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Autore: Willow Gawain    16/08/2013    5 recensioni
Shintaro Kisaragi è uno dei personaggi protagonisti del Kagerou Project, una serie creata dal produttore Shizen-no-TekiP, anche detto Jin. Da due anni, quando la sua unica amica, Ayano Tateyama, si è suicidata lanciandosi dal tetto della scuola, Shintaro si è rinchiuso nella sua stanza rifiutando ogni contatto con il mondo esterno. La sua vita ora gira intorno allo stesso giorno ripetuto giorno dopo giorno, una ragazza virtuale che ha il potere di fargli saltare i nervi, lattine di Coca Cola, rimpianti e ricordi di un tempo perduto per sempre.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa non è la soluzione migliore, so che lo sai.

E alla fine di tutto questo sai già che l’unica cosa che troverai sarà un infinito senso di solitudine.

Mentre tu ripeti giorno dopo giorno lo stesso giorno, in questa stanza senza luce

Io mi sgretolo lentamente, la mia voce suona e risuona.

“Non capisco!”

E tu…

 

“Mi sono scocciato di un giocattolo che sa solo blaterare!”

{Artificial Enemy; Ene}

 

 

-         Lost Time Memory; Shintaro Kisaragi

 

È inutile che provi a capire: un programma per computer non può comprendere le emozioni umane; semplice e lineare, è un ragionamento che non ha bisogno di un QI al di sopra della media per essere formulato da chiunque.

Quegli occhi azzurri che mi fissano dall’altra parte della sottile parete di cristalli liquidi non sono veri, solo un insieme di pixel creati ad immagine e somiglianza di quelli umani.

Ma di umano non hanno niente.

Niente in te è come no, perché sei solo un programma.

E allora perché sei così tenace? Perché ti ostini a cercare di comprendere? Cosa sei, la creatura che vuole sorpassare il suo creatore? Il computer che si solleva sopra l’essere umano?

Haha, ridicolo

Quel sorriso che ti attraversa tutto il viso pallido e pulito, da perfetta ragazzina uscita da un manga, che mi rivolgi ogni mattina – quando ti piace illuderti che una notte di sonno ristoratore mi abbia convinto ad uscire di casa -, mi dovrebbe confortare.

Ma sia quel sorriso che quell’espressione preoccupata, quel continuo sollevarsi ed abbassarsi delle sopracciglia e gli angoli della bocca rivolti verso il basso, gli occhi socchiusi, come se stessi per piangere da un momento all’altro, è falso: è una dannata illusione.

 «Perché non guardi solo me?»

Perché tu sei un’illusione. Tu non esisti.

E quando ti ho risposto “amo le cose irreali”, era perché tutto ciò che amavo di reale lo avevo seppellito da poco.

 

«Padrone?»

«Sta’ zitta…»

Forse non intendevo dirlo veramente, quel brusco e cattivo “sta’ zitta”. È uscito spontaneo, scusami. A mia difesa posso dire che non ti odio a causa tua, Ene, è solo che quando il mondo è così nero sento come se l’oscurità mi inghiottisse vivo, e quel futuro di cui tanto ti piace parlare a me sembra solo un’incognita spaventosa che non sarò mai più in grado di affrontare senza di lei.

Secondo te sono patetico? Credo che chiunque definirebbe patetico qualcuno che non esce di casa da due anni, che vive ripetendo giorno dopo giorno lo stesso giorno, come in un loop di quei videogiochi tutti uguali con cui inganno il tempo.

E chi ci crederebbe mai che è già il 15 agosto?

Seduto sul letto dalle lenzuola distrattamente rifatte, sposto lo sguardo sulla finestra, da cui filtra una luce debole ma comunque capace di farmi dolere gli occhi.

Sono due anni che la luce del sole non mi illumina per intero, ho ormai quasi dimenticato che cosa si prova a sentire il calore dei suoi raggi sulla pelle scoperta.

«Quel mondo è un inganno ben architettato…» commento a voce bassa e roca, erosa dal poco uso che ne faccio «Sembra così luminoso e felice, e invece…»

E invece quel sorriso instancabile si nascondeva nel buio di una classe vuota per piangere di nascosto.

«Ayan-…

Afferro la testa tra le mani, le unghie che pressano contro le tempie fanno male, tanto male; forse facendomi male riuscirò a distrarmi, a non pensare a lei. Quel ricordo, per quanto ho provato e riprovato, non se ne andrà mai, sento che mi condurrà alla pazzia prima o poi.

 

«Sono preoccupata.»

«Neanche i miei genitori si preoccupano per me. Perché dovresti farlo tu?» rispondo io, acido.

No, Ene, non è compito di un computer preoccuparsi del suo padrone; smettila di imitare gli umani.

È irritante. Che scocciatura.

Fino a un anno fa pronunciare una frase simile mi avrebbe per lo meno fatto inumidire gli occhi o avvertire un magone in gola; adesso le parole mi escono di bocca senza freni o ripensamenti, poiché quella è la pura verità.

Nessuno si preoccupa più per me, forse solo Momo. È un fatto, è oggettivo, l’ho realizzato da un anno.

Non mi va neanche di domandarmi perché mi fa male il cuore a rifletterci bene.

 

Chiudo le tende accuratamente e mi lascio cadere senza forze sul letto, dando le spalle al computer.

Di questo mondo insensibile non voglio più saperne niente: dimenticatevi di questo ragazzo marcio e lasciatemi chiudere gli occhi, sprofondare ancora un po’ nell’oscurità amica che può nascondere le lacrime; lasciatemi ricordare ancora una volta il suo sorriso caldo come l’estate, quei tempi ormai andati…

Ahh, magari potessi addormentarmi e sognare di quei tempi, richiudermi nei miei sogni per sempre, sui banchi di scuola che non vedo da anni, con lei seduta al mio fianco che mi sorride.

Patetico, direbbero, rifiutare la realtà per rinchiudersi in un sogno.

Ma loro che ne sanno? Che ne sanno di quante volte l’ho vista cadere e frantumarsi a terra, in mille pezzi, in una pozza di sangue e con gli occhi vitrei rivolti verso di me.

“Perché non sei stato al mio fianco quando ho avuto bisogno di te, Shin-chan?”

Perché sono un codardo, lo so, un vigliacco che ti ha lasciata morire.

Nonostante ciò, ti prego, non distogliere da me i tuoi occhi…

«Non è così che affronterai il domani, lo sai?»

 

Ora basta.

 

Ho cercato di mantenere la mia sanità mentale in questi due anni, e non è facile farlo quando si vive rinchiusi nella propria stanza con la sola compagnia di un programma che parla a vanvera giorno e notte, di una pesante oscurità e di una marea di ricordi di un tempo che non tornerà mai più.

Ahh, cosa farei per riaverlo tra le mani, per poterlo stringere tra le dita così forte da non lasciarlo mai andare…

«P-padrone! Non posso respi-…

Un mezzo sorriso per un motivo a me ignoto si sta dipingendo sul mio viso, lo sento.

Credo sia la prospettiva di poter riavvolgere indietro il tempo e poter ripartire da quella sera...

«Pad…ro-…! Non… capisco…

Quella sera in cui tutto è cambiato per sempre.

Quando avrei dovuto asciugare le sue lacrime, e invece scappai via, spaventato dal pensiero del dolore che si portava dentro e che io non avevo mai visto.

«Pa… … …»

 

«Mi sono scocciato di un giocattolo che sa solo blaterare.»

 

E finalmente è il silenzio in questa stanza dove rimango solo io, in piedi, davanti a un computer che non ha niente di diverso da un qualsiasi altro.

Ho raggiunto una realizzazione: non sono riuscito ad oppormi a quell’oscurità che mi ha divorato vivo senza che io potessi farci niente.

Ed arrivati a questo punto non ha più senso trattenere le lacrime, le urla, tutto quello che dalla sua morte ho tenuto dentro di me.

E quello schermo che mi ha tenuto compagnia ora è muto, bianco e vuoto.

Grazie per esserti preoccupata per me quando tutti avevano smesso. Il mio odio per te non era colpa tua. Avevo bisogno di odiare qualcosa per non cedere alla disperazione. E ora che anche tu sei parte di un tempo perduto, non credo di avere altro da fare che raggiungervi entrambe…

 

Se sto camminando, non lo sento.

Se sto piangendo, non lo sento.

Non sto più male, il dolore è tutto improvvisamente scivolato via.

Mi resta solo una cosa da fare per essere finalmente in pace.

 

Prendo tra le mani le forbici, per un attimo il mio volto vi si riflette su.

Ah, allora è vero che sto piangendo.

 

Zack.

 

 

 

 

 

Note dell’autrice:

Hey, hey! Il mio account EFP aveva bisogno di una rispolverata, e quale migliore occasione di un’illuminazione fulminante? Per chi mi segue e attende la pubblicazione delle famose long di cui parlo da un anno, non disperate: ci sono quasi! Sto finendo la prima, credo che in pochi mesi la vedrete online ^.^

Adesso, siccome non c’è nessuno che mi segue, posso tornare alla realtà e spiegare il perché e il per come di questa fan fiction.

Innanzitutto, è ispirata a “Kagerou Project”, una serie di canzoni di Jin cantate da IA che stanno spopolando in Giappone, scalando le vette delle canzoni più ascoltate del mondo dei Vocaloid. Per chiunque non lo conosce, consiglio di informarsi, è davvero un progetto interessante.

In particolare, questa one-short è ispirata a “Lost Time Memory”, la mia canzone preferita tra quelle fin ora uscite, dedicata a Shintaro Kisaragi, per il quale ho una cotta, lo ammetto. La short si concentra soprattutto sulla route XX, ovvero quella in cui Shintaro si suicida dopo aver ammazzato (disinstallato)Ene. Se volete sentire la canzone e leggerne i sub ita, fate un click qui: http://www.youtube.com/watch?v=QxusMThGJ_U (grazie, Ran, per questi bellissimi sub!)

Spero di essere riuscita a tenermi In Character, erano diversi mesi che non scrivevo fan fiction.

 

Very well, ecco il mio omaggio (in ritardo) al Kagerou Project per il 15 agosto, giorno cruciale del progetto! Spero di aver fatto un lavoro gradevole ^^!

 

A presto,

Sely.

  
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