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Autore: Armelle    19/08/2013    1 recensioni
(Vecchia storia revisionata)
Le sue sarebbero state per sempre le mani di un’assassina. Niente poteva cancellare il ricordo.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Davanti al suo volto le foglie gialle degli alberi danzavano, trascinate dal vento autunnale. Tutto intorno era quieto, come si addiceva ad un luogo che faceva da tramite tra i vivi ed i morti. I rami degli alberi, ormai quasi spogli per l'arrivo dell'autunno, assumevano le sembianze di braccia scheletriche allungate verso il cielo. Poco lontana dal punto in cui stava ferma, una coppia piangeva, davanti ad una lapide di piccole dimensioni; la donna era inginocchiata per terra, ed i suoi singhiozzi, nel silenzio sepolcrale, si propagavano nell’ambiente come un eco.

Suo marito, forse, aveva finito per inginocchiarsi al suo fianco, iniziando a carezzarle i capelli, come a volerla consolare. Mio lo vide avvicinarsi per sussurrare qualcosa al suo orecchio, ma inutilmente, perché il pianto della donna non diminuiva. Al petto, osservò, teneva serrato con forza un orsetto di stoffa.

Guardandoli si poteva ben intuire la loro afflizione, dovuta alla recente scomparsa di qualcuno che avevano amato molto.

Lo zio Kei si trovava proprio accanto a Mio, ma teneva gli occhi chiusi. In verità, Mio credeva che stesse pregando. Di certo rivolgeva qualche parola a sua sorella, così l’avrebbe fatto anche lei.

Doveva pregarla, prima di tutto, di ascoltare anche la sua voce, la voce di colei che l’aveva uccisa.

Per tutto il tempo trascorso l’una accanto all’altra, Mayu era stata l’altra metà di sé stessa; erano state sempre unite, così aveva creduto sarebbe stato per sempre, né mai aveva pensato un giorno di doversi separare da sua sorella. Del resto, Mayu aveva sempre avuto bisogno della sua protezione, fragile com’era, che Mio non aveva mai pensato di privargliene. Non l’aveva mai sfiorata l’idea che Mayu potesse temere da parte sua proprio un abbandono. Dal giorno in cui a causa sua si era ferita, proprio perché l’aveva lasciata indietro, Mio aveva sempre voluto solo proteggerla, non le era mai pesato farlo. Non aveva mai creduto che sua sorella potesse pensare altrimenti.

Invece proprio le mani che avrebbero dovuto accompagnarla per il resto della sua vita, erano state le stesse che poi l’avevano uccisa. Erano discese su di lei con ferocia, stringendola sul collo fino a quando non avevano ottenuto di derubare il suo corpo finanche dell’ultimo respiro. Nonostante questo la sua sorellina non era stata neanche capace di privare la sua carnefice dell’ultimo saluto. Al contrario, Mayu l’aveva addirittura ringraziata per il suo gesto. Con le sembianze di una delicata farfalla, era venuta a posarsi sul suo dito, cogliendo l’opportunità per sfiorare le sue mani per un’ultima volta, le stesse che l’avevano strangolata poco prima. Per quanto potesse sembrare assurdo, aveva sentito che lei era stata grata di quella morte, avendola udita ringraziarla, poco prima che spiccasse il volo. Poi era voltata via, per unirsi allo sciame di farfalle purpuree. Altre creature innocenti vittime di un destino avverso, che solcando il cielo l’avevano quindi abbandonata alla sua disperazione.

Come aveva potuto pensare Mayu, quando era volata via grata dalla sua mano, che avrebbe potuto continuare a vivere felice in sua assenza, per giunta portandosi dietro un’altra volta il peso della colpa?

Le sue sarebbero state per sempre le mani di un’assassina. Niente poteva cancellare il ricordo. Aveva ucciso sua sorella, dunque contemplato anche la propria morte nei suoi occhi spenti, su di un viso identico al suo. Tuttora guardandosi nello specchio le pareva di riuscire a intravedere il segno di quel rituale maledetto sul suo collo.

Eppure non era giunta fin lì con l’intenzione di ucciderla. Non avrebbe percorso i corridoi bui delle case e le strade del Villaggio Perduto fino in fondo, se non fosse stata intenzionata a salvarla. Una volta le si era presentata l’opportunità di fuggire con facilità, ma non aveva voluto, in quanto avrebbe dovuto lasciarla indietro. Aveva proseguito fino in fondo, rischiando molte volte la sua stessa vita pur di fuggire tutte e due insieme, così come erano arrivate. Ma alla fine anche lei era stata vinta dal male che risiedeva in quel luogo. Tutto era stato vano, ogni sforzo perduto. Annullando la sua volontà, gli spiriti senza riposo che ancora resistevano ancorati al villaggio si erano serviti proprio di lei che voleva osteggiarli per i loro scopi. L’avevano ingannata, certo, ma sempre erano le sue mani colpevoli della morte di Mayu. Ogni volta che ci pensava, Mio avrebbe voluto avere il coraggio di strapparle e gettarle via.

Lo zio si prendeva cura di lei adesso, avendo compreso il suo disagio. Coglieva sempre il suo sguardo pieno di apprensione che si fissava su di lei, ma Mio non aveva mai osato raccontargli nei dettagli come era andata veramente. Non poteva ammettere che era stata lei, a cui si dedicava con tanta pena, a uccidere l’altra nipote.

Comunque era certa non le avrebbe creduto, sicuro com’era del suo attuale disagio, dovuto alla recente scomparsa della sua gemella. Perciò conoscendolo avrebbe solo cercato di convincerla che era la sua mente ad ingannarla, che si stava addossando una colpa di cui non era responsabile. Lo zio le voleva bene, perciò non avrebbe accettato una simile verità.

Dopotutto, lui non era stato lì, non aveva visto in faccia l’orrore.

Quella mattina era stato proprio lo zio ad insistere perché l'accompagnasse fino al cimitero. Mio aveva voluto accontentarlo, pur sapendo che era inutile recarsi in quel luogo; il corpo di sua sorella non giaceva sepolto sotto il terreno su cui teneva posati i piedi. Dopo che Mio l’aveva strangolata era stato gettato via senza alcuna pietà, per essere divorato all’interno di un baratro infernale senza fondo. Nemmeno questo aveva potuto evitare.

Un tempo era stata sicura della propria forza, ma non era riuscita a fare nulla, quando si era trattato di difendere per davvero la sua unica sorella. Perché continuare a essere forte adesso, se non c’era rimasto più nessuno da proteggere?

Ormai l’unica cosa capace di darle sollievo non era più la vita, ma il sonno. Quando dormiva, Mio riusciva ancora a vederla, anche se solo per un istante, camminare dinanzi a lei e chiamarla. Mio la seguiva sentendo il cuore colmo di gioia, ma poi lei spariva, così rimaneva ancora una volta da sola, risvegliandosi nel suo letto.

Nel rivederla anche solo per un breve istante però, Mio si sentiva ancora felice. Ormai da un po’ si addormentava puntuale, aspettando si ripetesse lo stesso sogno.

Immersa nel buio, Mio ammirava i fiocchi di neve, che cadendo leggeri dal cielo imbiancavano il cortile. Rapita dalla bellezza di quel paesaggio innevato si perdeva con lo sguardo in lontananza, ma poi guardando dritta davanti a sé, seminascosta dalla neve, riusciva a distinguere un’enorme villa imponente. Allora non sapeva di preciso come, ma nel corso del sogno diveniva consapevole che se fosse entrata lì dentro avrebbe potuto riabbracciare sua sorella. Per questo s’incamminava senza indugio all’interno dell’edificio, spalancando il pesante portone con entrambe le mani, ed era lì che finalmente si ritrovavano.

La prima volta l’aveva scorta addirittura in piedi davanti alla villa, in attesa del suo arrivo. Mayu lì era ancora viva e l’invitava a seguirla, anche se il suo viso era sempre mortalmente pallido, come quello di un cadavere.

Mayu le chiedeva semplicemente di seguirla con un cenno, ma senza proferire parola, mostrando un volto inespressivo. Ogni volta, Mio, angosciata, tentava di decifrare la sua espressione, senza però riuscirvi. Quando Mio iniziava a correre con l’intenzione di raggiungerla, Mayu le voltava le spalle, per sparire dietro l’enorme portone che dava accesso alla villa. Pertanto Mio non capiva più i suoi sentimenti, se il suo responso era cambiato e se ora avesse preso ad odiarla.

Perché altrimenti non avrebbe dovuto aspettarla?

Ogni notte, dunque, vagava per gli stessi corridoi alla sua disperata ricerca, addentrandosi ogni volta più a fondo nel labirinto della villa. Si rendeva conto di ripercorrere gli stessi luoghi di desolazione e di morte dove l’aveva perduta, rivivendo in sogno lo stesso terrore. Ad ogni risveglio poi diventava sempre più debole; tutto il suo corpo era pervaso da un dolore atroce, mentre uno strano tatuaggio si disegnava sopra la sua pelle, completandosi di giorno in giorno.

Una volta aveva sentito suo zio, in pena per la sua salute, parlare al telefono con il dottore. Dalle sue risposte aveva compreso che le sue condizioni di salute non erano buone, che anzi andavano peggiorando. Mio lasciava ora che la visitasse quando veniva a casa, tanto ormai era diventata appena consapevole della realtà circostante. Sentiva le palpebre diventare pesanti anche nelle ore diurne, il sonno la coglieva anche in pieno giorno e i suoi viaggi onirici si allungavano.

Era arrivata al punto in cui le ore di veglia le sembravano solo una tortura, fino a quando riusciva finalmente ad abbandonarsi al sonno, sapendo che lì si sarebbero potute rincontrare.

Adesso aveva la certezza che se avesse proseguito troppo oltre, nel vagare tra i vasti corridoi della villa, non avrebbe più potuto fare ritorno. Perciò proseguiva, per nulla intimorita, ad addentrarsi sempre più a fondo. Le sembrava di avere ricevuto una seconda possibilità, dopo avere tanto pregato, di ricongiungersi con sua sorella. Stavolta non l’avrebbe lasciata, solo questo aveva importanza.

Avevano promesso che sarebbero sempre state insieme. Non importava se nella realtà o nel sonno, se nella vita oppure nella morte.

Desiderava soltanto poter stringere ancora una volta Mayu fra le braccia, pensare che fosse stato il giorno in cui l’aveva perduta il vero incubo, e l’incubo che percorreva dunque il risveglio tanto agognato. Così avrebbe continuato a seguirla, fino a quando Mayu l’avesse richiamata a sé, decisa a raggiungerla ad ogni costo. Allora, finalmente di nuovo unite, non si sarebbero mai più lasciate.

 

  
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