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Autore: lousoulmate    19/08/2013    2 recensioni
[Skater!Louis] [Writer!Harry] AU
Harry disegna perchè tutto intorno a lui è grigio, e si sa lui ama il colore. Fino a quando trova il colore degli occhi di Louis.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Scrive, scrive e ancora scrive.
Usa il muro come fosse una tela, un foglio bianco, un mezzo per esprimersi.
Harry, sedici anni racchiusi in ricci e occhi verdi, pantaloni larghi su gambe lunghissime e una felpa per coprirsi dal freddo di quella notte che non sembra più tanto scura, disegna. Rosso, verde, giallo, forme e colori che s’imprimono su un muro che dovrebbe restare immutato, ma che per opera sua non sarà più come prima.
Da un anno a questa parte Harry Styles esce tutte le notti per dipingere i muri, per sentirsi bene anche se sa che le persone normali non dipingono di notte sui muri per sentirsi bene, non è così che funziona in genere. Le persone normali leggono, ascoltano musica, oppure si fanno un bagno caldo. Ma lui se n’è sempre fregato della normalità perché lo annoia, è piatta e incolore. E poi pensa che sia meglio avere un carattere, essere ricordato per qualcosa che essere grigio e anonimo.
E poi le mani vanno da se, colorando, come se fosse la cosa più naturale del mondo e la più facile da fare. Spesso si sottovaluta, vede i lavori degli altri ragazzi e gli viene voglia di mollare tutto di getto ma poi si rende conto che non può rinunciare, perché è troppo importante per lui, è quello che è. E non vuole cambiare.
Harry va a scuola ogni mattina pur non sentendosi parte di quel gruppo di persone, le trova tutte finte e sbiadite, e si sa a lui piacciono i colori.
Sa che in linea di massima è fortunato, ha una famiglia che tiene a lui, fatta eccezione per il padre, un gatto, Red si chiama –per il suo colore ovviamente- e degli amici veri, eppure sente che gli manca qualcosa, o qualcuno. Ancora non l’ha capito.
Sa che è giovane e ha tutta la vita davanti per cambiare le cose eppure ha paura.
Ha paura di fare le scelte sbagliate, frequentare persone sbagliate e diventare quello che ha sempre odiato.
Harry non vuole cambiare. Non vuole perdere quella luce che ha negli occhi che fin da bambino l’ha contraddistinto.
Non vuole tagliare quei ricci che tanto ama, di cui va fiero. Come se fossero merito suo.
Harry non vuole perdere il sorriso vero che fa quando nascono le fossette che suona nonna definisce “adorabili”.
Non vuole perdere quella voglia che ha di amare la vita, non vuole che qualcuno gliela spenga perché lui è colore. 
Harry non vuole perdere quella genuinità che possiede, credere sempre che nelle persone ci sia qualcosa di buono. Guardando sempre il lato positivo delle cose.
Harry non vuole smettere di amare incondizionatamente.
E soprattutto Harry non vuole perdere l’orgoglio e la tenacia che lo fanno andare avanti.
Così, come un ragazzo troppo cresciuto, in quello che era un parco per ragazzini, con il suo gruppo di amici, disegna. “Passami la bomboletta rossa” se ne esce Niall, capelli di un biondo tinto, giacca di jeans e tanta voglia di vivere.
Niall è una di quelle persone che lasciano il vuoto dietro di se quando se ne vanno.
Niall non molla, stringe i denti sempre, sa che le cose non vanno mai nel verso giusto e che tutto gira al contrario di come vorrebbe che andasse. Allora prende Layla –la sua chitarra- la accorda, e poi Niall inizia a suonare. Finché qualcuno non si unisce a lui cantando.
Fosse per lui vivrebbe solo di lei, non farebbe altro che suonare. Lo fa sentire così bene che per poco tempo si scorda della merda intorno, di suo padre in prigione e di sua madre che gli dà la colpa di tutto. Come se un ragazzo di diciassette anni potesse spingere il padre a spacciare. Ma ovviamente come sempre non dice niente e suona.
La sera suona e il giorno canticchia, ovunque. Mentre fa colazione, andando a scuola, a lezione e mentre torna a casa, rigorosamente a piedi perché il pulmino costa troppo.
Niall a scuola ha molti amici, è solare e divertente ma nessuno di loro sembra conoscerlo davvero. Forse perché poi nonostante tutto non ama parlare di sé. Parla di musica, di calcio, del tempo, di qualunque cosa sia tranne che della sua storia.
 Ha paura che sapendo chi veramente è le persone se ne possano andare. Lasciandolo solo come ha fatto suo padre. E di certo questo vuole evitarlo.
Niall, diciassette anni appena compiuti, è sempre stato un tipo forte, “la vita mi butta giù questo muro? Perfetto, io ne costruirò un altro” usa come filosofia di vita quindi sorride e va avanti. Come ha sempre fatto.
Niall è colui che quella notte di un anno fa quando vide Harry aggirarsi da solo in quel parco, con l’aria di chi non sa che farsene della propria vita, gli occhi bassi e un leggero tremore nelle gambe, gli ha stretto la mano e gli ha detto sorridendo “Amico, non è tardi per essere da soli? Vieni con me”. Harry non sapeva nemmeno se fidarsi o no, in realtà. Beh, dopo tutto capitelo se era notte ed era da solo e aveva appena incontrato uno sconosciuto che gli aveva detto di andare con lui. Ma Harry, istintivo e vivace come da bambino, ha accettato, affidandosi al caso.
E la fortuna non poteva essere più clemente con lui regalandogli notti insonni fatte di risate, voci e amici. Li ha incontrati poco tempo dopo gli altri due, che non potevano essere più diversi fra loro. Ma va bene così. La cosa bella è che in quel gruppo puoi essere chi vuoi, sei accettato comunque. Come una specie di ritrovo comune.
Avevano anche pensato di darsi un nome ma non gli piacciono le etichette, e poi che bisogno c’era? Sono solo loro: Harry, Niall, Liam e Zayn.
Zayn è un tipo strano. Dopo un’altra notte passata ad ascoltare torna a casa dalle sue sorelle, dai suoi genitori che a quanto pare non lo conoscono affatto e in quella camera troppo stretta per i suoi pensieri che sembrano fargli scoppiare la testa.
Zayn disegna da quando era bambino. Non ricorda nemmeno quando ha iniziato.
Cammina scalzo per casa sia in estate sia in inverno perché a lui piace così.
E guai a chi osa contraddirlo.
Zayn non si fida della gente, non subito, non di tutti. Non sa perché ma ci vuole del tempo prima che si apra completamente, e sa che chi non gli è piaciuto dall’inizio non gli piacerà mai. Non può farci niente, è fatto così.
Indossa giacche di jeans o di pelle, cappelli con la visiera e ha la barba, la pelle scura e ciglia troppo lunghe perché siano vere. Ha l’aria un po’ da duro che non lo rispecchia affatto. Non sa dire le cose giuste al momento giusto.
Non sa dire quello che prova a parole ma glielo si può leggere in quegli occhi troppo scuri. È come affogarci, leggere tutti i pensieri, come un libro aperto. Prevedibile.
Zayn ha la pelle ricoperta di tatuaggi perché con le parole non sa esprimersi e questi gli consentono di essere quello che è. E non gli piace parlare del loro significato perché in fin dei conti sono suoi, sulla sua pelle.
Ama prendersi cura delle persone cui tiene anche se non lo dimostra perché non lo fa per sentirsi dire “bravo”, lo fa perché ama farlo.
Un vecchio bar con banconi in lego, sgabelli arrugginiti dal tempo e un televisore d’epoca è il posto dove lavora. Ha diciannove anni ormai e di andare all’università non se ne parla proprio, a detta sua, quindi non gli resta molto altro. Non che gli piaccia molto come lavoro, ma Zayn sa accontentarsi.
Se ne sta quasi tutto il tempo zitto, fatta eccezione per qualche volta, ma Harry sa che chi parla poco sa ascoltare e quindi è con lui che parla notti intere, di tutto.
Della sua famiglia, della paura per il futuro e della scuola che non vuole finire anche se deve farlo. Studiare non è mai stato per lui e ora si ritrova costretto a fare quello che non avrebbe mai voluto fare. Per questo la notte fugge per fare quello che vuole e non quello che deve. Almeno per qualche volta.
Specialmente nelle notti d’estate quando qualcosa sembra andare diversamente, come se avessero tutto il tempo che vogliono e si sentissero padroni del mondo.
Sono quelle le notti che Harry preferisce: veri amici, una birra e tante stelle sulla testa. Zayn ascolta, come  sempre, a volte aggiunge qualche commento, a volte gli sorride e capisce. Soprattutto Harry si sente compreso mentre gli sembra che il resto del mondo parli una lingua a lui sconosciuta.
Quindi è come potersi esprimere, un po’ come con i disegni.
E poi Harry pensa che siano più belli dopo quei muri, quando al posto del grigio che li ricopriva ora ci sono colori, forme, sensazioni. A Harry piacciono i colori. Quando era piccolo passava ore a dipingere con sua sorella Gemma che ora è lontana e si sta costruendo la vita con le sue mani e che a lui manca da morire, ma non lo dice.
Un po’ come una metafora Harry vorrebbe riempire la sua vita di colori come fa con quei muri, per quello ci s’impegna come se fosse la cosa giusta da fare.
“Bel lavoro quello, Harry!” se ne esce sorridendogli Liam, che viene nel parco di nascosto dai suoi genitori, rischiando di farsi scoprire a volte.
Ma com’era quella cosa che il rischio aumenta l’adrenalina? Così Liam non rinuncia a vedersi con i suoi amici. Liam è un bravo ragazzo, canottiera che non lascia molto all’immaginazione, pantaloni neri della tuta e un berretto in testa, un luccichio negli occhi. È una di quelle persone che ti porterebbe la luna se gliela chiedessi, è sempre stato fatto così, impegnato a fare la cosa migliore per gli altri e mai per se stesso. Liam Payne è sempre stato un tipo tranquillo, quello che non fa mai sega a scuola, non prende note e prende ottimi voti.  Ha molti sogni da realizzare e si chiede se ha abbastanza coraggio per concretarli tutti. Lo spera veramente.
Non risponde male ai genitori, non fa mai cazzate e ora a diciotto anni appena compiuti la gente si aspetta molto da lui. Com’è ovvio che sia, dopotutto.
Cioè dai, un tipo così non può che fare le scelte giuste, no? Uno con la testa sulle spalle che ha una parola buona per tutti, ma la verità è che Liam è pieno di paure.
Le aspettative che la gente ha su di lui lo spaventano, ha paura di deludere e molto spesso si sacrifica, rinunciando a quello che vuole fare per fare ciò che deve fare.
Per questo si concede solo una cosa: disegnare. Così la notte esce, si vede con Niall, Zayn e Harry e disegna. Disegna senza sosta, senza seguire un filo logico, solo per il gusto di farlo. Passa qualche ora così e torna a casa, torna ad essere il figlio modello che è sempre stato. Come se niente fosse.
Ora, mentre ci pensa, Harry non ricorda nemmeno perché era uscito da casa quella sera di un anno prima, forse per comprare le sigarette che erano finite troppo in fretta, o per fare una passeggiata e guardare semplicemente le stelle. Si è ritrovato a camminare senza avere una direzione precisa, giusto per la voglia di stare da solo, senza sapere che non sarebbe più stato da solo per tutta la sua vita da quella notte. Harry, sedici anni arrivati troppo in fretta, tanta paura per il futuro e una bomboletta di vernice in mano, si ritrova a pensare che uscire quella sera è stata una delle cose migliori che potesse fare.
Poi le cose sono andate migliorando. Prima c’erano solo lui e Niall, che lo fa provare a dipingere e gli fa scoprire che era quello che voleva fare, ritrovandosi così a parlare di se a un completo sconosciuto, di quanto tenesse a sua sorella che stava per partire con suo marito per farsi una nuova vita lontano da lì, da quella Londra troppo grigia e cupa, priva di colore. Che Harry ama. Harry se potesse dipingerebbe tutti quei muri grigi di quella città.
Per poi parlare di sua madre, di quanto tiene a lei e del fatto che non glielo sa mai dire. E di un padre troppo lontano e poco presente per essere definito tale. E si sorprese di quanto fosse facile parlare con una persona che non sa niente di te, che non si è ancora fatto un’idea di chi tu sia.
Tutti sono soliti pensare che la vita dei ragazzi sia facile perché non ci sono problemi, che pensino solo a divertirsi. Loro sanno che non è così, per quello si capiscono, se lo leggono negli occhi il dispiacere che hanno e che si ostinano a voler nascondere.
Sanno quanto sia difficile per Harry crescere con un padre che non c’è mai e la sorella che sta per trasferirsi, facendolo sentire tremendamente solo in una casa troppo grande.
Sanno dei problemi economici di Zayn di cui non ama mai parlare ma che lo distruggono dentro. Sanno anche del padre di Niall finito dentro per spaccio, di cui si vergogna da morire e giura che non diventerà mai come lui. Ma tutto questo la gente non lo sa e la vita è facile perché sono giovani. Così sono lì anche stanotte, come un tacito accordo si concedono qualche ora di libertà e riposo da quel mondo così frenetico che riprenderà solo qualche ora più tardi.
 
 
 
È notte e come tutte le altri notti Harry disegna, una fascia marrone legata in testa per tenere a bada quei ricci che proprio non ne vogliono sapere di starsene al loro posto, e una felpa larga a riscaldare il cuore che si sa è sempre troppo freddo per chi si sente solo. Harry pensa che la sensazione più brutta che si possa provare sia sentirsi solo in una stanza piena di persone. Beh, forse non proprio la più brutta, ma decisamente orribile.
Per fortuna questo non gli capita quando è lì e tutto sembra andare benissimo.
Prende il rosso, fa il contorno di un cuore blu e sorride. È soddisfatto del suo lavoro, una volta tanto. C’è molta gente stasera al parco. Beh dopo di tutto è sempre così il sabato sera quando c’è il raduno degli skaters.
Ma perché proprio lì,  proprio ogni sabato, si chiede Harry. E va bene che ci sono le piste per gli skaters, e va bene che il giorno dopo non c’è scuola e va bene che fanno così da sempre, ma a Harry questo fatto proprio non va giù.
È come se questo fosse il suo posto e loro glielo stessero portando via. Lì ci sono sempre e solo loro, quindi perché devono arrivare gli altri? Ma di certo non può dirgli niente, è un luogo pubblico e quindi abbassa la testa e continua a disegnare.
“Bel disegno quello!” Harry nemmeno si gira, è uno di quelli, e a lui stanno sulle palle, scusatelo tanto. Quindi continua a disegnare come se niente fosse, stringendosi un po’ di più nella felpa per una folata di vento troppo fredda. L’aria sta iniziando a rinfrescarsi ma dopo di tutto sono a metà Ottobre, quindi è pure normale.
“Riccio, guarda che era un complimento e manco ti giri.” Harry questa volta presta più attenzione alla voce, è dolce e quasi femminile, allegra, sembra come un bicchiere d’acqua fresca in estate. Sembra quella di un bambino di otto anni. Per questo incuriosito si gira.
Quello che si trova davanti gli ricorda veramente un bambino.
E’ un tipetto più basso di lui, di almeno cinque centimetri, nota Harry, indossa un cappello con la visiera, ha un sorriso timido e degli occhi azzurrissimi. Non indossa nessuna giacca nonostante faccia fresco ma invece ha una maglia dei super eroi e uno zaino in spalla. Sembra un bambino dell’asilo eppure ha qualcosa che lo colpisce. Forse è negli occhi troppo azzurri perché siano veri o nel corpo minuto che ha improvvisamente voglia di stringere.
“Certo, scusa ero distratto, i tuoi amici fanno confusione” dice con voce piccata, senza sapere bene neanche il perché.
“Non sono miei amici, sono da solo”. E Harry può sopportare tutto, ma non che qualcuno gli dica di essere solo, perché sa come ci si sente. La sensazione di inadeguatezza, il vuoto dentro e tutto il resto, quindi proprio no. Gli si stringe quasi il cuore a pensare di essersi comportato in quel modo, adesso.
“Forza avanti, vieni con me.” Dice afferrandolo per mano, e wow, perché Harry sta afferrando per mano un ragazzo di cui non sa nemmeno il nome, di cui non sa praticamente niente ma che già gli piace.
 
 
Il ragazzo, scopre Harry, si chiama Louis. Ha diciotto anni, i capelli sbarazzini, gli occhi color del cielo in estate e tanta voglia di ridere.
Passa con loro ogni sera ormai da quando l’ha presentato agli altri.
Non che a Harry dispiaccia a dire la verità, anzi.
È come una ventata d’aria nuova, uno sprizzo di colore e Harry ama i colori.
È tutto quello che ci voleva nel gruppo, ha portato con sé serenità e spensieratezza.
Sta così bene con tutti, si amalgama alla perfezione. Come il pezzo di un puzzle.
E poi piace, a Harry. Gli piace vedere quelle mani così piccole e avere voglia di stringerle.
Guardare quegli occhi cosi azzurri e avere voglia di perdersi.
 
 
Louis è fresco, come se niente nella vita lo avesse intaccato.
Louis, diciotto anni, non ha paura di niente e di nessuno, o almeno questo è quello che vuole far credere.
Louis, a detta di tutti, ha un sorriso che anche non conoscendolo infonde speranza, ed è quello che ci vuole. Cresciuto in una casa sempre troppo piccola in mezzo a quattro sorelline, sogna di diventare calciatore e fa lo skater nel tempo libero.
È un po’ la sua passione, la sua valvola di sfogo, il suo essere.
Ha una ragazza da un po’, Eleanor. Occhi  da cerbiatto, capelli lunghi e gambe snelle,  un corpo niente male. Ma lui sente che non c’è quella scintilla che dovrebbe esserci, sente che manca qualcosa. Come un puzzle non completo.
 
 
La prima volta che Louis vede gli occhi di Harry si sente quasi sopraffatto.
Non credeva nemmeno che esistesse una simile tonalità di verde. Eppure da quando ha incontrato Harry inizia ad andare al parco tutte le sere e non solo il sabato come fanno tutti gli skaters, cosa che in effetti gli fanno notare. Ma se andare al parco ogni sera comporta vedere Harry perché non dovrebbe farlo? È strano il loro rapporto. Harry passa le ore ad ascoltarlo, le nottate a ridere e lui a insegnargli qualche mossa con lo skate, nonostante il riccio non ci azzecchi proprio nulla e fallisca ogni tentativo. Pazienza, vorrà dire che non fa per lui.
 
 
Louis Tomlinson ha sempre amato il rumore della pioggia, ha sempre amato osservare le goccioline d’acqua scorrere sui vetri e seguire il loro tragitto.
La forma strana delle nuvole, camminare scalzo in estate per casa in estate e la cioccolata calda in inverno. Louis non ha mai avuto molto tempo per sé nella vita essendo il maggiore di cinque figli con quattro sorelle più piccole. Louis è sempre stato abituato a non lamentarsi mai, a dare il buon esempio e a prendersi cura degli altri.
Le persone gli hanno sempre detto che sembrava dimostrare più dell’età che aveva e lui sorrideva e basta. Non poteva certo ringraziare, non quando loro non sapevano cosa ci fosse dietro. Cosa c’era dietro a un bambino cresciuto troppo in fretta? Tante responsabilità sulle spalle, essere forti quando serve e abbastanza ironici per sdrammatizzare quando non va come vorresti tu.
E poi Louis Tomlinson è cresciuto sentendosi solo, o meglio incompleto.
Come se fosse fatto a metà, nato senza una parte. Una sensazione di vuoto costante nel cuore, una voragine nel petto. E pensare che ci si fosse anche abituato. Insomma, dopo diciotto anni passati in un modo dopo un po’ uno ci fa l’abitudine, d’altronde.
E come d’un tratto la sensazione sembra essere sparita, da un giorno all’altro. Dalla sera in cui ha incontrato Harry.
Harry e i suoi disegni che deve ammettere, fa fatica a comprendere, ma va bene così.
Harry e le sue mani grandi, che vorrebbe tanto stringere. Harry e i suoi capelli che son più ribelli di lui. Harry e le sue felpe enormi. Soprattutto, quella che gli ha regalato una sera in cui faceva particolarmente freddo perché “Tienila, usala quando fa molto freddo” e sottovoce “E quando ti manco”. Per poi arrossire come un bambino.
E di certo Louis non poteva dire di no. Insomma, Harry gli sta regalando la sua felpa, scusate tanto.
Ma soprattutto, Louis non dovrebbe sentirsi così con Harry. Dopotutto è un ragazzo, e lui sta con Eleanor, ma la verità è che proprio non può farci niente.
Non è mica colpa sua se Harry gli piace, e pure tanto.
 
 
 
Inizia Dicembre e con lui arriva il freddo, i primi fiocchi di neve e il cielo sopra Londra se possibile diventa ancora più grigio del solito. Harry se potesse spruzzerebbe mille colori sopra quelle nuvole che proprio non vogliono sapere di andarsene.
Harry ha una strana ossessione per quel ragazzo dagli occhi blu. Lo cerca ovunque.
Negli occhi della gente sempre troppo chiari per essere quelli di Louis o troppo spenti per essere i suoi. Lo cerca nella campanella a scuola, quasi s’illude di poter sentire la sua voce cristallina tra gli schiamazzi dei suoi compagni o di scorgere la sua risata tra il caos del mondo. Ormai, quello che Harry ha capito, è che Louis gli piace. Gli piace da matti.
Le rughe sotto gli occhi quando sorride, le lentiggini chiare sulle guance, il sarcasmo pungente che non risparmia a nessuno ma che Harry sa che è un modo che usa per difendersi. Quell’atteggiamento genuino, senza mai prendersi troppo sul serio, guardando le cose con gli occhi di un bambino ma mai superficialmente. Harry fa tesoro di tutte queste cose nelle sere in cui il mondo gli sembra davvero troppo grigio per andare avanti.
 
 
Harry Styles s’iscrive a un corso di chitarra. Tanto per fare qualcosa, tanto perché gli va, tanto perché gli viene così.Tanto per riempire un po' di vuoto.
Così ogni mercoledì dalle sei alle sette del pomeriggio dovrà recarsi alla scuola dove andava quando non era più alto di un termosifone.
Sbuffa, indossa la sua felpa che ama tanto, si mette una fascia tra i capelli che proprio non vogliono saperne di rimanere fermi e immobili, saluta la sua mamma con un bacio e "Vado, ci vediamo dopo!" e esce di casa. La scuola non dista molto da casa fortunatamente, o giura che con questo freddo potrebbero congelarsi le dita delle mani e in poco tempo arriva a destinazione. L'edificio non è molto grande, è in una zona periferica di Londra, isolata dal centro con poche macchine e smog, un posticino tranquillo in fin dei conti.  Davanti a sé trova un portone monumentale che funge da ingresso su una facciata grigia, come gli altri palazzi che sono accanto, e di fronte a lui c’è un gruppo di ragazzi coperti dalla testa ai piedi con sciarpe, cappelli e guanti che aspettano di entrare.
Harry sbuffa e dalla sua bocca esce una nuvoletta di vapore, poi si guarda intorno cercando di capire se c'è qualcuno che conosce almeno di vista. Quello gli sembra Paul Heggins, un tipo basso e tarchiato che alle medie non passava mai i compiti in classe, e che Harry preferisce evitare. Ma a parte lui purtroppo, non vede nessuno che gli possa interessare. Ciò che di certo non si sarebbe mai aspettato di vedere è un Louis Tomlinson con un berretto grigio in testa, l'aria di chi si sta domandando cosa ci faccia là, e una giacca di jeans che non sembra riscaldarlo nemmeno un po'.
E Harry si ritrova a sbarrare gli occhi, mangiarsi le  unghie e cercare di fermare il cuore, che non smette di battere all'impazzata, tutto in un momento.
Perché diamine, Louis Tomlinson non può essere lì.
Non può proprio essere di fronte a lui come se niente fosse.
Perché Harry Styles non se lo sarebbe mai immaginato. Non che non ci abbia sperato, anzi a dire il vero, l'ha anche sognato ma neanche nei suoi sogni migliori se lo sarebbe immaginato davanti a lui che sorride.
A momenti non si strozza con la sua stessa saliva perché questo è veramente troppo.
 E poi non smette di guardarlo, fissandolo con degli occhi che quel giorno sembrano ancora più azzurri del solito, se possibile. E poi Harry non ha ancora reagito, realizza d’un tratto. Quindi incerto alza la mano a mo' di saluto, sperando che basti, avvicinandosi con le gambe che gli tremano, camminando incerto. Arriva di fronte a Louis e si accorge di aver trattenuto il respiro. “Ciao Harry!” esclama sorridendo e il riccio è sul punto di gongolare in piedi. “Ciao Lou!” risponde a stento rendendosi conto di avere la gola secca.
Sta facendo la figura del cretino, in pratica. “Beh entriamo che fa freddo”.
Quindi entrano nella scuola scoprendo che l’aula per la lezione di chitarra è la prima a destra appena si entra, almeno è semplice e comodo.
All’interno si sta un po’ meglio, fa meno freddo nonostante si tratti di una stanza enorme, con pareti bianche e la cattedra è dieci file di banchi avanti a loro. Eppure, se sta vicino a Harry, a Louis va bene così. E scusatelo, sempre perché fa freddo, se si trova un po’ troppo vicino a Harry sentendo il ginocchio a contatto con l’altro andare a fuoco.
E scusatelo sempre, se per parlargli e per non fare confusione, ovviamente, parla all’orecchio di Harry, provocando non poco rossore all’altro.
In linea di massima passano l’ora così.
 
 
La prima volta che li vede insieme Harry sente crollare quel poco di certezze che si era costruito, o forse era meglio chiamarle speranze.
 Fa molto freddo, questo è vero, ma quello che sente dentro di sé Harry è ghiaccio.
Cubetti di ghiaccio che scivolano sulla pelle calda. Un fastidio atroce.
Sono lì, mano nella mano che camminano sorridenti per le vie del centro, non curanti e purtroppo innocenti, inconsapevoli di quello che sta succedendo a Harry.
Louis che si ferma e la guarda, lei gli sorride e lui la bacia. Così semplice.
Ed è altrettanto semplice il fatto che non sia Harry quello accanto a Louis, ma una ragazza, anche carina deve ammettere.
Non vuole farsi altro male, loro non si sono nemmeno accorti della sua presenza, così prende e scappa via, senza voltarsi indietro.
 
Harry non va al parco né quella sera né quelle dopo a venire.
Non se la sente proprio di andare lì, incontrare quegli occhi e fare finta che non sia successo niente, non quando dentro si sé si è rotto. Louis chiede di lui ma Zayn gli dice che non ne sa nulla e che non è da lui mancare, che per una volta non si deve preoccupare. Louis continua a non capire.
 
Quasi non vuole uscire da casa, non vuole vedere nessuno, tantomeno Louis.
Sua madre lo tira giù dal letto con forza quasi, minacciandolo di staccargli internet se non si dà una mossa. A quel punto Harry è costretto. Va a scuola, torna a casa e studia, come sempre. Ma è come se non ci fosse. Non è presente, risponde con risposte vaghe e sembra disinteressato a ogni cosa. Non è da lui. Sembra quasi spento, quasi grigio e per uno che è sempre stato colore è abbastanza strano. 
 
Dopo una settimana che Harry non va più al parco, si ritrova ad aprire la porta e a trovarsi Zayn davanti, che senza tanti preamboli dice “Che cazzo hai?”, guardandolo negli occhi, cercando di leggervi qualcosa. Qualsiasi cosa che spieghi l’assenza del riccio.
Zayn non è bravo con le parole, ma è bravo con le persone. È in grado di sapere quando bisogna parlare e quando no. Sa quando le persone desiderano solo restare in silenzio e quando invece hanno bisogno di essere ascoltate. E questo è uno di quei momenti. Così non se ne va, anzi si accomoda sul divano accanto al cuscino rosso, il suo preferito, e aspetta che Harry faccia lo stesso. Il ragazzo lo guarda incerto, come se si stesse chiedendo se è il caso, per poi optare di sì e lasciarsi cadere sul divano.
 “Li ho visti” sputa fuori come se fosse veleno, Zayn non capisce.
“Visti chi?” chiede il moro, corrugando la fronte
“Loro due, insieme”.
“Harry, io continuo a non capire. Spiegami per bene. Chi. Hai. Visto?”
Harry guarda in basso, gioca con le mani quasi per distrarsi, poi prende un bel respiro e a occhi chiusi dice “Louis con quella” ed è allora che Zayn capisce.
Come se mettesse insieme le tessere di un puzzle, come fare due più due, come arrivare a una conclusione logica. HarryeLouis.
Sono sempre stati loro due. Loro che si capiscono con uno sguardo, che hanno un modo tutto loro di comunicare, che completano uno le frasi dell’altro e che sembrano vivere in simbiosi. HarryeLouis. Ma a quanto pare non erano soli. C’è qualcun altro nella vita di Louis che ha interrotto questo meccanismo. E Harry l’ha scoperto.
“Louis lo sa? Che li hai visti, intendo?” chiede a bassa voce, quasi per paura di fargli male, di farlo soffrire più di quanto stia già facendo.
“No, me ne sono andato prima che mi vedessero.”
Zayn non dice nulla, annuisce e basta, guardando in basso. “Harry, non so bene quello che c’era”, si corregge, “c’è tra voi”, continua, “e penso che nessuno di noi lo sappia. Siete qualcosa che non riusciamo a spiegarci. Sembra come se foste stati fatti apposta per stare insieme. Ma comunque, non è questo il punto. Il punto è che io, Niall, Liam e anche lui” si guarda bene dal non nominarlo “siamo preoccupati per te, perché ti vogliamo bene. E non ti vediamo da una settimana, neanche un messaggio o una chiamata. Quindi risolvi questa cosa e affrontala, prima lo fai e meglio è. Non puoi restare così in eterno. Okay?” dice guardandolo negli occhi, prendendogli le mani per rassicurarlo.
“Okay, ci proverò, grazie Zaynie.” Prova a sorridere, e da quanto tempo non lo fa?
“Quando vuoi Harry, quando vuoi.” Dicendo così, si alza dal divano seguito dal riccio che lo accompagna alla porta. Lo abbraccia e va, voltandosi per sorridergli.
 
 
La sera stessa Harry si reca al parco.
Dopo essersi fatto la doccia, essersi vestito e preparato.
Non fa altro che sospirare per strada, sperando che una grande voragine lo inghiotta o scompaia tutto il mondo. Insomma qualsiasi cosa pur di non dover incontrare Louis.
L’idea lo terrorizza. Poi d’un tratto si chiede se abbia fatto bene o no a uscire, a lasciarsi convincere da Zayn ad affrontare la questione. Poi ci ripensa, ma certo che ha fatto bene, lui non è uno che sfugge davanti ai problemi, lui li prende di petto li affronta.
Anche se Louis rappresenta un problema grande come un iceberg. Ma questi sono dettagli.
Dettagli, si ripete Harry mentre entra nel parco e fortunatamente è sabato.
È pieno di skaters, writers e quindi gli riesce bene confondersi tra la gente. Cammina a testa bassa con le gambe che tremano e il respiro irregolare. Insomma, sta per affrontare il problema che non l’ha fatto vivere per una settimana, scusate tanto.
Si sente sommerso improvvisamente da un paio di braccia intorno alla vita e una voce che gli dice all’orecchio “Mi sei mancato” e dall’accento tipicamente troppo irlandese, riconosce Niall, allora stringe più forte. Se potesse resterebbe così per sempre. Dopo una settimana sente finalmente calore, qualcosa di vivo nel petto.
“Sono tornato Niall, sono qui. Sto bene” incespica un po’ sulle ultime parole, ma camuffa un sorriso e va bene così. Il ragazzo biondo lo lascia andare e “Vieni, ti porto dagli altri. Saranno felicissimi di vederti.”
Ed è in quel momento che davvero Harry vorrebbe scappare dalla parte opposta.
Perché tra meno di cinque minuti inevitabilmente dovrà incontrare i suoi occhi e crollare per terra. Si sa che il tempo funziona sempre al contrario di come vorremmo, così in meno tempo di quanto si aspettasse alza lo sguardo e lui è lì. Sta ridendo con Liam e non è mai stato così bello. Un beanie grigio sulla testa, un maglione che è grande quattro volte lui e pantaloni della tuta.
Ma ad Harry sembra crollare la terra sotto i piedi perché  lui è lì davanti a tutti e sta ridendo ed è la cosa più bella del mondo.
Si fa coraggio e procede con passo spedito, come se una forza di attrazione lo conducesse dal ragazzo dagli occhi così incredibilmente azzurri e poi stop.
Sembra fermarsi tutto nel momento in cui i loro occhi si rincontrano di nuovo, azzurro nel verde. Louis smette di ridere, di fare qualsiasi cosa perché potrebbe saltare in piedi in quel momento se non ci fosse Liam che gli dice, “Calma, è solamente Harry” notando lo stato del ragazzo. Ma non èsolamente Harry.
È Harry che sta lì di fronte a lui che gli sta sorridendo e gli sembra anche un po’ sciupato in viso, più spento e non ha il luccichio negli occhi ma va benissimo così.
Louis riprende a respirare e Zayn fa l’occhiolino a Harry, complice. Il riccio gli sorride e si lascia abbracciare da Liam, che “Mi sei mancato” gli sussurra all’orecchio.
E beh, ecco, ora in teoria è il suo turno, così Liam si fa indietro e Louis a piccoli passi avanza verso Harry senza smettere di guardarlo. Sembra quasi che lo stia raggiungendo all’altare tanto è forte l’affetto che Harry ci legge nei suoi occhi.
Lo raggiunge e d’improvviso le parole da dire sembrano troppe, o troppe poche. Louis si limita a guardarlo e senza sapere cosa altro fare lo bacia. E Harry è costretto a cercare di respirare perchéquesto è veramente troppo.
Perché Louis sta facendo l’ultima cosa che Harry si aspettava che facesse. Non che non lo desiderasse a dire il vero. Perché a dirla tutta non aspettava altro da tempo, molto tempo. Quindi quando Louis si ferma e poggia la fronte sulla sua e affannato dice “Scusa”  Harry sorride e basta, perché Louis non poteva dire niente di peggio in quel momento.
 
 
 
 
Sono a casa di Harry perché “Mia mamma non c’è e Gemma è a fare shopping con le amiche, finalmente un momento di pace” e sono sdraiati  sul divano in salone mentre un vecchio film è in tv ma nessuno dei due ci fa molto caso.
Non quando Louis con voce attenta sta guardando Harry negli occhi e gli sta dicendo che “Ecco vedi, da quando sono piccolo, mi sono sempre sentito “strano”. Fuori posto, come se non ci azzeccassi niente con le persone intorno a me. E quindi mi ero rassegnato, fino a quando ho incontrato Eleanor e speravo che potesse andare meglio allora. Dai, era carina” e Louis s’interrompe guardando l’espressione quasi schifata di Harry e scoppiando a ridere “Okay, non era carina. Ma ho pensato che forse era quello che cercavo. Invece niente, niente è cambiato. Fino a quando ho incontrato te.”
E lo dice con una spontaneità che lascia Harry di stucco, fa quasi fatica a crederci.
“Si, quando ho incontrato te che mi hai preso la mano perché ero solo, senza nemmeno conoscermi, ho capito che eri diverso dalla gente che mi era intorno. Sei qualcosa di completamente tuo, non so nemmeno definirlo o catalogarlo. Tu e i tuoi tatuaggi, le tue mani, i tuoi disegni. Siete qualcosa di assurdo.”
Harry non sa che dire, pensa che non ci siano nemmeno parole adatte a rispondere a qualcosa del genere, così lo bacia.
 
È sempre inverno, e fa sempre freddo. Se possibile, ancora più di prima.
Il cielo a Londra è sempre grigio e Harry appunto per quello sta dipingendo un muro di rosso, un cuore per farci due lettere accanto subito dopo. Dannazione, da quando è diventato così romantico?
Indossa un beanie nero da cui fuoriescono alcuni ricci che proprio non vogliono sapere di starsene al loro posto. Harry giura che prima o poi li taglierà, anzi no, ci è troppo affezionato e ne va troppo fiero per toglierli di mezzo, e poi Louis li adora. E Harry adora il modo in cui le dita di Louis accarezzano i suoi capelli, quindi proprio no. Non è il caso di tagliarli.
Mentre fa il contorno delle lettere, due mani piccole che riconosce subito gli tappano gli occhi.
“Lou è inutile, so che sei tu” qualcuno sbuffa dietro di lui togliendogli le mani dagli occhi permettendogli di girarsi. Quello che si trova davanti è un Louis Tomlinson che gli sorride e può sostituire il sole che non c’è.
“Vieni, ti porto via con me.”
“Ma vengo dove? Non ho nemmeno finito qui, devo completare il disegno”
“Shh, vieni e basta. Sorpresa!”                  
Prima di ritrovarsi con una benda agli occhi, Harry posa a terra la bomboletta rossa e sospira, non cercando nemmeno troppo di nascondere un sorriso.
 
 
Hanno camminato per un bel pezzo subendosi le lamentele di Harry che non fa altro che sbuffare e chiedere “Siamo arrivati?” “Quanto manca ancora?” neanche fosse un bambino di cinque anni. Louis deve avere di certo una gran pazienza con lui.
Harry sente un gran vociare di persone accanto a lui e dei rumori “Siamo in metro!” esclama neanche avesse fatto la scoperta del secolo.
“Sì ma non siamo ancora arrivati, abbi pazienza”. Lo rassicura Louis scostandogli dei capelli dagli occhi bendati.
Dopo poche fermate e molte lamentele da parte del riccio che non la smetteva di discutere per questo o per quello sono scesi e Louis gli ha finalmente tolto la benda.
Con grande stupore del più piccolo, si trovano a Hyde Park, il che vuol dire libertà e spensieratezza.
Anche se non ci sono muri da colorare Harry non si è mai sentito così bene con qualcuno. Sorridendo e lasciandosi guidare da Louis arrivano lungo la Serpentine, lo specchio d'acqua di Hyde Park, notando tantissime piccole barche nell’acqua e anche se il cielo non promette niente di buono Louis convince Harry ad affittarne una.
Dopo non poche complicazioni per salire sulla barca perché “Louis, aiutami, aiuto, cado” per poi lasciarsi prendere per i fianchi, Harry sta sorridendo come un ebete a chiunque lo guardi anche da duecento metri di distanza e pensa proprio che gli verrà una paralisi se starà così ancora per molto.
Improvvisamente una goccia cade sul naso di Harry, poi un’altra sul braccio e poi sono davvero troppe per contarle poiché è appena scoppiato un temporale su Londra.
Londra e il suo tempo imprevedibile.
“Merda Louis sta piovendo!” esclama il riccio, cercando di togliersi i capelli bagnati dalla faccia, la maglia ormai completamente fradicia.
“Sai Harry, non l’avevo notato!” risponde con voce piccata il maggiore che inizia a remare velocissimo, per raggiungere la riva. Prima di quanto pensassero sono a terra, zuppi letteralmente dalla testa ai piedi, con un’improvvisa voglia di correre.
“Vieni con me!” e Harry si lascia guidare per la seconda volta in un pomeriggio, ma con quegli occhi azzurri andrebbe ovunque, sentendosi comunque al sicuro.
Stanno correndo e ridendo sotto la pioggia come matti, qualche passante si ferma a guardarli sconcertato chiedendosi dove hanno il cervello ‘sti giovani d’oggi, mentre loro incuranti di tutto il resto si stanno baciando sotto la pioggia.
Le gocce sui visi, le mani al collo e sui fianchi, i respiri affannati e i cuori leggeri.
È forse questo l’amore?
 
La prima volta che Louis Tomlinson dice “ti amo” a Harry Styles sono sotto le stelle. Mentre sono entrambi coperti da una coperta di lana che è troppo piccola per due persone ed è un’ottima scusa per stare più vicini.
Non stanno parlando da un pezzo ma va benissimo così tra loro.
Non hanno bisogno di parole, il silenzio non è imbarazzante come potrebbe essere con qualcun altro.
Quando all’improvviso, un sussurro. “Ti amo.”
E Harry potrebbe giurare di esserselo immaginato se non avesse avuto le labbra di Louis così vicine da poterle vedere muoversi.
Avrebbe voluto dire “anche io” come accade la maggior parte dei casi.
Ma loro non sono come tutti, non lo sono mai stati.
Non si classificano nemmeno, non sono un marchio. Sono solo HarryeLouis.
Così Harry, senza sapere bene cosa fare o dire, si volta e lo bacia. E Louis capisce.
 
 
La casa di Louis non è grande eppure sa di mattine in famiglia, colazioni tutti insieme, pranzi della domenica e dolci fatti in casa.
Sa di bambine che corrono per casa, di partite a scarabeo e feste a sorpresa.
Non è una casa grande ma ci si sente in famiglia.
È questo quello che colpisce subito Harry quando entra nel salotto accompagnato da Louis e si siede sul divano.
Le gemelline che guardano un cartone animato in tv e le altre due più grandi in camera loro.
A dire il vero Harry non era poi così tranquillo fino a poco tempo prima, quando si trattava di dover percorrere la strada per arrivare a casa di Louis. Ma per fortuna il suo sesto senso si sbagliava e ora sta andando tutto per il meglio.
Così tra una tazza di thè e biscotti si ritrova a parlare dei suoi interessi alla madre di Louis, che lo vede per la prima volta e lo tratta come fosse suo figlio e Harry finge di non notarlo, ma lo sguardo di Louis non lo abbandona nemmeno un attimo.
Dopo tre mesi lo guarda ancora come se fosse la cosa più bella che ha, come se potesse spezzarsi da un momento all’altro e fosse pronto a rimettere insieme i pezzi.  
Lo guarda per proteggerlo.
 
 
La prima volta che HarryeLouis fanno l’amore non ci sono carezze o dolcezza, soltanto gemiti e pelli tra loro.
Sarà che aspettavano questo momento da mesi, che si sono attratti da subito.
C’è sempre stata una sorta di alchimia e poi non hanno bisogno di dirsi ti amo per saperlo, farsi regali o quant’altro per dimostrarlo. Che si amano lo sanno già.
Quindi se sono in piena notte in un campo di grano e si stanno amando in quel modo,
va benissimo così.
 
Harry di backflip, flip e kickflip non ne capisce proprio niente, non è colpa sua, è più forte di lui.
Ci prova e ci riprova da ore, ma dopo aver messo i piedi su quella tavola di legno con le ruote, che a detta di Louis si chiama “skate”, non riesce a stare in equilibrio e a non rischiare di cadere ogni tre per due.
Ma che problema c’è se c’è sempre Louis pronto a tenerlo a terra se cade davvero?
Se c’è Louis a ricomporre i pezzi ogni volta e a non fargli sentire più il freddo dentro.
Ora per Harry il mondo non è più grigio ma ha preso il colore degli occhi di Louis.
   
 
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