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Autore: Harmony394    17/08/2013    10 recensioni
Aprì la porta e si avvicinò cautamente al Punkettone, che si era giusto svegliato e si stava massaggiando la testa, emettendo strani grugniti di disappunto e mormorando parole in una lingua che lei non conosceva – ma che era certa non significassero nulla di gentile.
Quando poi lui alzò lo sguardo su di lei, rivelando i suoi famelici occhi verdi e sussurrando uno stentato “Oh, no. Lei no…”, i nervi di Darcy crollarono e la sua mazza da baseball sferrò un colpo decisamente brutale alla nuca del Punkettone. Lui, che aveva alzato un dito per dire qualcosa, rivoltò gli occhi e cadde nuovamente a terra. Più morto che vivo.
Inizialmente, Darcy non capì bene ciò che era successo. Ma quando lo realizzò, andò nel panico e prese a girare per casa urlando imprecazioni e agitandosi come in preda alle convulsioni, terrorizzata perché aveva preso a mazzate un uomo che, fra le altre cose, era davvero carino.
Restò alcuni minuti in silenzio a studiarlo con minuzia e sospetto prima di decretare che, forse, era giunto il momento di chiamare un’ambulanza.

[LokixDarcy] [OneShot]
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Darcy Lewis, Loki, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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~Cigno ad ali spiegate
 
 Blue jeans, White shirt
Walked into the room you know you made my eyes burn
It was like, james dean, for sure
You so fresh to death & sick as ca-cancer
You were sort a punk rock, I grew up on hip hop
But you fit me beter than my favourite sweater, and I know
That love is mean, and love hurts
But I still remember that day we met in december, oh baby!

Blue Jeans – Lana Del Rey
 
 
 


La prima volta in cui lo aveva visto era stata ad un orario davvero indecente, in una serata afosa come poche e con addosso solo delle mutande a vita alta e un top con un pony stampato sopra – perché sì, anche se non lo avrebbe mai ammesso, adorava i pony. Insomma… erano così carini!

Era successo tutto all’improvviso e lei aveva fatto appena in tempo ad aprire un occhio, giusto per accertarsi di non essere morta, che BOM! qualcosa  – o meglio, qualcuno – le era piombato dritto in casa, sfracellandole il muro dell’entrata e facendole gettare un urlo terrorizzato.

Si era precipitata fuori dalla stanza, andando a sbattere diverse volte contro i muri che sembravano sbucare da tutte le parti e che non ricordava nemmeno fossero lì, imprecando ad alta voce e con ancora la vista appannata dai resti del sonno, per poi spalancare la porta della cucina, accendere le luci e ritrovarsi davanti un tizio dai capelli neri, spiaccicato sul pavimento, con un abbigliamento decisamente eccentrico e l’aria da punkettone.

Forse in un altro momento lo avrebbe persino trovato attraente, quel punkettone coi capelli troppo lunghi, ma quello non era quel momento. Dunque, l’unica cosa sensata che era riuscita a fare era stata sgranare gli occhi terrorizzata e correre nuovamente nell’altra stanza, in cerca del telefono per chiamare la polizia.

Stava per pigiare il tasto verde per azionare la chiamata, quando un’idea – una pessima idea – le balenò in mente e la fece desistere. Cioè, non è che avesse poi tutti i torti, in fondo chi diavolo le avrebbe creduto se avesse detto che uno sconosciuto le era piombato in casa dal cielo in piena notte? Nessuno, ecco chi. Quindi si era munita di mazza da baseball e aveva persino indossato un berretto da ricevitore – lei e Selvig si divertivano sempre un casino a giocare a baseball! – e si era diretta nuovamente in cucina. In mutande. Con un top dei My Little Pony e un berretto da ricevitore da baseball in testa.

Aprì la porta e si avvicinò cautamente al Punkettone, che si era giusto svegliato e si stava massaggiando la testa, emettendo strani grugniti di disappunto e mormorando parole in una lingua che lei non conosceva – ma che era certa non significassero nulla di gentile. Quando poi lui alzò lo sguardo su di lei, rivelando i suoi famelici occhi verdi e sussurrando uno stentato “Oh, no. Lei no…”, i nervi di Darcy crollarono e la sua mazza da baseball sferrò un colpo decisamente brutale alla nuca del Punkettone. Lui, che aveva alzato un dito per dire qualcosa, rivoltò gli occhi e cadde nuovamente a terra. Più morto che vivo.

Inizialmente, Darcy non capì bene ciò che era successo. Ma quando lo realizzò, andò nel panico e prese a girare per casa urlando imprecazioni e agitandosi come in preda alle convulsioni, terrorizzata perché aveva preso a mazzate un uomo che, fra le altre cose, era davvero carino.

Davvero un ottimo lavoro, Darcy. Lo hai ammazzato. La medaglia d’oro per “La cittadina più inutile di tutto il New Mexico”, va a te, congratulazioni!, si era ritrovata a pensare, mentre continuava ad osservare il Punkettone dai capelli troppo lunghi e i vestiti eccentrici steso a terra.

Restò alcuni minuti in silenzio a studiarlo con minuzia e sospetto prima di decretare che, forse, era giunto il momento di chiamare un’ambulanza.

~
 
La seconda volta che lo aveva visto invece era stata a New York, in compagnia di Jane, Thor e un tizio di colore che le ricordava davvero tanto l’agente segreto di Lilo&Stich – com’è che si chiamava? Cobra… Cobra… oh, al diavolo! – con uno strano accento del sud; precisamente in una sottospecie di base segreta – Lo S.H.I.E.L.D, avevano detto di chiamarsi – e a lei era sembrato di essere sul set di uno dei film di 007.

Il tizio di colore e Thor le avevano posto una cinquantina di domande, una più assurda dell’altra (Aveva qualcosa di strano? Ti ha fatto del male? Ti ha toccata con qualche strano oggetto non identificato?), tanto da farle credere di essere finita in qualche strano programma di scherzi. Quando però Thor le aveva detto che quello era suo fratello, Loki, il tizio cattivo che aveva cercato di ucciderli tempo fa e aveva devastato tutta New York, scappato da Asgard per non essere punito, Darcy aveva capito che non era affatto uno scherzo e che nessuna telecamera era nascosta sotto il tavolo o dietro le luci.

«Come ha fatto a scappare?» Aveva chiesto Jane, curiosa quanto lei.
Thor aveva sospirato e aveva incrociato le braccia al petto. «Non lo so. Nessuno lo sa. Loki è un maestro di magie, un ingannatore, e dunque per lui non è mai difficile fuggire o riuscire a incantare gli altri».
«Be’, e allora come dovreste tenerlo buono? Voglio dire, non può certo andare in giro ad ammazzare la gente!» Ribatté allora Jane, confusa e con voce alterata. Darcy invece non diceva nulla, semplicemente, per una volta, ascoltava in silenzio.

Poi ad un tratto il viso di Thor si era oscurato e aveva chinato lo sguardo. Quando lo aveva rialzato, Darcy aveva letto nei suoi occhi una stonatura d’angoscia che, sopra quel corpo così muscoloso e quel viso così bello, sembrava fare a pugni come la maionese sul gelato.

«Esatto, mia piccola Jane. Non può, e non possiamo permetterlo. Io non posso permetterlo. Per questo l’unica cosa rimasta da fare è una sola, purtroppo» La sua voce era rauca e bassa, e nella sala calò un silenzio disarmante a cui Darcy non era abituata, circondata da rumori e musica pop com’era sempre stata. Thor non aveva detto chiaramente in cosa consisteva la punizione finale, eppure tutti loro avevano capito benissimo.

«Quindi vuoi dire che lui…» Domandò Jane, facendo saettare il suo sguardo dal TizioSimileAll’AgenteDiLilo&Stich a Thor, che impercettibilmente assentì col capo. Darcy non seppe dire se la sua fosse più rassegnazione o tristezza, ma entrambe le cose dovevano essere dolorosissime, perché improvvisamente non parlò più.

«Dove si trova adesso?» La voce le era uscita dalle labbra con prepotenza, ancor prima che potesse rendersene del tutto conto, e tutti si erano voltati verso di lei con sospetto, le sopracciglia aggrottate e la curiosità impressa negli occhi.

«Perché vuoi saperlo?» Aveva chiesto il tizio con una benda sull’occhio, squadrandola per bene.

Lei alzò le spalle. «Be’, sai, ha cercato di uccidermi per ben due volte, è piombato in casa mia distruggendomi il muro della cucina e ha un atteggiamento da adolescente in preda ai suoi deliri ormonali. Voglio dire, hai presente quei ragazzini di quindici anni che credono che il mondo ce l’abbia con loro? Ecco, esatto, loro! Insomma, quello che sto cercando di dirti è: quando mi ricapiterà di vedere un dio pluriomicida con una pettinatura da punkettaro e atteggiamenti da ragazza in fase premestruale? Mai più, ecco quando. Ragion per cui, essendo io la parte offesa e anche la tizia-che-non-si-fila-mai-nessuno ma che lo ha steso con una mazza da baseball – che, tra l’altro, adesso è pure ammaccata sul davanti –, credo di avere tutto il diritto di vederlo un’ultima volta e dirgliene quattro, no?».

Il TizioSimileAll’AgenteDiLilo&Stich aveva inarcato le sopracciglia, perplesso, e dietro di lui Darcy aveva visto Jane sbattersi una mano sulla fronte, mormorando qualcosa di simile a un: “Ma perché è capitata proprio a me una stagista simile?”.

«Non credo sia una scelta saggia: Loki è isolato in una cella e tenuto sotto stretta sorveglianza, certo, ma i suoi atteggiamenti sono comunque imprevedibili e non sappiamo cosa potrebbe succedere» Aveva detto Thor, avanzando di un passo. Jane e il TizioSimileAll’AgenteDiLilo&Stich avevano assentito col capo e lei aveva sbuffato irritata. Infine, aveva alzato le mani al cielo, come segno di arresa.

«E va bene!», disse. «Ma ricordatevi che avrete per sempre sulla coscienza il fatto di non avermi fatto parlare con Mr.SonoIncompresoEDunqueUccidoTuttoETutti. Ad ogni modo, visto che non ci sono altri problemi, io torno all’albergo. Vieni con me, Jane? Devono essermi rimaste delle patatine e oggi in TV danno l’ultimo episodio del Trono di Spade!» , aveva chiesto. Jane aveva scosso il capo.

«No. Io resto qui con Thor. Non lo vedo da molto e preferisco passare più tempo possibile in sua compagnia» Rispose, un po’ rossa in viso. Darcy aveva fatto una smorfia disgustata e roteato gli occhi al cielo. Dannate coppiette Love-Love. Rovinano sempre tutto il divertimento.

Si era dunque diretta fuori dalla struttura, facendosi indicare da una certa Maria Hill dove si trovava l’uscita, ma prima di oltrepassare l’ennesima porta, aveva scorso attraverso un vetro la sagoma di un tizio alto più di un metro e novanta, tenuto fermo con delle manette e una strana mordacchia sulla faccia, prigioniero in un’enorme scatola di vetro con parecchi rinforzi d’acciaio qua e là, che lei riconobbe subito come il Punkettone che le era atterrato a casa – Come avevano detto che si chiamava? Lolò? Lotie? Lori? Oh, al diavolo anche il suo dannato nome! -. A Darcy parve tantissimo il dottor Hannibal di Il silenzio degli innocenti e istintivamente si chiese se sarebbe riuscito a mangiarla se si fosse avvicinata più del dovuto.

Lo osservò con insistenza, quasi come se volesse ben imprimersi nella memoria il suo aspetto, finché ad un tratto lui si voltò verso di lei e, Darcy ne era certa, la guardò dritta negli occhi con uno sguardo feroce e spietato, che sembrava dire chiaramente: “Stammi lontano se ti è cara la vita”.

Non se lo era fatto ripetere due volte e, fattasi coraggio grazie alla paura stessa, era corsa via. Nella mente aveva ancora impressi chiaramente il taglio sottile dei suoi occhi, il verde acceso che li colorava e la perfidia racchiusa in essi. Quando infine era arrivata dentro la sua camera d’albergo, si era accorta di avere ancora il batticuore.

~
 
La terza volta era stata circa due settimane dopo l’accaduto, mentre guardava la TV, a casa propria in New Mexico, sul divano, nella sua solita tenuta mutande e top dei My Little Pony. Il muro di casa era ancora un po’ distrutto, ma perlomeno era riuscita a ristrutturare quell’enorme buco nella parete. Il che, tutto sommato, era già tanto.

Quella sera stavano trasmettendo Il Re Leone su Disney Channel, il suo film Disney preferito. Darcy non sapeva perché, ma quella volta Scar le sembrava incredibilmente somigliante a qualcuno che aveva già visto da qualche parte. Il che era strano, dato che, grazie al cielo, non conosceva nessuno di così stronzo da uccidere il proprio fratello pur di regnare su un branco di energumeni.

Ad un tratto il film venne interrotto e al suo posto partì un notiziario straordinario. Darcy imprecò forte, ma quando la giornalista mostrò delle immagini in diretta di New York, che mostravano Thor e altri strani tizi in armatura che cercavano di prendere un dio alto un metro e novanta con lunghi capelli neri e lo sguardo beffardo, capì cosa stava succedendo. E sopirò.

Ecco chi mi ricordava…

La giornalista continuava a rassicurare tutti che non c’era niente da temere, che i Vendicatori e la polizia avevano tutto sotto controllo e tante altre belle cose, ma quando il suo telefono squillò e la voce alterata di Jane le irruppe nelle orecchie, Darcy comprese che nulla era sotto controllo.

«DARCY, DEVI ANDARE VIA DI LÍ. È PERICOLOSO!» Urlava Jane dall’altra parte della cornetta, ma i rumori di sottofondo non permettevano di sentire nulla. Solo in quel momento, Darcy ricordò che la sua amica era ancora a New York per alcune ricerche.

«Jane? Jane, mi senti? Ma cosa diavolo sta succedendo?!».

«Darcy, devi allontanarti da lì! Loki sta per––» La chiamata venne interrotta bruscamente da una mano spuntata fuori dal nulla che, con velocità, le prese il telefono dalle dita e lo spezzò in due con una semplice mossa. Darcy si voltò di scatto, per poi cadere dal divano con malagrazia e finire pancia all’aria e culo per terra: qualche metro davanti a lei troneggiava in tutta la sua imponente statura Loki, con il suo solito sguardo disgustato e le labbra distese in una smorfia.

«Ahi!», pigolò lei, massaggiandosi la schiena. Poi volse lo sguardo verso Loki, che non aveva smesso di scrutarla. «Ehi, punkettone, vedi che quello era il mio telefono! Voglio essere risarcita! E poi cosa diavolo ci fai tu qui? Sei a New York in questo preciso momento!», gridò, indicando il notiziario.

«Taci, inutile umana indisponente» Sussurrò quello, iniziando a setacciare in lungo e in largo la stanza, alla evidente ricerca di qualcosa. Ad un tratto prese un oggetto che apparteneva a Jane, precisamente il diario dove appuntava tutti i suoi progetti, e fece per metterselo in tasca soddisfatto, quando Darcy, armata di Teaser, gli si parò alle spalle.

Intuendo che qualcosa non andava, Loki si voltò verso di lei e, costatando che gli stava puntando un’arma contro, rise sardonico.

«Voi umani siete proprio patetici. Sul serio pensi di potermi minacciare con quell’oggett–– uuggh!!» Cadde a terra, colpito in pieno petto dalla scossa elettrica. Lei sorrise e osservò il teaser compiaciuta. Sapevo che mi saresti tornato utile di nuovo!  

Gli si avvicinò: era ancora cosciente, seppur malridotto, ma certamente prossimo allo svenimento. Sorrise beffarda a quella vista per poi sospirare rassegnata. Infine si accovacciò accanto a lui senza smettere di fissarlo.

«Lo sai? Dovremmo smetterla di incontrarci in questo modo».
~
 
La quarta volta in cui lo aveva visto era stata la mattina seguente, quando Loki si era ripreso dal suo improvviso svenimento e si era diretto con passo pesante e strascicato in cucina, trovandovi lei che mangiava frittelle e beveva del latte. Il tutto ancora in mutande e top dei My Little Pony, che non si era affatto preoccupata di cambiare.

«Mi occorre nutrimento» Aveva detto Loki, brevemente. Darcy aveva alzato le spalle e gli aveva indicato con un cenno del capo le frittelle davanti a sé.

«Buon giorno anche a te. Se vuoi prendi una di queste, a patto che non mi uccidi e non scassi nulla. I bicchieri sono compresi nel “nulla”, sia chiaro. Qui sulla Terra non si usa scaraventare a terra gli utensili da cui beviamo, mi dispiace» Disse, addentando un altro pezzo di frittella. Loki continuava a squadrarla con sospetto e a stare sulla difensiva.
Notando che continuava a fissarla, Darcy sospirò e roteò gli occhi. «Ti prometto che non ti prenderò né a mazzate né a colpi di teaser, se non me ne darai motivo. Lo giuro. Ora però se hai fame ti siedi e mangi, altrimenti muori di fame. A te la scelta».

«Non sarà un’umana insolente e dirmi ciò che devo fare. Io sono Loki, di Asgard, e faccio quello che voglio e quando lo voglio» Mormorò Loki fra i denti. Darcy alzò un sopracciglio e bevve un sorso dal suo bicchiere di latte, serafica.

Sì. Quel tizio si catalogava sicuramente al primo posto nella sua categoria di “Uomini in costante sindrome premestruale”.

«Come vuoi», si limitò a rispondere con nonchalance. «Però se non ti sbrighi le mangio tutte io, eh. Non credere che sia una che spreca il cibo!».

Restarono alcuni secondi in silenzio, finché ad un tratto Loki si decise a sedersi e, sotto lo sguardo soddisfatto di Darcy, ad addentare una frittella. Darcy sapeva che le sue frittelle erano la fine del mondo, ma sapeva anche che quel tizio si sarebbe morso più e più volte la lingua pur di non dirglielo, quindi si accontentò di vederlo mangiare con foga e con gusto.

«Cos’è quello?» Gli domandò a un tratto Darcy, indicando il ciondolo in legno che gli pendeva dalla collanina legata al collo. Loki smise per un attimo di mangiare e osservò il ciondolo come se lo vedesse per la prima volta, infine le scoccò un’occhiata annoiata.

«Un ciondolo» Rispose, guardandola come se fosse stata un insetto. Darcy storse il naso. Non era esattamente la risposta che sperava di ottenere.
«Sei proprio un Capitan Ovvio tu, eh? Intendevo il significato. Perché c’è disegnato un cigno dalle ali spiegate? Lì ad Asgard avete un significato particolare riguardo a queste cose?» Chiese, sinceramente curiosa.

Loki ricambiò lo sguardo. «Indica il ritorno» Disse brevemente.

«Il ritorno? In che senso, scusa? Certo che per tirarti fuori le cose bisogna faticare parecchio con te. Non sei un tipo che parla molto, vero?».
A quella domanda, Loki le rivolse un sorriso beffardo e assottigliò gli occhi. «Oh, no. Sono più un tipo fisico», biascicò.

Capendo l’allusione, Darcy improvvisò un sorrisetto nervoso, rossa di vergogna per la figuraccia appena fatta, e non disse più una sola parola. Quel tipo era davvero, davvero strano. E imbarazzante, oltretutto.

Quando finì di mangiare, Loki si pulì la bocca con un tovagliolo e un’eleganza impeccabile, per poi tornare a puntare il suo sguardo su di lei e scrutarla con improvviso interesse.

«Tu non hai paura» Disse. Darcy smise di bere il suo latte e ricambiò lo sguardo.

«Però, che occhio» Lo sbeffeggiò. Loki inarcò un sopracciglio, irritato.

«Non prenderti gioco di me, mortale. Potrebbe essere l’ultima cosa che farai», fece una pausa, per un momento a Darcy tornò alla mente il batticuore ansioso e scalpitante che l’aveva ghermita qualche settimana prima, quando Loki l’aveva guardata con quello sguardo di fuoco, e un brivido le corse lungo la schiena. Loki notò il suo irrigidimento e sorrise compiaciuto. «O forse… la tua è solo una maschera. Nevvero?».

Nella stanza calò il silenzio e Darcy, per un momento, si sentì strana. Quasi inadeguata. Era una sensazione bizzarra, soprattutto perché quella era casa sua e l’estraneo, lì dentro, non era lei, bensì Loki. Eppure, per quanto ci stesse provando, non riusciva a togliersi di dosso quella fastidiosissima sensazione. Era come avere una spina conficcata nella mano.

Loki ghignò e si fece più vicino. «Proprio come immaginavo. Sotto quella bella maschera di ragazza intraprendente e arrogante si cela una bambina impaurita, sempre lasciata in disparte da tutti e sola con se stessa», si alzò dalla sedia, dirigendosi verso di lei, continuando a sorridere mellifluo. «Oh, non dovresti essere qui, questo lo sai bene. Lo senti dentro al petto, quando quella sensazione di oppressione ti ghermisce le viscere. Oh, sì… io so cosa significa sentirsi soli, indesiderati. Sempre la seconda scelta, lo specchietto che brilla di luce riflessa, mai realmente propria. Non è forse così?», rise, e Darcy trovò che la sua fosse una risata davvero terribile. Le faceva venire i brividi. «Ma non è colpa tua, bensì di quell’umana, quella Jane: sempre un gradino dinanzi a te, sempre la più bella, la più considerata, la più tutto…», le poggiò le mani sulle spalle, avvicinando le labbra al suo orecchio, lezioso. «Magari, sarebbe meglio che sparisse, non trovi? Nessuno saprà mai nulla. Nessuno. Sarà solo… un piccolo incidente, il nostro piccolo segreto. Basta solo che tu mi dica dove si trovano i suoi appunti, basta solo questo…».

La sua voce era suadente come il canto di una sirena e le sue dita fredde e sensuali scorrevano sulla pelle bollente di Darcy, tracciando diversi disegni. Ma erano le sue parole le armi più letali, il coltello più affilato, e quando le labbra fredde di Loki si posarono sul suo collo, sospirando piccoli respiri freddi che le fecero inarcare la schiena e schiudere la bocca, Darcy non poté fare a meno di chiedersi se non facesse tutto parte del gioco e se Loki non la stesse semplicemente prendendo in giro. Sapeva che quello che stava facendo era sbagliato, così come sapeva che quelle labbra poggiate sulle sue erano tremendamente magnifiche, quasi paradisiache, e improvvisamente sentì qualcosa – il desiderio, forse – sormontarle nel petto: si lasciò andare di getto, contraccambiando il bacio di Loki con una foga e un’energia che non credeva di possedere. Lo sentì sorridere perfido contro le sue labbra a quel gesto, la sua stretta farsi più intima, quasi possessiva e cattiva, ma lei non riusciva più a frenarsi e le sue mani andarono ad esplorare la schiena, i capelli, il torace di lui, quasi come se da quel contatto dipendesse la sua stessa vita.

Da quanto tempo un uomo non la toccava così? Da quanto tempo non si sentiva così… così bene? Le parole di Loki erano state come un veleno per lei, eppure adesso non poteva fare a meno di pensare che le sue labbra fossero il più profumato dei balsami, il più soffice dei cuscini e il più delizioso dei dolci. Le sentiva addosso quelle parole, come una dolorosa stilettata nel fianco, perché in fondo sapeva che erano vere, reali, e ciò non faceva altro che far incrementare la sua presa sui capelli di Loki, come se quel contatto avesse potuto eliminare quei pensieri; l’idea che aveva tanto a lungo cercato di scacciare.

Jane era sempre stata la più bella, la più elegante, la più intelligente, la più tutto. E lei invece? Cos’era lei, oltre a una sciocca stagista di scienze politiche finita in un guaio troppo grande? Nulla. Non era mai stata nulla. E forse solo Loki poteva davvero capirla, comprendere il dolore che aveva sempre cercato di alleviare attraverso i videogiochi, i fumetti e i film; farla sentire apprezzata, per una volta. Poteva, perché anche lui era sempre stato l’eterno secondo. Incompreso, proprio come lei.

«Devi solo dirmelo, mortale.», le sussurrò lui all’orecchio, continuando a baciarle il collo e scendere sempre più in basso. «Solo dirmelo…».

E poi, la realizzazione di star sbagliando, di star tradendo la propria amica e probabilmente tutta l’America, si fece strada in Darcy come uno spettro, facendola raggelare sul colpo e sgranare gli occhi. Subito si strattonò via da Loki, notando solo in quel momento di essere finita sopra il tavolo, mezza nuda e con lui sopra di lei, scaraventando a terra diversi bicchieri di latte che si frantumarono in mille pezzi, proprio come l’atmosfera che si era venuta a creare fra loro due.

Cristo, ma che diavolo mi è preso?!

Loki la osservò con irritazione e fastidio, i suoi occhi erano ridotti a due fessure verdi e i suoi capelli erano scarmigliati e in disordine. Tutto di lui, da prima elegante e gentile, era diventato iracondo e impellente. Prima che Darcy potesse fare qualcosa per fuggire, le si avventò contro prendendola per la gola e la inchiodò al muro; la sua bocca era distorta in una smorfia di rabbia e la sua stretta sembrava essere di ferro, tanto era possente.

«Basta con i giochi, dannata mortale!», grugnì. Darcy cercò di liberarsi dalla sua presa scalciando e inalando quanta più aria le fosse possibile attraverso la bocca, ma Loki la teneva troppo stretta e lei sentiva le forze venirle meno. «Ho dovuto usare tutto il Seiðr che mi era rimasto per creare una copia di me stesso, tenere occupati quegli smidollati dei Vendicatori e venire qui. Non lascerò che un’umana qualunque rovini i miei piani! Ti conviene dirmi subito dove hai nascosto quel diario… ORA!».

Fu un attimo, e – di nuovo – il muro della cucina cadde a pezzi con un boato, lasciando così entrare l’intero gruppo dei Vendicatori con tanto di Jane e TizioSimileAll’AgenteDiLilo&Stich – che poi scoprì si chiamava Nick Fury – a seguito. Subito, Loki la lasciò andare e lei cadde a terra con un tonfo, più morta che viva e con il fiato che le mancava. Jane accorse subito in suo soccorso, cingendole le spalle e dicendole che andava tutto bene, che era salva adesso, e lei si sentì peggio di un verme e desiderò scomparire.

«Non ti hanno insegnato che le signore non si toccano neanche con un fiore, ottuso caprone?» Chiese Iron Man, squadrandolo dall’alto in basso con sufficienza.

Loki alzò le mani in segno di resa ma sul suo viso si dipinse un sorrisetto sardonico, che a Darcy non piacque per nulla.

«In realtà», disse. «Dubito che le mie premure l’abbiano infastidita più di tanto, Uomo di  metallo», continuò, lanciando un’occhiata fugace a Darcy. Istintivamente, tutti si voltarono verso di lei e, costatando che effettivamente Darcy era non solo mezza nuda, ma anche parecchio sudata e accaldata, si irrigidirono e rimasero non poco perplessi. Dal canto suo, Darcy chiuse di scatto le gambe e nascose il viso tra le mani, rossa di vergogna e desiderosa di sprofondare in un limbo senza fine.

Ma perché tutte a me?!
~
 
La quinta volta in cui lo aveva visto, invece, era stata qualche momento prima che Thor lo riportasse ad Asgard, durante un’afosa giornata di sole.

«Niente maglietta con i pony, oggi?» Scherzò Tony Stark, guardandola con aria complice e beffarda da dietro i suoi Ray-Ban a goccia. Darcy si morse la lingua per evitare di tirargli un pugno sul naso, e sorrise accondiscendente.

Stronzo.

In quel preciso momento Loki, con tanto di mordacchia e manette, le lanciò uno sguardo fugace alla quale lei rispose con un’occhiataccia. Se non fosse stato per i Vendicatori, quello stronzo l’avrebbe uccisa senza tanti complimenti. E menomale che lei gli aveva persino preparato le sue buonissime frittelle!

«Senti un po’, Thor, vedi di tener stretto il tuo fratellino questa volta, perché la prossima giuro che una freccia dritta in un occhio non gliela leva nessuno. Intesi?» Domandò Clint Barton, alias OcchioDiFalco, incrociando le braccia al petto con irritazione. Nastasha roteò gli occhi e sussurrò qualcosa in russo che Darcy non riuscì a comprendere.

«Oh, suvvia, Merida, non fare tanto il difficile. Io mi diverto sempre un casino a prendere a calci in culo l’Emo-boy! Non è così, carino? Eh?» Disse allora Tony, scoccando un’occhiata divertita a Loki, che nonostante non potesse parlare sembrava stesse dicendo: “Prega il tuo dio affinché io non mi liberi mai di queste manette”.

«Basta così», irruppe a quel punto Nick Fury, zittendo tutti gli altri. Si avvicinò a Loki e gli puntò un dito contro. «Vedi di restare nel luogo da dove sei venuto, se tieni cara la pelle. La prossima volta non saremo così magnanimi da risparmiarti… sempre, se ci sarà una prossima volta» , concluse, alludendo alla punizione finale che gli sarebbe spettata ad Asgard.

Ma Darcy sapeva che Loki non sarebbe davvero morto. Lo aveva imparato a capire dallo sguardo colmo di furbizia che rivolgeva a Thor e a tutti gli altri ogni qual volta ne aveva l’occasione, uno sguardo che sembrava dire “Mentirò di nuovo. Fuggirò di nuovo. Non importa come, ma ci riuscirò. Sono pur sempre il Dio degli Inganni”, e lei sapeva che sarebbe stato così. In fondo, era un po’ come Batman: Joker veniva quasi sempre acciuffato, ma in un modo o nell’altro riusciva a scappare e, di nuovo, succedeva un bel po’ di casino. Ma era normale. Cioè, oddio, non normalissimo, ma… giusto. Thor necessitava di Loki così come Batman necessitava di Joker; entrambi si completavano, erano come lo Yin e lo Yang: uno la nemesi dell’altra. Dunque era solo questione di tempo prima che quel dio psicopatico tornasse a fare visita a New York.

E poi, Thor non avrebbe mai permesso che Loki morisse per mano sua, questo era scontato.

Quando però Thor azionò il meccanismo di quel Coso – non aveva idea di come si chiamava quell’aggeggio azzurrino che teneva fra le mani – Darcy sospirò forte. Non per tristezza, anzi era piuttosto sollevata di non avere più possibili assassini fra i piedi, piuttosto per il fatto che, in fin dei conti, non le sarebbe dispiaciuto affatto diventare la Harley Queen di Loki. Il che era abbastanza disturbante, ma Darcy aveva sempre avuto una passione spietata per i personaggi cattivi.
 
 
 
 
«Darcy mi ero dimenticata di darti una cosa»
«Cosa, Jane?»
«Ehm… hai presente Loki? Ecco, prima di partire, Thor mi ha detto di consegnarti una cosa da parte sua. Non ho ben capito cosa sia, ma credo sia un ciondolo. E questo disegnato qui sopra dovrebbe essere un cigno… Ehi, perché stai sorridendo?»
«Nulla, nulla. Pensavo solo… Joker è davvero figo, non è vero?».
 
 

- Note dell'Autrice.


Ehilà!!! :3
Sì, sono sempre io. E sì, forse sono impazzita. No perché mettersi a scrivere fanfiction su coppie che non mi piacciono per il semplice gusto di farlo non è mica tanto normale, eh!
Btw, non so esattamente come sia nata questa LokixDarcy, probabilmente subito dopo aver ascoltato la canzone "Blue Jeans" di Lana Del Rey, che adoro tantissimo; o forse, boh, durante un momento di noia. Probabile anche questa ipotesi.
Comunque, ho sempre adorato il personaggio di Darcy. Credo che se non ci fosse stata lei il film sarebbe stato molto più noioso! Inoltre, per certi versi, secondo me somiglia davvero tanto a Loki, dunque, seppur non siano il mio OTP preferito, mi piacciono abbastanza insieme. :)
La storia del cigno non me la sono inventata! Adesso non ricordo esattamente dove, ma in un forum ho letto che nel medioevo il simbolo del "cigno" raffigurava anche il "ritorno". Se dovessi ritrovarlo lo aggiungerò nelle note dell'autrice. ^^
Spero di aver reso entrambi i personaggi IC e attinenti alla loro personalità. Mi dispiacerebbe molto averli stravolti, ma non si sa mai.

Ringrazio tantissimo vannagio per aver betato la storia. Tantissimi cuoricini per lei <3 <3 <3 <3

Vi mando un bacione, spero di leggere qualche parere riguardo la storia! ^^
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Vostra; Harmony394.
   
 
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