DI SEDERI ED INTIMITA’.
Tony
se ne rese conto all’improvviso, una mattina come tante.
Lui
e Steve non facevano sesso da un po’.
Il
che era strano visto che per un certo periodo non avevano fatto altro.
Sicuramente
era colpa di Peter, si disse sputando il dentifricio nel lavandino. Da quando
viveva con loro i momenti di intimità si erano drasticamente ridotti, sostituiti
dalle letture prima di andare a letto, da ore e ore di giochi noiosissimi e
sfiancanti e da cioccolate calde nel bel mezzo della notte.
E
quei momenti solo per loro gli mancavano, si sorprese a pensare mentre
rientrava in camera e trovava Steve intento a cercare dei vestiti puliti
dall’armadio.
Gli
mancava stringerselo contro, sentire la pressione dei suoi muscoli sulla pelle,
la sensazione di essere suo.
«Buongiorno»
bofonchiò l’oggetto dei suoi pensieri poco casti, continuando a frugare e
dandogli le spalle.
Spalle
che a Tony non dispiacevano affatto, visto che gli permettevano una visuale
niente male del suo corpo.
Corpo
che da un po’ di tempo vedeva solo di striscio quando andava a dormire, e che
non vedeva nemmeno del tutto visto il sonno che lo prendeva e il fatto che
Steve dormisse avvolto nelle coperte come un mummia.
«Tony?»
lo chiamò questi voltandosi per vedere cosa stava facendo.
Quel
silenzio era innaturale, specialmente perché si stava parlando di Tony Stark,
l’uomo che aveva sempre qualcosa da dire. Sempre.
«Mh?»
rispose, senza staccare gli occhi dalla curva morbida della sua schiena,
attratto dall’elastico dei boxer che nascondeva la terra promessa di cui
sentiva di avere un gran bisogno.
«A
cosa stai pensando?»
«Pensavo
al tuo sedere, Capitano, e mi chiedevo: che impegni hai questa sera?».
Steve
avvampò di botto, trattenendo tra le labbra un imprecazione. Si voltò
completamente verso di lui, privandolo del proprio patriottico sedere e
mugugnò, sussurrando:
«C’è
Peter qui e-»
«Non
penso che sappia cosa voglio fare con il tuo sedere e poi dorme, quindi
tecnicamente non ci sta ascoltando» e come a confermare questa sua teoria
indicò il letto, dove un corpicino avvolto nelle coperte se la dormiva della
grossa.
Steve
si portò una mano al viso, sospirando sommessamente.
«Tony,
senti…».
«E’
una semplice serata, Steve» lo interruppe, avvicinandosi e mettendosi la
cravatta «Peter può stare con Bruce o-»
«Certo,
mi sembra una buona scelta!»
«-O
con qualsiasi altra persona. Andiamo, per una serata non morirà standoti
lontano»e se la lisciò sul petto, sistemando il nodo in modo tale che fosse
dritto.
Steve
corrugò le sopracciglia pensoso, mentre decideva se assecondare l’idea di Tony-
che sapeva avrebbe portato a cose poco caste- o lasciarlo stare.
In
fondo anche lui sentiva la mancanza di un po’ di intimità e una serata solo per
loro era un pensiero che si era affacciato più di una volta nella sua mente,
insieme a tante altre cose imbarazzanti.
Così,
sospirando e puntandogli un dito al viso, disse:
«Ok,
ma non inventarti niente di assurdo».
Il
sorrisetto che Tony si stampò sulla faccia preannunciava già cosa sarebbe
successo e al solo pensiero Steve sentì un brivido lungo la schiena.
«Ci
vediamo alle otto, Capitano» gli disse, lanciando un sorriso allegro al visetto
di Peter che faceva capolino da sotto le coperte. «Ciao campione» lo salutò,
afferrando la giacca del completo e uscendo dalla stanza.
«Ciao»
aveva risposto il piccolo, voltandosi verso Steve e stropicciandosi un occhio
«Dove va papà?» chiese.
«E’
andato al lavoro» rispose l’altro, abbassandosi per dargli un buffetto sulla
testa. «Dai alzati- lo ammonì poi, indossando dei jeans- devi andare a scuola».
A
quella parola Peter aveva mugugnato qualcosa di incomprensibile, rigirandosi
come un salame tra le coperte e infine si era alzato, andando nella propria
stanza per cambiarsi.
Ma
un attimo prima di uscire di casa, proprio mentre Steve si assicurava che il
casco sulla testa di Peter fosse messo bene, il piccolo chiese, con l’innocenza
tipica dei bambini:
«Perché
prima tu e papà parlavate di sederi?».
Steve
spalancò gli occhi, sorpreso ed un po’ imbarazzato e pensò che a Tony avrebbe
dovuto tagliare la lingua, prima o poi, così non avrebbe dovuto trovare
spiegazioni plausibili alle sue uscite fuori luogo.
«Allora,
per qualsiasi cosa potete chiamare Tony, il suo numero è scritto qui. E per la
cena, ecco- si allungò per aprire lo sportello del frigo- Jarvis ha già
predisposto tutto».
Bruce
fece un sorriso mite, sistemandosi gli occhiali sul naso. Peter, vicino a lui,
era intento a giocare con le costruzioni.
«Tranquillo
Steve, al tuo ritorno lo troverai illeso e con la pancia piena» gli disse, per
rassicurarlo.
Steve
si grattò la testa, in imbarazzo, e si sistemò la giacca addosso.
Sembrava
una mamma chioccia, così preoccupato per quel pargoletto come se fosse stato
suo.
«O-ok,
allora è tutto» scherzò, facendo una carezza sulla testa di Peter che, in
risposta, gli lanciò un sorrisone.
«Saluta
papà» si premurò, e poi tornò a concentrarsi sui pezzi di lego.
Bruce
fece un cenno di saluto con la mano e Steve, finalmente, scese verso il garage,
per salire su una delle fantastiche auto che Tony aveva collezionato nel tempo.
«Ce
l’hai fatta, Rogie, cominciavo a
sospettare che preferivi fare la casalinga disperata piuttosto che uscire a
divertiti con me» gli disse Tony, vestito di tutto punto e già seduto in auto.
Steve
roteò gli occhi al cielo e gli intimò di tacere.
«Stavo
parlando a Bruce di Peter per-»
«Sì
sì- lo interruppe Tony, ingranando la marcia e cominciando ad uscire dal
garage- Stavi facendo la mammina premurosa, lo so. Ho chiesto a Jarvis perché
ci stavi mettendo tanto a scendere».
Steve
si chiedeva perché ancora parlavano se tanto c’era sempre Jarvis a raccontargli
tutto.
Senza
rendersene conto mise il broncio e girò il volto dalla parte opposta per
fingere di ammirare il paesaggio- anche se era buio e i lampioni non
illuminavano granché.
Tony
notò il suo disappunto e gli fece una carezza ambigua sulla coscia.
«Dai,
non preoccuparti. Pensa piuttosto che stai per trascorrere la serata con lo
scapolo più ambito del mondo».
Steve
avrebbe voluto ribattere dicendo che non era scapolo da un bel po’ di tempo
visto che avevano intavolato una specie di relazione e accudivano pure un
bambino spacciandolo per figlio loro, ma Tony ebbe la prontezza di spirito di
infilargli una mano tra le gambe e Steve decise di tenere la bocca chiusa.
Il
ristorante dove l’aveva portato era sicuramente uno dei più costosi e in di
tutta New York, e tutto quello sfarzo e tutta quella gente metteva Steve un po’
in imbarazzo.
Non
era abituato a tutte quelle ricchezze e soprattutto non era abituato agli
sguardi che gli rivolgevano.
Tony
sembrava a suo agio, non se ne accorgeva nemmeno, o se lo faceva, se ne beava
perché era un maledetto megalomane egocentrico, ma Steve invece si sentiva
sotto pressione.
Il
mondo sapeva già da un po’ della loro relazione e sapeva anche di Peter, e
nonostante l’iniziale scalpore poi la storia era scesa nel dimenticatoio,
escludendo casi eccezionali. Eppure, quando erano in giro, le persone tendevano
a fissarli.
Nervoso,
Steve espresse i suoi timori a Tony, stringendo un lembo della sua giacca.
«Ci
guardano tutti» disse, fingendo disinvoltura, ma con le guance tinte di rosso.
Tony
si guardò intorno e convenne che in effetti un po’ troppi occhi erano girati
dalla loro parte. A lui non importava, capiva lo sgomento della gente- si era
fatto tutte le donne che gli passavano a tiro, era stato con Pepper, l’aveva
definita addirittura “una relazione seria” e poi d’improvviso era apparsa la
gigantografia di lui e Steve che si baciavano, e dichiaravano di stare insieme-
ma non ci vedeva nulla di male. Il mondo era pieno di omosessuali, che c’era da
scandalizzarsi? Magari qualcuno di loro segretamente lo era ma fingeva di
bombarsi la fidanzata per far piacere alla società.
Ed
era risaputo anche che a Tony, di quello che pensava la società, non gliene
sbatteva niente.
Così,
mettendo un braccio intorno alle spalle di Steve, disse, sorridendo a chi
guardava:
«Sono
solo gelosi perché posso farmi Capitan America quando voglio e come voglio».
Steve
gli diede un pugno su un fianco, e ridacchiò anche se l’imbarazzo c’era ancora.
Avrebbe voluto baciarlo, in quell’istante, e senza pensarci lo fece. Un bacio a
stampo, leggero e rapido.
Tony
ne rimase piacevolmente stupito.
E
altrettanto il cameriere.
«S-Signori,
se volete seguirmi il uhm… il tavolo è pronto» bofonchiò, indicandolo e
incamminandosi dopo di loro. Tony ghignò divertito, mentre Cap riprendeva ad
arrossire come una scolaretta.
Arrivarono
al tavolo e dopo essersi accomodati, fecero le ordinazioni.
«Sei
sicuro che non abbiamo preso troppa roba da mangiare?» fece presente Steve,
sorseggiando il vino anche se non gli faceva nessunissimo effetto.
«Cap,
non so se ci fai mai caso, ma tu mangi per quattro» rispose Tony, poggiandosi
il tovagliolo sulle gambe.
«E-E’
colpa del siero, idiota» bofonchiò l’altro, abbassando lo sguardo imbarazzato.
Ora
la situazione andava meglio, gli altri clienti si era abituati alla loro
presenza e non li guardavano quasi più.
«Va
meglio?» chiese Tony, guardandolo dritto negli occhi.
Steve
fece cenno di sì con la testa, stava bene e gli piaceva essere a cena con Tony
a quel ristorante.
«Non
ci posso credere!» gracchiò improvvisamente una voce, acuta come un grido.
Steve
e Tony si voltarono in sincrono verso la voce e una ragazza- donna?- andò loro
incontro.
«Tony!
Mio Dio da quanto tempo!» e si chinò a baciargli le guance, sbattendo il seno
prosperoso sul tavolo.
Steve
sentì qualcosa all’altezza dello stomaco contrarsi.
«Ci
conosciamo?» fu la risposta di Tony, allontanandola.
Era
bionda platino, con un tubino fucsia che lascia pochissimo all’immaginazione e
tacchi talmente alti da sembrare dolorosi.
«Dai,
non ci credo! Siamo stati a letto insieme un po’ di tempo fa!» e rise, come un
oca giuliva «Sono Sarah!»
Dentro
la propria testa Steve le fece il verso.
Tony
continuava a guardarla con un sopracciglio alzato, e ben presto l’ilarità e la
gioia di quella scemarono in imbarazzo. Non si ricordava davvero di lei.
«N-Non
ti ricordi di me?» chiese, adesso col tono di voce contrito «A-Avevi detto che
ti era piaciuto e che volevi richiam-» ma Tony la interruppe, alzandosi per
riaccompagnarla al proprio tavolo.
«Sì,
probabilmente mi deve essere piaciuto, altrimenti non ti avrei portato a casa
mia, ma vedi adesso ho una relazione stabile che mi appaga anche sotto il punto
di vista sessuale e, per fartela più breve, tutto quello che c’era prima non
conta più niente. Conta solo quell’uomo laggiù e le sue chiappe di marmo».
La
poveretta crollò sulla sedia, in modo scomposto. Tony le diede una pacca sulla
spalla.
«Buona
Sera, Sasha» e si allontanò, mentre quella boccheggiava.
«Dove
eravamo rimasti?» disse Tony, ritornando a sedersi.
Steve
scosse la testa ridendo.
Erano
usciti dal ristorante quando quasi tutti gli altri clienti se n’erano andati a
continuare la serata da qualche altra parte, e solo allora Tony si era
allungato sul tavolo, aveva preso il viso di Steve tra le mani e lo aveva
baciato.
«Andiamo?»
aveva chiesto poi, a bassa voce.
Steve
si era alzato come un automa, scansando la sedia in malo modo.
Avevano
saldato il conto- salatissimo- e poi si erano diretti verso la macchina,
ostentando tranquillità.
Una
volta chiuse entrambe le portiere, Tony non ci aveva impiegato neanche due
secondi per avventarsi su Steve e slacciargli in fretta la camicia, per
toccarlo dappertutto.
«T-Tony?»
aveva bofonchiato questo, travolto dalla sue labbra e dal fatto che erano in
una macchina, in un parcheggio e che tantissime persone passavano di lì e
avrebbero potuto vederli.
«Mh?»
rispose questo, impegnato nello slacciargli la cinta.
«Non
qui, arriviamo a casa» propose Cap, cercando di convincerlo col tono più
languido che aveva.
Tony
in tutta risposta gli morse il labbro inferiore.
«Se
fai quella vocetta, dubito che arriveremo da qualsiasi altra parte» e gli
strattonò i pantaloni, ghignando «Tra l’altro Cap, questi pantaloni ti fanno un
sedere da urlo, volevo dirtelo al ristorante, ma non volevo che poi mi
lanciassi una sedia» e ridacchiò quando Steve gli mollò una sberla e gli
catturò la bocca in un bacio.
«Smettila
di parlare, Stark» ringhiò, quando questi finalmente gli aprì i pantaloni e
appoggiò la mano sul rigonfiamento che c’era sotto.
«Quindi
il primo round lo facciamo qui?».
Steve
infilò rapido una mano nei suoi pantaloni e gli artigliò una natica.
«Credo
proprio di sì».
Il
ritorno a casa era stato assurdo.
Steve
aveva male al sedere e non si era nemmeno rivestito del tutto, troppo accaldato
per rimettersi almeno la camicia, e Tony invece guidava come in trance,
assuefatto e ancora avvolto nelle spire dell’orgasmo.
Aveva
parcheggiato in malo modo in garage, ed era sceso stiracchiandosi le gambe e
richiudendosi la patta.
Adesso,
il suo maggior desiderio era buttarsi sul divano e recuperare le energie per un
secondo round.
«Tony
sei un animale!» protestò Steve, indossando la camicia e provando a chiuderla
«Hai fatto saltare tutti i bottoni!» e gli mostrò il risultato.
Ma
Tony non vi badò nemmeno catturato dal fisico statuario dell’altro. Le luci
soffuse del garage gli delineavano gli addominali e da qualche parte dentro di
sé sentiva rinascere le energie per coinvolgerlo ancora in qualche altra
acrobazia.
«Tanto
sarebbe stato inutile richiudere i bottoni, ho intenzione di vederti nudo
ancora un po’».
«L’abbiamo
già fatto!» gli fece notare Steve, arrossendo un poco.
«Avevo
precisato che era solo il primo round» disse, avviandosi verso l’ascensore con
Steve al seguito che cercava di sistemarsi come meglio poteva.
Dubitava
che Peter fosse ancora sveglio, era tardissimo per lui, ma nella remota
possibilità che stesse ancora giocando in salotto, non voleva che lo trovasse
così scomposto.
Tony
però mandò in fumo qualsiasi suo proposito, spingendolo contro una della pareti
dell’ascensore e riprendendo a baciarlo con foga.
«Questa
tua aria da costate verginello in imbarazzo mi manda fuori di testa, Steve» gli
sussurrò all’orecchio, toccandolo ovunque, e baciandolo in continuazione, senza
dargli modo di replicare.
Cosa
che Steve non aveva intenzione di fare. Sentiva che Tony era ancora stanco per
la scappatella in auto e sperava di riuscire a sopraffarlo e di conquistarsi
quindi il ruolo attivo. Il suo sedere gridava ancora pietà.
Gli
artigliò la giacca e cambiò le posizioni, facendo poggiare a lui le spalle. Gli
morse un paio di volte la bocca e poi fece per slacciargli i pantaloni, ma
l’ascensore si fermò di colpo.
Quando
le porte di aprirono, si trovarono davanti la faccia di un Bruce che passava
dalla sorpresa all’imbarazzo.
Steve
mollò Tony come se scottasse, con i pantaloni aperti.
«E-Ecco
n-noi--» provò a giustificarsi, arrossendo fino alla punta delle orecchie.
«No
no, tranquilli» fece Bruce, entrando alla svelta nell’ascensore «Peter dorme,
non avrete problemi. Divertitevi!» scomparendo alla velocità della luce.
«Oddio
che vergogna» si lagnò Steve, coprendosi il viso con le mani.
Tony
sbuffò, togliendosi definitivamente i pantaloni.
«Dai
smettila di fare tutte queste scenate, Rogie e vieni qui» disse, picchiettando
lo spazio del divano dov’era seduto. Insomma, lo aveva fatto eccitare, non
poteva mettersi a fare la frigna proprio in un momento cruciale come quello.
Chissenefrega se Bruce li aveva trovati in atteggiamenti poco casti, mica era
un reato voler fare sesso in ascensore ed oltretutto la Tower era la sua, se
voleva fare sesso in ascensore era liberissimo di farlo!
Steve
comunque si avvicinò, ancora in imbarazzo e tentò qualche bacio che Tony approfondì
senza tanti preamboli, trascinandoselo addosso come un sacco di patate.
Gli
strappò la camicia di dosso, lacerandola all’altezza delle spalle, e gli diede
un morso.
«Che
te la sei rimessa a fare» bofonchiò, impegnato a baciarlo su ogni centimetro di
pelle.
Steve
cercò di trattenersi per non svegliare Peter, ma in un lampo si ricordò
improvvisamente della tipa del ristorante, del suo seno gigantesco e di come
fosse orgogliosa di essersi fatta Tony. Il fastidio di prima tornò a stringergli
lo stomaco rendendolo meno partecipe, tanto che l’altro se ne accorse e si fermò,
proprio quando stava per sfilargli i boxer.
«Cap
che c’è? Ti è passata la voglia?» chiese e controllò se il rigonfiamento c’era
ancora. Notando che c’era e che era pure ben visibile si chiese cosa potesse
essere successo.
Steve
arrossì un po’ e si tirò su sui gomiti, per guardarlo. Non sapeva bene da dove
cominciare, ma poi si fece coraggio e disse:
«Quella
tipa, al ristorante… ecco voi siete stati a letto insieme».
Tony
alzò un sopracciglio, stupito.
«Penso
di sì, non me lo ricordo»
«E-Ecco,
è che… uhm… le cose che facciamo insieme, le hai fatte anche con lei?»
Tony
si fermò a pensarci, ci pensò davvero per un attimo. Ma poi scrollò le spalle e
riprese a baciarlo da dove si era interrotto. Non aveva voglia di parlare delle
sue relazioni passate, non contavano più niente da quando aveva la possibilità
di avere Steve. La sua vita se la immaginava spaccata in due: Prima di Steve
Rogers, dopo Steve Rogers.
E,
se non era ancora chiaro, per lui contava solo il dopo.
«Forse,
non lo so, non mi interessa. Mi interessa solo che alzi un attimo il bacino e
ti fai sfilare le mutande, altrimenti impazzirò e te le strapperò a morsi» e
alzò gli occhi per guardarlo, e nel suo sguardo lesse qualcosa che non
riconobbe. Allora risalì il suo corpo e gli diede un bacio sulle labbra, stavolta
cercando di accantonare un attimo l’istinto di sbatterselo.
«Steve
senti, pensavo fosse chiaro: tutto quello che è successo prima di te non conta.
Non conta se ho baciato un'altra donna, se abbiamo fatto sesso, se l’ho presa
da dietro, da davanti, da su, da giù. Non conta niente. Sei il primo uomo con
cui sono andato a letto- ti ho dato il mio sedere!- ed è stato incredibile.
Talmente incredibile che ho lasciato Pepper e ho deciso di stare solo con te.
Abbiamo persino un bambino, insieme. Per cui smettila di pensare a quell’oca
dalle tette strabordanti, e pensa a me che voglio assolutamente toglierti
quelle maledette mutande» e accennò un sorriso, mentre vedeva quell’ombra negli
occhi di Steve diradarsi.
Gli
sorrise anche lui, con un po’ di malizia, sfilandosi di corsa i boxer.
«Così
smetti di affannarti e arrivi al sodo» disse, arrossendo e distogliendo lo
sguardo.
Tony
rise, cominciando a scendere.
«E’
per questo che mi piaci, Cap».
«Chi
si fa la doccia per primo?» chiese Steve, guardando il corpo semi cosciente di
Tony steso sul letto.
Dopo
il round sul divano c’era stato anche il round sul letto e adesso si godevano
il meritato riposo.
Steve,
da perfettino quale era, non se la sentiva di andare a dormire sporco di sudore
e di altri liquidi, così aveva proposto di fare la doccia.
Tony
aveva mosso una mano come a dire “vai prima tu” e si era appisolato.
Così
Cap era andato in bagno e dopo poco era tornato lindo e profumato. Aveva
aiutato Tony a mettersi in piedi e l’aveva convinto ad andare in bagno a darsi
una sciacquata.
Dopo
poco meno di mezz’ora se ne stavano entrambi sotto le coperte, abbracciati, a
rilassarsi.
«Mi
hai spompato, Cap» disse Tony, la voce impastata.
«Sei
fuori allenamento» gli rispose l’altro, stringendogli il braccio sul fianco.
«No
sei tu che spingi troppo forte, cosa volevi fare? Trovare l’oro?»
Steve
si agitò un po’, arrossendo.
«Sta
zitto e dormi» gli disse, sbuffando. Doveva sempre iniziare qualche
battibeccata. Possibile che avesse ancora le forze per dire cavolate? Quanto
forte avrebbe dovuto spingere la volta dopo per farlo tacere?
Ma
il suggerimento parve funzionare e insieme sprofondarono nel magico mondo dei
sogni.
Finché,
quatto quatto, un esserino minuscolo aprì la porta della loro stanza,
rivelandosi per metà.
«Papà?»
chiamò, senza riferirsi in particolare a uno dei due.
Il
primo ad aprire gli occhi fu Tony che si alzò per controllare cosa fosse
successo, poi si svegliò anche Steve, disturbato dalla leggera pendenza che
aveva preso il letto quando Peter c’era salito sopra.
«Posso
dormire con voi? Ho fatto un brutto sogno» disse con gli occhioni lucidi.
«Certo»
gli rispose Tony e gli fece un pezzettino di spazio.
Subito
il piccolo Peter si strinse al petto di Steve, premendo il nasino e inspirando
il suo odore, e Tony li circondò entrambi con un braccio, tirandoseli vicino.
«Va
meglio?» chiese, quasi riprendendo sonno.
«Sì»
rispose Peter, afferrandogli una mano «Mi piace quando mi tenete stretto».
E
a Tony piacevano entrambi, gli piacevano talmente tanto che era disposto a
sacrificare persino il sesso con Steve per poterli avere così. Poter scivolare
nel sonno e sapere che al risveglio avrebbe avuto Peter stretto alla schiena e
una mano di Steve intorno al fianco.
Che
c’era di meglio?
Ma
poco prima che riprendessero sonno, Peter chiese, curioso:
«Papà,
papà oggi non mi ha voluto rispondere, ma tu cosa volevi farci con il suo
sedere?»
Tony
spalancò gli occhi al buio, sorpreso dalla domanda, e grazie al riverbero del
reattore poté vedere l’ espressione furente di Steve, la quale lo fece
scoppiare a ridere di cuore.
Note d’autrice: Dopo non so quanto
tempo, sono tornata a scrivere una Stony. Spero con tutto il cuore che vi
piaccia e che lascerete un commento per farmi sapere che ne pensate!^^ baci