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Autore: Strongstay    18/08/2013    6 recensioni
Il riccio si girò verso di me e accolse le mie piccole mani tra le sue facendo incrociare le nostre dita.
Harry:"Mi ami?" chiese sussurrando.
Elizabeth:"Da morire" risposi portandomi alle labbra le sue mani baciandogli lentamente le nocche.
Harry:"Ne sei sicura?" chiese sorridendo.
Elizabeth:"E' l'unica certezza che ho." dissi facendo spallucce.
Harry:"Mi amerai per sempre?" chiese guardandomi dritto negli occhi.
Elizabeth:"Per sempre." affermai sicura di me.
Harry:"Promesso?" chiese accarezzandomi la schiena.
Elizabeth:"Promesso."
Genere: Erotico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I know I'm shy

I raggi del sole filtravano dalle fessure della serranda non del tutto abbassata, accarezzandomi il volto, corroso dalle lacrime versate durante la notte, a causa dei soliti incubi. I miei capelli quasi rossastri, umidicci e impastati, mi solleticavano il collo, impedendomi di riposarmi per una manciata di minuti, prima di raggiungere la Lincon High School, scuola superiore che avrei frequentato per gli ultimi due anni.
Ormai, mi ero abituata a cambiare città continuamente, a causa delle necessità di mio padre, famoso organizzatore di concerti internazzionali, ma non era affatto semplice ricominciare da zero. Da bambina avevo vissuto in Francia, a Nizza sulla Costa Azzurra, e quelli furono gli anni migliori della mia infanzia. Poi, gli spostamenti iniziarono, a partire da Madrid ,in Spagna, dove frequentai i primi due anni di scuola primaria, in un istituto di suore. I restanti due anni di scuola primaria, li conclusi a Lisbona, in portogallo, e quelli furono anni difficili per me e la mia famiglia. Dopodiché, iniziò il vero e proprio trambusto, frequentai la scuola secondaria di primo grado in tre stati diversi; partimmo da Dublino, per poi andare a San Pietro Burgo e Rio de Janeiro, città che non hanno nulla in comune. Infine, i primi tre anni delle superiori li frequentai in Italia, a Milano, dove riuscii a trovare dei precari equilibri, che si ruppero di scatto, alla morte di mia madre, Clarisse, a causa di un tumore al seno, curato troppo tardi. ogni notte, il suono così dolce della sua voce mi perseguita, avrei voluto che fosse ancora qui, con me, ma dopo la sua morte ero cambiata, quegli occhi azzurro oceano, ancora da bambina, erano diventati grigiastri, cupi e spenti, ma mi promisi che non mi sarei lasciata andare, sarei stata forte, proprio come lei, che aveva affrontato la malattia in silenzio per non far preoccupare nessuno, con la consapevolezza che giorno dopo giorno si stava spegnendo sempre di più, quella si che era forza, ed io provai ad essere uguale a lei, ma i muri dellamia timidezza, creati in questi anni di sballamento totale, erano troppo alti per essere abbattuti da una come me.
Troppi ricordi stava ripercorrendo la mia mente, troppi incidenti brutali e strazianti, andati a segnare la mia vita una volta per sempre, come tatuaggi indelebili sul mio corpo. Separai lentamente le palpebre, nonostante le ciglia che andavano ad abbracciarsi per nascondere il mio sguardo dalla vita reale. Quel blu spento delle mie iridi, illuminò ben poco la stanza, ma ci ero abituata, nulla era poi così particolare in me. Dopo vari tentativi mi alzai dal mio comodo letto a una piazza e appoggiai i piedi sul freddo legno del parquet. Con gli occhi socchiusi, ancora impastati dal sonno, osservai la mia figura, così esile e spenta attraverso uno specchio a parete.

Barcollando mi avviai verso il piccolo bagno che dovevamo condividere io e mia sorella, vi entrai e lasciai che dei piccoli getti d'acqua mi rinfrescassero in corpo sudaticcio. Avvolsi il mio corpo nel mio accappatoio a nido d'ape e passo dopo passo raggiunsi nuovamente la mia camera da letto.
Senza esitare aprii le ante dell'imponente armadio in mogano bianco che si trovava davanti al mio letto ed estrassi da esso degli shorts jeans , un maglione sulle sfumature del viola e delle splendide Vans del medesimo colore. Non era proprio l'ideale per andare a scuola, ma poco mi interessava dell'opinione degli altri, così scesi frettolosamente le scale ed entrai in cucina, dove mi aspettava mia sorella.
I lunghi capelli biondi appena fonati le scendevano scompigliati sulle spalle, le labbra rosee erano messe in risalto da un leggero strato di lip gloss rosa e le sue splendide iridi azzurre erano delimitate da una sottile linea di eye-liner.

Avevamo sempre avuto un ottimo rapporto, era come una migliore amica per me, certo i litigi non mancavano mai, ma sapevo di potermi confidare con lei. Eravamo diversissime in tutto, ci separavano cinque anni di differenza, ma ciò non ci aveva mai divise, nulla ci avrebbe mai divise e per quanto egocentrica e superficiale fosse non avrei mai minimamente pensato di "sostituirla".
Le sorrisi ed aprii l'imponente frigorifero in acciaio da cui estrassi un succo d'arancia, che sorseggiai dopo essermi seduta sul tavolo.
"Hai scambiato la cucina per una stalla?"chiese Emma ridendo.
"Siamo simpatici oggi!" Risposi sorridendo.
"Dai scendi."disse sbuffando.
Emma mi afferrò per una mano e mi trascinò giù dal tavolo. La cosa bella del nostro rapporto era che per quanto potessimo litigare, nulla ci avrebbe mai divise perché saremmo sempre state sorelle ed io per lei ci sarei sempre stata. Emma afferrò un tazzina e ci versò dentro quella sostanza di cui si drogava ogni mattina, tutto ciò che le dava l'energia necessaria ad affrontare la giornata, lei preferiva chiamarla energia, comunemente veniva chiamato caffè.
"Sei preoccupata per la nuova scuola?"chiese sorseggiando il suo buon caffè.
"Abbastanza, mi sudano le mani!"dissi, sfregando i palmi tra loro.
Anche se dell'opinione degli altri non mi importava, speravo che in questi due anni sarei riuscita a farmi qualche amico, qualcuno di cui fidarmi e su cui poter contare. Non avevo mai avuto una migliore amica, dovendo viaggiare costantemente ero stata abituata a contare solo su me stessa e sulla mia famiglia, ma arriva un certo punto in cui devi uscire dal nido protettivo della tua famiglia e mostrarti al mondo esterno.
"Io no. Scommetto che farò colpo su tutti."disse con aria altezzosa.
Essendo sempre stata sicura di sè, non mi stupiva affatto che la bionda non avesse assolutamente timore, era sempre stata la più considerata, costantemente al centro dell'attenzione e non credevo che ciò sarebbe mai cambiato.
"Brava."
Detto ciò, afferrai il mio zaino della eastpack verde lime ed uscii di casa sperando di arrivare puntuale. Per tutto il tragitto pensai a come sarebbe andata a scuola, se sarei riuscita a rifarmi una vita e sarei stata accettata per quella che ero e speravo con tutto il cuore che andasse tutto bene.
Mi odiavo con tutta me stessa. Prima non ero così, ero totalmente diversa; piena di gioia e soprattutto felice. Ora ero cupa, chiusa e timida. L'opposto di com'ero prima. Avevo allontanato da me tutte le persone a cui tenevo, avevo costruito dei muri intorno a me.
Arrivai davanti alla scuola, ma non ebbi il coraggio di entrare e diedi un'occhiata al cortile. Panchine bianche e squadrate ovunque, che si alternavano con dei piccoli cespugli potati alla perfezione, piccoli gazzebo sotto i quali sorgevano delle grandi tavolate dominavano in quell'area verdeggiante e rendevano il tutto più accogliente. L'ambiente era schematico e lineare al primo impatto, ma questa prima impressione veniva annullata dagli stravaganti graffiti, che inondavano le pareti.
Credendo di essere sola in quell'immensa area mi distesi su una delle ultime panchine e rivolsi lo sguardo al cielo come per comunicare con mia madre. Sapere che lei era presente in ogni momento della mia vita mi rassicurava, era come un angelo custode per me.
Osservai per vari minuti i piccoli movimenti delle nuvole e mi divertii vedendole assumere stravaganti forme, draghi, delfini, principesse in pericolo, tutto ciò che poteva scatenare la fanstasia di un bambino.
Sentii la presenza di qualcuno alle mie spalle, ma non avrei permesso a nessuno di rovinare quel poco equilibrio che avevo stabilizzato in quei minuti, così rimasi immobile sotto il sole cocente per qualche minuto, ma dei passi mi fecero sobbalzare e mi girai di scatto.
Delle splendide iridi smeraldo mi fecero immobilizzare. Scrutai il ragazzo davanti ai miei occhi per qualche istante: i ricci castani scompigliati gli mascheravano la fronte, un primo principio di barba si faceva spazio sulla sua mandibola e delle labbra carnose dalle sfumature rossastre catturarono subito la mia attenzione.

Sbattei le palpebre rapidamente per distogliere lo sguardo dal bellissimo ragazzo davanti a me e mi alzai in piedi, intenta nel dirigermi all'interno della scuola, ma il ragazzo mi fermò.
Lui iniziò a parlare..."Sai, è da un po' che ti guardo."disse mostrandomi delle meravigliose fossette.
A quelle parole il mio viso divenne color peperone e non riuscii a dire niente. Mi limitai ad aggrottare le sopracciglia e con aria indifferente mi feci spazio fra le numerose panchine fino ad arrivare davanti all'entrata, quando sentii la sua mano stringeremi il polso e tirarmi a sé.
"Mi chiamo Harry, tu come ti chiami bellissima?" Disse con voce roca.
"Non sono cazzi tuoi."
"Non fare la difficile."disse accarezzandomi una guancia.
Io abbassai lo sguardo. Ero intrappolata nella mia timidezza, che molto spesso si trasformava in acidità. Non capivo cosa volesse un bel ragazzo come lui da una come me, la maggior parte delle persone scappavano da me per il mio carattere di merda perciò non capivo che interesse avesse nei miei confronti.
"Ti ho chiesto come ti chiami."disse con tono più alto.
"E-Elizabeth."dissi tremando.
"Brava piccola, non devi aver paura di me."disse sorridendo.
"Non ho paura di te voglio solo andare in classe."dissi sbuffando.
Harry mi afferrò il polso e mi avvicinò ancora di più a sé. In quegli occhi smeraldo si nascondeva qualcosa di cupo, non erano luminosi, erano spenti, esprimevano rabbia, ma anche una profonda tristezza.
"Già mi piaci, hai un bel caratterino, sei acida e testarda, difficile da trovare. Comunque...In che classe vai?"
"E a te che te ne frega?!"
"Dai! In che classe vai?!" Chiese insistentemente.
"4ªG." Risposi allontanandomi da lui.
"Perfetto io in 4ªF. Alle dieci esci fuori dalla classe. Ci vediamo lì bellissima." Disse ammiccando.
Mentre lui se ne andava io rimasi ferma a guardare il vuoto.
"Iniziamo bene..." pensai tra me e me.
Poi ritornai alla realtà ed entrai in quella "prigione". Mi diressi prima di tutto in segreteria, così salii le scale ed entrai una grande stanza colma di computer, stampanti e quant'altro. Mi avvicinai ad una signora non più alta di un metro e quaranta, seduta su una sedia girevole, e le chiesi dove fosse la mia aula. Lei mi consegnò le chiavi del mio armadietto, il numero 68, e mi accompagnò fino alla fine del corridoio del primo piano, prorpio accanto all'uscita di emergenza c'era una porta di ferro verniciata di bianco che conduceva alla classe nella quale avrei trascorso i miei ultimi due anni da liceale.
Ci entrai dentro, mi sedetti all'ultimo banco per non essere notata e nessuno si accorse di me fin quando una ragazza bruna si avvicinò a me. Aveva una figura slanciata e portava ai piedi delle scarpe col tacco 12, non appropriate secondo me, le labbra erano messe in mostra con un rossetto rosso accesso e gli occhi erano circondati da vari strati di matita e eye-liner, una vera e propria troia, per così dire. "Scusami questo è il mio banco." Disse con un tono freddo come il ghiaccio.
"Scusa?!" Chiesi alzandomi in piedi ed aggrottando le sopracciglia.
"Vattene e non rendere tutto più difficile." Disse sbuffando.
Io presi i libri e me ne andai, non volevo problemi. Poi sentii qualcuno spingermi da dietro, mi girai e notai sempre la stessa e acida ragazza. Io non reagii e iniziai a cercare un altro posto. Ero arrivata all'ultima colonna ed ero pronta a tutto dopo gli innumerevoli rifiuti ricevuti. Il mio sguardo si aggirava tra i miei nuovi compagni e continuai il mio percorso sperando di trovare qualcuno sopportabile.
"Ehi io mi chiamo Jennifer, tu?" Disse una voce alle mie spalle.
Un visino pulito da ragazza per bene mi accolse con uno sgargiante sorriso. I capelli castani leggermente mossi le scendevano sulle spalle e degli occhi del medesimo colore le illuminavano il volto.

"Mi chiamo Elizabeth." Riposi sorridendo a mia volta.
"Bene Elizabeth, se non sai dove sederti puoi sederti vicino a me."
"Dici sul serio?"
"Ovvio."
Mi sedetti accanto a lei ed iniziammo a parlare fin quando entrò la professoressa di tecnologia. Fu una lezione noiosissima di cui non capii niente, rimasi tutto il tempo a guardare il vuoto e fui ripresa per la mia disattenzione varie volte.
Poi suonò la campanella e la professoressa uscii dall'aula. Guardai l'orologio e mi accorsi che erano già le dieci ma non avevo voglia di incontrare quel ragazzo, mi faceva paura, era strano e soprattutto carino e non era il periodo migliore per innamorarmi. Mi sembrava un vero e proprio puttaniere, uno che se ne fa una diversa ogni sera ed io non ero una di quelle troiette che gli avrebbe dato quella soddisfazione.
Ero acida, ma era così che mi mostravo agli altri, anche se dentro ero diversa con il mondo esterno ero costretta ad essere qualcun'altra per non legarmi a nessuno e di conseguenza non soffrire. Avrei voluto scappare da questo mondo, ma non ho mai avuto il coraggio di affrontare le cose.

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-Note Autore-

Ehi splendori, 
Essendo il mio primo capitolo sono piuttosto emozionata, perché non ho idea di cosa possiate pensare di me, ma soprattutto del mio modo di scrivere. Questo è un capitolo introduttivo, nel quale mi sono voluta soffermare principalmente su Elizabeth, ma anche sugli altri personaggi, descrivendone la personalità, ma anche l'aspetto fisico.
Elizabeth è un personaggio complicato, difficile da capire, abbastanza bipolare, ma l'ho creata apposta così, per dimostrare come il mondo esterno può influenzarci e come ci distrugga la perdita di un nostro caro.
Beh, non mi va di soffermarmi molto perché voglio che siate voi a giudicare. Mi farebbe molto piacere trovare una vostra recensione, anche sottoforma di critica costruttiva, perché voglio davvero migliorare.
Alla prossima,
Strongstay xx
  
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