarazzante che parve durare un’eternità. Nessuna delle due donne sembrava avere nulla da dire sulla recente scoperta, solo il vociare del corridoio ricordava ad entrambe di essere ancora in ospedale. Temari era… quale termine avrebbe potuto utilizzare? Shockata, arrabbiata, desiderosa di uccidere chiunque le fosse capitato a tiro. Quest’ultima non era un termine, ma una frase intera, eppure rendeva perfettamente il suo stato d’animo. Nara aveva praticamente i giorni contati.
Tsunade Senju, che ne aveva davvero passare tante nella sua vita, non riusciva a trovare le parole giuste per consolare la ragazza che aveva di fronte – che poi doveva essere davvero consolata? – e l’unica cosa che le venne in mente fu quella di invitarla a bere del sakè, ma trovò fosse una pessima, pessima idea soprattutto per il bambino. Forse Tsunade non era la persona adatta per occuparsi della questione.
- Ne sei sicura? – domandò l’ambasciatrice della sabbia con un leggero tremolio nella voce. – Non può esserci uno sbaglio? -
- No, mi dispiace. – fu la risposta secca del ninja-medico. Miglior ninja-medico, per cui le probabilità che ci fosse un errore erano davvero scarse. Temari strinse i pugni in grembo, quello stesso grembo che stava ospitando un bambino.
Avanti dillo… bambino.Un essere minuscolo e disgustoso che cresceva nella sua pancia e che forse un giorno avrebbe avuto i suoi lineamenti, i suoi occhi, la sua forza e la sua intelligenza – non poteva avere quella del padre poiché era evidente che la storia del quoziente intellettivo alto era solo una emerita cazzata.
Un bambino.
In fondo il pensiero non le parve così orribile.
- Capisco che sia difficile questo momento per te, - cominciò Tsunade, che non aveva perso l’aria seria. – ma vorrei sapere cosa avresti intenzione di fare. -
- Mi stai chiedendo se voglio tenerlo o meno? – sbottò senza astio, ma arrivando dritta al punto. La donna mosse il capo in avanti. – E’ mio figlio, non credo ci sia altro da chiarire. –
Per quanto si fosse sentita smarrita nell’attimo in cui le sue orecchie avevano percepito la notizia, Temari non aveva mai avuto dubbi. Non sarebbe stata la madre perfetta, ma lei sapeva che i figli non cercano la perfezione.
- Allora vorrei parlare con te per un po’, se non ti dispiace. Ci sono molte cose che devi sapere sulla gravidanza, su come deve essere portata avanti, quali rischi esistono e tanto altro che neanche immagini, ma forse adesso non sei nelle condizioni adatte per affrontare questo discorso – valutò la donna, notando come l’espressione di Temari si fosse fatta più dura, la mascella serrata e il piede, che batteva con insistenza sul pavimento, dimostrava una certa agitazione che la kunoichi sembrava voler nascondere. – Possiamo parlarne un altro giorno. Quando riparti per Suna? -
- Tra tre giorni esatti – replicò asciutta.
- Bene, abbiamo tempo a sufficienza, ma per ora è meglio che ti riposa.-
Temari si alzò di scatto, aggiustando il ventaglio dietro le spalle, desiderosa come non mai di tornare a casa. Non la stanza che le era stata riservata come ambasciatrice a Konoha, desiderava casa vera al suo villaggio. Cosa avrebbero pensato i suoi fratelli e come avrebbero reagito? Si sentì mancare il pavimento sotto ai piedi.
- Ti ringrazio, Tsunade-hime, - mormorò con il capo abbassato in segno di rispetto. – ma ti pregherei di non dire nulla ad anima viva o morta che sia. -
- Non hai intenzione di farlo sapere al Kazekage? – chiese l’altra. Il disappunto era chiaro sulla sua faccia. – O al padre? –
- Certo, non sono una codarda. - replicò sicura. In fondo era la verità: Temari aveva abbastanza fegato per affrontare una situazione del genere e i relativi incidenti diplomatici che ne sarebbero derivati. Forse Kankuro sarebbe svenuto, Shikamaru sarebbe morto e Gaara… beh lui al massimo l’avrebbe fissata con la sua aria impassibile.
A quel punto Tsunade non poté fare a meno di lasciarsi scappare un sorriso.
- Non me lo sarei mai aspettata da Nara. – bisbigliò. Temari la osservava con un sopracciglio alzato. – Insomma, si lamenta di continuo, vuole solo dormire e invece è stato il primo a… -
- Non continuare, ti prego – l’interruppe la kunoichi più giovane. – O la voglia di ucciderlo a colpi di kunai diventerà impossibile da reprimere. –
L’Hokage sospirò, sperando che Temari Sabaku no non lo uccidesse davvero. Per quanto scansafatiche fosse, Shikamaru era l’unico della sua generazione ad avere un po’ di sale in zucca e solo i Kami sapevano quanto avessero bisogno di lui nel villaggio della foglia.
- Temari-san? – la chiamò Tsunade proprio mentre stava per abbassare la maniglia della porta ed andarsene. La ragazza si voltò, lasciando trasparire una certa ansia. – Diglielo con delicatezza, non voglio che muoia di infarto. -
- Non preoccuparti, non voglio togliermi la possibilità di strozzarlo nel sonno o gettarlo dal monte dei Kage.- rispose con un sorriso inquietante.
Tsunade ne fu sinceramente preoccupata.
Aveva sempre pensato che Shikamaru fosse un ragazzo intelligente, perché allora s’era cacciato in quella situazione assurda con quella ragazza? Forse era masochista o forse il buon Asuma aveva sbagliato e il Nara era solo un povero idiota, altro che genio.
Mai come in quel momento l’Hokage sentì il bisogno di bere del sakè. Tanto, tanto sakè.
 
Era sera e lui aveva lavorato per tutto il giorno, per cui dire che era stanco era un vero e proprio eufemismo.
In realtà non aveva lavorato per tutto il giorno. L’assenza di quella donna dispotica e seccante proveniente dal villaggio della sabbia – villaggio che, a quanto pareva, dava natali a persone mentalmente instabili e portati a rovinare la vita al prossimo – gli aveva dato la possibilità di prendersi qualche pausa di tanto in tanto, un po’ per sonnecchiare sui documenti, un po’ per fissare le nuvole oltre la finestra. Quel giorno aveva addirittura mangiato da solo e nella quiete più assoluta – quiete interrotta dall’arrivo di Naruto, ma quello era stato un incidente che Shikamaru aveva liquidato in fretta. Tuttavia, e odiava doverlo ammettere, l’assenza di Temari un po’ lo disturbava.
Giusto un pochino.
E poi era preoccupato. Rovinargli ogni momento della giornata era il suo passatempo preferito e Shikamaru trovava strano e preoccupante il fatto che non l’avesse vista in giro.
Forse è davvero malata, constatò nella sua mente. Eppure quel pensiero lo trovava assurdo. Temari era una donna instancabile e a prova di malattie – non si era beccata mai neanche un raffreddore, nonostante il cambiamento di clima a cui era soggetta più volte l’anno.
A proposito di cambiamenti, la seccante donna sarebbe ritornata a Suna a tre giorni da lì e lui ancora non le aveva parlato. Cioè, ovviamente avevano parlato, soprattutto litigato, ma Shikamaru non aveva ancora trovato il coraggio di dirle quella cosa che da un po’ di tempo gli martellava il cervello.
Camminando tra le stradine di Konoha, scansando bambini urlanti, donne con le buste della spesa e ninja dalle tutine verdi – leggi come: Gai e Rock Lee che tentano di diffondere il credo della giovinezza -, il giovane Nara si ritrovò a ricordare come la sua storia, relazione torbida o come la si voglia chiamare, con Temari era cominciata.
 
La guerra era finita. Era stata sfiancante, aveva portato vittime illustri, ma alla fine la caparbietà dell’alleanza aveva dato i suoi frutti ed ora  se gran parte dei ninja si trovavano a festeggiare una vittoria su cui non tutti avrebbero scommesso, il merito era proprio di quella nuova generazione di ragazzi che non ne avevano voluto sapere di arrendersi ad uno squilibrato con la maschera, un tizio-serpente con gli occhiali e perverse ossessioni e un Uchiha uscito da chissà dove e per chissà quale assurdo motivo. Ah sì, distruggere il mondo per dimostrare la sua grandezza. Dannati Uchiha e i loro propositi omicidi.
I primi giorni erano stati i peggiori. Quelli erano stati  i momenti delle lacrime, delle preghiere per i caduti, dei feriti e delle loro urla. Quelli erano stati  i momenti degli addii.
Ma la tristezza scomparve non appena si appurò che avevano compiuto l’impossbile.
Dopo una settimana di intense riunioni tra Kage, l’alleanza aveva cominciato a sciogliersi: tutti sentivano la mancanza di casa. Gli ultimi a dividersi erano stati gli inseparabili alleati della Foglia e della Sabbia – più che alleati, amici ormai.
Il Kazekage in persona aveva insistito affinché i suoi shinobi accompagnassero i compagni, prendendo le redini del comando e lasciando che Tsunade si riprendesse dalle terribili ferite che aveva riportato durante lo scontro finale.
La sera in cui l’inevitabile accadde era l’ultima sera prima che la sabbia tornasse nel proprio paese, a seppellire i propri morti e a curare le proprie ferite. Naruto Uzumaki, l’eroe che aveva permesso la salvezza di tutti loro, si era intestardito a voler organizzare una festa. Quella macchia arancione non faceva altro che sfrecciare da una parte all’altra del villaggio, portando sciagura e distruggendo quel poco che non era stato già distrutto, nella speranza che la nonna-Tsunadegli desse il permesso per preparare una festa degna di tale nome. Ovviamente Naruto non aveva organizzato proprio un bel niente, non essendone capace, e tutto era ricaduto nelle mani della povera Sakura e di Ino, che si era messa in mezzo giusto per stare un po’ al centro dell’attenzione. A Naruto era stato affidato il compito di convincere Sasuke a partecipare, ma l’Uchiha era già stato convinto a tornare nel villaggio che aveva tanto odiato, non gli si poteva chiedere di partecipare ad una cosa tanto divertente come una festa. Sarebbe stato oltraggioso. E infatti non si presentò.
Ad essere presente c’era, però, Shikamaru che alla prima occasione era riuscito a defilarsi da quella accozzaglia di gente e a trovare un posto tranquillo dove sonnecchiare e fumare in santa pace.
- Sei così prevedibile – borbottò Temari, che l’aveva seguito in silenzio. Shikamaru si sedette ai piedi di un piccolo albero, accendendosi una sigaretta. La ragazza, non avendo ricevuto risposta, lo imitò. – Per colpa tua mi sto perdendo Rock Lee che cerca di convincere Gaara a ballare e il tizio col cane che sta sfidando Kankuro in qualcosa che non ho ben afferrato. -
- Nessuno ti ha detto di seguirmi. – replicò asciutto, espirando un po’ di fumo. Poi la sua mente fu catturata da un particolare. – Gaara che balla? – domandò, divertito da una possibile scena del Kazekage che si muove a ritmo di musica con quel pazzo di Lee.
Temari, accanto a lui, rise di gusto.
- Non lo farà mai, figuriamoci. – rispose. – Ho paura per l’altro però. La sabbia di Gaara può essere molto pericolosa. -
- Mmh – mugugnò Shikamaru, prendendo un’altra boccata. Poteva sentire lo sguardo di Temari addosso, ormai ci era abituato: spesso l’aveva sentito sulla propria pelle durante la guerra. Anche quando gli ordini li avevano separati, lo shinobi immaginava sempre quegli occhi sbruffoni perforargli la schiena. Stranamente lo facevano sentire al sicuro.
- Non avevi detto che avresti smesso dopo la guerra? – chiese proprio la ragazza, schioccando la lingua. Lo stava riprendendo, come al solito. Prima lo seccava perché una volta l’aveva visto piangere, poi perché era ancora un chuunin nonostante le sue abilità ed ora perché non riusciva a smettere di fumare. Temari era più seccante di Ino e sua madre messe assieme.
- E tu non avevi promesso di rompere meno? – replicò con tono scocciato. La ragazza roteò gli occhi.
- Come sei permaloso, piagnone – borbottò, avvicinandosi tanto da poter sfiorare la sua gamba con la propria. – Posso provare? – domandò a bassa voce, mordendosi il labbro inferiore. Shikamaru si voltò a fissarla, non si aspettava mica una proposta del genere. Ci pensò su per qualche secondo, facendo fremere d’impazienza la compagna al suo fianco, e immaginò sarebbe stato divertente vederla sputacchiare via il fumo, tossendo. Con calma – l’irruenza non era mai stata una sua dote – allungò il braccio per passare la propria sigaretta a Temari, ormai già consumata per metà, ma la ragazza, cogliendolo di sorpresa, gli afferrò la nuca, avvicinandolo tanto da far combaciare le sue labbra con le proprie.
Sarebbe stato un bacio casto, se la kunoichi, impetuosa nella vita come in battaglia, non l’avesse costretto a forza ad aprire la bocca ed approfondire il contatto. Shikamaru comunque, per quanto fosse svogliato ed un tantino misogino, non era mica scemo e, abbandonata la sigaretta al suo destino, decise di utilizzare le mani in attività più produttive, come l’esplorazione del corpo di Temari attraverso la stoffa verde del suo kimono.
La ragazza intanto continuava a baciargli le labbra, il collo, il mento con la stessa frenesia con cui Shikamaru la toccava. Forse aveva ragione Choji quando diceva che tra loro c’era tanta  tensione sessuale repressa.
Senza rendersene conto Temari aveva poggiato la schiena sull’erba, stendendosi e rendendo al ragazzo la vita ancora più complicata. Le era praticamente steso addosso, ma non poteva distendersi completamente o l’avrebbe schiacciata col suo peso – anche se dubitava fortemente che quella donna fosse tanto debole da farsi male. Si ritrovava quindi a stare in equilibrio precario, con un gomito posato a terra, accanto la testa di Temari, la bocca premuta su quella della ragazza e l’altra mano adagiata lungo il fianco. Proprio quando si azzardò a spostarla più in alto, in prossimità del seno, quella diabolica creatura lo spinse in modo tanto violento che Shikamaru per poco non sbatté la testa contro il tronco dell’albero.
Nel giro di due secondi Temari era in piedi ad aggiustarsi i codini sfatti. Da dietro un cespuglio sbucarono due figure a loro note, entrambe alte e slanciate con il copri fronte della foglia: la prima indossava la ormai tristemente nota tutina verde, due scaldamuscoli arancioni ripugnanti e un sorriso a trentadue denti decisamente inquietante; la seconda, molto più discreta, osservava la scena divertita – divertimento che era possibile intuire dall’unico occhio visibile, poiché tutto il resto del viso era coperto.
- Vi state perdendo la festa così, ragazzi! – esclamò gioviale il maestro Gai, assumendo una delle sue pose ridicole. Shikamaru sbuffò, massaggiandosi la nuca e alzandosi a sua volta.
- Infatti, è proprio quello che stavo dicendo a Nara. Come al solito voleva svignarsela e fare l’asociale. – rispose Temari con superiorità. Neanche notò l’occhiata seccata di Shikamaru.
A quella rivelazione il maestro Gai sembrava davvero dispiaciuto: tanto furore giovanile non poteva essere sprecato in modo tanto ignobile, bisognava fare qualcosa! Fortunatamente il maestro Kakashi, che non a caso di certe cose se ne intendeva, aveva ben capito cosa si celava dietro la finta indifferenza dei due ragazzi, per cui ritenne necessario intervenire a loro sostegno. Almeno qualcuno avrebbe messo in pratica i preziosi consigli de La tattica della pomiciata.
- Non dovevamo terminare la nostra sfida Gai? – domandò il copy-ninja, sperando di distrarre il compagno. Manco a dirlo, il maestro Gai, dopo aver saltellato, sferrato pugni a caso e blaterato qualcosa sulla bellezza della giovinezza, si riscosse e propose al suo rivale una corsa fino all’altra parte del villaggio. Kakashi acconsentì con un’alzata di spalle e schioccò un’occhiata maliziosa a Shikamaru, che era ancora impegnato a riprendersi da quello appena successo.
Temari, una volta appurato che Kakashi e Gai avessero cominciato la loro sfida, afferrò il ragazzo per la maglia della divisa.
- Smuovi il cervello e trova un posto adatto. – gli sibilò a pochi centimetri dalla faccia. Shikamaru avrebbe voluto domandarle: adatto a fare cosa? Ma era convinto che se se ne fosse uscito con una domanda del genere, tra l’altro dalla facile ed esplicita risposta, Temari l’avrebbe sicuramente abbandonato, tornando alla festa a divertirsi con qualcun altro, magari dopo averlo preso a pugni per la sua stupidità.
Arrendendosi al suo triste destino, Shikamaru chiuse gli occhi e assunse la solita posa che lo aiutava a pensare una strategia. Avendo gli occhi serrati ed essendo concentrato, non poté vedere l’occhiataccia che la ragazza gli rivolse. Con uno sbuffo Temari lo strattonò, ancora una volta, e se lo trascinò dietro.
- Muoviti, so io dove andare. -
Così, da quella volta, la camera offerta all’ambasciatrice della sabbia per i suoi soggiorni a Konoha divenne il loro nido d’amore. Kami, vallo a chiamare amore…
La camera di Temari era spaziosa e confortevole, stranamente piena di roba di dubbia utilità, fogli per le relazioni diplomatiche di suo fratello, kunai, il famoso ventaglio che per quella sera era stato tenuto al sicuro, ancora kunai, una spazzola che probabilmente la ragazza non aveva mai usato, di nuovo kunai e… wow, un reggiseno. A Shikamaru non fu permesso notare altri dettagli perché, dopo aver chiuso la porta alle sue spalle, la ragazza lo spinse con forza sul letto riprendendo da dove erano rimasti.
Sino a quel momento la situazione era stata nelle mani di Temari: lei era stata la prima a baciare, lei li aveva salvati dal magnifico duo Gai-Kakashi, lei l’aveva trascinato in camera; insomma tutto quel potere nelle mani di una donna stava dando parecchio sui nervi a Shikamaru, il quale era sì piacevolmente occupato in un’attività stancante ma proficua, tuttavia non ancora così rimbambito da scordare tutti gli insegnamenti misogini paterni. Con uno scatto, che gli costò una grandissima fatica, ribaltò le posizioni e Temari gli fu docilmente sotto. Con docilmenteShikamaru voleva sottolineare quanto la ragazza si fosse trattenuta dal rifilargli solo una gomitata nello stomaco, anche leggera a dire il vero, senza rompergli l’osso del collo.
Gli pareva strano come si sentisse così sicuro in una situazione per lui del tutto nuova. Anche Temari pareva sicura, forse fin troppo. Una fitta gli colpì lo sterno. Era stata Temari? No, lei era occupata a sciogliergli i capelli. Era geloso? No, impossbile. Troppo seccante essere gelosi. Stava per avere un infarto a causa della troppa fatica? Assolutamente plausibile.
In poco tempo i vestiti di entrambi volarono a terra e Shikamaru si ritrovò ad ammirare il corpo della kunoichi, corpo che per tanto tempo aveva intravisto da sotto la divisa della sabbia.
Però, cavolo… pensò. La pelle di Temari era bianca ed invitante, arrossata nei punti in cui poco prima si era posata la bocca del ragazzo; i capelli, insolitamente sciolti, cadevano distratti in parte sulle spalle e in parte sul lenzuolo candido; e i seni alti, sodi che sfioravano l’addome di Shikamaru erano decisamente più belli di come li aveva immaginati.
Era pur sempre un ragazzo, talvolta alcuni pensieri erano legittimati.
- Ti sei addormentato? – domandò Temari, dal basso. Nella voce una punta di sarcasmo che mal si accostava al momento che stavano vivendo. Quella donna non riusciva proprio ad essere un tantino più romantica.
- No… pensavo. – biascicò lui tra i denti. La ragazza si mosse, adagiandosi meglio sulla schiena e puntellandosi su un gomito; gli occhi verdi fissi in quelli del ragazzo e una gamba stretta al suo bacino che reclamava una certa attenzione.
- Non pensi che non sia un buon momento per pensare? – continuò Temari, trattenendo a stento un sorriso sardonico. Per poco Shikamaru non la mandò a quel paese.
- In realtà mi preoccupavo, - precisò il ragazzo, abbastanza irritato. Come al solito la kunoichi parlava sempre troppo. – nella stanza accanto non alloggiano i tuoi fratelli? –
- Mmh, sì. Perché? –
- E non pensi che potrebbero tornare? –
- Sì, ma questa è la mia stanza e ci faccio quello che voglio. –
- Se fossi in te, non la prenderei così alla leggera. Insomma potrebbero esserci problemi diplomatici. –
- Oh, dannazione! – sbottò Temari, spazientita. – Vuoi smetterla di pensare e riprendi a fare quello che stavi facendo?! –
- Scusami tanto, cercavo solo di preservare la mia incolumità. – rispose l’altro, sbuffando.
Temari continuava a fissarlo con la fronte aggrottata e le labbra corrucciate. Niente da dire: la ragazza si impegnava sempre di più per rendere il momento quanto più magicopossibile.
- Shikamaru – lo chiamò, pronunciando con calma il suo nome. Il tutto mentre erano ancora in una posizione non proprio comoda, soprattutto per lui, e con una parte del corpo che reclama attenzioni a gran voce. Sì, soprattutto da  lui. – Hai paura? – riprese la ragazza. La sua espressione s’era addolcita e il tono della voce pareva più conciliante. Nulla a che vedere con il sarcasmo di poco prima.
Shikamaru sospirò, appoggiando la fronte alla sua tempia: non gli andava di guardarla ancora negli occhi, beandosi della sensazione di sentire la pelle accaldata sotto la propria.
- Alla fine di questa seccante storia non metterti ad urlare ed inveire contro di me, però – mugugnò al suo orecchio. Il petto di Temari tremò in una risata soffocata. – E non fare paragoni con altri, grazie. -
La ragazza gli allacciò le braccia dietro al collo, stringendolo ancora più forte contro di sé. Shikamaru non riusciva a dire se quello fosse un gesto d’affetto o stava semplicemente tentando di soffocarlo.
- Pure complessato. – soffiò tra un gemito ed un altro, mentre il ragazzo affondava in lei con piccole spinte. – Comunque, a titolo informativo, non avrei nessun altro con cui fare paragoni. -
Quella affermazione per Shikamaru fu meglio di una dichiarazione d’amore con tanto di musichetta strappalacrime.
La loro prima volta, seguita poi da un’immediata seconda e da un’altra miriade nei mesi successivi, era stata… come avrebbe potuto definirla? Normale, ecco. Niente capriole o gesti melensi. Niente rose sparse per la stanza o perfomance da libri pornografici come quelli che leggeva Kakashi-sensei. Normale, ma indimenticabile. E Shikamaru, nel buio di una stanza che ancora odorava di sesso, si ritrovò a pensare se Temari non fosse proprio quella giusta. Quella dispotica, antipatica donna con cui avrebbe potuto passare il resto della vita, litigando di continuo e beandosi dei suoi sorrisi. Perché anche Temari, come sua madre, ogni tanto sorrideva.
 
Tuttavia quei pensieri, che avevano colto il giovane Shikamaru, erano stati abilmente dimenticati in un angolino nascosto della sua mente. Andiamo… Temari donna della sua vita? E tutto il suo bel piano che aveva costruito da ragazzino? La donna della sua vita non doveva essere né bella né brutta e Temari, da dopo quella notte, gli era sempre parsa bellissima; desiderava due bambini, un maschio ed una femmina, ma immaginare la compagna – oh Kami, l’aveva sul serio chiamata così? – incinta era davvero una cosa assurda nonché improbabile; ed infine vedeva la sua vecchiaia come un momento tranquillo, da trascorrere in compagnia di una moglie pacata ed amante dello shogi: Temari era tutto fuorché pacata, figuriamoci se l’avesse accontentato a giocare a shogi.
Eppure Shikamaru aveva sempre affermato di voler essere un ninja qualsiasi, ma, come la guerra aveva dimostrato, lui non era proprio uno qualsiasi. Non si hanno duecento di Q.I per niente, eh.
Perciò il suo bel piano non aveva più alcun senso e doveva ammettere che l’idea di passare il resto della vita assieme a quella dannata donna non era poi così male.
Aveva tentato di dirglielo durante una delle tante visite di Temari a Konoha, che ormai si svolgevano quasi ogni due mesi: non c’erano solo gli esami chuunin da preparare o le nuove reclute da addestrare, ma per qualsiasi rapporto, documento o semplice informazione che riguardava entrambi i villaggi, Temari veniva spedita dal fratello – quel buon Gaara che col suo silenzio capiva più di molti altri – nel paese del fuoco, approfittando di un’ospitalità che diventava sempre più gradita.
Ma Temari avrebbe accettato di vivere con lui a Konoha? Era questo ciò che faceva tentennare Shikamaru e lo portava a desistere, a vivere quella storia segreta come qualcosa di poco importante ed esclusivamente deleterio per la sua salute.
Ma il ragazzo aveva deciso: non poteva più aspettare, non poteva più rimanere a rimuginare rischiando di impazzire come l’Uchiha nei suoi momenti peggiori. In fondo la storia di Asuma-sensei insegnava, eccome.
Solo… come? Come gliel’avrebbe chiesto?
Ho preso una decisione, donna: verrai a vivere con me, per sempre.
No. Temari l’avrebbe ucciso già dopo la quarta parola.
Oh Temari, ho riflettuto a lungo e sono arrivato alla conclusione che percorrere sei giorni totali di viaggio solo per vederci di tanto in tanto è davvero troppo per le mie povere spalle stanche, quindi perché non ti trasferisci qui? Da me?
No. In fondo non era lui a spostarsi di continuo, per cui non poteva giocarsi la carta del “sono troppo pigro per viaggiare”. E poi quell’atteggiamento così remissivo era un insulto alla sua persona.
Avrebbe potuto pensarci lì per lì. Certo, gli sarebbe venuto spontaneo.
Perfetto, problema risolto. D’altronde non era un genio solo per salvare Konoha nel momento del bisogno.
Magari le porto dei fiori, pensò congratulandosi con se stesso per quel gesto di galanteria. Temari sarebbe capitolata nel giro di pochi minuti.
Forse.
Con la mente affollata da possibili strategie da adottare, Shikamaru si diresse nel negozio di fiori della famiglia Yamanaka dove vi trovò Ino ed il suo amico Choji.
- Ohi – li salutò, con uno sbadiglio. La stanchezza si faceva sentire ogni minuto di più.
- Shikamaru! – urlò la bionda, correndogli incontro. Choji, più dietro, lo salutò con una mano unta di olio di patatine. – Che ci fai qui? –
- Volevo una pianta. – rispose, guardandosi in giro. Non pensava potessero esistere tanti tipi diversi di fiori.
- Una pianta? – domandò Ino, scettica. – E che ci fai con una pianta? –
- Devo fare un regalo. – replicò, vago. Ma Ino Yamanaka non era solo una brava ninja, una bella ed intelligente ragazza, era anche e soprattutto una gran ficcanaso.
- Per una ragazza? – sussurrò provocante ed un tantino eccitata. I gridolini ne erano la prova evidente.
- Mmh, sì. –
- Complimenti, Shikamaru! – esclamò Choji tra un vaso di peonie ed uno di margherite azzurre.
- Oh e chi è? – domandò invece Ino, strattonandogli la maglia. – Shiho per caso? –
- Chi? –
- Ma come! Non mi dire che non ricordi il suo nome! –
- La ragazza della squadra di decriptamento – gli venne in soccorso Choji. Shikamaru ci pensò su per qualche secondo, poi gli venne in mente una ragazza dai capelli biondi e lunghi, con spessi occhiali che le ricoprivano gran parte del viso. Quella Shiho… beh, ricordava solo fosse molto intelligente e relativamente poco seccante.
- Non la vedo da un sacco di tempo – replicò con un’alzata di spalle. – Comunque, cosa mi consigli? –
- Come posso consigliarti una pianta se non conosco la persona a cui vuoi regalarla? – chiese Ino, esasperata dall’atteggiamento del compagno. Poi, come se fosse stata colpita da un fulmine, la sua mente, che non era ai livelli di Shikamaru ma sicuramente era tra le più geniali di Konoha, svelò il mistero della ragazza-fantasma di Nara. Se non era Shiho – e un po’ ne era contenta, quella ragazza era troppo scialba per stare con un eroe come il suo amico -, non era lei stessa e tipe come Sakura o Hinata erano assolutamente fuori discussione, esisteva solo un’altra a cui Shikamaru poteva voler regalare qualcosa.
- Temari! – urlò Ino, agitando il capo in modo melodrammatico. – Lo sapevo che prima o poi saresti finito tra le sue grinfie maledette! –
- Temari? – ripeté Choji con il sorriso di chi aveva capito tutto già da molto tempo.
- Potreste smetterla ed essere più discreti? – tentò Shikamaru, sbuffando. I suoi amici erano davvero troppo chiassosi. – A Konoha persino le pareti hanno le orecchie. –
- Complimenti ancora, amico. Temari è davvero una bella ragazza. – si congratulò ancora Choji, come se il suo amico avesse vinto alla lotteria.
- Ha la gonorrea – borbottò Ino, lugubre.
- Eh? – proferirono all’unisono i due maschi, guardando strano la bionda. Spesso Ino era davvero bizzarra e per di più senza un motivo apparente. Forse era tutta colpa della sua cotta per Uchiha, doveva averle fuso i neuroni.
- Niente, niente – rispose la suddetta, agitando la mano come a voler scacciare una mosca. – Comunque ho io quello che fa per te. –
Dopo qualche minuto Ino tornò con un una piccola piantina tra le mani ed un sorriso inquietante, roba che l’Uchiha sarebbe stato fiero di lei.
- Un cactus? – domandò Shikamaru, non molto convinto della scelta. – Sicura che vada bene? -
- Chi è l’esperta tra noi? – commentò la giovane, facendo ondeggiare la lunga chioma dietro la schiena e rifinendo il pacchetto che stava accuratamente sistemando attorno al piccolo cactus. Poi notò le occhiate dubbiose dei suoi amici. – Ovviamente era una domanda retorica, non dovete rispondere. – sottolineò con tono seccato.
- In effetti la scelta ha senso, se ci pensate. – se ne uscì Choji, meditabondo. – Il cactus è una pianta desertica e Temari viene dal deserto, insomma cosa c’è di meglio? Descrive perfettamente la sua persona. Accidenti Ino, sei davvero brava! – terminò il ragazzo, battendo un pugno sul bancone.
- Infatti, è una pianta grassa – aggiunse la ragazza, sempre con quel sorriso Uchiesco sulle labbra. – Descrive perfettamente la sua persona. –
- Grazie, Ino. – commentò Shikamaru, ignorando l’ultima affermazione. I suoi pensieri erano tutti concentrati sulla possibile reazione di Temari. Poteva chiamarla fidanzata? In fondo stava per chiederle di andare a convivere insieme, potevano definirsi coppia a tutti gli effetti.
- Oh di niente – mormorò Ino, salutando l’amico con una mano.
- Facci sapere come è andata! – urlò Choji, guardando Shikamaru sparire dietro la porta.
 
- Secondo te vuole chiederle di sposarlo? – domandò il ragazzone alla sua amica e compagna di squadra, Ino.
La giovane, seduta scompostamente dietro al bancone e con un’espressione addolorata in volto, rispose con uno sbuffo.
- Figurati, è ancora troppo giovane. – borbottò, mentre avvertiva una punta di cattiveria pervaderle l’animo. Non ce l’aveva con Temari, davvero. Tuttavia i pensieri della mattina tornarono a fare capolino nella sua testolina bionda, rendendola arrabbiata e triste allo stesso tempo.
- Choji? –
- Mmh? – rispose il ragazzo, mangiando uno snack che aveva tirato fuori da chissà dove.
- Io sono bella? –
A quella domanda il povero Choji strabuzzò gli occhi e per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. Tossicchiò un po’, guardando di sottecchi l’amica e finalmente comprese il motivo di quello stato d’animo che si addiceva molto più alla Sakura dei tempi andati, che all’allegra e sfrontata Ino.
- Sei la ragazza più bella che abbia mai visto – disse ed era sincero. Ino non aveva bisogno della sua tecnica di controllo della mente per saperlo. Sorrise, di un sorriso stanco ed un po’ infelice.
- E allora perché non ho nessuno che mi regali dei fiori? – chiese, lisciando pieghe invisibili del suo vestito viola.
- Ma tu hai un negozio di fiori – le fece notare Choji. Ino si lasciò andare ad una risata.
- Hai ragione – commentò, portandosi una ciocca dietro l’orecchio. Era quasi l’ora di chiusura ed il tramonto era visibile persino dall’interno. I colori caldi accarezzavano le rose rosse e bianche poste sul davanzale, creando un gioco di luci bellissimo.
- Forse non hai ancora incontrato quello giusto – mormorò il ragazzo, col capo abbassato.
- O forse non ho ancora capito chi sia – replicò lei, sentendo il buon umore tornare. – E comunque scommetto che Temari lo ammazzerà con quell’assurdo coso che ha per arma. – aggiunse per cambiare discorso.
- Ma è vera la storia della gonorrea? – chiese Choji, curioso e spaventato.
- Non lo so, - rispose Ino. – ma l’ho vista andare via dall’ospedale con una faccia tetra che sembrava promettere nulla di buono. –
- Oh, allora scommetto anch’io sulla dipartita di Shikamaru. -







Angolino-ino dell'autrice:
Buon ferragosto!  Ehm… quella che vi presento è una piccolissima storiella quasi senza senso che mi è venuta in mente di scrivere in un momento di noia assoluta. Per quanto la protagonista dovrebbe essere Ino (personaggio che, da brava squilibrata quale sono, amo assieme a tutto il suo team), non ho potuto fare a meno di inserire momenti romantici (?) tra Shikamaru e Temari, rendendoli a conti fatti protagonisti molto più della povera e bistrattata Ino. L’idea nasce, oltre che dall’immagine di Temari madre di un essere umano con metà codice genetico di Nara, dal fatto che trovo Ino uno di quei personaggi affascinanti, ma troppo poco approfonditi (sì, odio i protagonisti. Soprattutto la persona di Sasuke e anche quella di Sakura); ritengo che sia una di quelle ragazze sfrontate e sicure di sè, che sarebbero perfette accanto a qualsiasi maschio, eppure un dubbio mi assale: con chi, effettivamente, starebbe bene la Yamanaka? A dire il vero non so, perché, appunto, io la vedrei bene un po’ con tutti (forse tranne Naruto e Rock Lee), quindi non ho idea di come andrà a finire xD E’ la mia seconda fic su naruto, fandom su cui non sto parecchio, per cui vi chiedo di farmi notare gli errori fatti o… qualsiasi cosa vi passi per la testa xD Un grazie a chi leggerà e commenterà ^^
Ah soprattutto: ma i personaggi sono troppo OCC? Ho sempre il dubbio o.o

  
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