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Autore: madychan    19/08/2013    1 recensioni
E fa male vedere quelle fiamme, così stupide, mentre lentamente incurvano la superficie sottile del foglio di carta in mezzo alle braci – infuocano i suoi angoli, e lo consumano come leoni digiuni da giorni davanti alla carcassa di una gazzella.
E alla fine lo rendono cenere.
Quello è tutto ciò che rimane dell’unica lettera che Rachele le abbia mandato in quei due anni.

[quinta classificata al contest "Yuri Love!" indetto da Reghina-chan sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Epilogo – Ultima nota
 
 
Gennaio 1999
 
Madalena,
ogni giorno guardo Sylvia e mi convinco che è praticamente figlia tua.
Ha solo due anni, ma il modo migliore in cui riesce ad esprimersi è già chiaro: battere con una bacchetta qualunque cosa si trovi intorno. È come se cercasse di trovare il suono migliore per esprimere quello che pensa, ogni volta.
Parla poco. Forse perché anche io le parlo poco. Ho capito da mesi che lei mi capisce di più quando batto con la bacchetta qualcosa, esattamente come fa lei.
È in cerca del suono migliore che esprima il suo stato d’animo, esattamente come tu facevi con i tasti di pianoforte.
E ogni suono che fa con la bacchetta, è capace di memorizzarlo e utilizzarlo al momento opportuno.
A volte mi convinco che Sylvia sia figlia più tua che mia, davvero.
Forse è così perché sa di quello che provo per te. Non so come abbia fatto; ma lo sa. È come se sentisse che manca la presenza di qualcuno, nell’aria; e di certo non è quella di suo padre.
Ogni volta che vado a letto con lei, e mi si addormenta addosso, mi viene da pensare a come ti addormentavi tu addosso a me.
E poi, sempre alla prima volta in cui ho pensato che somigliavi a una bambina.
Ti ricordi la nostra prima volta? Ecco, in quel momento.
Mi chiedo sempre come sarebbe se fossimo in due, a crescere Sylvia e tua figlia.
Mi chiedo sempre come sarebbe stato se quel giorno avessi avuto il coraggio di prenderti di peso dall’ospedale, e scappare ovunque, con te.
Scappare, io, te, e le nostre due figlie. Ma almeno stare insieme.
Mi manchi. Rimpiango sempre quel giorno in cui ho scelto Klaus invece di te.
È come se mi mancasse qualunque cosa; e l’unica in grado di sanare in parte questa mancanza è proprio Sylvia, che è la tua copia sputata, quasi.
È così assurdo da sembrarmi irreale, davvero.
Ma è come se tu fossi qui con me, ancora.
Solo, nelle vesti di mia figlia.
 
 
Madalena sbircia di nuovo l’indirizzo da cui proviene la lettera, ancora sconvolta dall’averla letta.
 
Dall’averle lette tutte.
 
Qualche giorno prima a casa sua – ormai abitata solo da lei e sua figlia Roberta; Marcus è morto da un paio d’anni di tumore – è arrivata una scatola indirizzata a lei, proveniente da un indirizzo del Bronx a lei totalmente sconosciuto.
 
Quando ha aperto la scatola con sua figlia Roberta, di tredici anni, si è ritrovata davanti una quantità spaventosa di lettere imbustate e tutte pronte da spedire.
 
Tutte indirizzate a lei.
 
Tutte riportanti il nome “Rachele Green” come mittente.
 
Le buste all’interno dello scatolone erano almeno cinquecento.
 
E Madalena, nonostante la titubanza iniziale, ha cominciato a leggerle.
 
Le ha finite tutte e cinquecento in una sola notte.
 
Alle volte erano lettere di poche righe; altre volte, scritti che contavano anche alcune pagine.
 
In ciascuna lettera, si poteva percepire la solitudine di Rachele.
 
E il rimpianto per quello che ha fatto sedici anni prima.
 
È stato in questo modo, che Madalena è venuta a scoprire il motivo per cui Rachele l’ha lasciata in quel modo: tutta la storia che si portava avanti da due anni prima dell’inizio della loro relazione – quando Klaus aveva inviato lei a prendere Rachele al commissariato, usandola, in quel modo, contro di lei –; le costrizioni che Klaus le imponeva, e cui lei non si poteva sottrarre; e per finire, il suo pestaggio, e l’ultimatum.
 
Il fatto che, per di più, non era vero che lei era incinta, quando l’aveva lasciata; che aveva dovuto dirglielo, perché sapeva che nessuna delle due avrebbe capito, né sopportato, che Rachele scegliesse Klaus solo per un quieto vivere.
 
Se non avesse letto in qualche lettera che Klaus è morto ormai da anni – un anno dopo la nascita di Sylvia, la figlia sua e di Rachele –, avrebbe colto l’occasione per strangolarlo di persona per tutto quello che aveva fatto loro.
 
Ma Klaus non c’è più. E ora, forse, qualcosa può ricominciare, tra lei e Rachele.
 
Ora che sa tutto, ha intenzione di picchiarla per essersi presa il peso della loro relazione tutto sulle proprie spalle; e poi ha intenzione di abbracciarla, e di baciarla di nuovo.
 
Se le ha inviato quelle lettere, molto probabilmente il motivo è quello.
 
Madalena dà di nuovo un’occhiata all’indirizzo di mittente scritto sulla busta di quella lettera, in cui Rachele le parla dettagliatamente di Sylvia per la prima volta.
 
Sì, l’indirizzo è giusto.
 
Madalena inspira profondamente, e si liscia la gonna, prima di avvicinare la mano al campanello.
 
Esita; in quel momento, si sente una ragazzina di quattordici anni al primo appuntamento.
 
E in effetti, lei e Rachele non ne hanno mai avuto uno; ma è come se quelle lettere fossero un invito a venire quando vuole a casa sua, per organizzarlo davvero, per la prima volta.
 
Espira profondamente, e pigia il campanello accanto alla porta.
 
Sente il cuore accelerare per l’aspettativa, mentre il suono classicamente bitonale del campanello si diffonde in casa, e attraversa la porta, arrivando fuori come ovattato.
 
È un attimo, vedere la maniglia abbassarsi, e lo spiraglio aprirsi lentamente, fino a rivelare una figura femminile.
 
«Rachele…!» esclama Madalena, non appena la vede.
 
Ma ancora prima di finire il suo nome – che viene terminato solo per un riflesso nervoso che ha già dato l’ordine alla lingua di articolare il nome intero –, Madalena si rende conto che quella non è Rachele.
 
Ha i suoi stessi capelli; i suoi stessi lineamenti; le sue stesse labbra; persino due lividi sul viso, come se avesse fatto rissa con qualcuno.
 
Ma ha la carnagione troppo pallida; e ha gli occhi troppo chiari.
 
È la sua copia sputata in tutto e per tutto, tranne che per quei due particolari.
 
E infatti, la donna sulla porta aggrotta le sopracciglia, e fa mezzo passo indietro, come a volersi allontanare da quella che ritiene già una deviata mentale.
 
Dev’essere Sylvia, quella.
 
«Scusami…» decide di esordire allora Madalena, cambiando approccio, ed esprimendosi in un sorriso pieno di aspettativa. «Sei Sylvia, vero?»
 
Sylvia annuisce, guardinga. E Madalena sospira di sollievo – e poi vede la sua bocca aprirsi, probabilmente per chiederle chi sia; e la anticipa, allungando entrambe le mani a prendere la sua libera.
 
«Madalena.» si presenta. «Madalena Rivera.»
 
Lo sguardo di Sylvia è sorpreso per un secondo; poi, la sua espressione si congela in una maschera granitica che lascia Madalena spiazzata.
 
«Cosa vuole?» domanda, con voce fredda.
 
Madalena la fissa negli occhi, sorpresa; e si rende conto che quelle sono iridi di ghiaccio, che vogliono solo allontanarla.
 
Perché?
 
No. Non può cedere. Non adesso.
 
«Sono… un’amica di tua madre.» dice. Forse è meglio definirsi così. «Ho ricevuto lo scatolone di lettere che ha scritto per me, e…»
 
«Cosa ci fa qui?» domanda ancora Sylvia, sempre più fredda – sempre più ritratta verso la casa, come a volersi allontanare da lei.
 
«Ero venuta per…»
 
«Se ne vada.» la interrompe la ragazza, stringendo lo spigolo della porta, e facendo per spingere quest’ultima in modo da chiudere l’ingresso.
 
Madalena la blocca, piazzando una mano sulla maniglia, e spingendola dalla parte opposta.
 
«Si può sapere che vuoi fare?» domanda, scocciata. «Sono solo venuta a parlare con tua madre!»
 
«Non è in casa.» replica Sylvia, sempre più freddamente.
 
«Posso aspettare, non è un…»
 
«No, non può!» urla Sylvia, cercando di mettere più forza nello spingere la porta.
 
Madalena sgrana gli occhi; d’istinto, risponde mettendo a propria volta più forza nello spingere.
 
«Sì che posso!» esclama. «Posso anche aspettare tutto il giorno, finché non torna dal lavoro, se necessario!»
 
«È morta!»
 
Madalena sente il cuore mancare di un battito.
 
La presa sulla porta si allenta; e lei rimane lì, a fissare Sylvia che, sbilanciata dalla mancanza di contrappeso, scivola in avanti con la porta, fino a essere sul punto di chiuderla.
 
Nel suo cervello, c’è solo il rumore di un tuono.
 
Lo stesso che ha sentito quando è morta Serenity; lo stesso che ha sentito nella testa quando i due membri della gang di Klaus l’hanno attaccata.
 
Un tuono solo. E basta.
 
Non rimbomba, come le altre volte, fino a riempirle il cervello.
 
Risuona una sola volta, e basta.
 
Poi, è il vuoto.
 
 
La consapevolezza di una mancanza che non potrà mai più essere colmata.
 
Mille parole non dette.
 
Mille cose non fatte.
 
Quel “ti amo” che avrebbe voluto dirle in mille modi, e che non è mai riuscita a dirle neanche in uno.
 
 
Rachele è morta.
 
E lei si sente morta dentro.
 
Si sente esplodere di rabbia, di furia, e di tristezza e solitudine, e scoppia a piangere.
 
Lì, davanti a Sylvia, versa le lacrime che credeva di non avere più, dopo la notte di sedici anni prima.
 
E si stringe in un abbraccio da sola; stringe le proprie braccia, affondando le unghie dentro le maniche del cappotto.
 
Distruggendole, nel vano tentativo di abbracciare la sua anima che non tornerà più.




Note dell'autrice
Siamo giunti al termine di questa storia.
Mi dispiace per la fine. Mi dispiace, davvero tanto.
Spero seriamente che non vi abbia traumatizzato troppo. Dal canto mio, ho avuto uno stacco così lungo tra la pubblicazione del capitolo 1 e quella di tutti gli altri capitoli, proprio perché faticavo a riprenderla in mano per quanto mi faceva venire il magone alla fine.
Comunque, spero vi sia piaciuta.
L'idea (che prima o poi porterò a termine, il prima possibile comunque) è di fare anche un capitolo extra in cui si spiega la fine di Rachele e come la storia va avanti (essendo, questa, una spin-off della mia long "Rainbow"). Lo farò, non temete. Ma la metto comunque come conclusa un po' perché la storia di Madalena e Rachele finisce qui; e un po' perché la storia presentata al contest per cui l'ho scritta finiva esattamente così.
Che dire; spero via sia piaciuta. Se recensirete, sia in positivo, sia per comunicarmi vari traumi dovuti alla fine della storia, sappiate che ve ne sarò riconoscente :) Risponderò alle recensioni tramite la risposta diretta (visto che c'è l'opzione, prenderò ad usarla ù.ù), e lo farò anche con chi ha recensito il prologo e il capitolo 1 :) Intanto vi ringrazio anticipatamente :)
Grazie a tutti quelli che sono arrivati fin qui.
- mady
  
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