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Autore: Yoake    19/08/2013    2 recensioni
Non sono molto capace nelle introduzioni, ma ci provo:
C’è un nuovo arrivato nella classe Special A! Un nuovo arrivato nevrotico e problematico! :D
Si, l’ennesima storia con un nuovo personaggio che nasconde un segreto... beh, il solito cliché.
Spero vivamente che la legga qualcuno -.-”
Tratto dal primo capitolo: “Lei odiava le scuole, lei odiava il Giappone, e, soprattutto, odiava i giapponesi. Come avrebbe fatto a stare bene in un luogo del genere?
Certo, nemmeno le scuole italiane e gli italiani in sé le andavano molto a genio, ma per lo meno l’Italia era un paese di artisti, e lei, essendo lei un artista, avrebbe potuto sopportare.
Non sarebbe mai stata un’alunna di quella scuola, men che meno della Special A!”
Uhm... buona lettura!^^
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hikari Hanazono, Kei Takishima, Nuovo personaggio, Ryu Tsuji, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo uno:
Luce.




Era una giornata come tante, all’istituto Hakusenkan: gli studenti, annoiati ed assonnati, guardavano fuori dalle vetrate della loro classe, ammirando come gli alberi, fieri e maestosi, alzassero i propri rami verso il cielo, come se volessero sradicarsi dal terreno per unirsi a quell’immensa distesa azzurra; sentivano gli uccellini cantare allegri, donando a quel paesaggio quella nota calda che rendeva quel luogo ameno una gioia per lo sguardo.
O almeno, questo era quello che vedeva una giovane ragazza dai grandi occhi scuri e dall’incredibile vena artistica.
Quel luogo, tanto meraviglioso ai suoi occhi, celava oscuri segreti che mai e poi mai avrebbe voluto svelare.
Ma suo fratello era stato irremovibile.
Dopo un mese in cui era stata iscritta, e dopo altrettanto tempo che non aveva messo piede in quella scuola, la preside aveva avuto l’ardire d’informare suo fratello.
Così ora si trovava davanti l’ingresso di quell’istituto, con i piedi impuntati a terra, e il braccio dolorante a causa di quel figlio di una buona donna di suo fratello.
Lei odiava le scuole, lei odiava il Giappone, e, soprattutto, odiava i giapponesi. Come avrebbe fatto a stare bene in un luogo del genere?
Certo, nemmeno le scuole italiane e gli italiani in sé le andavano molto a genio, ma per lo meno l’Italia era un paese di artisti, e lei, essendo lei un artista, avrebbe potuto sopportare.
Per sua sfortuna, entrambi i genitori erano costretti in Giappone, e suo fratello non poteva portarla in Italia con lui: stando a quello che diceva, non voleva coinvolgerla prima del tempo.
Ora, il 23enne la stava strattonando per il braccio, costringendola a farla entrare, ma lei resisteva: non sarebbe mai stata un’alunna di quella scuola, men che meno della Special A!
I giapponesi, tutti uguali e perfetti in tutto, avevano quell’assurda idea che, esporre i risultati dei test in bacheca, in modo da poter essere visti da tutta la scuola, fosse un modo per incentivare la competitività tra gli studenti a migliorare sempre di più.
...spocchiosi giapponesi, nemmeno la privacy veniva più rispettata!
Ad ogni modo, in quella scuola, la preside aveva avuto la grande pensata di fare una classe a parte per i migliori sette dell’istituto.
Ovviamente, la retta era molto alta, e solo chi era pieno di soldi, o eventualmente si spaccasse la schiena, poteva avere il privilegio di far studiare i propri figli in quella scuola... e in quanto a soldi, lei non poteva di certo lamentarsi.
D’un tratto, sentì sollevarsi da terra con una facilità disarmante.
-“Luciano! Mettimi immediatamente giù, se non vuoi che ti riempia di botte!”-esclamò quella in italiano, seguendo con altre parole poco consone a quell’ambiente.
L’omone, alto circa due metri, era l’uomo più fidato del fratello: lo accompagnava ovunque e non lo lasciava solo un attimo; si occupava di ogni cosa e avrebbe protetto l’amico anche a costo della vita.
Ma Luciano non si fece intimorire dalle sue minacce -ben conoscendo la debolezza della ragazza- e anzi, seguì il ragazzo dentro la scuola, continuando a tenere stretto a sé la ragazza nonostante le sue proteste.
-“Luce!”-la rimproverò il fratello, girandosi di scatto verso la ragazzina -“Lo sai come sono in Giappone: estremamente ligi alle regole! Datti una calmata e smetti di fare la bambina!”-
Ma, per sua sfortuna, con un morso, la ragazza era riuscita a liberarsi, e con un balzo era già su di lui, tirandogli i capelli con rabbia.
-“Stupido, stupido Cesare! Io non ci voglio stare in mezzo a quegli sfigati di giapponesi! Io rivoglio la mia Toscana!”-
Ma Luciano, con grande sollievo di Cesare, riuscì a riacchiapparla prima che potesse dire definitivamente addio ai suoi capelli biondo grano che facevano impazzire le giovani giapponesine.
-“Adesso andremo a parlare con la preside...”-ringhiò Cesare -“...e tu, volente o nolente, finirai i tuoi studi qui!”-
In quel momento, la campanella della ricreazione suonò, e tutti gli studenti corsero fuori dalle loro classi, ridendo e gridando.
Non appena si accorsero dei tre, vi si accerchiarono intorno, guardandoli con curiosità.
Il primo, dai capelli biondi e gli occhi scuri, catturò gli occhi di ogni ragazza, i quali, ben presto, diventarono dei cuoricini rossi pulsanti.
L’uomo, dai capelli lunghi, neri e lisci, aveva un’espressione arcigna, che riuscì a far intimorire parecchi dei ragazzi.
La ragazzina, tra le braccia dell’omone, aveva gli sguardi dei ragazzi più temerari puntati addosso. Non che fosse quel tipo di ragazza bellissima e seducente, con gli occhi chiari e i capelli biondi, tutt’altro: I capelli arrivavano circa alle scapole, ed erano lisci, di un colore castano corteccia; gli occhi, identici a quelli del fratello, erano marroni scuro con leggere screziature d’oro. Particolari, erano le strane orecchie grigie da koala che portava sulla testa.
Non lo potevano vedere, al momento, ma, al contrario del fratello, era bassina -come si suol dire in Italia: alta un metro e uno sputo- ma, per lo meno, ben proporzionata.
La sua espressione era tutt’altro che dolce, e sembrava voler ammazzare tutti i presenti.
Il fratello, invece, era impegnato a fare il Dongiovanni con tutte le studentesse.
-“Mio Signore.”-lo richiamò, Luciano -“Devo ricordarle che tra due giorni ha un incontro della massima importanza con i Lombardo.”-
Il ragazzo parve riprendersi -“Oh certo, che sbadato! Andiamo, non abbiamo un minuto da perdere!”-
I giapponesi li guardarono ammirati: avevano capito, dal loro aspetto, che avessero qualcosa di esotico, ma sentendoli parlare nella Lingua della Pizza, capirono immediatamente che si trattava di Italiani.
Il ragazzo tornò a parlare alle ragazze, in un giapponese perfetto -“Sono desolato, soavi fanciulle, ma sono costretto ad andare. Tornerò, un giorno, e quando accadrà, sarò ben lieto di uscire con ognuna di voi.”-
Detto questo, il ragazzo tirò fuori dalla sua giacca una rosa rossa, che lanciò al gruppetto di ragazze. Inutile dire che si scannarono quasi per entrare in possesso del fiore.
Luce alzò gli occhi al cielo davanti alla solita scenetta che, oramai, era abituata a vedere ogni giorno.
Dunque, si avviarono verso l’ufficio della preside, lasciandosi dietro quella strage di cuori, con Luce ancora stretta tra le forti braccia di Luciano.
 

**

 
Nella serra tutto scorreva normalmente.
Era ricreazione, e, nonostante i pochi minuti a loro disposizione, i membri della S∙A, avevano tutta l’intenzione di sprecare l’intervallo a litigare tra loro.
O meglio: solo una ragazza urlava e scalpitava, mentre il ragazzo a cui erano diretti i suoi insulti, se ne stava buono a bere del thè verde. Altri cinque ragazzi erano intenti a calmare la mora.
-“Non chiamarmi numero due!”- gridò con tutta la voce che aveva nel corpo -“Ti dimostrerò di che pasta sono fatta! Sarò io a fare il punteggio più alto nel test della prossima ora!”-
-“Hikari, angioletto mio, calmati!”- tentava Akira, accarezzando dolcemente i lunghi capelli della ragazza.
-“D’accordo, numero due, accetto la sfida.”- fece il ragazzo, poggiando la tazza di thè sul tavolino davanti a lui -“Se vinci, non ti chiamerò mai più “numero due”, se vinco io, invece, uscirai con me.”-
Dopo il viaggio a Londra, nulla era cambiato.
Certo, Akira e Tadashi uscivano insieme, Megumi doveva avere a che fare con Yahiro, Jun era ormai felicemente fidanzato con Sakura, e Kei e Hikari si erano confessati i propri sentimenti e, addirittura, baciati.
Eppure, gli atteggiamenti erano rimasti gli stessi: Jun e Megumi continuavano ad avere un attaccamento ossessivo nei confronti di Ryu che, da parte sua, se li teneva stretti quasi fosse la loro mammina; Akira continuava a picchiare selvaggiamente Tadashi per via del suo solito appetito; mentre Hikari e Kei continuavano a lanciarsi le solite sfide.
L’unica differenza era che, quando c’era da scommettere, Kei metteva sempre in palio un appuntamento e, puntualmente, Hikari perdeva.
Questo era l’unico modo che avevano i due per uscire insieme.
La ragazza arrossì vistosamente, farfugliando un timido -“Accetto.”-
Per l’ennesima volta, lo sguardo della graziosa Yamamoto, si posò sulla sedia vuota proprio affianco a Jun.
Era stata messa lì da circa un mese, con il messaggio che presto si sarebbe unito un nuovo alunno alla classe, eppure, ancora non si era fatto vivo.
Stava per chiedere le opinioni dei suoi compagni, che oramai avevano smesso di pensarci, ma il tempo a loro disposizione terminò, e furono costretti a tornare in classe.
 
Erano passati solo cinque minuti dal loro rientro in aula, e la giovane e bella, ma altrettanto severa, professoressa, stava già consegnando i test.
Hikari era pronta, aspettava il suo foglio con impazienza, e quando la professoressa Sugimoto fu in procinto di lasciarle il test, delle voci andarono a rompere il silenzio dell’aula.
-“Dannato, io non ci entro in quel luogo di terrore!”-
Una voce femminile che parlava in una strana lingua.
-“Ma quale luogo di terrore! Smettila di piagnucolare!”-
La voce di un ragazzo... una bella voce, per giunta.
-“Scordatelo, bastardo! Entrerò là dentro solo quando ti deciderai a trovare moglie!”-
La ragazza sembrava parecchio isterica, ma Hikari non poteva dire di cosa stessero parlando, non conoscendo l’italiano... al contrario, Kei e Ryu ridevano sotto i baffi per quella strana conversazione.
-“Io? Una moglie?! Ma mi hai visto? Sono così bello e figo da sembrare un dio greco! Non posso mettere a disposizione questo corpo per una sola femmina, sarebbe da egoisti! Che scema, nemmeno riconoscere un atto solidale, sai!”-
-“Bello, tu? Cosa?! Il fatto che le giapponesine siano abituate a vedere il nero in testa della gente, non vuol certo dire che tu sia bello!”-
-“Signore, Mia Luce, ora basta!”-
Un’altra voce maschile, più profonda, si sovrappose al litigio, e il silenzio calò nuovamente.
Sentirono altri bisbigli, e infine, il bussare alla porta.
La professoressa, con un furioso tic all’occhio sinistro, diede il suo permesso per entrare, e si ritrovarono di fronte i tre italiani che avevano fatto tanto scalpore quella mattina tra gli studenti.
-“E voi sareste?!”- chiese la prof. Sugimoto, avvicinandosi minacciosamente ai tre.
Avvertendo il pericolo, l’omone con indosso un completo nero, si frappose tra lei e i due fratelli, pronto a proteggerli a costo della vita.
Ma il biondino lo scostò gentilmente, sorridendo affabile alla donna che, suo malgrado, arrossì.
Le si inginocchiò d’innanzi, facendole il baciamano e, tenendo le sue labbra premute contro la sua mano, alzò lo sguardo.
-“Quale leggiadra creatura giace qui, davanti ai miei occhi. I suoi capelli riflettono la luce di un sole che, in sua presenza, sembra nient’altro che un lontano puntino luminoso, da cotanta bellezza lei emana. Le sue labbra, mia dolce musa, così piene e invitanti, m’implorano di accarezzarle...”-
E, mentre continuava il suo monologo, la ragazzina non riuscì a trattenere un ghigno disgustato.
Che schifoso playboy, era, suo fratello.
Da parte loro, i ragazzi guardavano stupiti quella scena.
Quella era la professoressa più fredda e spietata dell’intero istituto... mentre adesso... adesso sorrideva, con il volto in fiamme e gli occhi lucidi.
Le ragazze, Hikari compresa, furono catturate dal fare galante dell’uomo, mentre i ragazzi, guardavano con gelosia il nuovo arrivato.
Oh, ma finalmente sembrava aver finito con le smancerie.
-“La prego, mia musa, di perdonarci per aver interrotto la sua lezione.”- parlò ancora lui, lasciando la mano che, poco ma sicuro, la donna non avrebbe mai più rilavato.
-“Questa...”- indicando la sorella -“...è Fukamori Luce Shou, mia sorella, nonché sua nuova alunna.”-
La donna parve riprendersi d’un tratto, guardando furente la ragazzina.
-“Quella che ha marinato per un mese?!”-
La ragazza ricambiò lo sguardo con la stessa tenacia, dando inizio ad una battaglia di sguardi.
-“Mia musa, non fraintenda!”- esclamò il biondino, non smettendo di sorridere, mettendosi in mezzo alle due -“Abbiamo avuto una serie di contrattempi prima in Italia, e poi qui in Giappone, e avvisare non ci è stato proprio possibile!”-
La donna si addolcì di fronte al sorriso stentato dell'italiano, e, in un moto di estrema magnanimità, indicò un posto a sedere alla sorella.
-“Beh, ragazzi.”- disse, continuando ad adocchiare furtivamente il povero Cesare -“Immagino che il test di oggi sarà cancellato.”-
E Hikari, credette di morire.
-“Ma no, mia musa!”- esclamò il biondo, avvicinandosi alla porta -“L’onorevolissima ed illustrissima preside Karino Sumire, ha chiesto che questo test funga da prova d’ingresso per la mia amata sorellina.”-
E Hikari, esultò dentro.
-“Bene, allora.”-
La professoressa si avvicinò al banco di Luce e le lasciò un foglio, andando poi da Hanazono, consegnandole l’ultimo test.
-“Allora ci sentiamo, Luce cara!”-
-“Tu, dannato...”-
La professoressa si avvicinò alla nuova arrivata, cercando di contenersi.
-“Vede, signorina, essendo lei in una scuola giapponese, sarebbe gradito che non parlasse nella sua lingua madre, bensì nella lingua locale, se non le è di troppo disturbo.”-
Sarebbe scoppiata a poco, era chiaro per gli altri ragazzi. Si stava trattenendo solo per fare bella figura con il fratello della nuova alunna.
-“Tsk!”- esclamò la ragazzina, voltando il capo verso la finestra.
Ecco, mancava veramente poco.
-“Allora noi andiamo, eh!”- esclamò Cesare, anche a nome di Luciano -“Ciao ciao!”-
E i due si dileguarono.
La donna, inviperita, tornò alla cattedra, fumante di rabbia.
-“I risultati dei test li troverete domani in bacheca, ora iniziate!”-
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Angolo dell’Autrice:
 
Io sono Yoake, e questa è la mia prima long, nonché mio debutto, in questo fandom.
Mi sento in dovere di avvertirvi, miei cari lettori: questa fiction, nasceva per essere comica, degna per la sezione S∙A, insomma.  Ebbene, è stato un fallimento.
Giuro, ci ho provato ad inserire qualche battutina o scena divertente, ma la tragicità mi chiama! Quindi, beh, se vi aspettate dell’umorismo... non lo avrete -.-”
Comunque, la storia ormai è scritta, e ammetto che non mi dispiace, dunque la posterò comunque u.u
Non temete, non sono molti capitoli, e posterò una volta alla settimana.
Riguardo agli errori grammaticali... beh, sono un essere umano, e ci sta che qualcosa mi scappi... quindi, non esitate a farmeli notare! :D
 
Piccole note: “Shou” è un nome maschile, però stava bene nel contesto... riguardo a questo fatto, mi spiegherò meglio più avanti^^
Come avrete già capito, le frasi in corsivo, sono quelle in italiano, ma comunque mi sembra di averlo già specificato... va beh, lo ripeto giusto per sicurezza xD
Sia chiaro che non ho niente contro il Giappone e i giapponesi, ma la ragazza ha i suoi motivi... motivi che scoprirete solo leggendo!
 
Infine, per quelli che leggeranno, spero che la storia vi piaccia almeno un pochino, e, se avrete delle critiche da farmi, le accetterò volentieri! (a parte quelle riguardanti l’assenza di humor... so già di aver fallito miseramente, non infierite T^T)
Ci vediamo la prossima settimana con il secondo capitolo! Ma, nel caso a qualcuno interessasse, potete contattarmi in privato ;)
Ciao ciao!!
  
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