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Autore: sorika    20/08/2013    5 recensioni
«A cosa stai pensando?»
«Pensavo al tuo sedere, Capitano, e mi chiedevo: che impegni hai questa sera?».
Genere: Commedia, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Stony

DI SEDERI ED INTIMITA’.

 

Tony se ne rese conto all’improvviso, una mattina come tante.

Lui e Steve non facevano sesso da un po’.

Il che era strano visto che per un certo periodo non avevano fatto altro.

Sicuramente era colpa di Peter, si disse sputando il dentifricio nel lavandino. Da quando viveva con loro i momenti di intimità si erano drasticamente ridotti, sostituiti dalle letture prima di andare a letto, da ore e ore di giochi noiosissimi e sfiancanti e da cioccolate calde nel bel mezzo della notte.

E quei momenti solo per loro gli mancavano, si sorprese a pensare mentre rientrava in camera e trovava Steve intento a cercare dei vestiti puliti dall’armadio.

Gli mancava stringerselo contro, sentire la pressione dei suoi muscoli sulla pelle, la sensazione di essere suo.

«Buongiorno» bofonchiò l’oggetto dei suoi pensieri poco casti, continuando a frugare e dandogli le spalle.

Spalle che a Tony non dispiacevano affatto, visto che gli permettevano una visuale niente male del suo corpo.

Corpo che da un po’ di tempo vedeva solo di striscio quando andava a dormire, e che non vedeva nemmeno del tutto visto il sonno che lo prendeva e il fatto che Steve dormisse avvolto nelle coperte come un mummia.

«Tony?» lo chiamò questi voltandosi per vedere cosa stava facendo.

Quel silenzio era innaturale, specialmente perché si stava parlando di Tony Stark, l’uomo che aveva sempre qualcosa da dire. Sempre.

«Mh?» rispose, senza staccare gli occhi dalla curva morbida della sua schiena, attratto dall’elastico dei boxer che nascondeva la terra promessa di cui sentiva di avere un gran bisogno.

«A cosa stai pensando?»

«Pensavo al tuo sedere, Capitano, e mi chiedevo: che impegni hai questa sera?».

Steve avvampò di botto, trattenendo tra le labbra un imprecazione. Si voltò completamente verso di lui, privandolo del proprio patriottico sedere e mugugnò, sussurrando:

«C’è Peter qui e-»

«Non penso che sappia cosa voglio fare con il tuo sedere e poi dorme, quindi tecnicamente non ci sta ascoltando» e come a confermare questa sua teoria indicò il letto, dove un corpicino avvolto nelle coperte se la dormiva della grossa.

Steve si portò una mano al viso, sospirando sommessamente.

«Tony, senti…».

«E’ una semplice serata, Steve» lo interruppe, avvicinandosi e mettendosi la cravatta «Peter può stare con Bruce o-»

«Certo, mi sembra una buona scelta!»

«-O con qualsiasi altra persona. Andiamo, per una serata non morirà standoti lontano»e se la lisciò sul petto, sistemando il nodo in modo tale che fosse dritto.

Steve corrugò le sopracciglia pensoso, mentre decideva se assecondare l’idea di Tony- che sapeva avrebbe portato a cose poco caste- o lasciarlo stare.

In fondo anche lui sentiva la mancanza di un po’ di intimità e una serata solo per loro era un pensiero che si era affacciato più di una volta nella sua mente, insieme a tante altre cose imbarazzanti.

Così, sospirando e puntandogli un dito al viso, disse:

«Ok, ma non inventarti niente di assurdo».

Il sorrisetto che Tony si stampò sulla faccia preannunciava già cosa sarebbe successo e al solo pensiero Steve sentì un brivido lungo la schiena.

«Ci vediamo alle otto, Capitano» gli disse, lanciando un sorriso allegro al visetto di Peter che faceva capolino da sotto le coperte. «Ciao campione» lo salutò, afferrando la giacca del completo e uscendo dalla stanza.

«Ciao» aveva risposto il piccolo, voltandosi verso Steve e stropicciandosi un occhio «Dove va papà?» chiese.

«E’ andato al lavoro» rispose l’altro, abbassandosi per dargli un buffetto sulla testa. «Dai alzati- lo ammonì poi, indossando dei jeans- devi andare a scuola».

A quella parola Peter aveva mugugnato qualcosa di incomprensibile, rigirandosi come un salame tra le coperte e infine si era alzato, andando nella propria stanza per cambiarsi.

Ma un attimo prima di uscire di casa, proprio mentre Steve si assicurava che il casco sulla testa di Peter fosse messo bene, il piccolo chiese, con l’innocenza tipica dei bambini:

«Perché prima tu e papà parlavate di sederi?».

Steve spalancò gli occhi, sorpreso ed un po’ imbarazzato e pensò che a Tony avrebbe dovuto tagliare la lingua, prima o poi, così non avrebbe dovuto trovare spiegazioni plausibili alle sue uscite fuori luogo.

 

«Allora, per qualsiasi cosa potete chiamare Tony, il suo numero è scritto qui. E per la cena, ecco- si allungò per aprire lo sportello del frigo- Jarvis ha già predisposto tutto».

Bruce fece un sorriso mite, sistemandosi gli occhiali sul naso. Peter, vicino a lui, era intento a giocare con le costruzioni.

«Tranquillo Steve, al tuo ritorno lo troverai illeso e con la pancia piena» gli disse, per rassicurarlo.

Steve si grattò la testa, in imbarazzo, e si sistemò la giacca addosso.

Sembrava una mamma chioccia, così preoccupato per quel pargoletto come se fosse stato suo.

«O-ok, allora è tutto» scherzò, facendo una carezza sulla testa di Peter che, in risposta, gli lanciò un sorrisone.

«Saluta papà» si premurò, e poi tornò a concentrarsi sui pezzi di lego.

Bruce fece un cenno di saluto con la mano e Steve, finalmente, scese verso il garage, per salire su una delle fantastiche auto che Tony aveva collezionato nel tempo.

«Ce l’hai fatta, Rogie, cominciavo a sospettare che preferivi fare la casalinga disperata piuttosto che uscire a divertiti con me» gli disse Tony, vestito di tutto punto e già seduto in auto.

Steve roteò gli occhi al cielo e gli intimò di tacere.

«Stavo parlando a Bruce di Peter per-»

«Sì sì- lo interruppe Tony, ingranando la marcia e cominciando ad uscire dal garage- Stavi facendo la mammina premurosa, lo so. Ho chiesto a Jarvis perché ci stavi mettendo tanto a scendere».

Steve si chiedeva perché ancora parlavano se tanto c’era sempre Jarvis a raccontargli tutto.

Senza rendersene conto mise il broncio e girò il volto dalla parte opposta per fingere di ammirare il paesaggio- anche se era buio e i lampioni non illuminavano granché.

Tony notò il suo disappunto e gli fece una carezza ambigua sulla coscia.

«Dai, non preoccuparti. Pensa piuttosto che stai per trascorrere la serata con lo scapolo più ambito del mondo».

Steve avrebbe voluto ribattere dicendo che non era scapolo da un bel po’ di tempo visto che avevano intavolato una specie di relazione e accudivano pure un bambino spacciandolo per figlio loro, ma Tony ebbe la prontezza di spirito di infilargli una mano tra le gambe e Steve decise di tenere la bocca chiusa.

 

Il ristorante dove l’aveva portato era sicuramente uno dei più costosi e in di tutta New York, e tutto quello sfarzo e tutta quella gente metteva Steve un po’ in imbarazzo.

Non era abituato a tutte quelle ricchezze e soprattutto non era abituato agli sguardi che gli rivolgevano.

Tony sembrava a suo agio, non se ne accorgeva nemmeno, o se lo faceva, se ne beava perché era un maledetto megalomane egocentrico, ma Steve invece si sentiva sotto pressione.

Il mondo sapeva già da un po’ della loro relazione e sapeva anche di Peter, e nonostante l’iniziale scalpore poi la storia era scesa nel dimenticatoio, escludendo casi eccezionali. Eppure, quando erano in giro, le persone tendevano a fissarli.

Nervoso, Steve espresse i suoi timori a Tony, stringendo un lembo della sua giacca.

«Ci guardano tutti» disse, fingendo disinvoltura, ma con le guance tinte di rosso.

Tony si guardò intorno e convenne che in effetti un po’ troppi occhi erano girati dalla loro parte. A lui non importava, capiva lo sgomento della gente- si era fatto tutte le donne che gli passavano a tiro, era stato con Pepper, l’aveva definita addirittura “una relazione seria” e poi d’improvviso era apparsa la gigantografia di lui e Steve che si baciavano, e dichiaravano di stare insieme- ma non ci vedeva nulla di male. Il mondo era pieno di omosessuali, che c’era da scandalizzarsi? Magari qualcuno di loro segretamente lo era ma fingeva di bombarsi la fidanzata per far piacere alla società.

Ed era risaputo anche che a Tony, di quello che pensava la società, non gliene sbatteva niente.

Così, mettendo un braccio intorno alle spalle di Steve, disse, sorridendo a chi guardava:

«Sono solo gelosi perché posso farmi Capitan America quando voglio e come voglio».

Steve gli diede un pugno su un fianco, e ridacchiò anche se l’imbarazzo c’era ancora. Avrebbe voluto baciarlo, in quell’istante, e senza pensarci lo fece. Un bacio a stampo, leggero e rapido.

Tony ne rimase piacevolmente stupito.

E altrettanto il cameriere.

«S-Signori, se volete seguirmi il uhm… il tavolo è pronto» bofonchiò, indicandolo e incamminandosi dopo di loro. Tony ghignò divertito, mentre Cap riprendeva ad arrossire come una scolaretta.

Arrivarono al tavolo e dopo essersi accomodati, fecero le ordinazioni.

«Sei sicuro che non abbiamo preso troppa roba da mangiare?» fece presente Steve, sorseggiando il vino anche se non gli faceva nessunissimo effetto.

«Cap, non so se ci fai mai caso, ma tu mangi per quattro» rispose Tony, poggiandosi il tovagliolo sulle gambe.

«E-E’ colpa del siero, idiota» bofonchiò l’altro, abbassando lo sguardo imbarazzato.

Ora la situazione andava meglio, gli altri clienti si era abituati alla loro presenza e non li guardavano quasi più.

«Va meglio?» chiese Tony, guardandolo dritto negli occhi.

Steve fece cenno di sì con la testa, stava bene e gli piaceva essere a cena con Tony a quel ristorante.

«Non ci posso credere!» gracchiò improvvisamente una voce, acuta come un grido.

Steve e Tony si voltarono in sincrono verso la voce e una ragazza- donna?- andò loro incontro.

«Tony! Mio Dio da quanto tempo!» e si chinò a baciargli le guance, sbattendo il seno prosperoso sul tavolo.

Steve sentì qualcosa all’altezza dello stomaco contrarsi.

«Ci conosciamo?» fu la risposta di Tony, allontanandola.

Era bionda platino, con un tubino fucsia che lascia pochissimo all’immaginazione e tacchi talmente alti da sembrare dolorosi.

«Dai, non ci credo! Siamo stati a letto insieme un po’ di tempo fa!» e rise, come un oca giuliva «Sono Sarah!»

Dentro la propria testa Steve le fece il verso.

Tony continuava a guardarla con un sopracciglio alzato, e ben presto l’ilarità e la gioia di quella scemarono in imbarazzo. Non si ricordava davvero di lei.

«N-Non ti ricordi di me?» chiese, adesso col tono di voce contrito «A-Avevi detto che ti era piaciuto e che volevi richiam-» ma Tony la interruppe, alzandosi per riaccompagnarla al proprio tavolo.

«Sì, probabilmente mi deve essere piaciuto, altrimenti non ti avrei portato a casa mia, ma vedi adesso ho una relazione stabile che mi appaga anche sotto il punto di vista sessuale e, per fartela più breve, tutto quello che c’era prima non conta più niente. Conta solo quell’uomo laggiù e le sue chiappe di marmo».

La poveretta crollò sulla sedia, in modo scomposto. Tony le diede una pacca sulla spalla.

«Buona Sera, Sasha» e si allontanò, mentre quella boccheggiava.

«Dove eravamo rimasti?» disse Tony, ritornando a sedersi.

Steve scosse la testa ridendo.

 

Erano usciti dal ristorante quando quasi tutti gli altri clienti se n’erano andati a continuare la serata da qualche altra parte, e solo allora Tony si era allungato sul tavolo, aveva preso il viso di Steve tra le mani e lo aveva baciato.

«Andiamo?» aveva chiesto poi, a bassa voce.

Steve si era alzato come un automa, scansando la sedia in malo modo.

Avevano saldato il conto- salatissimo- e poi si erano diretti verso la macchina, ostentando tranquillità.

Una volta chiuse entrambe le portiere, Tony non ci aveva impiegato neanche due secondi per avventarsi su Steve e slacciargli in fretta la camicia, per toccarlo dappertutto.

«T-Tony?» aveva bofonchiato questo, travolto dalla sue labbra e dal fatto che erano in una macchina, in un parcheggio e che tantissime persone passavano di lì e avrebbero potuto vederli.

«Mh?» rispose questo, impegnato nello slacciargli la cinta.

«Non qui, arriviamo a casa» propose Cap, cercando di convincerlo col tono più languido che aveva.

Tony in tutta risposta gli morse il labbro inferiore.

«Se fai quella vocetta, dubito che arriveremo da qualsiasi altra parte» e gli strattonò i pantaloni, ghignando «Tra l’altro Cap, questi pantaloni ti fanno un sedere da urlo, volevo dirtelo al ristorante, ma non volevo che poi mi lanciassi una sedia» e ridacchiò quando Steve gli mollò una sberla e gli catturò la bocca in un bacio.

«Smettila di parlare, Stark» ringhiò, quando questi finalmente gli aprì i pantaloni e appoggiò la mano sul rigonfiamento che c’era sotto.

«Quindi il primo round lo facciamo qui?».

Steve infilò rapido una mano nei suoi pantaloni e gli artigliò una natica.

«Credo proprio di sì».

 

Il ritorno a casa era stato assurdo.

Steve aveva male al sedere e non si era nemmeno rivestito del tutto, troppo accaldato per rimettersi almeno la camicia, e Tony invece guidava come in trance, assuefatto e ancora avvolto nelle spire dell’orgasmo.

Aveva parcheggiato in malo modo in garage, ed era sceso stiracchiandosi le gambe e richiudendosi la patta.

Adesso, il suo maggior desiderio era buttarsi sul divano e recuperare le energie per un secondo round.

«Tony sei un animale!» protestò Steve, indossando la camicia e provando a chiuderla «Hai fatto saltare tutti i bottoni!» e gli mostrò il risultato.

Ma Tony non vi badò nemmeno catturato dal fisico statuario dell’altro. Le luci soffuse del garage gli delineavano gli addominali e da qualche parte dentro di sé sentiva rinascere le energie per coinvolgerlo ancora in qualche altra acrobazia.

«Tanto sarebbe stato inutile richiudere i bottoni, ho intenzione di vederti nudo ancora un po’».

«L’abbiamo già fatto!» gli fece notare Steve, arrossendo un poco.

«Avevo precisato che era solo il primo round» disse, avviandosi verso l’ascensore con Steve al seguito che cercava di sistemarsi come meglio poteva.

Dubitava che Peter fosse ancora sveglio, era tardissimo per lui, ma nella remota possibilità che stesse ancora giocando in salotto, non voleva che lo trovasse così scomposto.

Tony però mandò in fumo qualsiasi suo proposito, spingendolo contro una della pareti dell’ascensore e riprendendo a baciarlo con foga.

«Questa tua aria da costate verginello in imbarazzo mi manda fuori di testa, Steve» gli sussurrò all’orecchio, toccandolo ovunque, e baciandolo in continuazione, senza dargli modo di replicare.

Cosa che Steve non aveva intenzione di fare. Sentiva che Tony era ancora stanco per la scappatella in auto e sperava di riuscire a sopraffarlo e di conquistarsi quindi il ruolo attivo. Il suo sedere gridava ancora pietà.

Gli artigliò la giacca e cambiò le posizioni, facendo poggiare a lui le spalle. Gli morse un paio di volte la bocca e poi fece per slacciargli i pantaloni, ma l’ascensore si fermò di colpo.

Quando le porte di aprirono, si trovarono davanti la faccia di un Bruce che passava dalla sorpresa all’imbarazzo.

Steve mollò Tony come se scottasse, con i pantaloni aperti.

«E-Ecco n-noi--» provò a giustificarsi, arrossendo fino alla punta delle orecchie.

«No no, tranquilli» fece Bruce, entrando alla svelta nell’ascensore «Peter dorme, non avrete problemi. Divertitevi!» scomparendo alla velocità della luce.

«Oddio che vergogna» si lagnò Steve, coprendosi il viso con le mani.

Tony sbuffò, togliendosi definitivamente i pantaloni.

«Dai smettila di fare tutte queste scenate, Rogie e vieni qui» disse, picchiettando lo spazio del divano dov’era seduto. Insomma, lo aveva fatto eccitare, non poteva mettersi a fare la frigna proprio in un momento cruciale come quello. Chissenefrega se Bruce li aveva trovati in atteggiamenti poco casti, mica era un reato voler fare sesso in ascensore ed oltretutto la Tower era la sua, se voleva fare sesso in ascensore era liberissimo di farlo!

Steve comunque si avvicinò, ancora in imbarazzo e tentò qualche bacio che Tony approfondì senza tanti preamboli, trascinandoselo addosso come un sacco di patate.

Gli strappò la camicia di dosso, lacerandola all’altezza delle spalle, e gli diede un morso.

«Che te la sei rimessa a fare» bofonchiò, impegnato a baciarlo su ogni centimetro di pelle.

Steve cercò di trattenersi per non svegliare Peter, ma in un lampo si ricordò improvvisamente della tipa del ristorante, del suo seno gigantesco e di come fosse orgogliosa di essersi fatta Tony. Il fastidio di prima tornò a stringergli lo stomaco rendendolo meno partecipe, tanto che l’altro se ne accorse e si fermò, proprio quando stava per sfilargli i boxer.

«Cap che c’è? Ti è passata la voglia?» chiese e controllò se il rigonfiamento c’era ancora. Notando che c’era e che era pure ben visibile si chiese cosa potesse essere successo.

Steve arrossì un po’ e si tirò su sui gomiti, per guardarlo. Non sapeva bene da dove cominciare, ma poi si fece coraggio e disse:

«Quella tipa, al ristorante… ecco voi siete stati a letto insieme».

Tony alzò un sopracciglio, stupito.

«Penso di sì, non me lo ricordo»

«E-Ecco, è che… uhm… le cose che facciamo insieme, le hai fatte anche con lei?»

Tony si fermò a pensarci, ci pensò davvero per un attimo. Ma poi scrollò le spalle e riprese a baciarlo da dove si era interrotto. Non aveva voglia di parlare delle sue relazioni passate, non contavano più niente da quando aveva la possibilità di avere Steve. La sua vita se la immaginava spaccata in due: Prima di Steve Rogers, dopo Steve Rogers.

E, se non era ancora chiaro, per lui contava solo il dopo.

«Forse, non lo so, non mi interessa. Mi interessa solo che alzi un attimo il bacino e ti fai sfilare le mutande, altrimenti impazzirò e te le strapperò a morsi» e alzò gli occhi per guardarlo, e nel suo sguardo lesse qualcosa che non riconobbe. Allora risalì il suo corpo e gli diede un bacio sulle labbra, stavolta cercando di accantonare un attimo l’istinto di sbatterselo.

«Steve senti, pensavo fosse chiaro: tutto quello che è successo prima di te non conta. Non conta se ho baciato un'altra donna, se abbiamo fatto sesso, se l’ho presa da dietro, da davanti, da su, da giù. Non conta niente. Sei il primo uomo con cui sono andato a letto- ti ho dato il mio sedere!- ed è stato incredibile. Talmente incredibile che ho lasciato Pepper e ho deciso di stare solo con te. Abbiamo persino un bambino, insieme. Per cui smettila di pensare a quell’oca dalle tette strabordanti, e pensa a me che voglio assolutamente toglierti quelle maledette mutande» e accennò un sorriso, mentre vedeva quell’ombra negli occhi di Steve diradarsi.

Gli sorrise anche lui, con un po’ di malizia, sfilandosi di corsa i boxer.

«Così smetti di affannarti e arrivi al sodo» disse, arrossendo e distogliendo lo sguardo.

Tony rise, cominciando a scendere.

«E’ per questo che mi piaci, Cap».

 

«Chi si fa la doccia per primo?» chiese Steve, guardando il corpo semi cosciente di Tony steso sul letto.

Dopo il round sul divano c’era stato anche il round sul letto e adesso si godevano il meritato riposo.

Steve, da perfettino quale era, non se la sentiva di andare a dormire sporco di sudore e di altri liquidi, così aveva proposto di fare la doccia.

Tony aveva mosso una mano come a dire “vai prima tu” e si era appisolato.

Così Cap era andato in bagno e dopo poco era tornato lindo e profumato. Aveva aiutato Tony a mettersi in piedi e l’aveva convinto ad andare in bagno a darsi una sciacquata.

Dopo poco meno di mezz’ora se ne stavano entrambi sotto le coperte, abbracciati, a rilassarsi.

«Mi hai spompato, Cap» disse Tony, la voce impastata.

«Sei fuori allenamento» gli rispose l’altro, stringendogli il braccio sul fianco.

«No sei tu che spingi troppo forte, cosa volevi fare? Trovare l’oro?»

Steve si agitò un po’, arrossendo.

«Sta zitto e dormi» gli disse, sbuffando. Doveva sempre iniziare qualche battibeccata. Possibile che avesse ancora le forze per dire cavolate? Quanto forte avrebbe dovuto spingere la volta dopo per farlo tacere?

Ma il suggerimento parve funzionare e insieme sprofondarono nel magico mondo dei sogni.

Finché, quatto quatto, un esserino minuscolo aprì la porta della loro stanza, rivelandosi per metà.

«Papà?» chiamò, senza riferirsi in particolare a uno dei due.

Il primo ad aprire gli occhi fu Tony che si alzò per controllare cosa fosse successo, poi si svegliò anche Steve, disturbato dalla leggera pendenza che aveva preso il letto quando Peter c’era salito sopra.

«Posso dormire con voi? Ho fatto un brutto sogno» disse con gli occhioni lucidi.

«Certo» gli rispose Tony e gli fece un pezzettino di spazio.

Subito il piccolo Peter si strinse al petto di Steve, premendo il nasino e inspirando il suo odore, e Tony li circondò entrambi con un braccio, tirandoseli vicino.

«Va meglio?» chiese, quasi riprendendo sonno.

«Sì» rispose Peter, afferrandogli una mano «Mi piace quando mi tenete stretto».

E a Tony piacevano entrambi, gli piacevano talmente tanto che era disposto a sacrificare persino il sesso con Steve per poterli avere così. Poter scivolare nel sonno e sapere che al risveglio avrebbe avuto Peter stretto alla schiena e una mano di Steve intorno al fianco.

Che c’era di meglio?

Ma poco prima che riprendessero sonno, Peter chiese, curioso:

«Papà, papà oggi non mi ha voluto rispondere, ma tu cosa volevi farci con il suo sedere?»

Tony spalancò gli occhi al buio, sorpreso dalla domanda, e grazie al riverbero del reattore poté vedere l’ espressione furente di Steve, la quale lo fece scoppiare a ridere di cuore.

 

Note d’autrice: Dopo non so quanto tempo, sono tornata a scrivere una Stony. Spero con tutto il cuore che vi piaccia e che lascerete un commento per farmi sapere che ne pensate!^^ baci

  
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