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Autore: biberon    19/08/2013    5 recensioni
Dal testo:
Che giorno è?
Che ore sono?
Non ha voglia di alzarsi e andare al calendario, non ha voglia di estrarre il cellulare e guardare l’orologio, sente solo il bisogno di essere lì con quel ragazzo, vorrebbe sentire il sapore dolce delle sue labbra sulle sue, invece sente solo lo zucchero della panna spumosa.
Lei vorrebbe che lui sapesse che lo sta guardando, vorrebbe … vorrebbe che capisse, vorrebbe che sapesse che lei lo ama ancora e che una sua vittoria, persino a ping pong, equivale a un momento di gioia per lei al solo pensiero di vederlo felice, vorrebbe che sapesse che ogni natale lei gli lascia una busta con una poesia scritta a stilografica nella cassetta delle lettere, ma che poi recupera per la troppa vergogna, vorrei che sapesse che lei c’è solo per lui.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Heather | Coppie: Alejandro/Heather
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Le batte il cuore forte, fortissimo.
 
Sta ascoltando attentamente i rumori che vengono da la sotto, nel giardino condominiale.
 
Sbircia attraverso le tende quel ragazzo.
 
Capelli castani lunghi, fisico perfetto, abbronzato, sorriso meraviglioso, occhi verde smeraldo, voce calda e sensuale …
 
Vorrebbe essere lì con lui, vorrebbe essere a giocare un doppio di ping pong con la sua anima gemella.
 
Invece è nascosta dietro un vetro pieno di ditate, lo sbircia piena di desiderio da dietro la tenda, sorride leggermente ogni volta che fa punto, e nel vedere i suoi grossi piedi a loro modo aggraziati in quelle infradito di cuoio pesante, che fanno “clock” ogni volta che si scontrano con il pavimento.
 
Lo guarda trattenendo il respiro e mordicchiandosi il labbro inferiore.
È troppo forte la voglia di parlargli.
 
Invece resta lì ferma immobile.
 
È passato tanto tempo, ma il suo cuore non ha mai smesso di battere per lui.
Forse quel ragazzo non si ricorda di lei, forse non la ama più, forse la odia.
 
Lei prende una ciocca dei suoi capelli neri tra le dita e se li accarezza, li strofina coi polpastrelli.
 
Una sensazione di piacevole solletico che la calma.
 
È bellissimo l’amore che mette in quel tocco delicato, ma vorrebbe tra le dita i capelli di quel ragazzo.
 
Vorrebbe alzarsi e scendere giù, invece resta seduta sulla poltrona ad attingere panna a cucchiaiate da una zuppiera tonda.
 
Le sta facendo venire la nausea, ma non le importa.
 
Forse ha perso il suo fisico da modella, quel rivolo di pancetta da ragazzina di un college che le spunta da sotto il top le fa venire in mente che si è dimenticata chi era.
 
Ecco, lui ha fatto un altro punto e lei non riesce a staccare lo sguardo.
 
Che giorno è? Che ore sono? Non ha voglia di alzarsi e andare al calendario, non ha voglia di estrarre il cellulare e guardare l’orologio, sente solo il bisogno di essere lì con quel ragazzo, vorrebbe sentire il sapore dolce delle sue labbra sulle sue, invece sente solo lo zucchero della panna spumosa.
 
È cambiata, non è più competitiva e calcolatrice come un tempo.
 
È diventata una brava ragazza, va a scuola, svolge i compiti, consegna gli esami e si chiude in casa.
 
Da quando lui abita nel suo palazzo non esce più di casa.
 
Nessuno può capirla, lei pensa.
 
Nessuno potrà mai.
 
Mangia un'altra cucchiaiata di panna per accompagnare l’ennesimo punto di lui, qualche metro più sotto.
 
Già, li separa qualche metro, ma a lei sembra l’infinito.
 
Povera, povera Hether.
 
E dire che lei è sempre stata una che ci sapeva fare.
 
La crudele, spietata, bellissima Heather.
 
Ma non poteva prevedere che un ragazzo la sconvolgesse così.
 
Lancia un’occhiata ai libri ammassati sul tavolo della cucina di casa.
 
Oggi non farà i compiti.
 
Una lacrima, tonda e calda, scende dall’occhio destro, rotola sulla guancia, bagna il collo e le ciocche di capelli fini e arruffati.
 
È da tre giorni circa che non si fa la doccia.
 
È da tre giorni che non si alza da quella poltrona, da quando ha visto lui che accompagnava a casa una ballerina anoressica con la sua macchina.
 
I due ridevano e parlavano, e poi lui le aveva dato un bacio a stampo, che era stato come un pugnale nel petto di Heather.
 
Lei lo ama,  lo ama con tutta se stessa e da molto più tempo di quella lì.
 
Ma lei non è come le altre ragazze che stanno con lui.
Lei non è di nessun  interesse per lui, perché non si concede troppo, non lascia che i ragazzi la tocchino, non li tocca, non fa l’amore con loro e non si mette canottiere scollate o tanga di pizzo.
Lei non è una ragazza di facili costumi, o almeno, non più.
 
Non va oltre il bacio, e a volte nemmeno fa passare la lingua di un ragazzo.
 
Vuole restare bambina, lei.
 
Si vergogna di tutto, persino di parlare con le persone, le importa che la trovino grassa o brutta, non ama essere al centro dell’attenzione.
 
E dire che è sempre stata una delle più carine e gettonate.
 
Ma adesso è sola e timida, insicura di tutto, è cambiata da così a così e si vergogna a vedere la propria immagine riflessa nello specchio.
 
Lei è nata come una vincente, ma adesso sta lasciando che il tempo, l’amore e sogni infranti la rovinino.
 
Adesso è delicata come una rosa rossa.
 
Sua madre entra nella stanza.
 
Heather non si gira a guardarla, sa già cosa troverà.
 
Una donna bella, magra, bionda, senza una ruga o un difetto.
 
“Heather, dovresti deciderti a uscire.” Dice, ma lei non la ascolta, non la vuole ascoltare, vuole solo Alejandro e il resto non importa.
 
Sua madre se ne va scuotendo la testa, delusa come lo è sempre stata, e Heather prova sollievo ad essere di nuovo sola.
 
La panna è finita.
 
Lei succhia il cucchiaino mentre Ale segna l’ennesimo punto.
 
È così bello.
 
Un attimo, che succede?

Ha vinto!
 
Lei si alza dalla poltrona con uno scatto ed esulta, la zuppiera metallica cade a terra con un tonfo assordante, fa un paio di giri su se stessa e ricade, il cucchiaino schizza sotto il divano, ma lei è troppo felice perché gliene possa importare qualcosa.
 
Improvvisa un balletto, i capelli che balzano sulle spalle e il mascara secco che cade a briciole sul pavimento, i piedi nudi con la pelle chiara che lasciano impronti di unto sul parquet immacolato.
 
Lui, sotto, si asciuga il sudore con la maglietta appallottolata.
Di fianco al tavolo da gioco c’è un banchetto, e una signora sta portando dei vassoi pieni di paste.
 
Deve esserci una festività, pensa lei, e si toglie ogni dubbio vedendo lo striscione con scritto “AUGURI ALE” che due ragazze stanno portando.
 
Lei vorrebbe che lui sapesse che lo sta guardando, vorrebbe … vorrebbe che capisse, vorrebbe che sapesse che lei lo ama ancora e che una sua vittoria, persino a ping pong, equivale a un momento di gioia per lei al solo pensiero di vederlo felice, vorrebbe che sapesse che ogni natale lei gli lascia una busta con una poesia scritta a stilografica nella cassetta delle lettere, ma che poi recupera per la troppa vergogna, vorrei che sapesse che lei c’è solo per lui.
 
Guarda giù, e sprofonda di nuovo nella poltrona.
 
Lui non c’è.
 
Se n’è andato, probabilmente con qualche ragazza a limonare dietro una siepe.
 
Si raggomitola su se stessa e le lacrime escono di getto, senza che riesca a fermarle.
 
Una dopo l’altra, si rincorrono sulle guancie come bambini al parco giochi.
 
Si preme un cuscino sulla faccia, vorrebbe sparire per sempre.
 
Il cuscino è umido, bagnato di lacrime e saliva, graffiato dalle piccole unghie del suo gatto Mitchell, e puzza di tonno in scatola Rio Mare.
 
Qualcosa la risveglia dal torpore del naso intasato.
 
Il ronzio fastidioso del campanello, qualcuno è alla porta.
 
Chi è che rompe?! Si chiede premendosi gli indici sulle tempie.
 
Ti prego, ti prego, ti prego, fa che se ne vada.
 
Invece non se ne va.
 
Masticando un imprecazione si alza a fatica dalla poltrona, le lacrime che corrono, la gola che pulsa per il pianto e il moccio sotto il naso.
 
Apre la porta, pronta a rifiutare chiunque le chieda qualsiasi cosa, e tornare a pensare al suo Al che non è più suo.
 
Appena vede chi è, il respiro si blocca, le lacrime pesano come macigni, i singhiozzi cessano, il cuore accellera.
 
“Heather … Wilson, giusto? Heather, bhè, ne è passato di tempo … quasi cinque anni … beh … ti andrebbe di venire giù? È il mio compleanno, ventitre … ci sono delle ottime paste … insomma, sarebbe bello averti al party.” Dice Alejandro tutto d’un fiato, le guancie rosse d’imbarazzo.
 
È contento, però.
 
Finalmente ha avuto il coraggio di alzarsi dalla poltrona di casa sua, dalla quale spia lei ogni mattina quando va a scuola, finalmente ha avuto il coraggio di parlarle invece che piangere e buttarsi in relazioni precipitose con altre per dimenticarla, finalmente ha avuto il coraggio di provare ancora a stare con la sua preziosa e amatissima Heather. 
   
 
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