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Autore: LokiSoldier    19/08/2013    3 recensioni
In questa fiction ho voluto raccontare quello che secondo me è accaduto fra Sana e Akito dopo il finale dell'anime. Esso finisce con i due che si ripromettono che, dopo il superamento della prova per la cintura nera di karate di Ayama che si sarebbe tenuta l'indomani, si sarebbero dovuti parlare di una cosa.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: Movieverse | Avvertimenti: Incompiuta
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Ciao a tutti! ^^

Sono sempre stata molto legata a questo anime/manga e l'ho visto almeno cinque o sei volte da quando ero piccola fino ad oggi. Ultimamente mi sono riavvicinata al mondo delle fan fiction e ho deciso di scrivere anche su di loro per buttare nero su bianco quello che sarebbe potuto essere il finale dell'anime.
Spero vivamente che vi piaccia o che almeno non vi annoi. ^^
 
Buona lettura!


 
 
 

Non potevo crederci. Mentre sentivo il respiro mancarmi, mentre sentivo ogni angolo del mio corpo farmi male, mentre il sudore scivolava copioso sulla mia pelle attaccando i capelli alla mia nuca e sulla mia fronte, realizzavo con esasperante lentezza che era andata, era finita. Avevo appena finito quel mio ultimo incontro alla palestra di karate dove per anni mi sono allenato duramente, dove ho imparato a controllare la mia rabbia, il mio carattere, la mia impulsività. Dove ho imparato a moderare la mia forza, dove ho affinato la mia tecnica e precisione… dove ho imparato a sentire una passione nelle vene, nel sangue. Finiva così, col maestro che alzando una mano dichiarava finito l’incontro e i nostri corpi che come automi si chinavano in segno di saluto. Era finita e ce l’avevo fatta. Ero stato impeccabile, ero stato perfetto come non mi era mai accaduto fino ad oggi. Era questo il risultato quando avevi un obiettivo da realizzare? Quando avevi una promessa da mantenere? Mi voltai verso la folla composta da genitori e amici e vidi lì mio padre e mia sorella osservarmi fieri, sorridenti. Le mie labbra si distesero appena in uno dei miei soliti ghigni compiaciuti, sereni, finalmente mi sentivo bene. Una sensazione che ho assaporato assai raramente nella mia vita e che, onestamente, assaporai per poco perché immediatamente sentii il cuore battermi nello stomaco con una violenza inaudita. Mentre il mio respiro tornava regolare e i maestri ci assegnavano le nostre cinture, sentivo il cuore rischiare di esplodermi in corpo.

 

« Sana… se dovessi superare la prova per la cintura nera, sappi che devo parlarti »

 

Deglutii, iniziai a sentire caldo, più caldo di quanto non ne avessi sentito combattendo, di quanto non ne avessi sentito prima di iniziare le prove e le gare. Era un caldo interno, un calore diverso da quelli mai provati prima di quel momento. Era paura, era gioia, ansia, impazienza, attesa. Era tutto e io mi sentivo troppo piccolo per sopportare tutte queste sensazioni mescolate assieme. Troppo insignificante per reggere il peso di questa impazienza e di questa angoscia. Ma Sana, sappilo, se sto reggendo tutto questo è solo per te. La cintura venne poggiata sulle mie mani poste a palmi aperti, il mio sguardo era fisso in quello del maestro dinnanzi a me, ma non lo vedevo, non sentivo nessuna delle parole che stava dicendo. La mia mente era proiettata nel futuro, era ferma sulla sua figura, sul suo sorriso, su quel suo modo ridicolo di sollevare quel martelletto di plastica che tante volte mi aveva sbattuto sulla testa. Sorrisi appena cercando una calma lontana. Lo stomaco si agitava e qualcosa mi stringeva le viscere, ma non faceva male… mi bloccava la gola, mi impediva di provare fame, o sete. Nessun bisogno era urgente quanto quello di parlarle. Beh, magari una doccia me la sarei fatta prima, quello sì.
La cerimonia di assegnazione delle cinture terminò ed io fui libero. Mio padre e Natsumi si avvicinarono, erano contenti, estasiati, io ero un po’ distratto.

 

« Sei stato bravissimo Akito, davvero! Cioè, non che ci capisca molto, però… beh, insomma, congratulazioni! » aveva esclamato mia sorella inceppandosi, farmi dei complimenti non le riusciva granché bene, non era abituata a farmene. E, onestamente, io non ero abituato a riceverne e non potei evitare di arrossire a quelle parole. Distolsi lo sguardo verso l’uscita verso cui la folla si stava dirigendo e stringendo la cintura fra le mani deglutii. « Oh… beh… grazie » mormorai evitando accuratamente i loro sguardi mentre sentii la risata inconfondibile di mio padre che, divertito, prese a darmi come delle pacche sul capo.
 
« Sei sempre il solito Akito » commentò semplicemente preferendo non dire altro circa la mia vittoria per evitarmi l’imbarazzo provato poco prima. Scrollai le spalle e quindi tornai a osservarli non sapendo bene come dirgli che dovevo assolutamente sbrigarmi. Sana, dovevo parlare con Sana. Per fortuna a trarmi d’impaccio da questa situazione così anomala per me intervenne mia sorella che, sbattendo le mani palmo contro palmo, esclamò: « Che ne dite di festeggiare andando a mangiare del sushi? » domandò entusiasta guardandomi, sapendo che mi piaceva particolarmente quel determinato piatto. Mio padre annuì concordando con lei ma io no, non potevo.

 
« No, io non posso. Io devo fare assolutamente una cosa » dissi guardandoli serio serio mentre mia sorella mi fissava stranita. Sì, era strano da parte mia, ma non potevo aspettare, non ancora. Avevo quella promessa che mi pesava sullo stomaco, tutte quelle parole confuse che mi giravano per la testa, che vorticavano violentemente a formare frasi senza senso, dichiarazioni interrotte, indelicate. Ma che ne sapevo io di come si dicesse ad una persona che ci piace? Io sono sempre stato un tipo pratico: te lo dimostro se vuoi, ma non so come dirtelo. Capirono dal mio sguardo che avevo l’urgenza negli occhi e rassicurandomi che avremmo spostato all’indomani mi lasciarono libero, andando verso casa con un sorriso. Io li salutai frettolosamente, col mio solito scarso entusiasmo, e con la fretta ai piedi corsi verso gli spogliatoi dove di corsa mi sarei infilato sotto una delle docce.

 

*

 

La giornata era stata a dir poco devastante, distruttiva. Come ogni mattina avevo finito col svegliarmi tardi, Rei mi ha praticamente portata agli studi con la colazione che mi sballonzolava sullo stomaco. Ma questa era quasi una routine e alla fine ho finito con l’abituarmi a questi spostamenti veloci e alla nausea che mi chiudeva lo stomaco quando uscivo di fretta e furia con ancora l’ultimo boccone bloccato nell’esofago. Oggi avevo sei impegni diversi ed ero totalmente distratta. Se solitamente riuscivo a fare gli spot pubblicitari al massimo della mia concentrazione e a completare le riprese già alla prima o alla seconda prova, quel giorno ero stata un totale disastro e ho dovuto provare la stessa scena più e più volte prima di risultare soddisfacente agli occhi dei vari produttori. Fortunatamente fra loro solo uno si è sentito offeso dalla mia scarsa concentrazione e onestamente non potevo certo fargliene una colpa: dopotutto lo sapevo perfettamente, avevo lavorato malissimo. Nel viaggio fra uno studio e l’altro sospiravo di continuo osservando le lancette del mio orologio muoversi velocissime mentre la mia mente ed il mio pensiero andavano sempre, inevitabilmente a lui. Lui che oggi avrebbe affrontato la prova più importate, lui che aveva preso ogni mio pensiero e ci aveva scritto sopra il suo nome con quella calligrafia frettolosa e sottile. Lui che ieri, come al solito, mi aveva strappato un altro bacio…
Sospirai; la macchina si fermò dinnanzi all’ennesimo studio televisivo ed io scesi con una flemma che Rei non mi riconosceva. Ero talmente distratta che sono inciampata sul marciapiede e ovviamente sono finita di faccia a terra. Che gaffe! Per fortuna non mi sono fatta niente, mi sono rialzata e ci ho riso su: evviva l’allegria!
 
« Sana si può sapere che ti prende? Oggi sei davvero distratta, così non va bene, devi cercare di impegnarti di più » mi aveva detto il mio agente e migliore amico mentre mi guardava preoccupato. Era sempre stato così dolce con me, Rei. È stato il mio primo amore, ma nulla di paragonabile a quello che sento adesso… forse definirlo primo amore è troppo perché se provassi a paragonare il sentimento che ho nutrito per Rei con quello che nutro per Ayama non posso far altro che vedere un abisso sorgere fra i due. Gli sorrisi e con uno dei miei salti pieni di euforia ed un pugno levato al cielo mi diressi a rotta di collo verso l’entrata.
 
« Tranquillo Rei, adesso mi sveglio e ti faccio vedere io! » esclamai cercando di allontanare quei capelli biondo miele dalla mia testa e partendo alla carica. Diciamo che in parte ci riuscii: le riprese andarono decisamente meglio, ma in qualche modo il suo viso non abbandonò i miei pensieri neppure per un istante. Le riprese durarono tutta la giornata e solo al tramonto fui libera di andare. Ero sfinita, letteralmente: avevo ripetuto le stesse scene più e più volte e avevo saltato i vari pranzi ed ora oltre che ad essere sfinita ero affamata. Ma questi divenivano bisogni marginali se paragonati al fatto che non sapevo cosa stesse facendo lui. Oggi aveva la sua prova, e non ero potuta andare a vederlo a causa del lavoro.

 

Avrà finito? Sarà andata bene? Starà ancora in palestra?

 

Mi domandavo continuamente mentre, in macchina diretta verso casa, mi rigiravo fra le mani il cercapersone gemello a quello che gli avevo regalato ormai anni prima. Me lo rigiravo fra le mani senza sapere cosa fare, col dito che si avvicinava e si allontanava al pulsante di chiamata indeciso ed insicuro.

 

Chiamo? Non chiamo?

 

Sospirai. Rei se ne accorse e, con gli occhi incollati sulla strada, mi parlò.
 
« Cosa ti affligge Sana? Qualche problema con Ayama? » domandò con una voce preoccupata e protettiva che sapeva tirar fuori solo quando si trattava di me o di Asako. Io alzai di scatto il viso voltandomi verso di lui, colta di sorpresa, riscuotendomi dal torpore dei miei pensieri e delle mie insicurezze, scuotendo il capo e facendo ondeggiare i miei codini. « Oh non c’è niente che non va Rei, davvero! Sono solo tanto stanca, tutto qui » mi giustificai con uno dei miei sorrisi. Lui non disse altro ma sapevo di non averlo convinto nemmeno un po’. Mi voltai a guardare fuori dal finestrino, verso la strada, sospirando ancora una volta.




 
 
 

Angolo dell'autrice:
Se siete giunti fino a qui vuol dire che avete avuto la forza di leggere tutta questa prima parte!
Spero che ce l'abbiate fatta e di non avervi troppo annoiato, ma mi stavo troppo appassionando a scrivere questa fiction
e ho voluto postarla qui per condividerla con tutti/e voi.
 
Spero che vi sia piaciuto leggere questa prima parte di storia e che continuerete a leggere il/i prossimo/i capitolo/i (non so ancora quanti altri capitoli seguiranno)...
Quindi niente, spero di non avervi annoiato e di leggere qualche recensione. ^^

  
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