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Autore: Fabi_    16/08/2013    3 recensioni
Annalisa le aveva detto che aveva vissuto da sola in un appartamento anche troppo grande per lei che le avevano lasciato in eredità i suoi genitori, e che suo fratello da poco era andato a vivere con lei dopo un lungo periodo di lavoro all’estero. “Dovresti conoscerlo,” le ripeteva ogni volta che ne aveva l’occasione. “Perché non vieni da me per cena una sera?”
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Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Alessia'
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Questa storia partecipa al contest di Aras "E tu chi scegli?" indetto su Efp forum, fa parte di una raccolta composta da una drabble, una flash, una one-shot (questa) e sarà seguita da una long-fic.
Ringrazio chiunque legga o commenti. Alla prossima!


A volte vale la pena di mettersi in gioco

  
    

Durante i primi due mesi di lavoro alla pasticceria, Alessia passava la maggior parte del tempo tesa, rivolgeva la parola ai clienti il meno possibile e si concentrava sull’essere il più professionale possibile.

Elena le aveva detto che era più che normale che avesse difficoltà a gestire tutti gli aspetti di quel lavoro, che in realtà era abbastanza complicato, e le aveva lasciato il tempo necessario ad abituarsi al cambiamento e a rilassarsi un po’.

Dopo sei mesi, finalmente aveva cominciato a sentirsi a suo agio e spesso se ne stava da sola dietro il bancone mentre Elena cucinava e guarniva dolci che Alessia trovava semplicemente perfetti.

Alessia aveva gusti piuttosto classici: i suoi preferiti erano i cestini di pastafrolla con la crema pasticcera e le fragole, ma adorava le bavaresi e i cannoli alla crema.


Da quando si era ambientata, le piaceva osservare i clienti della pasticceria e provare a indovinare cosa avrebbero ordinato. Col tempo aveva iniziato a prendere il lavoro con più tranquillità e a parlare con i clienti abituali, dando anche consigli e facendo anche qualche chiacchierata nei momenti meno frenetici.

Aveva conosciuto qualche persona interessante, tra queste c’era Annalisa: una donna sportiva poco più che trentenne, con un viso dai tratti regolari e la pelle luminosa. Faceva la personal trainer in una palestra alla quale Alessia prima o poi si sarebbe iscritta (ne aveva l’intenzione, era già qualcosa). Annalisa andava in pasticceria una volta alla settimana a fare colazione e ogni tanto passava a prendere un vassoio di pasticcini mignon o una crostata.

Col tempo, avevano preso confidenza e si erano aperte molto l’una con l’altra.

Annalisa le aveva detto che aveva vissuto da sola in un appartamento anche troppo grande per lei che le avevano lasciato in eredità i suoi genitori, e che suo fratello da poco era andato a vivere con lei dopo un lungo periodo di lavoro all’estero. “Dovresti conoscerlo,” le ripeteva ogni volta che ne aveva l’occasione. “Perché non vieni da me per cena una sera?”

Ad Alessia questa sembrava una proposta di appuntamento al buio, per questo aveva rifiutato ripetutamente. La sua vita aveva preso una piega che le piaceva molto, ma era cambiata in modo radicale e lei non era ancora del tutto a suo agio con i cambiamenti che si erano riflessi sulla sua personalità e non aveva voglia di preoccuparsi di corteggiamenti e di quello che ne conseguiva. Nonostante questo capitava che le due andassero insieme in giro per negozi, approfittandone per chiacchierare. Alla fine, quindi, Alessia aveva accettato di andare in palestra a giocare a tennis, cosa di cui sicuramente si sarebbe pentita vista la sua scarsa forma fisica.


La sua tuta da ginnastica risaliva alle scuole superiori. Alessia immaginava che non ci sarebbe entrata neanche pregando, invece per sua fortuna era elastica e non ebbe particolari problemi. Non le stava troppo bene, ma il risultato superava le sue aspettative.

Una volta arrivata alla palestra, trovò Annalisa alla reception. “Ciao! Ma... Lavori?”

“Sì, la mia collega non è ancora arrivata e io la sto sostituendo. Comunque qui ci sono la racchetta e le palline, puoi andare al campo intanto. Gli spogliatoi sono da quella parte, in fondo al corridoio, mentre il campo è il numero tre. Io arrivo tra poco, ma ci sono già gli altri, puoi iniziare a riscaldarti.”

Alessia annuì, anche se non aveva pensato che avrebbero fatto un doppio, cosa che comunque la tirò un po’ su di morale, visto che avrebbe dovuto correre meno e forse non si sarebbero accorti di quanto fosse fuori forma.

Al campo c’erano due uomini: uno era vestito di tutto punto, probabilmente un istruttore come Annalisa e, poco prima che lei si annunciasse, si esibì in un servizio perfetto che fece volare un insulto da parte del suo avversario, che invece pareva molto più simile ad Alessia in quanto a forma.

“Buongiorno! Tu sei Alessia?”

I due uomini si avvicinarono a lei, presentandosi come Luca, uno dei colleghi di Annalisa, e Diego, suo fratello, che respirava affannnosamente.

“State giocando da molto?”

“No,” rispose Luca. “Solo un po’ di riscaldamento.”

“E questo sarebbe il riscaldamento? Io ho finito di scaldarmi dieci minuti fa, come faccio a giocare una partita intera?” Diego parlò boccheggiando e Alessia sorrise, felice che ci fosse qualcuno altrettanto poco allenato.”

“Allora, ti riscaldi tu, va bene?” Luca rivolse minaccioso la racchetta contro Alessia, che tentò di esibire un’espressione convinta e si diresse verso la sua metà campo.

Aveva giocato a tennis molto tempo prima, ma non era mai stata brava. Fece qualche servizio e tentò di rispondere alle palle semplici di Luca, non sempre con risultati positivi. Lui la incitava, ma probabilmente lo faceva perché era il suo lavoro.

Quando arrivò Annalisa, iniziarono a giocare. Il contrasto che c’era tra i professionisti e i dilettanti era imbarazzante: Alessia era vestita un po’ a caso e si muoveva il meno possibile, senza fiato quasi da subito. Tentava di buttare la palla dall’altra parte e quando riusciva a colpirla si preoccupava poco di dove andasse a finire. Annalisa invece era leggera e letale sul campo, così come il suo collega, entrambi erano precisi e riuscivano a decidere sempre dove mandare la pallina.

La partita terminò due ore dopo, Luca e Annalisa si diressero agli spogliatoi molto in fretta, mentre Alessia e Diego fermarono un attimo a prendere fiato.

“Non ricordavo che fosse così lunga una partita di tennis,” Alessia continuava a sudare. “Bello, però.”

“Sì, bello. La prossima volta giochiamo io e te, così miglioriamo un po’. Che ne dici?”

“Ci sto. Peggio di così non potrà andare, non giocavo da anni. Non so come abbia fatto a convincermi tua sorella.”

“Ha convinto anche me a giocare oggi, da piccoli capitava che facessimo qualche partita insieme, e mi piaceva anche, ma saranno dieci anni che non prendo in mano una racchetta e si è visto.”


Andarono a giocare insieme altre quattro volte. Alessia all’inizio l’aveva presa molto sul serio, come aveva fatto col lavoro. Si concentrava sui servizi e non sapeva quanto a Diego piacesse osservare la sua espressione concentrata mentre lanciava la pallina in aria per poi colpirla. A lei invece piacevano di più i momenti tra un game e l’altro, quando Diego scherzava o, semplicemente incitandola a perdere, la rendeva serena e la convinceva che avrebbero giocato di nuovo insieme.

Vinceva quasi sempre lui, ma Alessia non era una persona molto competitiva, quindi le importava poco di vincere e doveva ammettere che da quando giocava regolarmente si sentiva molto più rilassata. Gli aveva proposto che il vincitore pagasse da bere all’altro a fine partita e lui ora le ripeteva continuamente che non ci pensava neanche a far pagare una signora e che per questo si impegnava così.


Si erano trovati bene insieme da subito, ma nessuno dei due aveva ancora fatto un passo verso l’altro. Alessia perché pensava che le andava bene così e spesso le capitava di ringraziare quei chili di troppo che la rendevano, a suo parere, un’amica ideale, ma che le toglievano la sicurezza per fare il primo passo. Lui, invece, aveva parlato con sua sorella, che gli aveva spiegato quanto Alessia le avesse ripetuto che non voleva appuntamenti.


Un lunedì pomeriggio, la partita era finita tardi perché era stata molto combattuta.

“Allora, visto che ho vinto, questa sera ti offro una pizza,” Diego sorrideva annuendo, incitandola ad accettare.

“Addirittura? Non serve, sai.”

“Lo so che non serve. Ma ne ho voglia. E poi così possiamo andare a casa, cambiarci e uscire alle otto, magari.”

Alessia pensò che voleva accettare. “Ok, allora ti spiego dove abito.”


Arrivata a casa, Alessia spalancò l’armadio e cominciò a disperarsi: non aveva quasi niente che non usasse per il lavoro, perché lei sceglieva i vestiti per la comodità e non per l’eleganza.

Dopo più di mezz’ora, scelse una gonna lunga - comoda e non troppo impegnativa - e una semplice maglietta dalla forma morbida, che era la sua preferita. Aveva due vestiti che le stavano anche bene, ma li aveva esclusi perché le sembravano troppo seri per una pizza.

Si mise a posto i capelli, che generalmente dopo la doccia alla palestra erano tutt’altro che perfetti. E si mise un filo di trucco, preoccupandosi che si vedesse il meno possibile, perché aveva l’impressione che prepararsi troppo per una cena con un amico fosse una sorta di confessione: forse doveva ammettere di avere qualche secondo fine.


Scese puntuale e lo attese lungo la strada, gli aveva detto che le case erano tutte uguali e che era difficile dare un punto di riferimento, per questo sarebbe scesa ad aspettarlo.

Faceva caldo e lei era abbastanza nervosa.

Non dovette aspettare più di dieci minuti. La portò alla pizzeria più vicina, dove Alessia a volte prendeva una pizza per asporto . Si sedettero nel giardino interno, perché entrambi preferivano un po’ di caldo in più all’aria condizionata.

Il menu era lunghissimo.

Alessia impiegava sempre molto tempo a scegliere perché le piaceva cambiare, ma quella volta era più complicato.

Una margherita aveva troppo poca personalità, mentre la frutti di mare era la più costosa, non era il caso che la prendesse visto che doveva pagare lui. Una pizza con la cipolla sarebbe stata troppo poco femminile, mentre una con le verdure l’avrebbe fatta passare per una fissata col cibo sano. O forse no, visto che lavorava in pasticceria e che stava per mangiare una pizza.

Dopo qualche minuto, decise che avrebbe preso una pizza con zucchine e prosciutto, che considerava una scelta bilanciata, accompagnata da acqua naturale.

“Hai scelto?” Gli aveva chiesto.

“Più o meno da dieci minuti, ma tu fai pure con calma.” Diego sorrideva, era stato interessante osservare i suoi cambi di espressione e la sua concentrazione da sopra il menu.


Dopo aver ordinato, iniziarono a parlare del più e del meno. Così Alessia scoprì che Diego non aveva in programma di restare ancora per molto a vivere con Annalisa: aveva studiato lingue e aveva passato l’ultimo anno a lavorare nel consolato italiano a La Paz. In passato aveva fatto il traduttore in una casa editrice poco conosciuta, mentre in quel periodo scriveva e traduceva pezzi per un’azienda che faceva siti web. Alessia sapeva poco di quel mondo, così gli fece domande per tutta la durata della cena, impedendo in questo modo a lui di fare altrettanto.


“E tu? Lavori in quella pasticceria, ma per il resto?”

Alessia gli parlò di sé mentre beveva il caffè: fece un riassunto sincero della sua vita dall’università all’ultimo impiego e gli disse quanto fosse entusiasta di quel mondo nuovo del quale non avrebbe mai pensato di fare parte. Ammise di sentirsi meno vecchia e più allegra e lo invitò alla pasticceria.

“E vivi da sola?”

Lei rise. “Sì, da sola.”


Era ora di andare, ma entrambi sapevano che quella sera avrebbero potuto attraversare o no il confine dell’amicizia.

“Sto sempre bene con te,” Alessia lo confidò mentre stavano per salire in macchina.

“Mi fa piacere, era quello che pensavo anch’io. Pensavo anche che dovremmo uscire insieme anche altre volte, magari anche non per giocare a tennis.”

“Sono d’accordo.”

Le parole li spingevano a vincere l’ansia provocata da quello che sarebbe potuto succedere: si avvicinavano lentamente l’uno all’altra. Altrettanto lentamente lui le prese le mani.

Alessia pensò che tutte le sensazioni che aveva provato con Diego fino a quel momento erano state positive e che non si era mai sentita così bene con qualcuno.

Mentre lui le accarezzava il braccio, lei pensava che quelle sensazioni le erano mancate; mentre la baciava, o forse era stata lei ad avvicinarsi a lui per baciarlo, le sembrava che ogni scelta che aveva fatto nell’ultimo periodo era stata quella giusta, perché l’aveva portata a conoscere Diego e Alessia sapeva che se non si fosse trovata costretta dal mulinare degli eventi che l’avevano portata lì, forse lei avrebbe continuato ad aspettare.

Quello era solo l’inizio, lo sapevano entrambi.


      
   
 
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