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Autore: _Eterea_    16/08/2013    2 recensioni
Buona sera a tutti!
Inizio dicendo che questa storia era stata scritta inizialmente per il contest "AU Storici" di A g n e, che ringrazio vivamente per l'ispirazione; però alla fine ho deciso di ritirare la storia perché sapevo che sarebbe diventata troppo lunga, e mi sarebbe dispiaciuto tagliare dei pezzi per farla rientrare nel limite.
Questa storia è un AU storico, un AU in generale e anche un Cross-over. Un vero casino, quindi.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: I deliri della Matta  -  col Paese delle Meraviglie.
Autore: Eterea_ (forum) _Eterea_ ( EFp)
Fandom: Disney
Personaggi: Alice Liddell (di Alice e il Paese delle Meraviglie); altri: sorpresa.
Lunghezza: minilong - sei capitoli (in teoria)
Genere: Generale, Malinconico.
Rating: Verde
Avvertimenti: AU, Cross-over
Periodo storico: Inghilterra, anni '90 (1992)
 
Note Autrice: Buona sera a tutti!
Inizio dicendo che questa storia era stata scritta inizialmente per il contest "AU Storici" di A g n e, che ringrazio vivamente per l'ispirazione; però alla fine ho deciso di ritirare la storia perché sapevo che sarebbe diventata troppo lunga, e mi sarebbe dispiaciuto tagliare dei pezzi per farla rientrare nel limite.
Questa storia è un AU storico, un AU in generale e anche un Cross-over. Un vero casino, quindi.
Per poter leggere e capire questa fanfiction, in realtà basta conoscere solo la storia (o il cartone Disney, o entrambi) diAlice nel Paese delle Meraviglie, che in pratica è la storia "base" di questa fanfiction.
I personaggi Cross-overati  vengono da altri cartoni Disney, ma visto che sono mescolati con i personaggi classici del Paese delle Meraviglie, non è essenziale conoscerli tutti.
Ovviamente non rivelerò ora chi è mischiato con chi, perché se no non ci sarebbe più gusto, invece svelerò il tutto nelle note finali per chi magari non è riuscito ad identificare qualche personaggio; in più c'è un personaggio speciale "a sorpresa".
Dico un altro paio di cose: questa storia è ambientata negli anni '90 che spero di essere riuscita a rendere almeno un pochino, e sempre la storia è scritta a mo' di diario segreto (cosa che non avevo mai fatto prima, perché in realtà non mi piace, però in questo particolare caso si prestava benissimo).

Infine ringrazio la bellissima, bravissima e pazientissima beta Charme che ha betato il capitolo, e probabilmente beterà anche quelli a venire. <3
Vi lascio alla storia e in fondo all'ultimo capitolo ci saranno le altre note... Buona lettura!

 


 

                                 I deliri della Matta                                 

col Paese delle Meraviglie

 
 
 
Capitolo 1:La Compagnia delle Meraviglie
 
 
Martedì, 15 Settembre 1992 - casa mia, sul mio letto.
 

Questa, sinceramente, credo sia stata la scelta migliore da fare.
 
Cara me stessa - perché sì, visto che sarò solo io a leggere quanto scritto qui, mi sembra assurdo salutare chiunque altro, specialmente un oggetto inanimato - questo è il primo giorno della mia nuova vita.
Accidenti, suona vagamente filosofico scritto così.
Sono stati vari i motivi che mi hanno spinta ad iniziare questo diario, e credo sia necessario spiegarli prima di cominciare veramente.
 
Primo.
 Sono arrivata alla conclusione che sarebbe ora di finirla con questa storia del "parlare da sola".
Ho sempre avuto bisogno di riportare i miei pensieri al di fuori della mente e quindi, fin da piccola, ho preso l'abitudine di chiudermi in completa solitudine e di esprimere i miei dubbi e perplessità ad alta voce.
Un metodo che consiglierei a tutti, se non fosse che dopo un po', specialmente se altra gente ne viene a conoscenza, questa abitudine può sembrare abbastanza strana.Anormale - diceva la mia insegnante.
Così, dopo anni di riflessioni, ho finalmente deciso di comprare questo piccolo quadernino e annotarvi sopra i miei pensieri.
 
Secondo.
 La notizia giuntami oggi.
 In passato non avevo trovato utile scrivere della mia vita, anche perché c'era davvero, davvero poco da raccontare. Sono sempre stata una brava, perché no, ragazza casa-scuola.
Non ho mai avuto molti amici, né ne ho tutt'ora,  principalmente a causa delle mie particolarità. Se chiedessi a qualcuno di descrivermi probabilmente userebbe almeno uno dei seguenti aggettivi: logorroica, stralunata, solitaria e strana. Addirittura matta, aggiungerei.
Quest'ultimo solo perché ho avuto la brillante idea di raccontare le mie fantasticherie a gente decisamente chiusa mentalmente.
Non che io abbia tentato di far cadere tutto ciò, non me ne è mai importato.
D'accordo, magari qualche volta posso esserci rimasta male, quando sentivo parlar male di me alle spalle, ma negli ultimi anni sono riuscita finalmente a corazzarmi contro le malelingue.
Ho vent'anni, dopotutto.
Ma torniamo alla notizia e al "secondo motivo" - l'avevo detto o no che sono logorroica? - per il quale ho deciso di appuntare i miei pensieri.
Qualche settimana fa arrivarono varie voci riguardanti un provino d'attrice che si sarebbe svolto qui nel Westminster. Essendo il nostro un piccolo quartiere, la notizia è riuscita ad arrivare per tempo anche alle orecchie della gente "fuori dalla comunità" come me.
Che opportunità! - pensai - un gruppo teatrale, che attraversa l'Inghilterra, ha bisogno di un'attrice sui venti/venticinque anni... potrei pensarci seriamente.
Quindi, dopo aver esposto quest'idea a mia madre - che si è dimostrata un po' scettica, a dirla tutta - ho preso il mio motorino e mi sono diretta all'audizione.
Sono ormai anni ed anni che sogno di diventare attrice; fin da quando ho cominciato a pensare seriamente al mio futuro, questa è stata l'unica opzione che io abbia mai preso in considerazione.
Secondo la mentalità di mia madre, entrare a far parte di questa compagnia teatrale oppure iniziare la carriera di donna cannone in un circo sarebbe la stessa cosa. Se mio padre fosse ancora in vita, invece, penso mi avrebbe accompagnata lui stesso al provino, augurandomi "buona fortuna" almeno ottanta volte prima di lasciarmi andare, come era solito fare sempre.
Lui sì che aveva l'animo artistico e la mia stessa linea di pensiero... diciamo che ho preso solo da quel ramo della famiglia. Ancora oggi mi chiedo cosa diavolo fosse passato nella mente di mia madre quando l'ha sposato: non esistono due persone più opposte.
 
Comunque.
Tornando a noi, quel sabato pomeriggio mi presentai nella piccola palestra di quartiere dove la Compagnia avrebbe tenuto le audizioni. Nonostante tutta la pubblicità che l'evento si era portato dietro, davvero poche ragazze si presentarono: effettivamente, considerando il genere di ragazzi che abitano in questa zona, la cosa non mi sorprese  più di tanto. Qui vengono cresciuti, fin da giovane età, medici, avvocati e operai di ogni sorta. Non c'è spazio per l'arte e lo spettacolo, cosa che ho sempre odiato oltre ogni dire.
Meglio per me - pensai, subito dopo - avrò più possibilità di essere scelta.
 
Già da come si presentarono i mezzi di trasporto della compagnia, capii che facevano davvero per me.
Il tutto era composto da sei camper, un furgoncino e una macchina blu. Nessuna sciccheria
di nessun tipo, l'insieme molto alla mano e decorato in modo decisamente buffo e allegro.
Matto, come me.
Pensandoci ora, la teoria di mia madre in questo caso non è andata molto lontana dalla realtà.
In più, il nome della Compagnia dice proprio tutto: "Paese delle Meraviglie". Decisamente poco tradizionale.
Eravamo una decina a fare l'audizione, la metà ragazze con cui sono praticamente cresciuta, ed iniziammo a parlottare e commentare aspettando un responsabile che ci dicesse cosa fare.
Si presentò a noi, qualche minuto più tardi, un tipo davvero particolare.
Non tanto per l'aspetto - vestiva in modo davvero normale e semplice, jeans sbiaditi e anonimi e una camicia bianca altrettanto banale - piuttosto per l'atteggiamento.
Ah, indossava anche uno di quei berretti che si portano di traverso sulla testa, mi sembra di ricordare che siano francesi… basco? Sì, un basco, al polso un orologio decisamente grande dipinto in modo particolare, e teneva con sé un ombrello lungo che usava a mo' di bastone da passeggio.
Comunque, a parte tutto questo, è stato il suo modo di fare a sorprenderci: la camminata, la parlata, l'atteggiamento nei nostri confronti; sembrava appena uscito da uno di quei film degli anni '40 - presente? - con Veronica Lake e Lana Turner, che io conosco grazie a mia sorella che ne è patita.
Si presentò velocemente come Jim Buck, poi segnò i nostri nomi su una lista in ordine di arrivo, ci chiese di aspettare ancora un momento ed infine disse che l'audizione l'avremmo fatta solo con lui.
Questo mi sembrò strano, a dirla tutta; di solito nei provini "seri" c'è più di una persona ad assistere, ma Jim spiegò che il Capo - così l'ha chiamato per tutto il tempo - preferiva lasciare questi incarichi a lui, il suo "braccio destro".
Quindi, dopo pochi minuti iniziò a chiamare i nostri nomi e ci presentammo dentro una alla volta; io fui la penultima.
Quando entrai nella palestra, nella quale ho passato praticamente metà della mia vita - essendo un paesino molto piccolo, tutte le feste di "paese" al coperto si tenevano lì - lo notai in un angolo, seduto su una panca e con un block notes in mano.
«Signorina Alice Liddell? Mi dica, quanti anni ha?»
« Ventuno, appena compiuti.»
Annuì convinto ed annotò sul taccuino. Notai che continuava a sbattere lievemente il piede per terra, quasi fosse un tic o avesse fretta. Non faceva alcun rumore, ma quel gesto dopo un po' iniziò ad irritarmi.
A seguito mi fece varie domande sulla mia vita e sul perché volessi entrare a far parte di quella Compagnia Teatrale, le risposte sembrarono soddisfarlo, poi mi lasciò presentare il pezzo che avevo preparato.
In ultimo, però, quando mi stavo ormai congedando, mi disse una cosa che mi lasciò un attimo perplessa.
«Molto bene, signorina Liddell, la contatteremo nei prossimi giorni. Spero vivamente che, se la sceglieremo, lei riesca a sopportare il clima e gli, come dire,equilibri della nostra piccola famiglia... molti se ne sono andati a causa di questi.»
D'accordo che già al primo impatto sembravano strani, ma detto a quel modo suonava come un avvertimento forzatamente tragico.
 
La notizia ricevuta oggi, comunque, è la lettera del qui sopra citato signor Buck, che mi informa di essere appena entrata a far parte della Compagnia del Paese delle Meraviglie.
Credo di essere seriamente impazzita dalla gioia nel leggere quel pezzo di carta, dove mi informava anche che questo venerdì dovrò presentarmi da loro con tutto l'occorrente per partire per il mio primo tour.
Dovrò organizzarmi seriamente, cercando di evitare come mio solito di fare pasticci.
 
Oh, chissà che impressione farò al resto della compagnia.
E, più che altro, chissà che razza di stramboidi saranno loro.
 

**

 
Venerdì, 18 Settembre 1992 - dalla mia nuova "casa", sul mio nuovo letto.

 
Sono ormai le undici e mezza e, nonostante io sia così stanca da riuscire a malapena a tenere in mano la penna, devo assolutamente annotare quello che mi è successo oggi.
 
Stamattina, come precedentemente programmato, salutai mia madre - praticamente in lacrime, è sempre stata melodrammatica - e mi diressi al campo in periferia dove sapevo avrei trovato i camper della Compagnia.
Mi accompagnò in macchina quella buon'anima della nostra vicina - Jenna Thompson, una vecchietta simpatica, anche se un po' pettegola - in modo che non dovessi farmi tre kilometri a piedi con tre valigie.
Ecco, devo confessare di non avere il senso della misura. Sbaglio sempre la quantità della roba che devo portare ogni volta in viaggio; a volte troppa, mentre altre decisamente poca. Non ce la faccio, come la quantità di sale da mettere nell'insalata... sono un disastro e il termine "mezze misure" non esiste nel mio vocabolario.
Quindi ho cercato di seguire i consigli di mia madre, per una volta nella mia vita.
Una volta arrivate, Jenna diede un'occhiata sbieca e scettica all'accozzaglia di veicoli colorati - che io già amo follemente - e dopo avermi salutata dolcemente, partì a tutta birra verso casa.
Non so chi le abbia dato la patente, ma doveva avere davvero qualche serio problema. Quella piccola Ford Anglia sembra volare ogni volta che Jenna la guida.
Dopo essere riuscita ad arrivare con fatica al camper più vicino, trascinando sempre dietro di me le tre valigie, rimasi lì ad aspettare. Ed aspettare.
Sinceramente, non ho idea di cosa stessi aspettando, magari un qualche segno di vita.
La postazione della Compagnia Teatrale sembrava deserta, ed erano le nove e mezza del mattino: non riuscivo a capacitarmi del fatto che potessero ancora dormire a quell'ora.
Okay, magari sono io ad essere strana alzandomi alle sei ogni mattina, ma - suvvia - le nove? E mezza?
Esagerato.
Così alla fine mi decisi e bussai alla porta del primo camper che - notai in un secondo momento - aveva impressa sopra una targhetta che diceva "Scat & Clock".
Bizzarri nomi, per degli attori - pensai.
Dopo qualche secondo sentii dei rumori sordi provenire dall'interno, finché finalmente la porta non si aprì.
L'uomo che mi ritrovai di fronte, e che mi fissò per un minuto buono con sguardo vacuo, non poteva avere meno di quarantacinque anni. Alto nella media, pienotto - specialmente per quanto riguarda la pancia - e con il viso coperto da una folta e nera barba ispida.
Si vedeva chiaramente che aveva cercato di infilarsi i pantaloni e la camicia troppo velocemente, infatti erano entrambi mezzi slacciati e la cravatta blu era solamente appoggiata attorno al collo.
«Chediavolo c'è, adesso?»
In quel momento capii di aver fatto uno sbaglio. "Mai svegliare il cane che dorme" dice il proverbio, anche se l'uomo che avevo di fronte, con quei baffi, assomigliava più a un grosso gatto.
Quando finalmente si rese conto della mia presenza, spalancò gli occhi e aggrottò le sopraciglia.
«Mi scusi, io stavo cercando Jim Buck... vede, sono la nuova-»
«Oh, signorina, mi perdoni. Mi dia solo un secondo.»
L'uomo tornò velocemente dentro il camper chiudendosi la porta alle spalle, mentre io rimasi ad aspettare fuori.
Quando tornò pochi istanti dopo era vestito completamente, ed indossava pure una bombetta.
Santo cielo, l'ultima volta che ho visto una bombetta è stato anni fa in un film di Charlie Chaplin! Infatti temo di aver fissato il cappello in modo così insistente che anche l'uomo se ne accorse.
«Sì, immagino sia passata di moda, ma le sono parecchio affezionato... Comunque, Clock mi aveva detto che saresti arrivata stamattina, ma in realtà non immaginavo così presto.» Mi tese la mano.
«Io sono Scott Lewis, per gli amici Scat... tu sei?»
Aveva parlato così velocemente che al momento rimasi un attimo frastornata, poi allungai finalmente la mano anche io. Inoltre aveva una voce graffiante, a cui però presto mi abituai.
«Mi chiamo Alice Liddell... ehm, Clock
Scott - o Scat - sghignazzò e poi mi fece cenno di seguirlo attraverso il campo.
«Oh, ti ci dovrai abituare, cara, qui ci chiamiamo tramite soprannomi, è ormai una tradizione di famiglia. Vieni con me, ti presento al resto del gruppo... Clock è mattiniero come te e credo sia uscito per fare gli ultimi acquisti prima della partenza. Comunque, come avrai capito, "Clock" è riferito in modo amichevole alla sua piccola ossessione sulla puntualità... Sarà felice di sapere che ora ci sarà qualcun altro oltre a lui ad alzarsi prima di pranzo.» Finì con un'altra sghignazzata, poi prese dalla tasca del pantalone una sigaretta e se la portò alle labbra. Arrivammo davanti ad un altro camper ma, dalla finestra di questo, notai dei movimenti interni. Alla fine ne uscirono un paio di ragazze: erano abbastanza bruttine, con dei lineamenti poco fini, ed erano gemelle. Una, però, aveva i capelli castani e l'altra degli sgargianti capelli rosso fuoco; erano alte e magre come due manici di scopa ed indossavano vestiti di tonalità sul rosso e blu.
«Buongiorno donzelle... Alice, ti presento Anja e Genoveva - o come diavolo si pronuncia - Fabel, ma sarai felice di sapere che le chiamiamo semplicemente Dee e Dum
Quella con i capelli rossi mi fissò per un momento vagamente annoiata, per poi rivolgersi a Scat.
«Lei è la nuova? Ci mancava, la bionda.»
la sorella si lasciò scappare un risolino acuto, mentre Scat le rispose sorridendo.
«Non credo Clock abbia usato questi parametri, ai provini... Lei è Alice, bé, buona colazione, fanciulle.»
Feci a malapena in tempo a salutare che l'uomo mi prese delicatamente per un braccio portandomi lontana dalle gemelle. Forse, però, è stato meglio... se avessi iniziato a parlare come al solito a macchinetta - insultandole, anche - non ce ne saremmo più andati.
«Dee e Dum... mi ricordano una filastrocca popolare che mi raccontava mio padre da piccola.»
«Esattamente, mia cara, non potevamo trovare nomi più azzeccati per quelle due. Sono notoriamente acide, specialmente con i nuovi arrivi, mi dispiace.»
«Oh, non c'è problema, ho passato la vita in compagnia di gente acida... e che fa battutine scontate sulle bionde, anche. »
Scat accese finalmente la sigaretta, aspirandone una grande boccata che poi buttò fuori, rivolto al cielo chiaro e sgombro di nuvole.
«Benvenuta a casa, allora.»
Arrivammo davanti ad un altro camper, però questa volta i proprietari si trovavano già all'esterno, intenti a sistemare il contenuto di una grossa scatola di legno.
Erano due ragazzini di quattordici o quindici anni, uno con i capelli nero pece, l'altro con un buffo cappello munito di orecchie in testa. Quello con il cappello sembrava un po' più piccolo dell'altro.
«Ragazzi,» esordì Scat «muovetevi a sistemare quella roba, va messa sul furgone di Dumb. Dov'è Billy?»
Il ragazzo con i capelli neri alzò le spalle.
«E' uscito stamattina con Clock. Lei chi è?»
Mi fissava interessato, con gli occhi spalancati.
« Alice, il nostro nuovo acquisto... Alice, ti presento Ace Tootles e Alvin Nibs; manca all'appello Billy Curly, ma per tua sfortuna lo incontrerai fin troppo presto. Puoi chiamarli anche Ace, Two e Three. Noi proseguiamo il tour delle Meraviglie, voi datevi una mossa.»
Una volta che ci fummo allontanati, Scat continuò a parlare.
«Sono tre orfani che il nostro Capo ha raccattato un paio di anni fa... sono un po' i "tuttofare" della Compagnia; ti ci affezionerai in fretta, vedrai.»
«Non lo metto in dubbio...»
Davanti al camper seguente c'era una sottile nuvola di fumo, nella quale si trovava un vecchio dalla pelle scura. Aveva un tatuaggio tribale rosso sulla guancia destra, e la barba bianca era intrecciata sotto il mento, lunga fino al petto. I capelli erano corti, sempre bianchi, e l'orecchio sinistro era pieno di orecchini.
Stava fumando un sigaro marrone - quasi consumato, ormai - e osservava la radura intorno con gli occhi socchiusi.
Quando ci fermammo davanti a lui ci rivolse un sorriso gentile.
«Èdavvero un ottimo mattino per ripartire, non credi, Scat?»
«Assolutamente. Questa è la nuova ragazza scelta da Clock. Alice, ho l'onore di presentarti Bruk Wyse, da noi chiamato semplicemente Bruk. Oltre ad essere un attore, si occupa delle scenografie e delle musiche di scena. Se hai bisogno di un consiglio, è a lui che devi rivolgerti, probabilmente l'unico con un po' di sale in zucca, qui in mezzo.»
«Sei troppo gentile... Alice, è un piacere conoscerti.»
Ci congedammo dopo un altro paio di minuti, quando arrivò una macchina blu che si fermò proprio vicino a noi. Alla guida si trovava Jim Buck, o Clock, insieme ad un altro ragazzino che poteva avere sui dodici anni.
Quest'ultimo aveva degli splendidi capelli ramati, era pienotto - specialmente in viso - e portava dei grandi occhiali rotondi. Assomigliava ad un tenero criceto.
«Buongiorno ragazzi... Three, porta quelle provviste ai tuoi fratelli e digli di dividerle tra i camper.» Esordì Scat, facendo un cenno al ragazzino.
Quando Three aveva ormai le braccia piene zeppe di buste, Clock lo bloccò e gliene prese una delle più grandi. «Questa,» disse in modo sbrigativo «la porto io al Capo; sia mai che tu lo vada a disturbare in un momento  creativo.»
Infine, si rivolse a me, sistemandosi con una mano il berretto in testa.
«Alice, sei arrivata puntuale, molto bene. Hai già conosciuto tutti?»
«Quasi, le mancano solo Dely e Dumb, e non ho idea di dove siano.»
«In realtà,» mi intromisi - giustamente - io «devo ancora incontrare il - ehm - Capo.»
«Oh, bé, per quello ce ne vorrà, di tempo. Il Capo non esce spesso dal camper, rimane tutto il giorno a scrivere i copioni e a progettare gli spettacoli... In più non parla con il cast, di questo se ne occupa Clock.»
Stavo per esprimere la mia perplessità a riguardo, quando venimmo interrotti da due uomini.
Direi che, fino a quel momento, fossero le persone assolutamente più assurde che io avessi mai visto.
Dal colore della pelle e dalla fisionomia dedussi che erano orientali - poi ne ebbi la conferma una volta presentati - il primo era molto alto, con due spalle gigantesche, i capelli e la barbetta ispida corvini con strane sfumature bluastre, il ventre prominente e gli occhi neri profondi. Il secondo era leggermente più basso e magro, con i capelli lunghi legati dietro la nuca; gli occhi azzurri erano vivaci.
Il bestione con i capelli blu appena mi vide mi strinse la mano vigorosamente, sorridendomi deliziato.
«Oooh, guarda un po' cosa ci ha portato Clock! Eh, Dumb? Io sono Helmy Ab-Dely, ma chiamami pure "Dely", lui è mio cugino Marzouq Jasmen - non temere, non c'è bisogno che lo impari - ma chiamalo semplicemente Dumb... In realtà non è vero che è taciturno, è solo che non ha ancora imparato l'inglese quindi parla solo con me in arabo e nessuno qui lo capisce. Ma forse è un bene, considerando la carrellata di idiozie che tira fuori ogni secondo.»
Quando finalmente si fermò per prendere fiato, lo stavo fissando sconvolta.
«Oh oh oh» ridacchiò «Non so ancora il tuo nome.»
«Si chiama Alice, Dely, e avrai modo di conoscerla stasera, ora dobbiamo davvero partire o non arriveremo in tempo a Slough. Di' a Dumb di mettere in moto il furgoncino e di prepararsi a partire.» Scat, una volta concluso, gettò via la sigaretta e lanciò uno sguardo incerto all'uomo magro che ancora non aveva aperto bocca, ma che fissava tutti esaltato.
«Ma certo, tanto ormai sei una di famiglia, Alice, domani mattina potresti venire con noi a prendere una tazza di tè... Nonostante non siamo originari Inglesi amiamo il tè e ne beviamo almeno cinque tazze al giorno. Sei la benvenuta.» Poi disse qualcosa in - probabilmente - arabo a Dumb e si allontanò salutandoci almeno altre quattro volte.
«Bé,» iniziai guardando esitante Scat «un tipo particolare, non c'è dubbio.»
«Assolutamente, ma con il tempo imparerai che una persona davvero "normale" qui in mezzo non esiste. Dopotutto questa è un'accozzaglia di artisti, o no?»
Risi, mentre mi accompagnava al mio futuro alloggio.
«Se voi siete matti anche solo la metà di quanto lo sono io... credo che questa convivenza andrà più che bene.»
«Lo spero davvero.»
Infine mi lasciò.
Ok, bé, riassumendo, abbiamo impiegato un paio d'ore per arrivare a Slough e un'altra oretta per raggiungere il teatro.
Abbiamo pranzato e successivamente iniziato le prove.
E' stato assolutamente fantastico. Mi sono divertita immensamente e credo di aver fatto una buona impressione agli altri.
La prima è domani sera e non vedo davvero l'ora, spero di non fare una pessima figura.
Ah, divido il camper con Dee e Dum, che per il momento mi ignorano bellamente... ma sinceramente la cosa non mi tocca più di tanto.
Come ho detto all'inizio sono stanca morta e non vedo l'ora di chiudere gli occhi e dormire.
Quindi - cara me stessa - ci aggiorniamo domani sera.

Uh, devo ricordarmi di chiedere agli altri qualche informazione in più sul Capo... non so, ma tutto questo mistero mi incuriosisce parecchio. 





 
   
 
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